Prova BMW K1600GT & K1600GTL 2013

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Sport Tourer vs. Tourer

Introduzione

Alla fine del 2010 la BMW presentò la sua nuova e attesissima ammiraglia a 6 cilindri, la K1600. Era risaputo che con tale modello la casa tedesca intendesse sostituire la vecchia K1200LT, che, sul mercato dal 1998, era rimasta l’unica K con motore a sogliola ancora in listino; fu perciò notevole lo stupore degli appassionati nel constatare la contemporanea sparizione dal listino anche della K1300GT con motore frontemarcia, uscita soltanto due anni prima, un vero colpo basso nei confronti degli acquirenti di tale modello.

Per svolgere al meglio tale compito, la BMW sviluppò due versioni differenti, la K1600GT, più sportiva e destinata a sostituire la K1300GT, e la K1600GTL, più confortevole e chiaramente indirizzata ai clienti della K1200LT.

Le due versioni hanno identica meccanica e carrozzeria; la GTL si differenzia dalla GT solo per i seguenti particolari:

  • velocità massima limitata a 220 km/h anziché 250
  • parabrezza maggiorato
  • manubrio più alto e arretrato
  • sella monopezzo più bassa
  • pedane più grandi e avanzate
  • sospensioni dalla taratura più morbida
  • topcase di serie con schienale passeggero incorporato
  • colorazioni disponibili

L’operazione si è dimostrata piuttosto furba, perché queste poche modifiche bastano a dare alle due versioni un carattere sostanzialmente diverso.

Costruzione e finitura

La moto è molto elegante, appare molto ben fatta nei particolari e gli accoppiamenti sono precisi. La carena è priva di scricchiolii di qualunque genere. L’insieme infonde una sensazione di compattezza e di coerenza tra le parti.

Dal punto di vista estetico, la moto è indubbiamente meno personale della K1200LT, ma il risultato finale è comunque notevole e, a mio parere, nettamente migliore rispetto alla K1300GT.

Interessante il motore, sia per il design in sé, sia per il modo in cui esso è incastonato nella carenatura, in bella evidenza – al contrario di quanto avviene sulle K a quattro cilindri – e suggestivi i grandi “6” cromati che fanno bella mostra di sé ai due lati.

In mezzo a tanta cura, qualche particolare migliorabile ci sarebbe, come ad esempio il pedale del freno – una pecca tipica del marchio – in lega pressofusa e di fattura economica, i deflettori aerodinamici (di cui parleremo in seguito), il cui movimento è forse un po’ approssimativo, e la copertura del tubo di raffreddamento posto accanto al blocco cilindri sul fianco sinistro, un po’ posticcia al tatto.

La moto è equipaggiata, di serie o a richiesta, con una lunga lista di accessori, che vanno dalla chiusura centralizzata dei vani e delle moto valige, al riscaldamento di selle e manopole, all’impianto di illuminazione del suolo all’impianto audio, all’eccezionale faro anabbagliante adattivo.

La mancanza però di alcuni accessori, quali ad esempio la retromarcia e un impianto stereo sofisticato e con altoparlanti posteriori, entrambi presenti sulla K1200LT e sulla Honda Goldwing, penalizzano un po’ la GTL agli occhi dei suoi potenziali acquirenti, e nemmeno la successiva versione GTL Exclusive, più rifinita e accessoriata, è riuscita ad eliminare tali mancanze.

Comandi elettrici

I comandi base sono quelli BMW di ultima generazione, cioè quasi standard: le frecce si azionano con un normale comando a bilanciere (ma con in più la finezza dello spegnimento automatico), il lampeggio è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto e il devioluci è attivato tirando in fuori la stessa leva, sistema inusuale, ma abbastanza comodo. Avviamento e spegnimento di emergenza sono comandati dallo stesso pulsante a bilanciere, con il vantaggio che è impossibile tentare di avviare la moto con il tasto in off.

Il clacson sembra quello di una Panda, e dispiace davvero trovare una roba simile su una moto come questa, erano molto meglio le ottime trombe bitonali della K1200LT. Si aziona con un pulsante posto in posizione standard, sul blocchetto sinistro, posizione che in teoria sarebbe perfetta – e nettamente migliore di quella adottata con i vecchi blocchetti BMW-style – se non fosse che su questo modello il Multi-controller (di cui parleremo in seguito), molto vicino e ben più sporgente, ne ostacola l’azionamento.

L’hazard è azionabile con un pulsante dedicato e non più con i comandi delle frecce premuti in simultanea, come avveniva sui modelli equipaggiati con i comandi classici BMW di produzione più recente.

La quantità di funzioni e accessori disponibili ha reso necessario adottare il sistema Multi-controller, sorta di mouse composto da una ghiera situata alla base della manopola sinistra e da un pulsante, collegato a un grande display su cui appaiono tutte le informazioni. Il pulsante, a bilanciere, permette da un lato di scorrere circolarmente tra i vari menu, mentre dall’altro lato dà accesso diretto al menù preselezionato dal conducente. Ruotando la ghiera si scorrono le varie funzioni di ciascun menù, premendola lateralmente si seleziona la funzione voluta e tenendola premuta per qualche istante si ottiene l’azzeramento della voce del trip computer eventualmente selezionata.

Il Multi-controller gestisce il riscaldamento delle manopole – chiamate “maniglie” sul display – e della sella – “sedile” – del pilota (il passeggero ha un tasto dedicato posto sul fianco della propria sella), l’ESA (Electronic Suspension Adjustment, la regolazione elettrica della taratura delle sospensioni), tutte le funzioni del computer di bordo, il sistema audio e il navigatore.

Il sistema è analogo a quello già da tempo presente su alcune auto della Casa bavarese, e ne ricalca fedelmente i pregi e i difetti; infatti, se da un lato consente di evitare un’eccessiva proliferazione dei pulsanti – come avviene sulla Honda Gold Wing – a vantaggio dell’ergonomia e della pulizia formale, dall’altro esso rende necessario navigare in un menù per poter azionare qualsiasi cosa, cosa che richiede qualche secondo e impone di osservare la strumentazione, distraendo dalla guida. Per certe operazioni una simile complicazione è accettabile, ma per altre, come l’accensione della sella e delle manopole riscaldate e il settaggio dell’ESA durante la marcia, a mio avviso non lo è; meglio sarebbe stato lasciare a tali funzioni tre tasti dedicati, da collocare rispettivamente sul fianco della sella del pilota e al posto del tasto di azionamento della chiusura centralizzata, del tutto inutile durante la marcia.

Il parabrezza è regolabile elettricamente attraverso un tasto a bilancere. Più sofisticato del solito, esso si abbassa automaticamente allo spegnimento del quadro, per poi riassumere la posizione precedente alla riaccensione, ed è dotato di una protezione che impedisce lo schiacciamento di eventuali oggetti estranei presenti sulla plancia.

Di serie è presente anche il sistema di regolazione automatica della velocità. Come di consueto, è azionato da una levetta posta sul blocchetto di sinistra, dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Premendo la levetta in avanti si imposta la velocità attuale, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme la levetta in avanti o all’indietro, la moto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre se la regolazione è disattiva, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata. Un accessorio del genere è utilissimo in quest’epoca di Tutor e autovelox, e su una moto del genere, che falsa la percezione della reale velocità, lo giudico indispensabile.

Strumentazione

La strumentazione è molto originale e assai poco motociclistica, di un moderno retrò, che ricorda alla lontana quello di alcune auto della stessa Casa.

E’ composta da un unico strumento comprendente due quadranti analogici per contagiri e tachimetro, molto distanti tra loro, e tre pannelli, di cui due accolgono le varie spie, mentre il terzo, molto ampio, è costituito da un display a cristalli liquidi a colori di tipo TFT, la cui risoluzione molto elevata consente di visualizzare le numerose informazioni in modo molto nitido ed efficace.

L’insieme è piuttosto elaborato, complice la massiccia cornice satinata. La chiarezza è tutto sommato buona, dopo aver fatto l’abitudine alla mole di informazioni visualizzata, ma il tachimetro è poco leggibile a causa delle cifre troppo piccole.

Al di sopra dello strumento è presente un vano destinato ad accogliere il navigatore BMW. Ovviamente è possibile anche installare l’equivalente marchiato Garmin ad un costo inferiore, ma così in teoria si perdono una serie di vantaggi derivanti dalla totale integrazione del navigatore originale, quali lo scambio di dati tra strumento e moto (ad esempio, l’orologio di bordo si sincronizza automaticamente con il segnale captato dal navigatore, mentre la moto comunica allo strumento l’autonomia residua) e, soprattutto, la possibilità di manovrare il navigatore attraverso il sistema Multi-controller, cosa assai comoda, visto che l’alloggio dello strumento è piuttosto distante dal pilota e quindi difficilmente raggiungibile con le dita.

Il navigatore può essere inserito e rimosso facilmente, attraverso un’apertura posta sulla parte superiore della plancia, accessibile a parabrezza alzato. Dato che il parabrezza si abbassa automaticamente ogni volta che si spegne il quadro, è impossibile estrarre il navigatore a moto spenta, a meno di non fracassare il parabrezza.

Illuminazione

La moto è dotata di luci posteriori e di indicatori di direzioni a led e può essere equipaggiata a richiesta con fari supplementari a led e impianto di illuminazione del suolo.

Ma il meglio dell’impianto luci è concentrato nel gruppo ottico anteriore, di grande impatto scenico e di notevole interesse tecnologico.

Equipaggiato di serie con proiettori allo xeno, esso è dotato di due parabole laterali circolari per gli abbaglianti, ciascuna delle quali è circondata da una luce di posizione ad anello, come sulle auto della Casa, e di un particolarissimo faro anabbagliante centrale, composto da un proiettore lenticolare puntato verso l’alto e da uno specchio che indirizza il fascio in avanti e dotato – sempre di serie – di regolazione automatica dell’altezza in funzione del carico.
Come se tutto questo non bastasse, a richiesta è disponibile un eccezionale sistema di regolazione del fascio luminoso anabbagliante, denominato ALC (Adaptive Light Control). Diversamente che sulle auto, dove sistemi del genere consentono la semplice sterzatura dei fari nelle curve, sulla K1600 questa funzione è accompagnata dalla capacità di ruotare il fascio luminoso intorno al proprio asse, mediante opportuni movimenti dello specchio citato, in modo da compensare anche i movimenti di rollio della moto.

Il risultato, davvero strabiliante, è che l’anabbagliante illumina sempre in modo ottimale la strada, con il limite superiore dell’area illuminata che rimane sempre centrato rispetto alla corsia e, soprattutto, perfettamente orizzontale.

Se si fa oscillare bruscamente la moto sotto di sé, sia in rettilineo che in curva, la regolazione evidenzia un certo ritardo, ma se si guida normalmente, anche sul misto preso allegramente, il sistema funziona perfettamente e assicura l’illuminazione di una porzione di strada nettamente più ampia e regolare di quella offerta da qualsiasi altra moto, eliminando allo stesso tempo ogni abbagliamento ai danni degli altri conducenti.

Un sottoprodotto interessante di questo sistema è la possibilità di modificare il fascio luminoso per la circolazione in Gran Bretagna, semplicemente agendo attraverso il Multi-controller e senza alcuna necessità di applicare adesivi sul gruppo ottico.

però, nonostante tutta questa tecnologia, il faro della K1600 ha un difetto piuttosto evidente: dopo aver guidato per un po’ con gli abbaglianti accesi, al confronto l’anabbagliante singolo risulta un po’ fioco, con conseguente necessità di qualche secondo per adattare la vista. Paradossalmente, la cosa migliorerebbe se l’abbagliante fosse unico.

In sella

Sulla GT la posizione è tipicamente da tourer. la sella, larga, ben imbottita – né dura né troppo soffice – e comoda, è regolabile su due posizioni a 81 e 83 cm di altezza. A richiesta è disponibile una sella più bassa (78-80 cm). Le pedane sono poste sotto la parte anteriore della sella e abbastanza lontano da questa, e consentono una posizione molto comoda delle gambe, a metà tra il turistico e lo sportivo, con un angolo del ginocchio ampio, sensibilmente maggiore che sulla K1300GT. Purtroppo però ci si sbatte contro con le caviglie o i polpacci ogni volta che si poggiano i piedi a terra. Il manubrio è abbastanza largo e sviluppato all’indietro, più che su altre Tourer della casa, ma meno che sulla K1200LT. Peccato che, a differenza che sulle K1200-1300GT, non sia regolabile. Ne risulta una posizione di guida molto naturale, con il busto leggermente inclinato in avanti, comoda, ma tale da poter anche caricare le pedane nella guida sportiva. Personalmente avrei preferito una postura ancora più inclinata in avanti, per ridurre il carico sulla colonna vertebrale, ma penso che non ci si possa lamentare troppo.

Sulla GTL invece la posizione è assai più turistica e ricalca quella della vecchia K1200LT e della Goldwing. La sella, ancora più ampia e comoda, è a 75 cm di altezza e non è regolabile. Le pedane sono parecchio più grandi di quelle installate sulla GT e in posizione molto più avanzata e il manubrio è ancora più sviluppato all’indietro. In due parole, si sta come su un maxiscooter, e rispetto alla GT si guadagna molto in controllo della moto da fermo, ma si perde parecchio in sensibilità alla guida.

Gli specchi, montati su bracci adeguatamente larghi sporgenti dalla carenatura, sono abbastanza grandi, alti – non interferiscono con gli specchietti delle auto – e larghi, e consentono una visuale ampia e stabile in ogni condizione.

Passeggero

Su entrambi i modelli il passeggero siede più in alto del pilota, su una sella ampia e con pedane abbastanza distanti e avanzate, e ha a disposizione due ampie maniglie. Ne risulta una posizione molto comoda e con un’ottima visuale. La sella è dotata di riscaldamento indipendente da quello del pilota e azionabile con un comando posto sul fianco. Sulla GTL il passeggero gode di un ampio schienale incorporato nel topcase di serie, che però, a differenza che sulla K1200LT, non è riscaldabile.

Capacità di carico

A differenza che sulle vecchie K1300GT e R1200RT, le valigie delle K1600 sono monoguscio e quindi sono meno massicce a parità di capienza. La capacità dichiarata per il topcase è di 49 litri, mentre per le valigie laterali si parla solo ufficiosamente di 33 litri ciascuna. La loro praticità di utilizzo è analoga a quella riscontrabile sulle moto citate, cioè ottima, sia per quanto riguarda l’apertura/chiusura che per lo sgancio/riaggancio – ad eccezione del topcase della GTL, che viste le dimensioni con lo schienale incorporato non è pensato per lo sgancio rapido e quindi è un po’ più macchinoso da rimuovere. Per tutte le valigie la chiave è ovviamente la stessa utilizzata per l’accensione.

La moto dispone inoltre di due piccoli vani posti nella carenatura paragambe, di cui il sinistro è sotto chiave. In presenza della predisposizione audio (optional), anche il vano destro, contenente l’interfaccia per un iPod o lettore MP3, è sotto chiave.

Come optional è disponibile la chiusura centralizzata delle valigie e dei vani, azionabile attraverso il telecomando dell’antifurto (anch’esso optional) o un pulsante sul blocchetto destro – pulsante che, come già detto sopra, poteva essere dedicato a qualche cosa di più utile.

A valigie montate la larghezza della moto diventa notevole, analoga a quella dei modelli citati e superiore a quella della K1200LT (specchi esclusi).

Manovre da fermo

Le K1600 si spostano a mano più o meno come una K1300GT e molto meglio di una K1200LT, il che è senza dubbio un buon risultato per un sei in linea 1600. Il merito va sicuramente al motore, particolarmente compatto e i cui cilindri, come su tutte le K frontemarcia, sono inclinati notevolmente in avanti, in modo da abbassare sensibilmente il baricentro.

Il cavalletto centrale è ben fatto, tanto che richiede uno sforzo simile a quello, non eccessivo, necessario per parcheggiare una K1200S e sicuramente inferiore a quello richiesto da una K1300GT.

La scelta di non dotare la moto di un cavalletto elettrico né della retromarcia appare quindi nel complesso condivisibile.

Il cavalletto laterale è abbastanza pratico, ma impone un angolo molto limitato alla moto, il che non agevola il parcheggio sulle pendenze trasversali.

Il controllo della GT una volta seduti in sella invece non è facile, soprattutto per i più bassi, sia per l’ostacolo rappresentato dalle pedane, sempre di intralcio per le gambe, sia perché la sella di serie è un po’ alta e, soprattutto, larga. Non a caso, l’”arco del cavallo” (la misura del cavallo dei pantaloni da un piede all’altro) dichiarata dalla Casa è maggiore che sulla K1300, nonostante questa sia equipaggiata con selle un po’ più alte.

Sulla GTL invece il controllo da seduti è nettamente più facile, nonostante il peso maggiore, grazie alla sella molto più bassa e alle pedane avanzate che non intralciano.

Motore

Il sei cilindri in linea da 1649 cm3 è ovviamente la principale ragion d’essere della K1600, sia per la lunga esperienza della BMW auto in materia, sia perché le moto con questo frazionamento sono sempre state rarissime – attualmente, l’unico altro esempio di sei cilindri in commercio è quello che equipaggia la Honda Gold Wing 1800.

Una volta avviato, la prima sorpresa è la rapidità con cui prende i giri, straordinaria e degna di un quattro cilindri sportivo. L’aggressività è ulteriormente esaltata dal suono, ovviamente magnifico e assai più cattivo di quanto ci si aspetti, addirittura simile per timbro e temperamento a quello della BMW M3 E46, grazie ad una coppia di scarichi a tre fori piuttosto aperti già nella versione di serie. A richiesta è disponibile una coppia di silenziatori Akrapovich, ma non mi sembrano proprio necessari, considerazioni estetiche a parte.

Nonostante tutta questa sportività, una volta partiti il motore gira rotondo e fluido, con vibrazioni quasi inesistenti in tutto l’arco di funzionamento, da circa 900 giri – che corrispondono a 31 km/h, al di sotto i quali a gas spalancato si avvertono vibrazioni di sforzo (!) – fino agli 8500 giri del limitatore.

La coppia è davvero notevole, anche se la lunghezza dei rapporti ne smorza un po’ l’effetto, ma basta guardare la progressione del tachimetro – cosa non facilissima a causa dei numeri piccoli – per ricredersi facilmente. Il picco massimo si avverte oltre i 5000 giri; al di sotto di tale soglia il tiro è ovviamente inferiore, ma ciò non significa che il motore sia fiacco, tutt’altro! L’accelerazione che ne risulta tirando le marce è notevole, analoga a quella di una K1300GT, ma quello che impressiona di più è la ripresa senza fare uso del cambio, decisamente di livello superiore in qualsiasi rapporto e tale da imprimere alla moto una souplesse di marcia davvero notevole, superiore a quella già eccellente della 4 cilindri e eguagliata soltanto dal 6 cilindri 1800 cc della Goldwing.

Ne risulta un comportamento davvero unico, perché unisce una impressionante sfruttabilità del motore ai bassi e bassissimi regimi ad un allungo non certo infinito, ma comunque esaltante e decisamente sportivo, e del tutto sconosciuto a qualsiasi sport tourer della concorrenza. Rispetto alle luxury tourer poi, siamo proprio su un altro pianeta.

Con un motore del genere, più che su qualsiasi altra moto, il cambio diventa sostanzialmente un regolatore dello stile di guida: in sesta l’accelerazione possibile ai bassissimi regimi è ovviamente limitata, ma è comunque sufficiente per consentire un’andatura turistica gradevole fin dai 30 km/h, anche a moto carica, mentre scalando marcia si ottiene via via una cattiveria sempre maggiore, che nei rapporti inferiori raggiunge livelli tali da impensierire seriamente anche moto assai più sportive.

Il comando elettronico del gas è particolare, perché a volte si comporta volutamente in maniera non coerente con il movimento impresso alla manopola, come ad esempio nella marcia a bassissima velocità in sesta, allorché la chiusura del gas è eseguita con un notevole ritardo, probabilmente per evitare l’innesco di sobbalzi alla trasmissione. Nel complesso però funziona molto bene: nella guida normale e in particolare in quella sportiva l’effetto è immediato e preciso come con un comando normale. Peraltro, funziona anche molto bene nella transizione apri-chiudi. Altrettanto non si può dire della trasmissione, come si dirà dopo.

Similmente alla S1000RR, è possibile scegliere tra tre diverse modalità di utilizzo del motore: Dynamic, Road e Rain. Oltre a ciò, la moto dispone come optional del sistema DTC (Dynamic Traction Control), pure derivato dalla race replica della Casa, che impedisce lo sbandamento della ruota posteriore per eccesso di gas e anchele impennate – dopo numerosi tentativi ho scoperto che, a DTC inserito, si riesce a sollevare la ruota anteriore soltanto in prima e aprendo e chiudendo istericamente tutto il gas, in modo mandare la moto in oscillazione.

A differenza che su tutte le altre BMW R e K, tale sistema è molto progressivo e preciso nell’intervento – anche se rimane sempre un po’ invasivo in particolari condizioni, ad esempio dando tutto gas sulle strisce pedonali, dove ritarda leggermente il ripristino della coppia – e tiene conto anche dell’inclinazione della moto, riducendo la coppia massima trasmissibile man mano che la moto si inclina (!).

Il DTC è disinseribile; si riattiva comunque ad ogni riaccensione del motore.

Nella modalità Dynamic il propulsore esprime appieno il suo potenziale; la curva di coppia è quella massima possibile, la risposta al gas è immediata e il DTC (se installato) interviene con un certo ritardo, in modo da rendere possibile un certo margine di derapata, comunque mai eccessivo.

La modalità Road dovrebbe mettere ugualmente a disposizione tutta la coppia, ma con una risposta più morbida del motore e un intervento del DTC più conservativo. Questa modalità a mio parere è del tutto inutile, in quanto l’erogazione è già estremamente fluida in Dynamic, grazie alla progressività dell’erogazione consentita dal comando del gas.

Nella modalità “Rain” la coppia è limitata e più regolare a tutti i regimi e la risposta al gas è ancora più morbida. Il DTC interviene tanto presto da consentire un margine di sbandata quasi nullo, cosa molto utile sul bagnato.

Sia chiaro: la coppia del motore è tale che anche con la modalità Rain la moto va come una scheggia e resta perfettamente in grado di chiamare in causa il DTC; sono sicuro che una buona quota dei suoi acquirenti potrebbe tenerla sempre settata in questo modo senza perdere un briciolo del proprio piacere di guida.

Trasmissione

La manovrabilità del cambio è buona, anche nella guida sportiva; il comando, non morbidissimo, ma nemmeno troppo duro, è secco e preciso, con una corsa del pedale piuttosto corta. Una sua particolarità è che gradisce meno di altri le cambiate senza frizione, arrivando più spesso del solito a rifiutare il disinserimento della marcia.

La rapportatura delle marce, spaziate abbastanza regolarmente tra loro, è piuttosto lunga, fatto che impone un po’ di lavoro di frizione in partenza. Queste sono le velocità massime reali raggiungibili al limitatore (8500 giri):

  • 1a 103 km/h
  • 2a 141 km/h
  • 3a 175 km/h
  • 4a 210 km/h
  • 5a 249 km/h
  • 6a 293 km/h (teorici).

La velocità massima, limitata a 250 km/h sulla GT (ma secondo me l’ampia sezione frontale impedirebbe comunque di andare oltre), è saggiamente ridotta elettronicamente a 220 km/h sulla GTL, a causa della presenza del topcase e della postura turistica. Su entrambe, in 6a a 130 km/h il motore ronfa a circa 3800 giri.

L’innesto delle marce basse e in particolare della prima è, come sempre sulle BMW, contraddistinto da una rumorosità evidente, anche se, forse, minore rispetto alle K a quattro cilindri.

La trasmissione a cardano presenta un po’ di gioco tra tiro e rilascio – il che è anche fisiologico su una moto con motore trasversale, dotata quindi di due coppie coniche – ed è caratterizzata in tale circostanza da una rumorosità evidente e secca, dovuta ai vari parastrappi.

La frizione è sorprendentemente morbida da azionare, più che sulle 4 cilindri della Casa, non strappa e si rivela robusta anche nell’uso sportivo, ma è piuttosto brusca nell’innesto, tanto da creare qualche imbarazzo in partenza, complice la lunghezza dei rapporti. Inoltre la leva, se tenuta leggermente tirata, in modo da arrivare a “sentire” il punto di attacco, si muove di circa mezzo centimetro passando dal tiro al rilascio e viceversa. Questo movimento è davvero sgradevole e accentua in qualche misura i problemi di manovrabilità in partenza e a bassa velocità.

Tale caratteristica è dovuta al meccanismo antisaltellamento di cui la moto è dotata, che a quanto pare servirebbe anche ad alleggerirne l’azionamento. Visto che la moto non è una sportiva da pista, preferirei di gran lunga che tale sistema non ci fosse, anche a costo di avere un comando più duro – problema che, peraltro, potrebbe essere diversamente risolto allungando la corsa utile della leva, con l’ulteriore vantaggio di una miglior modulabilità.

Sospensioni

La moto è equipaggiata con le stesse sospensioni già viste sulle altre moto della serie K con motore frontemarcia: quadrilatero antiaffondamento Duolever all’anteriore e quadrilatero anticoppia Paralever al posteriore.

Come sugli altri modelli che ne sono dotati, la sospensione anteriore Duolever (nome commerciale dato da BMW alla forcella Hossack) è disegnata in modo tale da affondare in frenata un po’ più che un Telelever, ma un po’ meno di una forcella tradizionale. Similmente al Telelever, essa conserva il vantaggio di mantenere l’avancorsa praticamente invariata anche nel caso di una staccata assassina, con conseguente eccelsa stabilità in frenata (e si vede!).

Tuttavia, il maggior grado di affondamento consente una certa comunicazione tra avantreno e pilota, e questo consente una guida molto sportiva, veloce e redditizia.

La K1600 è dotata in opzione del sistema ESA II (Electronic Suspension Adjustment), che consente di tarare elettricamente le sospensioni attraverso il Mutli-controller. Da fermo è possibile regolare la taratura in funzione del carico (solo pilota, pilota con bagagli, con passeggero), mentre in qualsiasi momento (o meglio, dopo aver smanettato con il Multi-Controller per trovare il relativo menù) è possibile scegliere un settaggio tra Sport, Normal e Comfort, cui corrisponde una regolazione della frenatura da rigida a morbida.

Il sistema interviene sul freno in estensione di entrambe le sospensioni e sul precarico della sospensione posteriore e influisce indirettamente anche sulla rigidità della molla posteriore, variando l’elasticità di uno spessore posto alla sua estremità e realizzato con uno speciale polimero.

Una particolarità interessante del sistema ESA della K1600 è che esso in realtà prevede quattro diverse tarature, con la più rigida disponibile solo sulla GT e la più morbida presente solo sulla GTL. Perciò, nella pratica, le tarature Confort e Normal della GT equivalgono rispettivamente alle tarature Normal e Sport della GTL. Quindi, sulla GT la taratura Comfort è morbida, ma non cedevole, mentre la Sport rende la guida molto precisa, senza far pagare troppo dazio alla schiena, mentre sulla GTL è tutto spostato di un gradino verso il morbido.

Freni

La K1600 è equipaggiata con tre dischi da 320 mm, asserviti dall’impianto semintegrale Continental Teves che equipaggia dal MY 2007 tutte le BMW R e K frontemarcia. Dotato di un ABS assai poco invasivo, è privo dei servofreni elettrici, che avevano creato non pochi problemi di affidabilità alle BMW prodotte tra il 2001 e il 2006.

L’impianto si basa su due circuiti frenanti tradizionali, l’anteriore azionato dalla leva e il posteriore azionato dal pedale. La frenata integrale è ottenuta attraverso la pompa elettrica di ripristino della pressione frenante, che a quadro acceso aziona il freno posteriore quando si agisce sulla leva al manubrio, modulandone opportunamente la potenza in funzione delle circostanze. In caso di guasto della pompa, vengono a mancare la frenata integrale e l’ABS, ma la potenza frenante rimane invariata e sempre disponibile al 100%.

Unico inconveniente di tale schema è che se si frena con entrambi i comandi, il loro effetto sul freno posteriore si somma, col risultato che esso tende a bloccare prematuramente e a far entrare l’ABS. Ma si tratta di un inconveniente marginale, perché in effetti, le moto dotate di questo impianto – e la K1600 non fa eccezione – possono essere guidate in ogni circostanza utilizzando il solo freno anteriore, perfino in curva, grazie al fatto che è assente qualsiasi tendenza autoraddrizzante. Se poi proprio si vogliono mantenere le buone abitudini, è possibile comunque controllare la traiettoria in curva anche più efficacemente, “pelando” il freno posteriore con il pedale.

La frenata è molto potente e molto ben modulabile e la moto rimane perfettamente stabile anche nelle staccate assassine, persino sul bagnato, il che è davvero sorprendente, vista la massa notevole. Di fatto, la moto frena bene almeno come una K1300 e nettamente meglio di una K1200LT, grazie alla massa minore e, soprattutto, alle gomme nettamente più larghe.

La resistenza alla fatica è notevole e proporzionata alla massa della moto, anche per merito dell’enorme disco posteriore da 320 mm.

L’assetto in frenata è sostanzialmente piatto, con il lieve affondamento caratteristico del Duolever, che evita la riduzione dell’avancorsa e dell’interasse in frenata, tipica delle moto “normali”. Inoltre, grazie all’interasse lungo e al baricentro basso, gli spazi di frenata sono ai massimi livelli per una moto e senz’altro pari o migliori di quelli di qualsiasi supersport pistaiola.

Il sistema ABS, oltre ad evitare il bloccaggio delle ruote, tiene a bada anche il sollevamento della ruota posteriore; è possibile quindi frenare con la massima potenza senza alcun rischio di capottamento, sia sull’asciutto che sul bagnato: e vi assicuro che ce l’ho messa tutta per fare uno stoppie!

Comportamento alla guida

La K1600GT è estremamente precisa, reattiva e scattante, non solo in rapporto alla mole del mezzo, ma in assoluto; accelerazione e frenata sono eccellenti, ma ancora di più impressiona la maneggevolezza, davvero incredibile e senza dubbio paragonabile a quella di una K1200S.

È facilmente gestibile anche nel misto stretto, grazie all’equilibrio dei pesi e a un diametro minimo di sterzata piuttosto contenuto, ma soprattutto dimostra un’eccellente rapidità di esecuzione dei “pif-paf”, almeno a livello della K1300S e decisamente migliore di quella della K1200LT. Seguitando nel confronto con la genitrice, la K1600GT reagisce con una certa evidenza allo spostamento del peso sulle pedane, quando sulla K1200LT tale manovra era sostanzialmente inutile, oltre che resa difficile dalla posizione avanzata delle pedane stesse.

Tutto questo, si noti, è stato ottenuto mantenendo la granitica stabilità alle alte e altissime velocità tipica delle BMW, presente perfino con le sospensioni regolate su Comfort: come abbiano fatto i tecnici della Casa bavarese a ottenere un tale risultato con una moto così pesante è un mistero, ma il risultato è sotto gli occhi (o meglio, sotto il sedere) di tutti.

La belva scende in piega con naturalezza fino ad un limite molto elevato, di base è neutra e mantiene la traiettoria impostata in qualsiasi condizione e senza alcuna sbavatura, digerendo perfettamente anche le sconnessioni, soprattutto nella taratura Comfort (ma anche in Normal se la cava benone). Ma la cosa più impressionante è la facilità con cui si può passare da un assetto neutro ad un accentuato sovrasterzo, semplicemente scaricando a terra le palate di coppia a disposizione. In quasi tutti i rapporti, l’apertura del gas in curva determina un netto, ma perfettamente controllabile aumento della deriva della ruota posteriore – più accentuato in modalità Dynamic – che comunque il DTC trattiene sempre efficacemente, in modo da evitare qualsiasi sbandata.

Tale variazione di assetto può comunque essere controllata facilmente anche con il DSC disinserito, grazie all’equilibrio della ciclistica, alla progressività del motore e alla precisione del comando del gas.

Tutte queste caratteristiche, coniugate alla potenza del motore e alla lunghezza dei rapporti, consentono di raggiungere in brevissimo tempo e mantenere in perfetta souplesse velocità proibitive, il cui reale apprezzamento è reso insolitamente difficile dal comfort, dalla lunghezza dei rapporti, dalla progressività del sei cilindri e dalla scarsa leggibilità del tachimetro.

La K1600 GTL si comporta invece in maniera un po’ diversa.

Il controllo in città e alle basse velocità è più agevole che sulla GT, nonostante il peso superiore, grazie al manubrio dotato di una leva maggiore e della sella più bassa.

Nella guida sportiveggiante invece il comportamento è un po’ meno piacevole, a causa del molleggio più morbido (a parità di settaggio dell’ESA) e della posizione di guida più rilassata, che non consente di premere efficacemente sulle pedane, né di sentire correttamente l’avantreno. Inoltre, il piacere di guida è limitato dal fatto che le pedane – prive di piolini – grattano piuttosto presto, assai prima di quanto il comportamento della ciclistica lascerebbe supporre.

Comfort

La moto è senza dubbio comoda. La sella larga e ben fatta, la posizione di guida azzeccata (sia sulla GT che sulla GTL, a parte ovviamente i gusti personali), la tranquillità infusa dal rigore della ciclistica e dagli ausili elettronici e il molleggio, che settato su Comfort è morbido, anche se non troppo cedevole, e anche nelle altre tarature non diventa mai veramente brusco, costituiscono insieme un mix di livello notevole.

Quello che un po’ delude su entrambe è il parabrezza regolabile, per ragioni diverse.

Sulla GT, dotata di uno schermo più piccolo che sulla GTL, la protezione offerta è solo discreta per essere una tourer, in quanto la protezione di gambe e busto è buona, ma le braccia e le mani restano sostanzialmente scoperte. Nella posizione tutta abbassata, che non intralcia la visuale diretta della strada (sono alto 1,78 m e tenevo la sella regolata in posizione bassa), l’aria investe il casco e rende la marcia abbastanza rumorosa. Man mano che si porta il parabrezza verso la verticale, la rumorosità si riduce fino a sparire del tutto – allorché il casco viene a trovarsi in una bolla di aria calma – ma al suo posto subentra sempre più evidente una spinta aerodinamica del busto in avanti, e si riduce la visibilità, ostacolata e non facilitata dal particolare profilo del trasparente, a “V” più alta ai lati.

Sulla GTL la protezione dall’aria assicurata dall’enorme parabrezza è senz’altro ottima, ma nella posizione abbassata il bordo del parabrezza è proprio davanti agli occhi, mentre alzandolo, la visuale attraverso il trasparente è leggermente deformata e in caso di pioggia la vista della strada è sempre compromessa dalle gocce d’acqua.

Entrambe le versioni presentano due deflettori aerodinamici, posti lungo il bordo superiore delle fiancate – completamente diversi da quelli, trasparenti, presenti sulla vecchia K1200LT – ciascuno dei quali può essere regolato in posizione chiusa o aperta. Una volta aperti – sono incernierati posteriormente – essi indirizzano una certa quantità d’aria contro il busto del pilota, generando un flusso abbastanza uniforme e piacevole, utilissimo quando fa caldo.

E’ bene tenere entrambi i deflettori nella stessa posizione, perché altrimenti la moto tende, ad alta velocità, a tirare dalla parte del deflettore aperto.

Consumi

I consumi rilevati sul computer di bordo della K1600GT, condotta con piglio piratesco per metà in città e per il resto in autostrada e sul misto, sono i seguenti (moto senza valigie né topcase):

  • a 90 km/h 25 km/l
  • a 130 km/h con il parabrezza basso 18,8 km/l
  • a 130 km/h con il parabrezza basso e i deflettori aperti 17,8 km/l
  • a 130 km/h con il parabrezza tutto alto 16,9 km/l
  • totale della prova 12,8 km/l

Pregi

  • Motore potente, docile e dal suono splendido
  • Ripresa in 6a eccezionale
  • Frenata eccellente, potente, resistente, sicura e stabile
  • Maneggevolezza e stabilità di assoluto riferimento
  • Reattività di livello sportivo (GT)
  • Confort ottimo
  • Consumo interessante
  • Fari con Adaptive Light Control di straordinaria efficacia nella guida in curva
  • Deflettori per la ventilazione estiva

Difetti

  • Frizione brusca e poco omogenea
  • Faro anabbagliante poco potente rispetto agli abbaglianti
  • Parabrezza che ostacola la visuale, soprattutto in caso di pioggia (GTL)
  • Protezione aerodinamica migliorabile (GT)
  • Appoggio a terra limitato dalla posizione delle pedane e dalla larghezza della sella (GT)
  • Rumorosità della trasmissione nell’apri-chiudi
  • Complicazione del sistema Multi-Controller
  • Clacson indegno di un’ammiraglia

Si ringraziano BMW Motorrad Roma e BMW Motorrad Co.mo Frosinone per averci messo a disposizione le moto.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova BMW K1200S 2008 & K1300S 2009

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Le sport tourer per eccellenza

Ho avuto il piacere di possedere due K1200S, con una delle quali ho percorso oltre 100.000 km, e di guidare diverse K1300S. Adesso che le hanno tolte definitivamente di produzione, è bene raccontare come andavano queste moto magnifiche.

Stile

Questo modello rappresentò alla sua uscita l’inizio di un nuovo corso nel design delle BMW, moto criticato dai puristi per lo stravolgimento dei canoni estetici, l’alto ricorso alle plastiche e una  minor cura estetica di alcuni dettagli, quali per esempio i serbatoi dei liquidi sul manubrio, a bicchierino e non più integrati nel design. Alla sua base vi era una nuova filosofia estetica, che si potrebbe definire “destrutturata”, in cui l’integrazione della varie parti, notevole sulla precedente generazione e particolarmente sulle R1150RT e K1200RS, cedeva il posto ad un insieme dove ogni componente assumeva una spiccata individualità estetica e dove l’armonia era data dal contrasto tra i volumi delle diverse parti, peraltro condensati in forme spigolose e non raccordate come in passato.

A mio parere il risultato complessivo è splendido e ha una finezza stilistica e una perfezione formale almeno pari a quelle della precedente generazione.

Posizione di guida e comandi

La posizione è ottima, con pedane relativamente arretrate, busto sensibilmente inclinato in avanti e il giusto peso gravante sulle braccia; la mia schiena è felice anche dopo 500 km e i polsi non hanno di che lamentarsi.

Il manubrio è relativamente chiuso e largo e la sua distanza dalla sella, simile a quella della R1200R e sensibilmente inferiore a quella della K1200 a sogliola, è comunque abbastanza elevata. Con la sella standard (alta 82 cm da terra), io che sono alto 1,78 tocco comodamente con le piante completamente a terra, merito soprattutto del vitino di vespa della moto.

Le pedane sono piuttosto alte e impongono una posizione del ginocchio più chiusa e sportiva che su molte concorrenti. Le gambe sono ben alloggiate negli svasi della carenatura e si riesce a toccare terra facilmente, solo la campana della frizione, molto sporgente sulla destra, ostacola un po’ il movimento.

La sella non è regolabile, mentre ci sono i registri sulle leve al manubrio. È disponibile senza sovrapprezzo una sella più bassa (79 cm).

La strumentazione, basata su due bei quadranti analogici circolari e un display LCD rettangolare, comprende un computer di bordo (optional) e  l’indicatore della marcia inserita.

I comandi della K1200S sono quelli tradizionali delle BMW dell’epoca, cioè strani. Il lampeggio di emergenza si inserisce premendo entrambi i tasti delle frecce, anziché con un tasto dedicato come sulle vecchie serie.

La K1300S è equipaggiata invece con i comandi standard adottati sulla più recente produzione della casa, con le particolarità che le frecce si spengono automaticamente dopo 400 metri e che il lampeggio e la commutazione anabbagliante/abbagliante vengono entrambi fatti con un singolo tastino azionato dall’indice sinistro.

Il clacson come al solito fa schifo su entrambe, simile a quello di un’utilitaria. C’è comunque ampio spazio nella carena per installare una coppia di trombe bitonali.

Passeggero

Come posizione, il passeggero siede abbastanza comodo; ha a disposizione una sella relativamente ampia, pedane un po’ alte ma non troppo arretrate e una coppia di ampie e comode maniglie. Il problema è che la sella è scivolosa, per cui ad ogni frenata tutto il suo peso finisce sulla schiena del guidatore, a meno di un faticoso lavoro di braccia che alla lunga stanca. Per fortuna esiste il Triboseat, che con pochi Euro risolve definitivamente il problema.

Bagagli

La moto può montare a richiesta le valigie Sport semirigide estensibili, dal funzionamento veramente molto semplice e pratico. Ciascuna di esse ha una capacità massima di circa 25 litri (un pelo di meno la destra, leggermente scavata per far posto alla marmitta) e una forma tale da accogliere comodamente qualsiasi casco integrale. Da chiuse sono belle e in stile con la sportività della moto, mentre l’estetica a borse estese non è il massimo.

Sono in catalogo anche due borse serbatoio dedicate, una piccola da 12 litri, compatibile con il supporto BMW per il GPS, e una grande estensibile da 13/22 litri, dotata di un comodo portamappa stagno, ma che richiede una diversa installazione del navigatore. Il serbatoio in plastica non consente l’uso di borse e portamappa ad aggancio magnetico.

Nel catalogo BMW è disponibile anche un portapacchi di plastica con piano trasparente fumé molto bello, anche se non robustissimo, sul quale è possibile utilizzare una borsa anche in presenza del passeggero.

La Casa non prevede il montaggio di topcase. Per chi proprio lo vuole, è disponibile un solidissimo portapacchi della SW-Motech, fornito anche con una piastra dedicata ai topcase GiVi.

Da fermo

La moto è relativamente leggera e maneggevole (248 kg con liquidi e pieno di benzina la 1200, 254 kg la 1300) per essere una moto di tale cilindrata, anche nelle manovre da fermo. Il cavalletto laterale, molto sottile ma ben fatto, è dotato di un comodo piolino che rende molto facile l’azionamento stando in sella, ed è angolato in modo tale da consentire un parcheggio agevole con qualsiasi pendenza. A richiesta è disponibile anche il cavalletto centrale, dall’uso abbastanza agevole, ma che ha la spiacevole tendenza a rompersi nella leva di azionamento dopo alcune decine di migliaia di km.

Motore

Il quattro cilindri della K1200S è un motore di notevole personalità, piuttosto diverso dai quattro in linea giapponesi. Ha un comportamento un po’ singhiozzante sotto i 2500 giri e presenta qualche vibrazione di sforzo intorno ai 3000-3500 giri, però è potente (167 CV), rapidissimo a prendere i giri (la differenza col vecchio 1200 a sogliola è netta), ha un sound affascinante e coinvolgente, una specie di ringhio rabbioso e rauco, diverso da qualsiasi altro motore, è decisamente docile ai comandi (in proporzione alla notevole potenza, ovviamente), è privo di qualsiasi problema di apri/chiudi o in generale di erogazione, ad eccezione delle già citate esitazioni sotto i 2500 giri a velocità costante, e ha una coppia impressionante anche ai bassissimi regimi, con il picco poco prima degli 8000 giri, allorché si comincia ad andare veramente forte, pur se sotto tale soglia il tiro è comunque decisamente vigoroso.

Tutto ciò impone un comportamento estremamente giudizioso, soprattutto sul bagnato, dove se ci si lascia prendere la mano è facile derapare di gas anche in quarta e in quinta.

Il motore della K1300S, a parte l’aumento di cilindrata, ha subito in realtà una rivisitazione piuttosto profonda, con integrale rifacimento di tutta la parte termica. Coppia e potenza sono ancora maggiori e scompaiono le esitazioni ai bassi regimi, ma forse si perde un po’ di carattere, in quanto le vibrazioni sono ridotte e il sound perde la tipica raucedine del 1200.

Solo sulla K1300S era disponibile il sistema antipattinamento in accelerazione ASC, disinseribile.

Trasmissione

Il cambio, dalla corsa piacevolmente corta, è abbastanza morbido e molto preciso. Di base è piuttosto rumoroso, specie nelle marce basse, ma può migliorare notevolmente se lo si usa con un po’ di malizia, anche se il “clonk” nell’inserimento della prima, tipico delle moto con frizione multidisco in bagno d’olio, rimane, specie a caldo .

Solo sulla K1300S era possibile avere a richiesta il quick-shifter, che consente di evitare l’uso della frizione in accelerazione, ma non anche in scalata come sui modelli più recenti della casa tedesca.

I rapporti sono ben spaziati, con prima abbastanza lunga, le altre marce uniformemente scalate e una sesta da 4900 giri a 130 km/h indicati sulla K1200S, un pelo di meno sulla K1300S, a causa del maggior diametro della ruota posteriore.

La frizione, idraulica e piuttosto leggera, è l’elemento peggiore della K1200S, non tanto perché è un po’ brusca, ma soprattutto perché col passare dei km diventa rumorosa (una specie di cigolio in partenza) e prende anche a strappare vistosamente.

Vibrazioni e strappi possono essere eliminati sostituendo, oltre ai dischi, la campana della frizione con quella della K1300S,  esente da questi problemi.

La trasmissione finale a cardano è perfetta, precisa e pressoché priva di giochi. A basso regime le esitazioni del motore sulla K1200 tendono a farla risuonare quando si marcia a velocità costante.

Freni

Fino al MY 2006, le K1200S erano dotate a richiesta del famigerato impianto semintegrale FTE con servofreni elettrici. Quelle che ho posseduto invece (MY 2007 e 2008) e tutte le K1300S erano dotate invece del nuovo impianto Continental Teves privo di servofreni, nel quale la leva anteriore comanda entrambi i freni, mentre al pedale resta il governo del solo freno posteriore.

L’impianto è potente, ben modulabile, piuttosto resistente alla fatica e dotato di un ABS poco invasivo, che in caso di intervento all’anteriore aumenta automaticamente la frenata sulla ruota posteriore, quasi annullando l’effetto di moto-che-scappa-avanti. L’unico appunto che gli si può muovere è una sensibile variazione del punto d’attacco della leva nella guida sportiva. Il merito di tale ottimo comportamento va anche alle pinze anteriori Brembo, assai migliori delle Tokico montate sulle K1200/1300R.

Ovviamente, gli spazi di frenata sono ridotti e la moto rimane perfettamente stabile in ogni circostanza.

Sospensioni

A differenza del Telelever, adottato sulla precedente K1200RS e su buona parte delle grosse BMW, la sospensione Duolever (nome commerciale dato da BMW alla forcella Hossack) che equipaggia tutte le K frontemarcia affonda un po’ in frenata, non proprio come su una moto “normale”, ma quasi. L’effetto è abbastanza evidente da poter essere sfruttato per spostare la moto all’indietro nel caso si debba uscire da un parcheggio in discesa, pinzando con l’anteriore (a quadro spento, perché altrimenti c’è la frenata integrale che blocca il posteriore), spingendo la moto in avanti a comprimere la sospensione e lasciandola rimbalzare all’indietro.

Rispetto ad una forcella normale, conserva, similmente al Telelever, il vantaggio di mantenere l’avancorsa praticamente invariata anche nel caso di staccata assassina, con conseguente eccelsa stabilità in frenata, ma comunica sicuramente meglio quello che avviene sotto la ruota, mentre il beccheggio è abbastanza limitato da non creare il minimo problema di assetto anche nelle situazioni più scabrose.

Al retrotreno c’è il solito braccio Paralever, che azzera tutti gli effetti sgradevoli dei cardani di una volta, abbinato pèer la prima volta a un cinematismo progressivo analogo al Pro-Link della Honda.

Entrambi i modelli erano dotati a richiesta di ESA (Electronic Suspension Adjustement), il sistema consente di tarare le sospensioni utilizzando un pulsante al manubrio. Da fermo è possibile regolare la taratura in funzione del carico (solo pilota, pilota con bagagli, pilota con passeggero ed eventuali bagagli), mentre in qualsiasi momento è possibile scegliere un settaggio tra sport, normale e comfort.

Il sistema interviene sul freno in estensione della sospensione anteriore e su freno in estensione, freno in compressione e precarico della sospensione posteriore.

La taratura comfort è effettivamente abbastanza confortevole e per questo rende la moto un po’ lenta e ondeggiante ad alta velocità. Con la sport la moto assume una precisione impressionante. La standard va bene un po’ in tutte le situazioni. La K1300S è sensibilmente più rigida della 1200 in tutte le tarature.

Alla guida

La moto è scattante, precisa ai comandi, sorprendentemente maneggevole anche nel misto stretto, in barba all’interasse chilometrico (soprattutto la 1300S, dotata di un Duolever più leggero, di un’avancorsa ridotta e di pneumatico posteriore 190/55, dal profilo più appuntito rispetto al 190/50 della 1200), e stabilissima sul veloce, almeno quando si va sulle tarature più rigide.
Insomma, è una sport tourer magnifica.
Scende in piega con naturalezza fino ad un limite piuttosto  elevato e mantiene la traiettoria senza alcuna sbavatura, digerendo con facilità anche le sconnessioni più evidenti.
La scelta del molleggio influisce sensibilmente sull’assetto; a velocità codice il settaggio comfort basta e avanza in qualsiasi circostanza, perché a mio parere consente un buon compromesso tra stabilità e capacità di copiare le sconnessioni dell’asfalto, ma per una sparata autostradale a 250 o comunque un tratto misto liscio userei senz’altro le tarature più rigide. Il bello sta proprio nella possibilità di poterle cambiare al volo.

Comfort

Le KS sono moto dal carattere sportivo, ma rimangono sempre delle BMW: sospensioni non troppo rigide (specie sulla 1200), sella comoda e posizione senza dubbio azzeccata garantiscono un ottimo comfort; si aggiunge a questo la non eccessiva pesantezza dello sterzo, che rende la guida in montagna nettamente più riposante che con le vecchie K1200 a sogliola.

La protezione aerodinamica è buona per essere una sportiva, ma inferiore a quella di una tourer e a quella, superlativa, della vecchia K1200GT a sogliola, in quanto il cupolino non regolabile indirizza l’aria più o meno all’altezza della gola. Sul mercato esistono comunque vari parabrezza aftermarket.

Consumi

La K1200S consuma poco  in rapporto alla cilindrata, rispetto alle prestazioni che sa offrire:

  • città 14-15 km/l
  • autostrada a 130-140 18 km/l
  • statale  19-20 km/l

Il computer di bordo calcola l’autonomia residua con discreta precisione e consente di sfruttare quasi fino in fondo il serbatoio di 19 litri scarsi (se riempito con molta pazienza fino all’orlo), Si riescono così a fare con una guida normale tra i 250 e i 350 km, secondo che si vada in città o fuori.

La K1300S consuma un buon 5% in meno in tutte le circostanze (!).

Pregi

  • motore potente ed elastico
  • guida precisa e di alto livello
  • confort elevato
  • consumi ragionevoli

Difetti

  • Erogazione ai bassi regimi (K1200S)
  • Frizione imperfetta (K1200S)
  • Protezione aerodinamica non impeccabile

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova BMW S1000XR 2016

di Claudio Angeletti e Massenzio Taborelli

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La “maggiorata” incompiuta

Un po’ di storia

Dapprima vennero le enduro, moto pensate per il fuoristrada serio, ma utilizzabili anche su strada. Monocilindriche, leggere, alte e dotate di pneumatici tassellati, sull’asfalto non andavano granché bene, ma al bar conferivano istantaneamente un’aura di esotico avventuriero a chi le guidava, oltre a introdurre il duraturo fascino di una posizione alta, torreggiante sulla strada e sugli altri veicoli.

I costruttori, sempre attenti al più forte dei loro alleati, l’ego dei motociclisti, iniziarono quindi a sviluppare modelli dove parte dell’attitudine al fuoristrada era sacrificata a favore di un uso più turistico, cioè quello realmente necessario alla maggior parte dei clienti. Fu così che nacquero le prime enduro stradali, più potenti,  comode e spesso bicilindriche, tra cui due icone ancora oggi amate da schiere di fans irriducibili: la BMW R80 G/S e, soprattutto, l’Honda Africa Twin.

In seguito Honda, forse per non disturbare le prospettive commerciali dell’ammiraglia stradalizzata Varadero, abbandonò lo sviluppo della sua “Regina”, salvo resuscitarla sotto nuove spoglie solo quest’anno, e lasciò il campo a BMW, che con calma e metodo teutonico proseguì nello sviluppo in senso stradale di tali mezzi ibridi, fino ad arrivare alla rivoluzionaria R1100GS, enorme e pesante, ma affascinante, il primo SUV su due ruote, e alla sua diretta evoluzione R1150GS, la prima con lo sguardo asimmetrico tipico della casa bavarese.

Ma il vero il colpo di genio del marketing BMW fu messo a segno con la nascita della sensazionale R1150 GS Adventure, ancora più grossa, alta e pesante, ma spacciata come perfetta per il turismo fuoristrada, grazie alla prima ridotta e agli pneumatici tassellati, entrambi accessori non forniti sulla versione standard: una vera e propria X5 su due ruote, di cui si innamorarono in tanti, tra cui un numero bizzarramente elevato di brevilinei, che pur di cavalcare una bestia simile accettarono – e hanno continuano imperterriti ad accettare negli anni – di zampettare sulle punte a ogni sosta come ballerine.

A stroncare i timidi vagiti di avversarie pur valide (memorabili tanto per la bella guida quanto per gli stenti commerciali le tre Cagiva Elefant, Grand Canyon e Navigator), il successo raggiunto da BMW con questi SUV è andato ulteriormente aumentando con la R1200GS del 2004, sempre grande e grossa, ma più potente e leggera, che ha fatto storia raggiungendo il primo posto in classifica tra le moto più vendute, dopo aver scalzato la Honda Hornet che costava la metà (!).

In parallelo, la casa tedesca ha continuato proporre la GS anche in versione Adventure, ormai più simile a un panzer che a un SUV, mantenendo costante la schizofrenia tra dimensioni enormi e sedicente, ma ammaliante vocazione fuoristradistica.

Sulle lacune in off via via crescenti della GS basarono le proprie non immani fortune le due prime KTM Adventure, la 950 a carburatori (proposta anche in versione specialistica Superenduro) e la 990 a iniezione, raccogliendo una nicchia di accesi cultori che si è mantenuta ma che, dopo una promettente vampata iniziale, non è mai riuscita a sfondare né a minacciare anche solo da lontano i numeri di vendita di BMW.

Il mondo dei SUV a due ruote, su cui si erano via via affacciati anche altri costruttori, attratti dalle vendite delle GS, subì uno scossone importante nel 2010, quando apparve sul mercato la Ducati Multistrada 1200. Elegante, grande e costosa, era chiaramente una sfida alla R1200GS, rispetto alla quale però era assai più potente e priva di qualsiasi velleità fuoristradistica. Di fatto, con ben 150 CV, una ciclistica affilatissima e un’elettronica all’avanguardia, la nuova belva di Borgo Panigale, pur con una corsa delle sospensioni allungata, rimaneva sostanzialmente una moto da pista – la 1198 – camuffata da fuoristrada, tanto più a suo agio quanto più aumentava la velocità, e perciò non era proprio una moto adatta ai neofiti o agli automobilisti in crisi di mezz’età, per cui, pur riscuotendo un successo notevole, non arrivò mai a impensierire seriamente il dominio della GS, assai più facile e alla portata di tutti, almeno agli occhi dei potenziali acquirenti.

L’unione di aspetto avventuroso e prestazioni velocistiche da riferimento era però estremamente seducente per molti. Infatti, la “Multipla” divenne presto il sogno di una fascia di motociclisti diversa dalla solita clientela del GS, e sulla sua scia nacquero vari modelli di prestazioni elevate, tra cui l’affilatissima KTM 1190 Adventure, proposta in due versioni entrambe assai convincenti nella guida, anche se non immuni da piccole noie per i proprietari.

Naturalmente, BMW non poteva restare a guardare. La prima reazione fu la R1200GS raffreddata a liquido del 2013, un po’ più stradale e forte di una cavalleria di tutto rispetto (125 CV), con cui però la casa tedesca decise – giustamente – di non snaturare troppo la natura tuttofare e tuttoclienti della sua best-seller. Solo in seguito è arrivata la vera risposta di BMW alla Multistrada, la S1000XR: motore della S1000RR depotenziato a “soli” 160 CV (probabilmente sottodichiarati), cerchi e pneumatici da supersportiva e assenza di qualsiasi inclinazione per il fuoristrada.

Come è

L’S1000XR si presenta anche stilisticamente come l’ibrido che in realtà è: alta e grande come una GS, presenta però elementi stilistici – in particolare la carenatura, i gruppi ottici anteriori e la strumentazione – che denunciano volutamente la loro discendenza diretta dalle S1000 “stradali”. Il risultato può piacere o non piacere, questione di gusti, ma fa comunque una certa scena, specie nella colorazione rossa, grazie anche al magico stemmino biancoazzurro.

A livello costruttivo la moto conserva le caratteristiche tipiche di gran parte della produzione BMW: disegno razionale, materiali di qualità e accoppiamenti ben fatti fanno da contraltare a una semplicità delle finiture senza dubbio voluta, ma a volte anche un po’ eccessiva, si vedano ad esempio le leve del freno posteriore e del cambio, le calcomanie senza trasparente e soprattutto la frizione a cavo, che stona davvero su una moto di questa classe e prezzo, anche se concorre al tentativo di ridurre al minimo la massa totale.

La sella di serie è dura, larga e dalla particolare sagomatura concava, più alta ai lati, e per tali ragioni pone più difficoltà di appoggio ai bassi che su altri modelli di pari altezza (84 cm). A richiesta sono disponibili altre selle fino a un’altezza minima di 82 cm, e si può anche avere l’assetto ribassato, con altezza della seduta a 79 cm.

Le pedane, un po’ alte, ma poco arretrate, e il manubrio alto, largo e molto aperto determinano una postura piuttosto turistica che, come vedremo, ha le sue ripercussioni sulla guida.

Come tutte le BMW, anche la S1000XR è dotata di ABS e controllo di trazione di serie e può essere equipaggiata con accessori e gadget di tutti i tipi: portapacchi, tris di borse rigide (un po’ piccole) cruise control (utilissimo), manopole riscaldate, sistema Dynamic ESA (consente di regolare l’assetto delle sospensioni in base al carico e al tipo di guida e non ha niente a che vedere con le sospensioni attive DDC disponibili sulle S1000R e RR), cambiata assistita, ABS Pro (che consente una frenata stabile anche in curva), DTC (un  controllo di trazione più raffinato, che tiene conto anche dell’angolo di inclinazione della moto) e mappature motore differenziate.

Come va

Il motore è sicuramente il pezzo forte del pacchetto: ha coppia da vendere fin dai regimi più bassi, dai 7000 giri tira come una belva scatenata, i 33 CV persi rispetto alla S1000RR si trovano tutti sopra ai 12.000 giri del limitatore e la rapportatura del cambio decisamente corta per un mille – circa 22,5 km/h per 1000 giri in sesta, equivalenti a 4000 giri a 90 e 5800 giri a 130 – consente di tenere la sesta tranquillamente a partire da 25-30 km/h e di riprendere in tempi da record senza alcuna necessità di scalare. Il che puntualmente non avviene, perché l’assistenza alla cambiata – divertentissima e attiva sia a salire che a scalare, con tanto di doppietta automatica condita da deliziosi scoppiettii allo scarico nella mappatura Dynamic – ti spinge a cambiare con insensata frequenza per il solo gusto di farlo, e rende meno utile la presenza della frizione antisaltellamento di serie.

Il comando ride-by-wire, dalla rotazione turisticamente lunga, funziona bene e non soffre di on-off, mentre l’elettronica di antipattinamento funziona molto bene e nella modalità Dynamic non sporca minimamente una guida anche molto aggressiva.

I freni hanno un attacco decisamente pronto e sono potenti, progressivi e resistenti, mentre l’ABS ha una soglia di intervento sufficientemente elevata nella modalità Dynamic. Il nuovo sistema ABS Pro, con il quale la frenata è semintegrale – la leva anteriore aziona anche il freno posteriore – consente di frenare con decisione anche in curva senza che l’assetto si scomponga più di tanto, notevole.

Le sospensioni invece sono meno azzeccate. La forcella è scorrevole, ma forse anche troppo frenata nel contrastare l’affondamento in staccata, mentre il mono è sempre eccessivamente rigido, anche con l’ESA settato in Road, e con la complicità della sella dura trasmette alla colonna vertebrale anche le minime asperità della strada. Francamente, non si riesce a capire il perché di questa scelta da parte di BMW in una moto che, pur dotata di un motore decisamente brillante, è comunque votata anche al turismo. L’assetto è talmente rigido da sporcare con evidenza le traiettorie sullo sconnesso e la cosa diventa particolarmente fastidiosa su singole sconnessioni rilevanti.

L’altro aspetto della moto che lascia perplessi è la ridotta sensibilità sull’anteriore. Probabilmente essa è dovuta alla citata resistenza all’affondamento in frenata, che fa un po’ “effetto Telelever”, ma concorrono sicuramente l’altezza e la larghezza del manubrio, che se pur facilitano l’inserimento in curva, riducono il feeling, restituendo una certa sensazione di vaghezza cui bisogna fare l’abitudine e non in linea con le caratteristiche dinamiche della moto.

Per il resto, la guida della moto è piacevole, anche se, nonostante l’azzeccata spalla /55, siamo parecchio lontani dalla reattività della S1000R: qui peso, avancorsa, interasse e inclinazione dell’asse di sterzo sono tutti ben maggiori, di conseguenza la moto assume un comportamento più turistico, con reazioni non certo sonnacchiose, ma decisamente più composte.

Con il DTC, tenere la moto sull’orlo del sovrasterzo di potenza nelle curve è un gioco da ragazzi, mentre la luce a terra consente angoli di piega molto elevati senza il rischio di toccare nulla, neanche il cavalletto centrale (optional), grazie anche alle sportive Pirelli Diablo Rosso II di primo equipaggiamento, che però tradiscono la vocazione più modaiola che turistica della moto, con il loro non eccelso adattamento alle basse temperature della stagione invernale.

Dal punto di vista del comfort, la cosa migliore è la buona protezione aerodinamica assicurata dal parabrezza, regolabile a mano su due posizioni, e dai paramani presenti sull’esemplare provato, che insieme alle manopole riscaldabili assicurano un buon riparo dai rigori invernali. Per il resto, la vita a bordo lascia un po’ a desiderare, per via della rigidità del mono e della durezza della sella, che unitamente alla postura verticale mettono a dura prova le vertebre degli occupanti, e delle vibrazioni trasmesse dal motore sulle manopole, particolarmente evidenti a velocità autostradale e sulla manopola destra.

Inoltre, nella guida all’attacco è emerso un altro limite della sella, la cui conformazione concava impedisce ogni movimento longitudinale e ostacola molto anche i movimenti laterali del fondoschiena, cosa davvero assurda su una moto dalle prestazioni così elevate. Per carità, è un difetto al quale si può ovviare facilmente cambiando sella, ma l’idea di perdere altro tempo e soldi per risolvere una questione così stupida su una moto da oltre 16.000 Euro non è proprio il massimo.

Per quanto riguarda i consumi, nel corso della nostra prova, condotta con passo allegro e prevalentemente sul misto extraurbano, si sono attestati su una media di 15,5 km/l, dato solo in parte giustificato dall’esuberanza del motore.

Conclusioni

Nel suo segmento, fra enduro evolute verso la strada e sportive profondamente ripensate, la S1000XR va a collocarsi in quello che definiremmo il settore delle “maggiorate” (Versys 1000, Tracer), naked espanse in corporature abbondanti, sportive, ma allo stesso tempo comode e spaziose. Essa però soddisfa solo la prima parte dell’equazione, e in forma imperfetta; infatti, da un lato conserva il motore e i freni della S1000R, con un comportamento generale notevole, ma al prezzo di un certo peggioramento del feeling di guida, dall’altro essa offre un comfort deludente per il molleggio rigido e le vibrazioni, solo marginalmente migliorato dalla buona protezione aerodinamica, il tutto con la ciliegina sulla torta della sella, che riesce a essere scomoda nella guida turistica e fortemente limitante in quella sportiva.

Francamente, non si capisce bene a che cosa potrebbe servire una moto del genere. Se lo scopo è andare forte divertendosi, tanto vale scegliere la S1000R o la RR, di poco più scomode, ma nettamente più reattive. Se invece si vuole viaggiare veloci, comodi e carichi di bagagli con tutto il motore che serve e una ciclistica di alto livello, le R1200GS, RS e RT e la K1600GT fanno questo mestiere molto meglio della XR, e lo stesso vale per la nuova Multistrada, di recente potenziata (anch’essa ora ha 160 CV), ma addolcita nel carattere del motore grazie alla fasatura variabile e dotata di sospensioni senz’altro meglio accordate allo stato effettivo delle strade.

Certo, se BMW decidesse di adottare sospensioni dalla taratura più turistica, una sella ben fatta e magari anche un manubrio un po’ più basso, allora le cose assumerebbero tutto un altro aspetto e la S1000XR potrebbe diventare davvero l’arma totale descritta nella cartella stampa. Si tratta di modifiche banali. Ma vorranno gli ingegneri di Monaco ammettere di essersi sbagliati? Conoscendoli, la vediamo dura…

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per averci messo a disposizione la moto. 

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