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Prova della Moto Guzzi V100 Mandello 2023

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Il DNA ritrovato

Premessa

Per chi non mi conosce: non sono mai stato un Guzzista. Conosco ovviamente la Casa di Mandello da una vita – ci sono anche passato davanti l’estate scorsa – e ho sempre saputo vagamente che si tratta di una costruttore con un grande passato e un presente pieno di nostalgia. Il primo breve test che ho effettuato in sella alla Mandello qualche settimana fa (link al video) mi ha molto colpito in positivo, perciò ho organizzato una prova più approfondita. Nel preparare la recensione, mi sono messo a scavare un po’ nella storia di questo marchio e, devo dire, ne sono rimasto affascinato. Questa prova su strada si è quindi trasformata in una vera e propria piccola monografia, in cui non descrivo solo come va la V100, ma anche come si è arrivati a crearla e che cosa essa significa per Moto Guzzi.

Un automobilista a Mandello

Un po’ di storia

Carlo Guzzi, classe 1889, apparteneva a una famiglia milanese benestante. Appassionato motociclista, di carattere sanguigno e poco adatto alle istituzioni scolastiche, non arrivò mai neanche a diplomarsi, ma aveva le idee molto chiare. Alla scomparsa prematura del padre, nel 1906, la famiglia vendette l’appartamento in città e si trasferì nella casa di villeggiatura a Mandello, sul Lago di Como, dove il giovane trovò occupazione presso un’officina meccanica. Allo scoppio della Grande Guerra fu arruolato come motorista nel Servizio Aeronautico della Regia Marina e, dopo aver scoperto che i motori degli aerei erano di gran lunga più avanzati, potenti e affidabili di quelli in uso sui veicoli terrestri, fu folgorato dall’idea di realizzare una motocicletta con un propulsore dalle caratteristiche simili. Con il suo entusiasmo trascinò nell’impresa due commilitoni piloti, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, scelti non solo in quanto appassionati motociclisti. ma anche perché il primo era membro di una famiglia di imprenditori, mentre il secondo era un collaudatore e affermato corridore. Finita la guerra, Ravelli morì durante un volo di collaudo, ma i suoi amici proseguirono. Parodi andò a battere cassa presso il padre Emanuele Vittorio, noto armatore genovese, che acconsentì ad anticipare subito metà della somma richiesta, ma voleva vedere con i propri occhi la moto finita prima di elargire l’altra metà. Guzzi si mise subito al lavoro con impegno, avvalendosi per i calcoli del fratello maggiore Giuseppe, ingegnere, e già nel 1919 sfornò la G.P. 500 (Guzzi-Parodi).

La G.P. 500. Si noti l’albero orizzontale che aziona la distribuzione

Questa moto era talmente avanzata – aveva un monocilindrico orizzontale superquadro a doppia accensione e quattro valvole con albero a camme in testa azionato da un albero a coppie coniche! – che il padre del Parodi, Emanuele Vittorio, acconsentì a finanziarne la costruzione in serie, ma solo a patto che la meccanica fosse semplificata, per renderla più facile da produrre e da vendere. Guzzi deve averci rimuginato un po’, ma alla fine si piegò; dalla G.P. trasse la Normale – si noti la leggera vena polemica – a due valvole con asta e bilanciere, e nel 1921 costituì la Società Anonima Moto Guzzi con i due Parodi – e altri due soci voluti da questi – che molto cavallerescamente rinunciarono a far apparire il proprio nome, in quanto meri finanziatori della sua attività. Come logo fu scelta l’Aquila, cioè lo stemma degli aviatori della Marina, adottato per la comune militanza e in memoria dell’amico scomparso.

A proposito della fondazione, il sito ufficiale della Casa afferma che Moto Guzzi “è la più antica casa costruttrice di motociclette in Europa”, ma in realtà non è del tutto vero. Triumph, nata nel 1884 come fabbrica di biciclette, aveva iniziato a costruire bicicli a motore già nel 1902 e realizzò la sua prima vera motocicletta nel 1915. Però il marchio inglese fallì nel 1985, per riaprire con una nuova proprietà e ragione sociale nel 1990, mentre Moto Guzzi, che pure attraversò varie e anche complicate vicende societarie nella sua lunga storia, non arrivò mai al fallimento né interruppe la produzione.

Giorgio Parodi (qui una sua biografia a cura dell’associazione Giorgio Parodi), che avrebbe alternato la direzione dell’azienda ai suoi impegni come aviatore militare fino alla sua scomparsa nel 1955, voleva a tutti i costi il successo nelle competizioni come veicolo pubblicitario, tanto che vi destinò le prime due Normale, e i successi non tardarono a diventare un elemento distintivo della Casa di Mandello, che tra il 1923 e il 1957 collezionò oltre 3.300 vittorie in competizioni sportive ufficiali. Con simili risultati, Moto Guzzi divenne presto simbolo per eccellenza di sportività e modernità e raggiunse un sempre maggior successo in Italia e all’estero, tanto da diventare nel 1930 il più grande costruttore di moto d’Europa. La spinta all’innovazione era evidente in ogni cosa; basti pensare, tra l’altro, all’indimenticabile GP500 da corsa con motore V8 e distribuzione a cascata d’ingranaggi del 1955, progettata dall’ing. Giulio Cesare Carcano, o alla galleria del vento, fortemente voluta dai fratelli Guzzi, costruita nel 1950 e inaugurata nel 1954, la prima al mondo di un costruttore di motociclette e la prima in assoluto in Europa.

La Moto Guzzi GP500 8V
Test della GP500 nella galleria del vento Moto Guzzi

Questa storia di successo ebbe una svolta improvvisa e fondamentale nel 1957, allorchè i principali costruttori motociclistici italiani – Moto Guzzi, Gilera, FB Mondial e MV Agusta, che all’ultimo cambiò idea – resero noto il loro patto per astenersi congiuntamente dalle competizioni sportive. La decisione fu presa sulla scorta del lancio delle Fiat 600 nel 1955 e 500 nel 1957, i cui prezzi finalmente accessibili dettero il via al boom dell’automobile in Italia. Ciò avrebbe sicuramente provocato una forte contrazione nelle vendite di motociclette, che fino ad allora erano state gli unici mezzi a motore che le famiglie italiane si erano potute permettere, perciò I tre costruttori ritennero necessario risparmiare i notevoli costi legati alle gare, in modo da ridurre i prezzi e migliorare la competitività. Grazie a questa tattica, in un primo periodo le immatricolazioni dei motocicli in Italia continuarono effettivamente a crescere, dalle 251.000 unità del 1957 fino alle 283.000 del 1961, ma da lì presero a scendere inesorabilmente fino al minimo drammatico di 55.000 pezzi nel 1970 (fonte: http://www.ancma.it/wp-content/uploads/2021/11/Immatricolazioni-serie-storica-1.pdf). Allo stesso tempo, però, il reddito medio della popolazione stava aumentando, perciò un crescente numero di appassionati iniziò a pensare alla moto come a un fantastico giocattolo con cui divertirsi nel tempo libero. Le vendite di motocicli cominciarono quindi a risalire, ma questo nuovo pubblico privilegiava i modelli che vincevano le gare, perciò Moto Guzzi si trovò spiazzata, lasciando così la porta aperta alla sempre più agguerrita concorrenza giapponese.

Dopo la morte di Carlo Guzzi nel 1964, la Casa continuò a innovare la produzione e nel 1965 fu lanciata la nuovissima V7, equipaggiata con un 700 cc V2 a 90° trasversale ad aste e bilancieri con trasmissione finale ad albero cardanico progettato da Carcano – già autore della V8 – che sarebbe diventato negli anni la base per una miriade di varianti di cilindrata anche molto superiore ed è tuttora il simbolo per antonomasia delle moto di Mandello. Ma i conti non smisero di peggiorare, perciò l’azienda fu ceduta nel 1967 alle banche creditrici, che per gestirla costituirono la SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche). In questo periodo l’ing. Lino Tonti, proveniente dall’aeronautica e subentrato a Carcano, modificò la V7 per battere il record di velocità della propria classe in pista. L’impresa riuscì, ma la moto era pesante e non adatta alle gare, perciò Tonti ne trasse la ben più leggera V7 Sport nel 1971, che segnò il ritorno di Moto Guzzi nelle competizioni, con buoni successi alla 500 km di Monza e al Bol d’Or. Moto straordinaria e iconica, con il suo particolare telaio attillato e scomponibile in tubi dritti, inizialmente verniciati di rosso per metterne in risalto la novità, batteva le concorrenti giapponesi a 4 cilindri per le prestazioni e la ciclistica di assoluto rilievo.

La Moto Guzzi V7 Sport Telaio Rosso

Purtroppo però costava una volta e mezzo la Honda 750, per cui non risolse i problemi economici dell’azienda.

Nel 1973 Moto Guzzi visse lo smacco di farsi rilevare dalla nemica Benelli, facente parte del gruppo De Tomaso Industries di Alejandro De Tomaso. Come sua abitudine, l’imprenditore argentino lanciò subito un piano di rinnovamento roboante basato sullo sviluppo rapido – di solito a discapito dell’affidabilità – di numerosi nuovi modelli, ma convinto che per rilanciare il marchio bisognasse imitare i giapponesi, abbandonò le corse e lo sviluppo di quella che in seguito sarebbe diventata la 850 Le Mans e piazzò il logo dell’Aquila sul serbatoio di moto Benelli a quattro cilindri in linea. Questa strategia però fu disastrosa per le vendite, perciò De Tomaso tornò a puntare di nuovo sulla V7 Sport, che tra l’altro fu aggiornata con la frenata integrale, riavviò il progetto della Le Mans, impostò nuovi modelli, tra cui la famosa cruiser California, e lanciò un nuovo V2 – denominato small block per distinguerlo dal fratello maggiore – progettato da Tonti e inaugurato con le V35 e V50 del 1977.

La Moto Guzzi 850 Le Mans III

I conti però continuarono ad andare male. In questo travagliato periodo Moto Guzzi passò attraverso varie fusioni e acquisizioni, finché nel 2000 fu ceduta a Ivano Beggio, proprietario di Aprilia. Questi era mosso dall’amore per le creature di Mandello e aveva le migliori intenzioni, ma l’acquisto contribuì a minare la sua stabilità finanziaria e alla fine fu costretto nel 2004 a cedere entrambi i marchi al gruppo Piaggio.

Con la nuova gestione, tuttora in corso, Moto Guzzi avviò una fase di ripresa. Le nuove Breva V1100, Norge, Griso e la maxienduro Stelvio, pur basate su evoluzioni del vecchio big block di Carcano, erano nel complesso moto moderne, grazie anche alla nuova sospensione posteriore a quadrilatero antidive Ca.R.C. (Cardano Reattivo Compatto), e soprattutto nella versione con motore 1200 8V, a 4 valvole per clindro con albero a camme in testa, erano senz’altro all’altezza delle loro concorrenti dirette, cioè le BMW R con motore boxer. Tuttavia, la loro buona carriera commerciale terminò tra il 2011 e il 2016 senza che fosse pronto alcun modello a sostituirle. L’imponente e splendida cruiser California 1400 del 2012 non fu mai premiata dalle vendite e scomparve dai listini nel 2020, per cui le fortune di Moto Guzzi gravarono per lunghi anni in larga parte sulle spalle di due soli modelli, l’eterna cruiser media Nevada, uscita di scena nel 2016, e soprattutto la V7 Classic del 2008. Dichiaratamente ispirata alla V7 Sport del 1971, questa naked era sostanzialmente una versione retrò della Breva prima serie – impostata nell’era Beggio – e come tale era priva della sospensione a quadrilatero Ca.R.C. e montava lo stesso, sonnacchioso 750 cc small block da 48 CV. Si trattava di una moto adatta più a una clientela risvoltini e apericena che allo zoccolo duro degli affezionati dell’Aquila, ma piacque e continua a piacere tuttora a quel pubblico e quindi dobbiamo esserle riconoscenti, perché senza di lei, Moto Guzzi si sarebbe probabilmente estinta.

Moto Guzzi V7 Classic (2008 - 12), prezzo e scheda tecnica - Moto.it
La Moto Guzzi V7 Classic

La cruiser V9 del 2017, equipaggiata con uno small block da 850 cc e 55 CV un po’ ammodernato – aveva anche il ride-by-wire – e soprattutto la successiva e particolarmente ben riuscita crossover V85TT del 2019, con motore sempre da 850 cc ma ulteriormente migliorato – valvole di aspirazione in titanio e ben 76 CV – non passeranno alla storia come avamposti della tecnologia, ma hanno aiutato la V7 a portare ossigeno nelle casse di Mandello e questo ha permesso ai tecnici di lavorare in gran segreto a un nuovo modello che rilanciasse l’Aquila. Il risultato di questo sforzo è stato svelato nel settembre 2021, pochi mesi dopo il centenario dalla fondazione, con questo video.

Dopo una gestazione ritardata anche dalla pandemia, era finalmente nata la V100 Mandello, la moto totalmente inedita con cui Moto Guzzi ha ritrovato il proprio DNA originario di costruttore di moto sportive e innovative. L’ho analizzata a fondo e di seguito vi racconto tutto quello che ho scoperto.

Com’è

Aspetto

Moto Guzzi V100 Mandello

L’aspetto della V100 è Moto Guzzi al 100%, perché richiama in modo evidente alcuni modelli del passato, di cui ripropone l’aspetto generale e diversi elementi stilistici, ma allo stesso tempo è molto moderna e a vederla nel salone in concessionaria accanto agli altri modelli della gamma attuale fa la figura di un F35 in mezzo ai biplani. È caratterizzata da una snella carenatura culminante in un piccolo parabrezza e quindi si pone a metà tra una naked e una sport tourer, una soluzione già vista in passato, per esempio sull’ottima Yamaha TDM. Ovviamente, la novità della linea e la scelta non convenzionale dell’impostazione generale non hanno mancato di dividere la categoria più tradizionalista del genere umano – sì, proprio noi motociclisti – in entusiasti totali e critici perplessi. I commenti di questi ultimi spaziano da “è troppo moderna” a “potevano osare di più” passando per “non è né carne né pesce” a “non si può guardare”, e penso davvero che gli uffici design e marketing facciano un gran brutto mestiere.

A me piace molto, sia per il design in sé, innovativo e non banale, sia perché mi ha fatto subito venire in mente modelli che ho amato molto quando ero ragazzo, come la 850 Le Mans III e la V35 Imola. Tra i vari dettagli, trovo molto belli il faro anteriore full led a sviluppo orizzontale e dotato della ormai classica luce di posizione/diurna a forma di aquila stilizzata, il fanalino a doppia fetta di salame, simile a quello della V85TT, lo scarico corto che lascia in piena vista il bel cerchio posteriore, il raccordo smussato e tipicamente Moto Guzzi tra serbatoio e sella e le maniglie del passeggero aperte posteriormente. Colpiscono il disegno ricercato, la qualità della costruzione e della componentistica e la perfetta integrazione di tutti i particolari; niente è fuori posto e l’insieme trasmette una appagante sensazione di precisione e solidità, ancora migliore di quella già notevole delle California 1400.

La moto è equipaggiata di serie con un raffinato parabrezza a comando elettrico, di cui è disponibile anche una versione maggiorata, e dell’innovativa aerodinamica adattiva, costituita da due deflettori, che a quadro spento sono inseriti nella carenatura del serbatoio, ma possono aprirsi automaticamente grazie a due motorini elettrici, per aumentare la protezione alle gambe e alla parte bassa del corpo. Si tratta di una prima assoluta, che non a caso proviene da un’azienda che ha 70 anni di esperienza in aerodinamica. Le uniche cose simili che conosco sono le alette presenti ai lati della carenatura delle BMW K1600 e delle vecchie K1200LT, che però sono regolabili manualmente.

Versioni e dotazione

La moto è disponibile in due livelli di allestimento, base ed S, che si distinguono per la dotazione di serie e la colorazione. La base può essere bianca – a mio parere molto riuscita – o rossa metallizzata, mentre la S è fornita in due livree bicolori metallizzate di un certo effetto, una grigia e verde e l’altra su due toni di grigio. C’è anche una versione speciale Aviazione Navale, realizzata in 1913 esemplari – come l’anno di nascita del Corpo in cui militarono i fondatori di Moto Guzzi – e caratterizzata da una bella livrea grigia con stemmi e particolari ispirati ai caccia imbarcati.

Moto Guzzi V100 Mandello S
Moto Guzzi V100 Mandello Aviazione Navale

La versione base è equipaggiata come segue:

  • impianto luci full LED con luce diurna
  • cornering lights
  • cornering ABS
  • traction control
  • cruise control
  • riding modes
  • strumentazione TFT da 5″ a colori
  • aerodinamica adattiva
  • parabrezza regolabile elettricamente
  • presa USB sotto la sella del passeggero

La versione speciale Aviazione Navale in più comprende:

  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • numero di serie inciso al laser sul riser del manubrio
  • targa celebrativa
  • telo coprimoto dedicato.

La versione S in più della base offre quanto segue:

  • sospensioni adattive Öhlins Smart EC 2.0
  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • quickshifter bidirezionale
  • sistema di connettività con lo smartphone Moto Guzzi MIA, pienamente compatibile con Android e iPhone.

In afermarket sono disponibili i seguenti accessori.

  • Solo per la versione base:
    • monitoraggio pressione pneumatici (di serie sulla Aviazione Navale)
    • manopole riscaldabili (di serie sulla Aviazione Navale)
    • quickshifter bidirezionale
    • sistema di connettività Moto Guzzi MIA
  • Per tutte le versioni:
    • valigie laterali
    • portapacchi
    • topcase
    • cavalletto centrale
    • antifurto
    • faretti fendinebbia
    • parabrezza maggiorato Touring
    • presa USB supplementare a sinistra del cruscotto
    • paramotore
    • parateste
    • sella confort riscaldabile alta, media o bassa
    • sella confort passeggero.

La V100 è inoltre predisposta per essere equipaggiata con il sistema LCDAS, cioè il radar che segnala la presenza di oggetti negli angoli morti posteriori mediante un simbolo di pericolo sullo specchietto corrispondente e un’area arancione sul corrispondente lato inferiore della strumentazione. Questo accessorio non è al momento ordinabile, ma in Guzzi promettono che sarà disponibile presto.

Avviso del radar posteriore

L’esemplare provato era nella versione base, che comunque offre già una dotazione piuttosto completa.

Ciclistica

La V100 è tutta nuova e non ha praticamente alcun elemento in comune con le altre Guzzi. Il telaio è in tubi di acciaio, con il motore che partecipa come elemento stressato. La forcella è a steli rovesciati, mentre al retrotreno c’è un semplice ed elegante forcellone monobraccio in alluminio incernierato direttamente al motore, con un monoammortizzatore laterale opportunamente inclinato in avanti, in modo da assicurare la progressività del molleggio senza dover ricorrere a cinematismi. Nel monobraccio, che a differenza che sulle altre Moto Guzzi si trova a sinistra, è alloggiato il cardano, le cui caratteristiche – che vedremo nel paragrafo sulla trasmissione – hanno consentito di eliminare la necessità del Ca.R.C., a tutto vantaggio della semplicità e della pulizia estetica.

La versione base monta sospensioni Kayaba, con forcella da 41 mm regolabile nel precarico e in estensione e mono pure regolabile nel precarico – mediante un pomello particolarmente morbido e ben posizionato – e in estensione. La S invece è equipaggiata con sospensioni adattive Öhlins – forcella Smart EC 2.0 da 43 mm e mono Smart TTX EC 2.0 – entrambe regolabili elettricamente in compressione ed estensione, mentre la regolazione del precarico posteriore – in realtà è possibile regolare anche quello anteriore, ma la Casa raccomanda di non toccarlo – è sempre con pomello manuale, scelta che potrebbe non piacere ad alcuni, ma offre il vantaggio di poter personalizzare la regolazione in modo fine in base al peso di pilota e passeggero, anziché dover subire le posizioni predefinite che i sistemi a regolazione elettrica di solito offrono.

La moto pesa 233 kg in ordine di marcia con il pieno di 17 litri e le sue principali quote ciclistiche sono le seguenti:

  • escursione anteriore 130 mm
  • escursione posteriore 130 mm
  • interasse 1.475 mm
  • avancorsa 104 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,7°.

Le misure sono quelle che ci si aspetterebbe da una turistica con velleità sportive. Interessante il valore dell’interasse, mediamente più corto rispetto alla maggior parte delle altre Moto Guzzi.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”. L’esemplare provato era equipaggiato con pneumatici Pirelli Angel GT II, adatti al genere di moto.

Motore

Il motore della V100 conserva lo schema a due cilindri a V di 90° disposti trasversalmente, ma per il resto non ha niente a che spartire con quanto visto in precedenza a Mandello. Caratterizzato da un design particolarmente moderno, è raffreddato a liquido e controllato da un sistema ride-by-wire, ha distribuzione a quattro valvole per cilindro con doppio albero a camme in testa e bilancieri a dito e presenta le teste ruotate di 90° rispetto ai suoi predecessori – aspirazione e scarico ora si trovano rispettivamente sopra e sotto i cilindri anziché dietro e davanti, similmente a quanto fatto in BMW sui boxer raffreddati a liquido – per migliorare i flussi di alimentazione e aumentare lo spazio a disposizione del pilota. È dotato di un albero controrotante, per ridurre quasi a zero la coppia di rovesciamento tipica dei motori ad albero longitudinale, mentre la lubrificazione, definita a carter secco nella scheda tecnica, in realtà è a carter semi-secco – soluzione già vista sulla V85TT – perché la coppa dell’olio, posta comunque nel basamento, comunica con la camera di manovella solo attraverso una valvola lamellare. In questo modo migliora la lubrificazione in presenza di forti accelerazioni e si riduce la formazione di schiume nel motore, con lieve vantaggio nel rendimento e quindi dei consumi. La progettazione molto razionale ha consentito di ottenere un basamento di circa 10 cm più corto dello small block che equipaggia la V85TT, nonostante la maggior cilindrata, e questo assicura una maggiore abitabilità – le teste sono ben lontane dalle ginocchia – e consente la semplificazione del forcellone vista sopra.

Con una cilindrata di 1.043 cc – alesaggio e corsa sono rispettivamente 96 e 72 mm – la potenza massima è di 115 CV a 8700 giri/min con il limitatore fissato a 9.500 giri – e ciò rende la Mandello la moto di serie più potente della storia di Moto Guzzi – mentre la coppia massima, che ha un picco di 105 Nm a 6.750 giri/min, è elevata soprattutto ai regimi medio-bassi – a 3.500 giri sono già disponibili 86 Nm e a 5.500 ce ne sono 100 – e ha comunque un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo.

Trasmissione

Il cambio, pur utilizzando alcuni accorgimenti introdotti sulla V85TT per migliorare la manovrabilità, è tutto nuovo e per la prima volta in Moto Guzzi è disponibile – solo sulla versione S e di serie – l’assistenza alla cambiata sia a salire che a scalare, quest’ultima disinseribile mediante i menù, il che è un’ottima cosa, perché consente al pilota di divertirsi a pizzicare il gas in scalata, cosa che sarebbe impedita dalla logica un po’ ottusa di questi sistemi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti:

MarciaRapporto
Riduzione primaria1,548
1a2,642
2a1,941
3a1,550
4a1,272
5a1,083
6a0,960
Riduzione finale3,166

Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore comincia a tirare con vigore ed esprime la potenza massima sono le seguenti.

MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 4.000 giri/’Velocità a 8.700 giri/’
1a9,337,381,2
2a12,750,8110,5
3a15,963,6138,3
4a19,477,5168,6
5a22,891,0198,0
6a25,7102,7223,4

Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura relativamente corta – la velocità massima coincide praticamente con il regime di potenza massima – rendono possibile viaggiare quasi sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.

La frizione, anch’essa al di fuori dagli schemi classici Moto Guzzi, è multidisco in bagno d’olio e antisaltellamento ed è azionata da una raffinatissima pompa radiale simmetrica a quella del freno anteriore.

L’albero di trasmissione ha un solo giunto cardanico all’uscita del cambio, come tradizione della Casa, è incernierato più in basso del solito ed è particolarmente lungo, grazie alla notevole compattezza del nuovo motore. Grazie a tali caratteristiche, i tecnici Moto Guzzi affermano di aver ottenuto un comportamento analogo a quello delle moto con trasmissione a catena – cioè senza estensione della sospensione in accelerazione – nonostante l’assenza del parallelogramma Ca.R.C.

Freni

La V100 è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini azionate da una pompa radiale attraverso tubi in treccia metallica, mentre al posteriore c’è un disco da 280 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. L’impianto frenante è di tipo tradizionale a canali separati e su entrambe le versioni è presente di serie l’ABS con funzione cornering.

Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la Mandello è equipaggiata di serie con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre in entrambe le versioni le seguenti funzionalità:

  • Cornering ABS – sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva
  • TPMS (Tyre Pressure Monitoring System) – monitoraggio della pressione degli pneumatici, presente solo sulla S
  • MGQS (Moto Guzzi Quick Shifter) – assistente alla cambiate funzionante a salire e a scalare, con la particolarità che si può disattivare da menù l’intervento in scalata
  • Cruise Control
  • Riding mode – sono quattro, Sport, Strada, Turismo e Pioggia e agiscono sui quattro sistemi che seguono:
    • MGCM (Moto Guzzi Controllo Motore) – sistema che varia l’erogazione del motore in rapporto alla posizione del gas
    • MGCT (Moto Guzzi Controllo di Trazione) – sistema antipattinamento che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto
    • MGCA (Moto Guzzi Controllo Aerodinamica) – imposta il funzionamento delle alette poste ai lati del serbatoio, che possono restare sempre chiuse o sempre aperte o si possono aprire al superamento di una certa velocità
    • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni)solo sulla versione S, agisce sulle sospensioni semiattive Öhlins, che mettono a disposizione le seguenti modalità:
      • Automatic Dynamic – le sospensioni si adattano automaticamente al percorso e allo stile di guida
      • Automatic Confort – come il precedente, ma più morbido
      • Manual Dynamic – le sospensioni si comportano come se fossero non adattive
      • Manual Confort– come il precedente, ma più morbido.

Comandi

I comandi al manubrio sono classici, ben fatti e gradevoli anche al tatto.

Nel blocchetto di sinistra sono presenti:

  • sul lato anteriore, la levetta per il devioluci, del tipo che si tira per lampeggiare e si spinge in fuori per commutare in abbagliante
  • il comando di tipo tradizionale delle frecce, dotate in movimento dello spegnimento automatico, che avviene dopo 500 m o 40 s.
  • Il tasto del clacson — la solita robaccia da scooter purtroppo quasi universalmente diffusa — posto correttamente sotto al comando delle frecce (spero che in Honda mi leggano)
  • i quattro tasti classici per la navigazione nei menù, di cui il sinistro (Mode Set) serve solo per confermare e gli altri per spostarsi
  • in alto, il cursore del cruise control di serie che, dopo aver letto il manuale – non perché sia complicato, ma è diverso dal sistema BMW a cui sono abituato – si rivela molto funzionale. Si noti che a differenza che su altre moto, qui non è possibile interrompere la regolazione automatica pizzicando al volo la frizione, perché per riuscirci bisogna proprio tirarla tutta. Abituato (male) a fare così da sempre, ho rischiato di peccare di sodomia con un camion (il primo che coglie la dottissima citazione vince una birra presso il Vinnico Wine Bar a Roma).

Quando il cruise control è spento, lo stesso comando può essere usato per cambiare al volo il settaggio del controllo di trazione con qualsiasi schermata.

Il tasto Mode set del tastierino consente anche di accedere rapidamente alla regolazione elettrica del parabrezza mediante i tasti di navigazione su e giù.

Sul blocchetto di destra ci sono:

  • il razionale tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza
  • in basso, il tasto per cambiare riding mode
  • in alto, il tasto per la commutazione tra luci diurne e notturne – che comunque può essere impostata come automatica mediante il menù – e, con una pressione prolungata, per l’attivazione degli eventuali fendinebbia optional.

Neanche sulla S è previsto il sistema keyless, cosa che aumenta notevolmente la mia già alta stima per la Mandello, visto che, come è ormai noto a chi mi legge, considero questo sistema solo fonte di inutili complicazioni. Per contro è assente il tasto delle quattro frecce, però è possibile impostare la loro accensione automatica durante una frenata di emergenza ed è sempre prevista la loro attivazione negli eventuali casi di avaria grave che comportano il rischio di rallentamento della moto.

Display

La V100 è dotata di serie di una bel display TFT a colori con display da 5″ alloggiato in una cornice contenente varie spie di base: immobilizer/cambio marcia, indicatori di direzione, ABS, cruise control, abbaglianti, avaria motore, traction control, riserva e folle. La navigazione si effettua attraverso i quattro tasti sul blocchetto sinistro e sono disponibili le seguenti schermate.

Schermata base

Dedicata alla guida, è gradevole e mostra in un’unico colpo d’occhio tutto quello che c’è da sapere:

  • tachimetro digitale
  • contagiri analogico
  • livello carburante
  • temperatura acqua
  • marcia inserita
  • riding mode attivo
  • ora
  • temperatura ambiente
  • quando il cruise control è attivo, la velocità impostata
  • quando la moto entra in riserva, l’autonomia residua
  • spia del cavalletto aperto
  • una miriade di altre spie e indicatori di tutti i vari accessori di serie e a richiesta

L’area inferiore è destinata ad ospitare messaggi di allarme e indicazioni di vario genere, mentre un’ampia area a sinistra è dedicata alle seguenti schede, accessibili premendo il tasto destro:

  • due diari di viaggio, uguali tra loro e ovviamente azzerabili separatamente
  • settaggio manopole riscaldate (se presenti)
  • settaggio sella pilota riscaldata (se presente)
  • pressione pneumatici (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative alle chiamate telefoniche (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative a brani musicali (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni diverse relative al sistema multimediale (se è presente il sistema MIA)

A loro volta, i diari di viaggio permettono, premendo i tasti su e giù, di visualizzare in alternativa i seguenti dati:

  • contachilometri totale
  • contachilometri parziale
  • tempo di percorrenza
  • velocita’ massima
  • velocita’ media
  • consumo medio
  • consumo istantaneo
  • percorrenza in riserva (solo con spia riserva accesa)
  • settaggio del MGCT (Moto Guzzi Controllo Trazione)

Schermata Navi

La schermata Navi, disponibile solo se è presente il sistema multimediale MIA, è analoga a quella base e comprende tutte le informazioni importanti e le aree informative inferiore e sinistra già presenti in essa, ma presenta un tachimetro digitale e un indicatore della marcia inserita più piccoli per fare spazio alle indicazioni grafiche relative alla prossima svolta, al limite di velocità corrente e alla svolta successiva, tratte dal programma di navigazione GPS dello smartphone. Altre informazioni appaiono nella barra inferiore – nome della strada percorsa e direzione del nord, mentre l’indirizzo di destinazione è richiamabile tra le schede nell’area sinistra.

Schermata Launcher Menu

Da questa schermata è possibile accedere ai diversi menù disponibili:

  • Vehicle
  • Service
  • Dashboard
  • Riding Mode
  • Multimedia (solo se è presente il sistema MIA)
  • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni, solo sulla versione S).

Ogni menù ha una grafica personalizzata con un’immagine del sistema al quale ogni voce è dedicata, e il tutto è davvero gradevole e ben fatto.

Vehicle

Comprende:

  • Headlamp mode – imposta in automatico o manuale il passaggio da luci diurne a notturne
  • Shift light – seleziona il regime al quale si deve accendere la spia del cambio marcia
  • MGQS down (solo se è presente il quick shifter) – attiva o disattiva il quickcshifter in scalata
  • Emergency brake – attiva o disattiva le quattro frecce nelle frenate di emergenza
  • Calibration – permette di ricalibrare il controllo di trazione nel caso che vengano installati pneumatici di tipo diverso
  • Radar posteriore – attiva o disattiva il radar, se presente
Service

Comprende:

  • Change user code – imposta il codice personalizzato di sblocco in caso di guasto dell’immobilizer
  • Code recovery – ripristina il codice di fabbrica qualora sisia dimenticato il codice
  • Windshield (Parabrezza) – seziona la velocità massima di funzionamento del parabrezza elettrico (130 km/h per il parabrezza standard e 110 km/h per il Touring)
  • altre voci riguardanti il software e riservate all’assistenza
Dashboard

Comprende:

  • Backlight – regola la retroilluminazione del display
  • Clock – regola l’ora e seleziona il formato
  • Units – imposta separatamente le unità di misura di velocità, consumo, temperatura e pressione
  • Language – imposta la lingua del cruscotto tra italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo
  • Riding modes language – imposta la lingua dei nomi dei riding mode tra italiano e inglese
Riding Mode

Permette di personalizzare i quattro sistemi compresi in ciascuno dei quattro riding mode, scegliendo tra i seguenti settaggi:

  • MGCM (e-gas) – 1 = aggressivo 2 = medio 3 = dolce
  • MGCT (controllo trazione) – 1 = spento 2 = minimo 3 = medio 4 = massimo
  • MGCA (alette retrattili) – Off = sempre chiuse On = sempre aperte On-km/h apribili a una velocità impostata a piacere
  • MGCS (sospensioni adattive) – A1 = Automatic Dynamic A2 = Automatic Confort M1 = Manual Dynamic M2 = Manual Confort

I settaggi di fabbrica di tali sistemi sono i seguenti.

Riding ModeMGCM
(e-gas)
MGCT
(controllo trazione)
MGCA
(alette)
MGCS
(sospensioni)
SportaggressivominimochiuseAutomatic Dynamic
StradanormalemediochiuseAutomatic Dynamic
Turismonormalemassimoaperto da 60 km/hAutomatic Comfort
PioggiadolcemedioaperteAutomatic Comfort

Appare curiosa la scelta di impostare il controllo trazione del mode Pioggia sul livello medio anziché massimo.

Multimedia

Presente solo se nel caso che la moto sia equipaggiata con il sistema Moto Guzzi MIA, comprende:

  • Device status – lista dei dispositivi associati
  • Device pairing – associa un dispositivo
  • Reset pairing – resetta tutte le associazioni a dispositivi.
MGCS

Presente solo sulla versione S, permette di impostare i diversi parametri di ciascuna delle quattro modalità disponibili per le sospensioni.

  • In Automatic Dynamic e Automatic Comfort – le modalità adattive – sono disponibili tre parametri: smorzamento anteriore, smorzamento posteriore e sostegno della forcella in frenata, regolabili su una scala da -5 (morbido) a + 5 (rigido)
  • In Manual Dynamic e Manual Comfort, – le modalità non adattive – è possibile regolare elettricamente i freni idraulici in compressione ed estensione anteriore e posteriore su una scala da 1 (rigido) a 31 (morbido).

I settaggi di fabbrica dei parametri delle sospensioni sono i seguenti:

ParametroAutomatic DynamicAutomatic ComfortManual DynamicManual Comfort
Smorzamento anteriore0-5
Smorzamento posteriore0-5
Sostegno della forcella in frenata0-5
Freno idraulico in compressione anteriore2831
Freno idraulico in estensione anteriore520
Freno idraulico in compressione posteriore3031
Freno idraulico in estensione posteriore1015

Illuminazione

La V100 dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e di serie delle cornering lights – le luci per migliorare la visibilità in curva. Esse funzionano con una logica diversa da quella che ho visto su altre marche, perché prevedono un solo faretto per parte anziché i soliti tre e si accendono solo quando la moto si inclina oltre 25° anziché quasi subito. Visto che di solito queste luci sono piuttosto fioche, mi viene da pensare che in Moto Guzzi abbiano badato al sodo e abbiano previsto un aiuto più efficace e solo per quando veramente serve, cioè appunto quando si piega parecchio e il faro punta troppo verso l’esterno. Purtroppo non ho avuto modo di verificarlo, perché di sera ho girato solo in città, dove l’illuminazione pubblica non consente di verificare, mentre in garage mi sono guardato bene dal raggiungere l’inclinazione necessaria. L’anabbagliante e gli abbaglianti funzionano comunque molto bene.

Come su molte moto, sulla V100 non è previsto un sistema veloce di regolazione in altezza del gruppo ottico in funzione del carico. Gli anabbaglianti si regolano individualmente agendo su due viti poste sotto il cruscotto, mentre l’abbagliante si regola con una vite posta sotto al cupolino. È quindi importante regolare il precarico quando si accoglie un passeggero, operazione peraltro resa molto semplice dalla presenza del comodo volantino.

Posizione di guida

La posizione di guida è comoda e molto più da naked che da sport tourer, con il manubrio abbastanza largo e aperto, il busto leggermente inclinato in avanti e le pedane ben distanziate dalla sella e moderatamente arretrate, La sella è abbastanza comoda e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Non è previsto un kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza. Solo in aftermarket è possibile acquistare la sella confort riscaldata, attivabile attraverso i menù e disponibile in tre diverse misure. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa confort 800 mm
  • sella di serie e sella media confort 815 mm
  • sella alta confort 835 mm

Gli specchi sono buoni e ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano in modo evidente e consentono una buona visuale. Se è presente il radar posteriore, contengono l’indicatore di pericolo che si affianca a quello che appare sul display LCD.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella separata abbastanza ampia e comoda – ma non riscaldabile – dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane un po’ più alte rispetto a quelle del pilota, ma che comunque consentono una posizione comoda.

Capacità di carico

La V100 è pensata per viaggiare anche in coppia e può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie rigide bicolore grigio chiaro e scuro da 30 e 29 litri dedicate, belle e ben integrate con la linea della moto, che si agganciano direttamente senza necessità di telaietti e sono chiuse con la chiave di accensione, e con un bauletto da 37 litri pure bicolore che invece richiede l’acquisto del portapacchi specifico. Questo è sicuramente robusto – l’omologazione è per 12 kg – ma non bello né all’altezza del resto della moto, e impone anche una posizione del bauletto un po’ troppo rialzata.

Wide Magazine

È inoltre presente un (molto) piccolo vano portaoggetti sotto la sella del passeggero, dotato di serie di una presa di ricarica USB.

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Come va

Motore

Il nuovo bialbero si avvia prontamente e senza i soliti scuotimenti trasversali tipici delle altre Moto Guzzi, ha un minimo regolarissimo intorno ai 1400 giri/min e all’apertura del gas prende i giri piuttosto rapidamente e non presenta quasi alcuna coppia di rovesciamento, grazie al contralbero anticoppia e al generale lavoro di riduzione delle inerzie. Inoltre, è del tutto privo di rumoracci parassiti dovuti alla distribuzione ad aste e bilancieri o ad altro, mentre lo scarico è civile, ma lascia sempre sentire la bella nota tipica del V2. Insomma, volendo sintetizzare, questo bicilindrico suona decisamente come un Moto Guzzi, ma sembra fabbricato da Honda, e parlando di motori, non saprei inventarmi un complimento migliore.

In movimento, il V2 accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a circa 1.550 giri) a pieno gas con un po’ di vibrazioni e già dai 50 km/h (1.950 giri/min) gira rotondo e inizia a tirare in modo soddisfacente.

In accelerazione, il motore offre una spinta consistente e regolare fin da 2.000 giri, che cresce progressivamente senza salti, diventa notevole già sui 4.000 giri e rimane tale fino al regime di potenza massima, oltre il quale decisamente non conviene andare, perché la coppia si affievolisce subito, anche se il motore continuerebbe a salire di giri senza alcun aumento delle vibrazioni. Non stiamo parlando di una moto strappabraccia, ma c’è abbastanza potenza per divertirsi molto e non soffrire di complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno nell’uso stradale.

La risposta alla rotazione della manopola del gas varia sensibilmente tra le diverse modalità, da dolce in Pioggia a bella pronta in Sport ed è sempre perfettamente adeguata alla situazione. Le diverse modalità di guida non influiscono sulla coppia del motore.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 10 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Accelerazione

La V100 sorprende, perché a sensazione scatta decisamente meglio di qualsiasi altra Moto Guzzi di serie che ho provato in precedenza. Non mi riferisco certo alla V85TT e tanto meno alle V7 e V9, il paragone sarebbe impietoso, ma al Griso 1200 8v, che era la più leggera tra le moto equipaggiate con il big block più potente di sempre (110 CV), ma nonostante questo dava comunque quella sensazione di inerzia da grandi masse volaniche tipica dei V2 della casa, che qui invece è del tutto assente.

Lo spunto alla partenza è immediato, grazie alla prima corta, alla frizione pastosa e alla coppia ben distribuita, e la moto continua ad accelerare con vigore in tutte le marce, spaziate in modo perfettamente uniforme tra loro. Ovviamente non siamo ai livelli di una supersportiva – il rapporto peso potenza è circa la metà rispetto a una 1000 race replica – ma la V100 si difende molto bene nei confronti della concorrenza di cilindrata pari e anche superiore, perché spalancando il gas ce n’è abbastanza per divertirsi parecchio e allo stesso tempo si vive la gratificante sensazione di non essere appesi all’elettronica per sopravvivere, che comunque è discretamente presente a impedire le impennate in prima.

Ho svolto i test di accelerazione in Sport, ma penso che i risultati sarebbero stati pressoché equivalenti anche con le altre modalità.

La V100 raggiunge i 100 km/h con partenza da fermo dopo 4,28 s e 63,1 m e i 200 km/h con partenza da fermo dopo 15,07 s e 554,5 m. L’assenza del quickshifter nella versione base provata fa perdere poco tempo nelle cambiate – circa 0,3 s s, vista la prontezza del cambio, ma impatta anche sullo 0-100, perché il passaggio in seconda avviene a circa 80 km/h; sono quindi sicuro che con la S si possano ottenere tempi ancora migliori. Sulla carta questi tempi potrebbero sembrare a qualcuno non particolarmente esaltanti – in giro si leggono in generale numeri calcolati che non hanno riscontro con la realtà – ma garantisco che sono decisamente adeguati, in sella la sensazione è quella di uno scatto molto brioso.

Ripresa nel rapporto superiore

La 6a relativamente corta della V100 (25,7 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla V100 prestazioni in ripresa di rilievo assoluto. Inoltre, la capacità del motore di girare anche a regimi molto bassi mi ha permesso di effettuare la prova nel rapporto superiore spalancando il gas addirittura da 40 km/h, corrispondenti a 1.560 giri/min, cioè poco sopra al regime di minimo, una prestazione degna di un 4 cilindri. In tal caso le vibrazioni sono ovviamente evidenti, ma il motore riprende senza alcuna esitazione e già a partire già dai 50 km/h inizia a girare bello rotondo e a spingere con decisione crescente.

Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,63 s, un tempo eccellente per una tourer, non solo rispetto alla cilindrata, ma in assoluto, praticamente identico a quello già ottimo fatto segnare dalla mia K1200GT e quasi a livello degli 8,8 s ottenuti con la K1600 6 cilindri. Tradotto in pratica, tutto questo significa che la V100 si muove su strada con la souplesse delle grandi, cioè viaggia bene anche a pieno carico e consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare marcia.

Trasmissione

La frizione in bagno d’olio è relativamente morbida – la pompa radiale fa una grande scena, ma non porta vantaggi evidenti – perfettamente modulabile e resistente agli strapazzi.

Il cambio di serie è perfetto, molto preciso e dalla corsa corta. L’esemplare provato era privo di quickshifter, quindi non posso dire niente al riguardo. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso decisamente veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto; per esempio, sulla possente K1600 a 6 cilindri, che ha la 5a molto vicina alla 6a, se si vuole fare un sorpasso particolarmente veloce, è meglio passare alla 4a.

La trasmissione finale a cardano non presenta giochi evidenti, è perfettamente silenziosa e funziona in modo impeccabile. Posso confermare che si comporta come un Ca.R.C. o un Paralever BMW, ma con una semplicità costruttiva disarmante, davvero complimenti.

Freni

La frenata della V100 è pronta, potente, resistente, perfettamente modulabile e, soprattutto, estremamente efficace, grazie anche al baricentro sicuramente piuttosto basso e all’interasse non particolarmente corto, caratteristiche che riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore. I numeri sono da record: la Mandello si ferma dai 120 km/h in 3,63 s e 64,40 m, lasciando al palo anche una naked da sparo come la BMW S1000R, che necessita rispettivamente di 3,95 s e 69,0 m.

L’ABS è comunque tarato in modo piuttosto aggressivo, perché la decelerazione massima possibile è impressionante – mediamente intorno a 1 g! – e solo nelle frenate di emergenza appare qualche lieve serpeggiamento alla ruota posteriore, che comunque non impensierisce.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della V100 è impeccabile, preciso e pronto quanto si può desiderare e mai affaticante.

La forcella a steli rovesciati Kayaba di questa versione base è molto scorrevole e ben sostenuta anche nelle frenate più violente, mentre il mono nella regolazione di serie è forse un po’ rigido – almeno per la schiena di uno splendido 57enne – ma migliora agendo sul registro a vite. La moto comunque si muove in modo omogeneo, senza scompensi fra anteriore e posteriore, non pompa in alcuna occasione e l’ottimo controllo delle masse sospese che ne deriva rende la Mandello molto efficace e reattiva nella guida sportiva.

In città

La V100 non è leggerissima sulla bilancia, ma il baricentro basso, l’interasse relativamente corto – soprattutto rispetto alla media delle Moto Guzzi – il manubrio abbastanza largo e la compattezza delle dimensioni la rendono molto facile e agile in città. Inoltre è piuttosto snella in vita e questo facilita l’appoggio ai meno alti, che comunque hanno la possibilità di acquistare una sella più bassa. Il motore gestibilissimo – anche nella modalità Sport – e la frizione pastosa completano un quadro ottimo, che sarebbe eccellente se le sospensioni assorbissero meglio le sconnessioni profonde. I romani faranno bene ad acquistare la S con le sospensioni adattive Öhlins.

Nei trasferimenti extraurbani

La V100 è una moto piuttosto comoda, grazie al regime tutto sommato di riposo – a 130 km/h in 6a il motore è a 5.000 giri — all’assenza di vibrazioni fastidiose, alla posizione di guida molto naturale, alla sella comoda e al molleggio un po’ rigido su questa versione base, ma comunque soddisfacente. La protezione aerodinamica offerta dalla snella carenatura è buona; alzando il parabrezza ovviamente aumenta e il flusso d’aria che raggiunge il casco rimane sempre perfettamente pulito. Per chi comunque vuole di più è anche possibile montare il parabrezza maggiorato Touring. Le alette dell’aerodinamica adattiva non hanno effetto sul torace e sulla testa e quindi la loro azione è meno appariscente, ma una volta aperte proteggono bene la parte superiore delle gambe e si rivelano particolarmente utili in caso di pioggia.

Nel misto

Interasse non lungo, coppia alla ruota elevata e sempre disponibile, gas pronto e ben gestibile, cambio efficace, freni superbi, sterzo pronto e preciso e ottimo controllo delle masse sospese donano alla V100 un comportamento piuttosto sportivo anche nel misto stretto, risultato particolarmente interessante, perché abbinato a un confort di buon livello. La guida è davvero gustosa e fa sorridere nel casco anche i piloti più smaliziati.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 21,5 km/l
  • a 130 16,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce – inclusi i test di accelerazione – è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 17 litri consente percorrenze sui 300 km.

Conclusioni

La V100 Mandello è un’eccellente sport tourer, in quanto offre offre un motore vivace dal funzionamento impeccabile e dai consumi più che ragionevoli, prestazioni molto interessanti per la categoria e in particolare una ripresa di assoluto rilievo, un’ottima guidabilità su tutti i tipi di percorso, freni da riferimento, spazio a bordo adeguato per due e per i bagagli, un confort più che buono anche a velocità autostradali e un’elettronica ben fatta e facile da usare.

Ma la cosa che mi ha più impressionato sono la qualità costruttiva dell’insieme e di tutti i dettagli. Sulla Mandello non c’è un cavo o una vite fuori posto, una giunzione tra pannelli imprecisa, una finitura meno che ottima, tutte le componenti sono perfettamente integrate e tutto trasmette una gratificante sensazione di precisione e di solidità nell’uso, anche in particolari insignificanti, come il feeling dei vari pulsanti e delle plastiche o l’apertura impeccabile del tappo del serbatoio o la facilità di rimozione e soprattutto di rimontaggio delle selle. In due parole, la V100 offre, anche in questa versione base, la componentistica raffinata e il fascino delle moto italiane, unite a una costruzione degna delle migliori Honda, e proprio non saprei desiderare qualcosa di meglio.

Fin da quando ero ragazzo, ho sempre visto Moto Guzzi affannarsi nell’inseguire la concorrenza e la grandezza del proprio passato. Ecco, con la V100 la Casa dell’Aquila ha finalmente raggiunto di slancio entrambi gli obiettivi, perché questa è a mio avviso una tra le migliori sport tourer sul mercato e realizza un balzo epocale rispetto al resto della produzione di Mandello. Per ritrovare una moto altrettanto innovativa nella storia della Casa, bisogna tornare indietro almeno fino alla V7 del 1965. Tanto di cappello ai tecnici di Mandello per questo capolavoro; gli auguro il massimo successo nelle vendite e non vedo l’ora di vedere e provare gli altri modelli con lo stesso motore che seguiranno.

Pregi

  • Moto bella, solida e ben rifinita
  • Spazio per passeggeri e bagagli
  • Motore piacevole, potente e molto elastico
  • Freni eccelsi
  • Cambio e frizione impeccabili
  • Bella guida su tutti i percorsi anche alzando molto il ritmo
  • Cruscotto TFT che offre a colpo d’occhio tutte le informazioni necessarie

Difetti

Ho fatto davvero fatica a trovarne uno, ma alla fine ci sono riuscito: il design del portapacchi tubolare optional non è all’altezza di tutto il resto della moto.

Si ringrazia molto la concessionaria Moto Guzzi – ApriliaPiaggio “Che Moto!” di Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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2022 BMW S1000R Review

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Purebred Horse

Intro

It was April 2007 when BMW, the Bavarian manufacturer known for its touring bikes powered by boxer engines, announced that it would participate in the Superbike championship. It sounded more like a joke, but the Germans who had uttered it were very serious; if  they were joking, they must have studied at Buster Keaton’s school.

To be fair, BMW didn’t make only quiet twins. For twenty years it had also been producing, among other models, excellent four-cylinder touring bikes, the K series, that since 2004, had made a significant technological and performance leap when the heavy K1200RS gave way to a range of decidedly more modern and lighter bikes, including the K1200R which, at its launch, was the most powerful and fastest naked bike in the world. For this bike BMW had also put on a championship, the BMW Motorrad Power Cup.

But this was BMW’s only competition activity, and the K remained substantially a niche product in the BMW range, appreciated by only a group of enthusiasts. The general riders public saw only that German motorcycles had protruding cylinders on the sides, the shaft that unbalanced them, and they lived far from the tracks.

Until April of 2008, when BMW released this photo.

A shock. Such stuff had never been seen in BMW; moreover, it looked Japanese. It was the track version of the S1000RR, the beast that did not win the SBK championship – and continued not to win it even afterwards – but moved the bar so high in the road supersport category so as to become its undisputed queen and to remain so for many years to come.

With such a base, it was obvious to obtain a hyper naked; and so it was that the end of 2013 saw the launch of the BMW S1000R, essentially an RR stripped of the fairing and with the engine weakened to “only” 160 hp. On paper, the figure might seem disappointing to some since the KTM 1290 Super Duke R had recently appeared with 180; but, in reality, the Bavarian naked bike turned out to be a beast with remarkable performance, providing even greater torque than its track sister.

In 2019, the new S1000RR was launched, completely renewed and lightened compared to the previous series and equipped with a more powerful and torquey redesigned engine with a variable valve timing system. From this new beast was born at the end of 2020 the new naked S1000R, the object of this review.

The tested specimen was a MY 2022, which remained unchanged for 2023, and was equipped with standard rims and Dunlop Sportsmart Mk3 tires, definitely suitable for the type of bike.

How It Is

Appearence

The S1000R follows the general approach of the previous series even though it shares practically no component. The optical group, which has become single and symmetrical, is the same as the F900R; but, otherwise, the similarity between the two bikes is not very marked; the S looks much meaner, almost post-apocalyptic, due to the design of all the details, including the trellis rear subframe. Interesting is the weight reduction compared to the old series from 207 to 199 kg (unladen weight, road ready, fully fuelled) obtained mainly in the engine – with some help from removal of the optional footpegs and passenger seat. Equally interesting is the fact that the S weighs 13 kg less than the twin-cylinder F900R.

The choice to supply the production bike in single-seater configuration is consistent with its general setting, clearly aimed at motorcyclists who intend to ride on the track. In fact, the license plate holder and other details can be easily dismantled.

Chassis

Chassis and suspension of the S1000R are those characteristics of the new S series. The fork is 45 mm upside-down, with steering damper adjustable in preload, compression dumping (left strut), and extension dumping (right strut), while at the rear there is an aluminum trussed swingarm with a progressive Full Floater Pro type kinematics – for a detailed explanation of the history and operation of this scheme, see my article Full floater Suspension Systems – and monoshock also adjustable in preload and  compression/extension damping. The particular geometry of the rear suspension allows it not only to have a progressive absorption, but also to keep the mono at a considerable distance from the engine and the heat emanating from it in order to ensure maximum constancy of operation.

The main dimensions are as follows (in brackets are the data of the first series).

  • front travel 120 mm (120 mm)
  • rear travel 117 mm (120 mm)
  • wheelbase 1450 mm (1439 mm)
  • trailing stroke 96 mm (98.5 mm)
  • steering tilt angle 24.2° (24.6°)

You notice the sportier numbers of the steering.

The wheels are made of alloy with tubeless tires in the usual sizes of 120/70 ZR 17 on a 3.5 x 17″ rim at the front and 190/55 ZR 17 on a 6 x 17″ rim at the rear. The optional forged M rims come with a rear 200/55 ZR 17 tire.

Engine

The engine that equips the S1000R and XR derives from that of the S1000RR and is completely redesigned compared to that of the previous series – besides, it is narrower and lighter. It is a classic four-cylinder in-line mounted transversely with four non-radial valves per cylinder, indirectly driven by two overhead camshafts through the interposition of small rocker arms, according to a scheme widespread on the latest models of the Bavarian firm.

The main differences compared to the super sports S1000RR are the power—reduced from 207 hp at 13,500 rpm to 165 hp at 11,000 rpm to favor torque at medium revs—and the elimination of the variable valve timing system. The choice was dictated by cost containment and because the engine expresses maximum power at a much lower speed than on the super sports model, making it possible to set a valve timing to obtain better behavior in the medium range. All true, but the fact remains that the variable valve timing system of the RR guarantees a much higher torque than that available on the R and XR—not only above 10,000 rpm, as would be expected, but also between 5,000 and 7,500 which are important speeds on a road bike.

The graph highlights the above. The maximum torque curve on the S1000RR is very high and tends to be flat from 5,500 rpm upwards, while that of the S1000R and XR, which has its peak of 114 Nm at 9250 rpm, is more uneven. It shows an evident leap at 7,000 rpm, below which the thrust is “only” that of a good four-cylinder 1000 cc. Although the relative weakness in the mid range can be seen as a defect on the XR, the choice on the R is fully justified by its greater lightness, the sports use, and the lower price.

Transmission

As on the S1000XR – and unlike on the S1000RR – the gearbox on this new series has the ratio of the last three gears significantly lengthened, so much so that now the 6a is about 7.5% longer and the revs at 130 km/h have dropped accordingly from about 5900 to about 5500 rpm. In this way, driving on the motorway is significantly more relaxing and also benefits consumption. The gear ratios are as follows (in brackets the data of the old S1000R/XR and the S1000RR).

GearRatio
Primary1.652
1st2.647
2nd2.091
3rd1.727
4th1.476 (1.500)
5th1.304 (1.360)
6th1.167 (1.261)
Final2.647

The resulting speeds at which the engine starts pulling hard and expresses maximum power are as follows. With the optional 200/55 ZR 17 tire, the values increase by a scant 2%.

GearSpeed @ 7,000 rpmSpeed @ 11,000 rpm
1st73.0114.8
2nd92.5145.3
3rd112.0175.9
4th131.0205.9
5th148.3233.0
6th165.7260,4

The slipper clutch is operated by cable. The Gearbox Assistant Pro, i.e., the BMW auto-blipper quickshifter, is available as an option.

Brakes

The S1000R is equipped with two 320 mm front rotors with four-piston Hayes radial calipers, while at the rear there is a 265 mm rotor with a two-piston floating caliper. Despite the distinctly sporty intended use, there is no radial pump, while there are steel braided hoses as per BMW tradition. If M forged rims are required, the front rotors are those of the S1000RR, with their thickness increased to 5 mm.

The ABS system is semi-integral, with the lever that operates both brakes and the pedal that acts only on the rear. As always at BMW, the two braking circuits are independent, and the integral function is obtained by means of the ABS pump which is active only when the ignition is on.

Driving Assistance Electronics

From the point of view of electronic driving aids, the S1000R, which is equipped with a 6-axis inertial platform, offers the following accessories as standard.

  • Riding modes – Includes Rain, Road, and Dynamic riding modes.
  • ABS Pro – Anti-lock braking system with rear wheel lift control and cornering function that reduces the initial braking power at the front when the bike is leaning to minimize the effects of a too abrupt use of the front brake while cornering. Its behavior changes according to the driving modes and can be either deactivated or limited to just the front wheel.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Anti-skid system that can be disengaged. It takes into account the lean angle of the bike.
  • HSC (Hill Start Control) – System to keep the bike braked by pulling strongly the brake lever, in order to have your hands free and to simplify uphill starts.

On request there is the following.

  • Dynamic Pro Driving Mode – It is fully configurable and also includes the following:
    • Launch Control – Automatic acceleration regulator for track use. It is activated by holding down the start button until the number of launches still possible without overheating the clutch appears on the display. Once activated, by starting the bike with the throttle wide open, the system keeps the engine at 9000 fixed rpm while trimming the torque as necessary. It works up to 70 km/h unless the throttle is closed or brakes applied, or if the of the bike lean angle becomes excessive.
    • Pit Lane Limiter – First gear speed limiter. Once activated via the Settings and set the revs between 3,500 and 8,000 rpm, by keeping the start button pressed the engine remains at the set speed even with the throttle wide open until you release the button.
    • Wheelie Control – Wheelie control adjustable via the Settings menu.
    • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, i.e., engine brake adjustment) – System that automatically controls the engine brake, decreasing it (i.e., giving gas) in case of sudden downshifts in order to avoid any slipping of the rear wheel.
    • DBC (Dynamic Brake Control) – Function that in emergency braking increases the pressure on the rear brake and closes a forgotten open throttle, improving stability and braking distances.
    • HSC Pro – Advanced hill start assistant, which can also be configured to automatically engage when the bike is stationary and braking, without having to pull the brake lever hard.
  • DDC (Dynamic Damping Control) – Self-adaptive suspension system that automatically adjusts the suspension extension dumping according to the driving conditions and the route. When the bike is stationary, it allows the electric adjustment of the preload for rider, rider with luggage, and pilot with passenger. The peculiarity of this system compared to the D-ESA that usually equips BMWs is that here it is possible to manually set all the parameters of both suspensions – preload and extension/compression dumping – in order to tailor the suspension to any riders preferences.
  • Shift Assistant Pro – It allows in many situations to shift gear without clutch and it includes the auto-blipper.

The choice of riding modes influences the other electronic aids and harmonizes them with each other in different situations, while the two settings for the Road or Dynamic suspension – available only if the DDC is present – are always selectable in all riding modes. Below are the configurations provided in all riding modes.

Rain

  • gentle throttle response
  • reduced torque in lower gears
  • maximum engine brake
  • DTC adjusted for maximum stability on wet tracks, resulting in a reduction in maximum acceleration on dry surfaces
  • anti-wheelie to the maximum
  • anti-stoppie active

Road

  • normal throttle response
  • reduced torque in lower gears (this is what is written in the user manual; but, if it is true, the torque is still much higher than in the Rain setting)
  • maximum engine brake
  • DTC adjusted for high stability on dry track, results in a slight reduction in maximum acceleration on dry surfaces
  • anti-wheelie that allows a slight lift of the front wheel
  • anti-stoppie active

Dynamic

  • normal throttle response
  • reduced torque in lower gears
  • medium engine brake
  • DTC adjusted for high performance on dry surfaces
  • anti-wheelie that allows a slight lift of the front
  • anti-stoppie active

Dynamic Pro

  • Fully customizable driving mode, the settings remain stored even after the ignition is turned off.
  • ABS Pro cornering function disabled
  • ABS can be deactivated only at the rear or totally
  • DBC deactivable
  • normal or soft throttle response
  • maximum or reduced torque in lower gears
  • medium or idle engine brake
  • DTC for maximum performance, adjustable
  • anti-wheelie that allows high wheelie, adjustable and deactivable
  • adjustable and deactivable anti-stoppie

The Dynamic Pro mode is activated only after the 1,000 km service by inserting a connector located under the saddle. The presence of the connector is indicated in the TFT display by the symbol of an electrical plug.

Surprisingly, the throttle does not provide for quick adjustment even in Dynamic Pro mode. Probably in BMW they fear that, given the remarkable performance of the engine and the lightness of the bike, the command will become too abrupt.

In addition, I noticed during the test – quite thorough from a performance point of view – that the torque limitation in the lower gears is clear in Rain, but not in Road, which seems similar to Dynamic mode. This has its consequences on fast accelerations, as we will see later.

Commands

The handlebar controls are the classic ones of current BMWs, aesthetically pleasing and characterized by the presence of numerous buttons to operate all the services available as standard or on request. There are so many, especially on the left side, that you feel the need of a backlight at night.

The turning lights are operated with the standard control and have automatic shutdown. Its logic, similar to that already seen on the F900 – but not on the K1600B – is very sophisticated and particularly functional. The novelty is that here the control behaves differently if you slide the switch briefly or if you hold it for a second.

With a quick tap, the lights turn off:

  • below 30 km/h, after 50 meters
  • between 30 and 100 km/h, after a stretch of road that varies according to speed and acceleration
  • above 100 km/h, after 5 flashes

With a prolonged touch, the turning lights always turn off after a stretch of road that varies according to speed. From some tests made, you find that at 130 km/h they blink 14 times, and more as speed is reduced.

This logic is very functional and solves an ancient problem of this system, namely the need to repeat the operation when you want to signal the exit from a motorway.

The high beam is switched on by pressing on the lever above the left block with the index finger and it is flashed by pulling the same lever outwards.

The horn – of very sad scooter quality usually found on motorcycles – is operated by the button correctly located under the command of the turning lights while the hazard light is operated with a dedicated button above the left block.

Also in the left block there is the rocker button to deactivate the DTC and to adjust the optional DDC suspension system, plus the settings of the practical BMW cruise control, also optional.

On the right block there is the button for the driving modes, described above, the one for the optional heated grips with three options – rapid heating and two intensity levels – and the usual rocker button for the engine start and kill switch. The engine start also manages, if present, the Launch Control and the Pit Lane Limiter.

The Intelligent Emergency Call system is available as standard. In this case there is an additional block on the right with a large red button protected by a safety lid with a SOS inscription to avoid accidental calls. The system uses its own SIM and therefore also works without a smartphone. In case of an accident, either the rider can press the SOS button or the system automatically detects an accident and its severity. The BMW Call Center answers in the rider’s own language and it is possible to communicate via a loudspeaker and a microphone installed in the block. The proper rescue chain is then activated depending on the severity of the accident described by the rider or detected by the system. Interestingly, the system control unit can be removed without tools for use on the track.

The Keyless Ride system is available on request. The key remains in your pocket, while the starter and steering lock are governed by a button in place of the starter lock. When the key is near the bike, pressing the button briefly turns on the ignition, pressing it briefly turns it off, while holding it down for a couple of seconds it also engages or disengages the steering lock. The system also does not serve the tank cap, which must be opened with the key.

Among the various systems of this kind that I have tried, this is undoubtedly the best; yet I still prefer the traditional key system because it is faster in operation, it is practically indestructible and, above all, it allows me to always keep the key under control. If contact with the key is lost when the engine is running, the engine does not stop, for obvious safety reasons, but a warning appears on the dashboard that the key is no longer nearby and that it is no longer possible to restart. The warning is nice and big, but it is possible not to pay attention to it, especially just after departure. As long as the rider is always the same and keeps the key in a secure pocket, everything is fine; but any variation from the routine – the key falls from an open pocket or is forgotten in the passenger’s jacket after dropping him at his home, or the motorcycle is loaned to a friend, etc. – can mean wasting time retrieving the key or, worse, being stranded at the next stop.

As for the foot controls, optional adjustable sports footpegs are available and, as standard, there is the  interesting possibility of reversing the functionality of the gear lever – i.e., first at the top and all the other gears at the bottom – for use on the track. The gear lever has two eyelets for fixing the connecting rod, one in front and one behind its axis. To reverse, simply connect the rod from one eyelet to another.

Dashboard

The S1000R is equipped as standard with the TFT color Dashboard with 6.5″ display typical of current BMW production, housed in a frame containing the various basic lights: turn signals, high beam, daytime running lights, general alarm triangle, ABS, DTC, and engine failure. As usual, the TFT can be operated by means of the Multicontroller — the practical ring by the left handgrip — and the Menu button on the left block.

The dashboard includes several visualizations, some of which are dedicated to driving and others to ancillary information. The basic information — speed, gear engaged, time, ambient temperature, and whether automatic daylight switching is activated — is present with any display while the others appear only in some modes or are alternative to each other.

The Pure Ride display is the standard, simple but of a certain effect which, in addition to the basic information, shows a large and scenic tachometer bar and only one of the data present in the My Vehicle or On-Board Computer screens (for example, fuel level, partial mileage, etc.).

The Sport 1 display is characterized by a nice semicircular analog tachometer placed in the center of the screen and some interesting indicators:

  • reduction of engine torque induced by the intervention of DTC, instantaneous and maximum, in %
  • instantaneous and maximum lean angle for both sides, in degrees
  • Instantaneous and maximum deceleration, in m/s2
  • The Sport 2 display is aesthetically similar to the 1, but is meant for use on the track and therefore shows the following indicators:
  • instantaneous and maximum DTC-induced RPM reduction, in %
  • Current lap time
  • Best lap time — today’s lap or best ever can be chosen
  • gap of the last completed lap or the current one compared to the best lap chosen

The lap times are marked using the light switch lever, or automatically through the GPS Laptrigger M, an on-the-track riding data recorder made by the German company 2D and available in the aftermarket, provided that its predisposition has been requested at the purchase. The recorder keeps track of the main parameters of  the bike at all moments of the lap and allows an in-depth analysis of all phases of riding.

The Sport 3 display looks totally different and features all the info available in the Sport 2, plus the instantaneous and maximum lean angle.

BMW S1000RR 2019: rompiendo moldes
S1000RR Sport 3 display. The R has the same, but it tops at 12,000 rpm

The My Vehicle display allows you to select one of the following menus at your choice:

  • My vehicle – shows total mileage, coolant temperature, tire pressure, battery voltage, range, and service deadline indicator
  • On-board computer – shows average speed, average consumption, total travel time, total parking time, partial and total mileage, last reset date.
  • Travel computer – is like the previous one and allows you to collect data on a different stretch; it resets itself after being stopped for six hours or when the date changes
  • Tire inflation pressure – in addition to the pressure compensated with the operating temperature visible also in the My Vehicle tab, it also shows the real tire pressure
  • Need for maintenance – indicates the expiration date and remaining mileage until the next maintenance
  • any additional tabs containing eventual Check Control Messages.

The Navigation screen works if a smartphone is connected with the BMW Motorrad Connected app. GPS navigation takes place through the driving directions provided by the smartphone navigator (for example Waze or Google Maps) only via the audio in the helmet. Even without an actual map, you still can see distance and time to arrival, distance until the next turn, name of the current road and the one to be taken at the next turn, pictograms describing the intersections and roundabouts ahead, and speed limits along the route. The system is very clear in operation and does not miss a map too much.

The Media screen has a particularly well done search engine and works via Bluetooth with a compatible device and a helmet with a hands-free system, allowing you to listen to music along the route.

The Phone screen allows you to make and receive phone calls if a compatible device and a helmet with a compatible hands-free system are connected via Bluetooth.

Among the options I did not find the predisposition to the BMW GPS device.

Lighting

The S1000R comes standard with a full LED lighting system and, on request, the Adaptive Light Control, a system that is activated when the bike leans and allows a deeper illumination of the trajectory in curves.

The front light cluster, vaguely trapezoidal in shape and the same as that of the F900R, is divided into three parts—from top to bottom: low beam, daytime/running light, and high beam—flanked by adaptive cornering lights. If the adaptive cornering system is present, the stylized R in the centre of the headlight assembly is backlit.

As on most nakeds, the S1000R does not have a practical system of height adjustment of the headlight depending on the load, so it is necessary to loosen the fixing screws. In this case, given the very low probability that this bike will go around with a passenger, this is a non-problem.

Through the Settings menu of the dashboard, it is possible to set the low beam always on or the daytime running light with automatic switching to low beam at night, and you can always choose manually between the two modes through a button on the left block.

Light power, width, and homogeneity are excellent. Adaptive lighting, however, is nothing spectacular: Outside the actual headlight beam, only a limited extra area of the trajectory is weakly lit, thus offering a marginal advantage.

Riding Position

The driving position is sporty, with torso inclined rather forward and footpegs quite high and set back, although not as on the RR. As in all sports bikes on the planet – except the S1000XR with its basin-shaped saddle – the seat allows the rider to move freely in any direction.

The handlebar is adjustable in two positions.

There is no lowering kit nor is there a seat height adjustment; but, on request and at no extra charge, the bike can be ordered with a low or high seat. The M seat dedicated to use on the track is only an aftermarket item. The possible seat heights are as follows:

  • low seat 810 mm
  • M seat 824 mm
  • standard seat 830 mm
  • high seat 850 mm

The mirrors are the standard ones of non-faired BMWs: a bit small, but set wide, they do not vibrate and allow a view that could be wider.

Passenger

The bike is sold as a single-seater, but a passenger seat and footpegs kit is available on request for the passenger who either loves the rider very much or is a bit masochistic. If the two qualities coexist, even better.

Load Capacity

Given the distinctly sporty setting, for the S1000R there is obviously no type of rigid suitcase, but there are two tank bags, two for the passenger seat, and a kit of soft side bags specifically dedicated to the model, although rather small (21 liters). So, if you want, you can travel, strictly alone.

An interesting fact: The total weight allowed for the bike is a whopping 407 kg, therefore, with a payload of 208 kg, it is a rather high value for a hyper naked and says a lot about the capabilities of the chassis.

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How It Goes

Engine

Startup is ready. The racing origin of the engine is immediately noticeable from the idling speed, which is rather high for a 4 in line, around 1300 rpm, and rises to around 2500 rpm when cold. The mechanical noise is high. The exhaust sound, on the other hand, is pleasant, full, but never intrusive at any rpm. The very high idle when cold and the rather abrupt clutch can cause the bike to jerk forward abruptly at first, so particular attention is required when starting off and maneuvering.

The test took place in January with temperatures at or below 15°C degrees, so I could not detect any heat problems.

Once underway, the four-cylinder easily accepts even very low revs, so much so that it is possible to accelerate in 6° from 40 km/h (corresponding to 1,700 rpm) at full throttle without the slightest jolt. At constant low revs it surges a bit, but it is not a big problem.

Opening the gas, the engine revs up to 7,000 rpm with a decisive and regular push which, after this threshold, becomes impressive, also thanks to the short gears ratio, and it remains so practically up to the limiter located at 12,000 rpm. The acceleration that results when pulling the gears down is even excessive: I’m sure not many owners of this bike will have the guts to experience it to the fullest.

The response to the rotation of the throttle grip is very sweet in Rain, a little quicker in Road, but strangely remains unchanged in both Dynamic and Dynamic Pro. Personally, I felt the lack of a more direct control.

In Rain mode, the torque remains quite high overall, but is limited in the lower gears – certainly in the first three, but it didn’t seem to me in fourth. According to the user manual, the torque should also be limited on Road, but while riding I was able to ascertain that the bike actually pulls much higher and similar to the sportier modes, even if I can’t say if it’s exactly the same, because the performances in maximum acceleration are almost scaring and it is practically impossible to perceive certain differences.

Acceleration

The exuberance of the engine is such that the bike can be managed thanks only to the DTC and, in any case, only up to a certain point. Already starting from the Road mode, the front wheel does not want to stay on the ground at any rpm in the first two gears, making it necessary to choke the throttle to maintain an acceptable trajectory. Paradoxically, in acceleration tests at street speeds, I set the best times in Rain mode which limits the torque and keeps the wheelie at bay. With relative ease, I achieved a 0-100 km/h in 3.45 sec. With numerous attempts in Road mode, I never got below 3.87—it seems to ride a rodeo horse and you are forced to choke the gas and anticipate the 1st-2nd shifting a little. I probably could have done better with further launches, but probably not any better than with the Rain mode. It would really help if the Road mapping prevented the wheelie altogether.

The potential of the S1000R emerges in full above 100 km/h. In Road mode, it took me just 9.01 seconds to reach 200 km/h from a standstill – in 250 m!

By way of comparison, my 2007 K1200GT with 152 HP, which also posts considerable times for a tourer and almost equal to the K1600, covers the 0-100 km/h in 3.85 s, i.e., just 0.4 sec above the S1000R, but to reach 200 km/h , it takes 12.46 sec and 346 m.

The g-trend clearly shows why the S1000R fails to do better on short sprints, despite the excellent power-to-weight ratio. In fact, the curve is substantially constant up to about 90 km/h, because it is precisely limited by the tendency of the bike to wheelie around 0.9 g.

I also tried to do some throws in Road mode without using the quickshifter, to see the difference. In the 0-100 km/h, I lost 0.11 sec, while in the 0-200, I lost 0.74 sec. The shift assist does indeed save some time; but, at road speeds, the advantage is minimal—even more reason not to want it on my bike.

The DTC (Dynamic Traction Control) system can always be deactivated while driving, is precise in its intervention, and minimally invasive. Honestly, it seems really stupid to deactivate it. On the Sport screen, you can check the percentage of power lost when exceeding the grip limit during acceleration. If the DTC is deactivated, the value is always equal to zero, while in the event of maximum acceleration in low gears, the system intervenes – a lot! – also on a perfect and clean asphalt, given the exuberance of the engine.

Unfortunately I didn’t get to use the Launch Control. It doesn’t make sense on the road, but I’d still be curious to see if I’d get better lap times, even if I don’t think it can work miracles.

Pick-up in 6th Gear

Although the gear ratios are the same as those of the S1000XR, here one does not have any impression of sluggishness in pick up at low revs, due to the lower weight, but perhaps also to the different mental predisposition – something more is expected on a sport-touring crossover. The following table compares the maximum torque available at the wheel by opening the throttle in 6th gear at 90 and 130 km/h on the S1000R and XR and, for further comparison, on the F900R, in absolute value and in relation to weight.

S1000RS1000XRF900R
Max wheel torque @ 90 km/h in 6th Nm               393393            356
Max wheel torque per kg of weight @ 90 km/h in 6th Nm1.971.741.62
Max wheel torque @ 130 km/h in 6th Nm                    480                  480            406
Max wheel torque per kg of weight @ 1300 km/h in 6th Nm2.41                       2.12                 1.85

As you can see, the S1000R offers a significantly higher pull in 6th gear at road cruising speeds than the XR. The transition from 40 to 120 km/h takes just 7.43 seconds and is the same in all driving modes. I hadn’t taken the times with the XR, which certainly does a little worse, while the K1600B covers the same distance in 8.8 sec.

The slight hesitation around 150 km/h, clearly visible in the instant g graph below, corresponds exactly to the down in the torque curve around 6,500 rpm.

Gearbox

The standard gearbox is pleasant, very precise, and with a short stroke while the clutch is soft, but rather abrupt when starting off. However, on the tested bike with about 10,000 km on the counter, there must have been some clutch problem – I tried to adjust the cable, but with no improvement – because it was practically impossible to find neutral with the bike stationary, while maneuverability was perfect on the S1000XR tested, equipped with the same engine and gearbox. There was also the quickshifter, which makes the lever more contrasted and rubbery. The system works well at medium revs, particularly when downshifting, which is also possible when cornering without problems, and in sporty driving; but it is rough at low revs and, in certain circumstances, requires you to pay attention to the position of the throttle on pain of refusing to shift. The case that typically makes me blush is when I’m in a short gear when going downhill and I want to shift to a higher gear to avoid excessive engine braking: It just can’t be done with the gas closed. Personally, I prefer the standard gearbox not only for the best lever feel, but because I can shift when and how I want.

Brakes

Braking is powerful and resistant. It doesn’t have the almost violent bite of super sports bikes, which may disappoint some; but, in any case, it is quite good for sporting use and is always very easily adjustable even for those with less experience. The fork behaves very well even when braking hard and the bike always remains perfectly stable, unlike the S1000XR which suffers from some slight twisting.

Braking from 120 km/h required 3.95 sec and 69.0 m

The deceleration graph below clearly highlights how the ABS limits deceleration to around 0.9 g to avoid rollover.

It is really interesting to note that my K1200GT, despite weighing 288 kg, a good 89 more than the S, obtains almost identical performance given that, in the same situation, it needs 4.0 sec and 68.3 m.

The ABS Pro works very well, there is no delayed-braking feeling and it minimizes imbalances in the set-up when braking hard while cornering. In such a situation, the ABS intervenes well before the actual loss of grip, drastically limiting the front braking power in the very first moments, to increase it gradually after. In this way, braking when cornering is always made very progressively, as if the lever were being pulled slowly rather than abruptly, all to the advantage of stability.

Steering and Attitude

The steering of the S1000R is precise and prompt, but at the same time less nervous at high speeds than that of the previous series. The improvement is probably also due to the longer wheelbase and more effective rear suspension.

The upside-down fork is well supported and very smooth, while the monoshock of the test sample was rather hard even in Road mode. I haven’t had the opportunity to adjust the suspension, but I’m sure that the various adjustments, which are available even if the optional DDC is present, allow you to make it softer without problems.

Downtown

The S1000R is very light and streamlined and allows easy control to the vertically challenged, who also have a lower seat available. The engine is quite manageable – even if at times a bit clumsy – because the throttle control is very progressive in all mappings and the torque at low revs is that of a normal bike – almost; but you need to be careful with the clutch, which is a bit abrupt. It is for this reason, rather than for the power, that the S is not very suitable for beginners.

On Highways

Freeway trips are not the best on such a bike, but the S is no more uncomfortable than the average naked bike, given that the suspension can be tailored, the position is not extremely forward-leaning, and the seat, all in all, is acceptable. It is also possible to mount a Sport windshield, not present on the tested bike. The excellent stability guaranteed by the chassis, the not excessive rpm allowed by the ratios – in sixth gear at 130 km/h the engine is at 5500 rpm – and the absence of particularly annoying vibrations complete an overall satisfactory picture.

On Twisty Roads

On twisty roads the S1000R is a killer weapon, especially when the curves get wider. The very powerful but easily manageable engine, the effective brakes, the perfect chassis, the excellent ground clearance, and the promptness of the steering all contribute. The maneuverability in the tighter twists is not that of a motard, but the S behaves very well here too, thanks also to its light weight. It’s a bike made to go fast: The higher the pace, the more the steering precision improves and the more one feels in tune. Part of the credit for this certainly goes to the progressive full floater rear suspension.

Consumption

Consumption at constant speed measured by the on-board instrument is as follows:

  • @ 90 km/h 20.4 km/l
  • @ 130 16.2 km/l

The overall average from top to top, including some urban sections, some highway, a lot of out of town riding, and several sections done at a fast pace, was 15.0 km/l.

The 16.5-litre tank allows mileage of 200-250km.

Conclusions

The S1000R, while not for beginners or passers-by, is definitely a thoroughbred that I would really like to have in my stable. It’s made to give sensations that not many other bikes can deliver, and in a balanced and truly convincing package.

Pros

  • Well made bike with aggressive aesthetics
  • Very powerful, elastic and well manageable engine
  • Excellent brakes
  • Very effective in very sporty riding

Cons

  • TFT dashboard that does not allow all relevant information to be displayed on one screen
  • Rubbery gearbox if shift assistance is present
  • On the sample tested (but not on others), it was almost impossible to find the neutral when stationary.

Thanks to BMW Motorrad Roma for making this test possible.

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Consapevolezza e incoscienza

Anche noi motociclisti siamo esseri umani e, come tali, abbiamo a volte il difetto di abbandonare la razionalità a favore di pulsioni non razionali. Se questa è una cosa molto bella in tanti campi della vita – dopotutto, ci permette anche di emozionarci per le moto! – quando si guida può a volte trasformarsi in un problema.

Un noto caso di abbandono della razionalità è l'”effetto pecora“, quello che ci porta a passare col rosso o a fare un sorpasso avventato per seguire un compagno che invece era in piena sicurezza. È chiaramente un comportamento pericoloso e da non ripetere, ma siamo perfettamente consapevoli fin da subito di aver peccato e ci ripromettiamo di non rivivere mai più lo stesso spavento.

Un altro caso noto di abbandono della razionalità è la spavalderia. Finché ci si limita a fare gli sboroni al bar, niente di male, il cazzeggio è il sale delle conversazioni, ma quando si guida, può portare a realizzare manovre al di fuori delle proprie capacità, con conseguente caduta nel fosso della curva o tamponamento o rovinosa caduta durante un’impennata. Anche in questo caso la pericolosità della cosa è ovvia a tutti, incluso l’autore della bravata.

Questa roba è arcinota e non mi interessa discuterne. Ciò di cui mi preme parlare qui è un tipo diverso di comportamento irrazionale, quello dettato dall’incoscienza. Nella lingua italiana questo termine è anche associato con la spavalderia, ma qui intendo usarla nel suo significato di “mancanza di consapevolezza di sé e delle proprie azioni”. È un problema particolarmente insidioso, perché colpisce quasi tutti i motociclisti, anche quelli più tranquilli, e si manifesta sotto forma di comportamenti non percepiti come pericolosi, ma che in realtà lo sono eccome. Essi possono essere di vario tipo, ma hanno tutti un’origine comune: scaturiscono dalla presunzione che gli altri utenti della strada si comporteranno in modo perfettamente legale e perfettamente prevedibile.

Spesso si è incoscienti quando si commette un’infrazione. Esempio classico in tal senso è il sorpasso di un veicolo in corrispondenza di un incrocio. Quello non ha la freccia, quindi si dà per scontato che non svolterà; poi però lui svolta lo stesso e noi finiamo in ospedale, se va bene. Sorpassare gli incroci è vietato proprio perché è pericoloso, ma nonostante questo, quasi tutti i motociclisti lo fanno senza esitare. Ma si può essere incoscienti anche in momenti in ci si sta comportando perfettamente secondo le regole. Il caso tipico è il sorpasso di un veicolo di fronte a una stazione di servizio, che pur non vietato dalla legge, è del tutto analogo al caso precedente e altrettanto pericoloso.

Per evitare questo rischio, ogni utente della strada e specialmente il motociclista, privo di carrozzeria protettiva, dovrebbe sempre tenere presente un principio di fondo:

se un conducente può fisicamente e plausibilmente realizzare una manovra, è probabile che lo farà.

Provate a guidare tenendo presente questo principio e vi renderete conto che diverse cose che di solito fate, in realtà comportano rischi anche gravi. Oltre ai casi dei sorpassi visti sopra, vengono subito in mente i seguenti:

  • attraversare un incrocio in velocità, presumendo che chi è obbligato a darci la precedenza, lo farà – e potrebbe anche essere non solo il conducente che vogliamo sorpassare, ma anche quello che viene in senso contrario e intende svoltare alla sua sinistra
  • attraversare un incrocio a più corsie affiancati ad un altro veicolo, presumendo che il conducente non sterzerà incrociando la nostra traiettoria
  • viaggiare veloci in città (in parecchie zone anche la velocità legale di 50 km/h è eccessiva), presumendo che nessun pedone attraverserà la strada senza guardare, nessun veicolo spunterà fuori da un passo carrabile e nessun conducente aprirà lo sportello
  • non rallentare fino a passo d’uomo in presenza di un animale in strada, presumendo che quello non scarterà improvvisamente nella nostra direzione.

Tutto questo non significa che dobbiamo diventare paranoici e terrorizzati da tutto quello che potenzialmente potrebbe accadere. Non a caso ho inserito la parola plausibile. Su un rettilineo extraurbano privo di incroci e accessi, non sorpassare il veicolo che ci precede solo perché ha la possibilità fisica di spostarsi a sinistra è esagerato, perchè di solito nessun conducente fa una cosa del genere. Ma se ci accorgiamo dalle indecisioni della traiettoria che quella persona non è perfettamente lucida o sta spippolando al telefonino, ecco che lo spostamento a sinistra diventa plausibilissimo e quindi è necessario adottare le opportune contromisure: richiamare l’attenzione della persona distratta con il clacson o non sorpassare del tutto se è chiaramente ubriaca.

Lo ripeto:

se un conducente può fisicamente e plausibilmente realizzare una manovra, è probabile che lo farà.

Tenete scolpito nella mente questo principio quando siete alla guida, sempre.

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Intro

When I tested the BMW S1000XR, I noticed from the specs that the bike is equipped with a rear suspension called Full Floater Pro. I already knew the name Full Floater because it is a progressive damping suspension widely used by Suzuki in the 80s. Now, BMW tends to call “Pro” a lot of things that others also do – for example, the ABS Pro is nothing more than an anti-lock system with cornering function – so I distractedly thought that this suspension name was something like that and I mentally filed it in the “advertising fluff” drawer. 

Later, I also tried the S1000R, based on the same mechanics, also common to the super sports S1000RR, but this time I was struck by this phrase in the press release, which had escaped me before:

The spring strut with Full Floater Pro kinematics is now located significantly further away from the swing axis and the engine. This prevents the shock absorber from heating up due to waste heat and ensures even more stable temperature behaviour and even more constant damping response.

In fact, in a visual comparison between the old and the new version, the shock absorber, which was previously practically hidden by the frame in the side view, now stands way back.

The full floater system as I knew it has several advantages but keeps the shock absorber ordinarily close to the engine. I absolutely had to understand, so I dug deep and found a lot of interesting information that I decided to share in this article. Enjoy!

A Bit of History

Starting from the ‘70s, the manufacturers of dirt bikes were faced with the problem of how to make landings less dramatic after jumps that, with the growth of bikes’ power, were becoming high enough to smash the frames—and also the drivers. It was essential to increase the wheel travel first. The simplest move would have been to adopt larger shock absorbers and stronger frame, but the weight gain would have been unsustainable.

A solution came from the Yamaha Monocross system, introduced in 1973, where the swingarm, equipped with a large upper truss, was hinged to an almost horizontal monoshock absorber anchored far forward to the upper beam of the frame. This scheme allowed a considerable increase in the rear wheel travel, the elimination of stress along most of the frame, and a lighter construction.

1980 Yamaha YZ250 Monocross suspension

The further progress of the performance, however, raised the need to adopt kinematics that allowed a progressive and considerable increase in the rigidity of the suspension as the compression increased. In this way, it would have been possible to obtain bikes that behaved well on bumps, but at the same time could stand the hard landings, allowing a progressive transmission of the forces to the frame instead of the hard shocks of the spring bottoming-out. So it was that, at the turn of 1980, all the makers engaged in dirt bikes races were equipped with progressive systems, which soon were also adopted on road bikes. In particular, the systems developed by Japanese manufacturers became quite well known, because they were used as a commercial lever: the Honda Pro-link, the Kawasaki Uni-trak, the Yamaha Monoshock, and the Suzuki Full Floater.

The Richardson-Suzuki Full Floater

The Full Floater is indeed associated with the House of Iwata, but they actually stole the idea – if you wish to venture into reading the court case, here’s the link – of a passionate American biker, Don Richardson, who had designed, manufactured, and adapted it to his own cross bike, and then patented it in 1974, at the age of nineteen.

Suzuki, who had been trying for a while to make such a suspension, had signed with Richardson an option and license agreement in 1978 in order to study his system and apply it to series production in case it proved feasible. The young man then shared all the information he had and also provided several prototypes. In December 1979, Suzuki announced its resignation from the agreement; but, in reality, its technicians and testers were enthusiastic, so much so that the company, in October 1980, took out a Japanese patent for a similar scheme and began selling models with this suspension in 1981.

Richardson sued Suzuki and its subsidiary in the United States and, in March 1987, won the trial, obtaining damage compensation, a royalty of 50 cents on every motorcycle sold in the United States for patent infringement, and 12 dollars on every motorcycle sold in the world, including a guilty verdict for Suzuki’s theft of some non-patentable trade secrets for the practical implementation of the system. Considering that, until the judgment, Suzuki had sold about 1.5 million bikes with Full Floater suspensions, the judgment was in the order of magnitude of around 19 million dollars.

After the inevitable appeal, Richardson got even more, although he did sign an agreement with Suzuki not to reveal the final figure. Perhaps it is not only for technical reasons that the Japanese firm abandoned this system in the late 1980s.

From this article in the Los Angeles Times, published after the ruling, it also emerges that Richardson had already collected money with private agreements from Kawasaki and Yamaha, who had also copied to some extent his patent for their systems of progressive suspension. It therefore seems that a large part of the race for the most efficient suspension in the 1970s and 1980s is due to the genius of a young Californian.

The Full Floater scheme is based on a standard double swingarm, connected by two rods to an upper bell crank hinged to the frame. The monoshock absorber is anchored to the swingarm and the front end of the bell crank. When the swingarm swings up, so does the rear side of the bell crank, therefore the shock absorber is simultaneously compressed on both ends. The lack of any connection between the spring strut and the frame makes this suspension a “full floater”.

1981 Suzuki RM125 Full Floater suspension

This scheme makes the suspension progressive and offers the additional advantage that the frame is not directly stressed by the shock absorber, because the forces are transmitted through the bell crank, making the ride more comfortable.

The Kawasaki Uni-Trak

The advantages of the full floater system were obvious, so other manufacturers also ventured into similar systems. The first, already in 1979, had been Kawasaki with the Uni-Trak system. Actually the name indicates a number of different progressive suspension systems. The first of these is however a variation of the Richardson scheme, as it maintains the upper bell crank, connected to the swingarm by a single central rod, while the shock absorber rests not on the swingarm, but on a lower arm parallel to it and anchored to the frame and to the wheel hub. Just looking at it, you understand why Richardson also obtained a financial agreement with this Firm.

The first Kawasaki Uni-Trak system

The Honda Unit Pro-Link

Honda had followed a slightly different path from the other manufacturers. In fact, its Pro-Link system pursued progressive absorption, but also aimed at reducing the length of the shock absorber to increase the compactness of the system. The original Pro-Link scheme was not a full floater, as the monoshock was connected above the frame. At the bottom, however, it was pivoted to the front part of a triangular element, which in turn was connected to the rear of the swingarm and below, by means of a horizontal connecting rod, to the frame.

Honda Pro-Link system

Incidentally, this system is used as it is by several other manufacturers, including BMW – on its K1200-1300-1600 series – and Triumph.

The later Unit Pro-Link system was a full floater instead. Developed on Valentino Rossi’s RC211V, this scheme was transferred to series production on the 2003 CBR600RR. In practice, it was a classic Pro-Link, with the only difference being that the shock absorber was anchored to the swingarm and no longer to the frame.

Honda Unit Pro-Link system

The Full Floater Pro BMW

As we have seen above in the Richardson Full Floater suspension, the shock absorber is in the forward position typical of progressive systems. Instead, in the Full Floater Pro scheme, a single rod connects the swingarm diagonally to the front of the bell crank, which then works the other way round to the traditional scheme. The shock absorber is then connected to the bell crank rear end, so it can be set back by an amount equal to the length of the bell crank itself, far away from the heat of the engine.

BMW Full Floater Pro system

Another masterpiece of German mechanics? No way. The Teutonic engineers have simply adopted the functional scheme of the Ducati Soft Damp suspension, used in the ‘80s and ‘90s on many models of the Italian firm’s, from the Paso to the 916-996-998 series. With this solution, Ducati had brilliantly solved the problem of creating a progressive suspension in the narrow space between the rear cylinder exhaust of the long V2 longitudinal engine and the wheel.

Ducati 996 Soft Damp suspension

Ultimately, kudos to BMW for having the fantasy to resurrect from history a scheme that has actually solved its technical problem. The “Pro” part of its suspension name, however, can remain in the fluff drawer.

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Prova della BMW S1000R 2022

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Questa prova della S1000R è ancora più approfondita del solito, perché per la prima volta ho rilevato i dati di accelerazione, ripresa e frenata, sfruttando la sua strumentazione digitale, una telecamera e la moviola di un programma di video editing. Per avere la massima accuratezza possibile ho tenuto conto dello scarto medio del tachimetro rispetto alla velocità GPS, in questo caso intorno al 3%. Da questi dati ho ricavato anche i relativi valori di g e gli spazi.

31-1-2023 Edit. Ho scoperto che il tachimetro delle strumentazioni digitali ha un ritardo, in questo caso di circa 0,3 secondi. Ho quindi corretto i dati, che quindi sono leggermente migliori di quanto avevo scritto in prima battuta.

Cavallo di razza

Introduzione

Correva l’aprile 2007 quando BMW, la Casa bavarese nota per per le sue moto da turismo spinte da motori boxer, comunicò che avrebbe partecipato al campionato Superbike. Sembrava più una battuta, ma i tedeschi che l’avevano pronunciata erano serissimi; se scherzavano, dovevano aver studiato da Buster Keaton.

A onor del vero, BMW non faceva solo tranquille bicilindriche; tra le altre cose, da vent’anni anni produceva anche eccellenti moto da turismo a quattro cilindri, le K, che dal 2004 avevano fatto un salto tecnologico e prestazionale notevole, allorché la pesante K1200RS aveva lasciato il posto a una gamma di moto decisamente più moderne e leggere, che comprendeva tra l’altro la K1200R, che al suo lancio era la naked più potente e veloce del mondo. Per questa moto BMW aveva anche messo su un campionato, la BMW Motorrad Power Cup.

Ma questa era l’unica attività agonistica di BMW, senza contare che le K erano rimaste un prodotto sostostanzialmente di nicchia nella gamma BMW, apprezzato solo ad un gruppo di appassionati. Per il grande pubblico dei motociclisti le moto tedesche avevano i cilindri sporgenti ai lati, il cardano che le sbilanciava e vivevano lontano dalle piste.

Finchè, nell’aprile del 2008, BMW diffuse questa foto.

Uno shock. Una roba del genere in BMW non si era mai vista, e per giunta sembrava giapponese. Si trattava della versione da pista della S1000RR, la belva che non vinse il campionato SBK – e continuò a non vincerlo anche in seguito – ma spostò talmente in alto l’asticella nella categoria supersport stradali, da diventarne regina indiscussa e da rimanere tale per molti anni a venire.

Con una base del genere, era ovvio ricavare una naked da sparo e fu così che la fine del 2013 vide il lancio della BMW S1000R, essenzialmente una RR spogliata della carena e con il motore depotenziato a “soli” 160 CV. Sulla carta il dato poteva sembrare ad alcuni deludente – era da poco apparsa la KTM 1290 Super Duke R che ne aveva 180 – ma in realtà la nuda bavarese si rivelò essere una belva dalle prestazioni notevoli, forte anche di una maggior coppia rispetto alla sorella da pista.

Nel 2019 fu lanciata la nuova S1000RR, completamente rinnovata e alleggerita rispetto alle serie precedenti e dotata di un nuovo motore con variatore di fase più potente ed elastico. Da questa nuova belva nacque alla fine del 2020 la nuova naked S1000R, oggetto di questa prova.

L’esemplare provato è un MY 2022, rimasto immutato anche per il 2023, ed era equipaggiato con cerchi standard e pneumatici Dunlop Sportsmart Mk3, decisamente adatti al genere di moto.

Com’è

Aspetto

La S1000R ricalca l’impostazione generale della serie precedente, della quale però non condivide praticamente alcun componente. Il gruppo ottico, diventato singolo e simmetrico, è lo stesso della F900R, ma per il resto la somiglianza tra le due moto non è molto spiccata; la S ha un’aria molto più cattiva, quasi postatomica, a causa del disegno di tutti i particolari, incluso il telaietto posteriore a traliccio. Interessante è la riduzione del peso rispetto alla vecchia serie da 207 a 199 kg in ordine di marcia e con il pieno, ottenuta principalmente nel motore – con l’aiutino della rimozione delle pedane e della sella del passeggero, che sono optional. Altrettanto interessante è il fatto che la S pesa 13 kg meno della F900R bicilindrica.

La scelta di fornire la moto di serie in configutrazione monoposto è coerente con la sua impostazione generale, chiaramente rivolta a motociclisti che intendono girare anche in pista; infatti, il portatarga e altri particolari sono smontabili facilmente.

Ciclistica

Telaio e sospensioni della S1000R sono quelle caratteristiche della nuova serie S. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm, è dotata di ammortizzatore di sterzo ed è regolabile nel precarico, in compressione (stelo sinistro) e in estensione (stelo destro), mentre al retrotreno c’è un forcellone bibraccio a capriate in alluminio con un cinematismo progressivo di tipo Full Floater Pro – per una spiegazione dettagliata della storia e del funzionamento di questo schema si veda il mio articolo Sospensioni full floater – e monoammortizzatore pure regolabile in precarico, compressione ed estensione. La particolare geometria della sospensione posteriore consente non solo di avere un assorbimento progressivo, ma anche di tenere il mono a notevole distanza dal motore e dal calore da esso emanato, in modo da assicurarne la massima costanza di funzionamento.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 120 mm (120 mm)
  • escursione posteriore 117 mm (120 mm)
  • interasse 1450 mm (1.439 mm)
  • avancorsa 96 mm (98,5 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,2° (24,6°)

Si nota lo sterzo dalle quote ancora più sportive.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”, ma con i cerchi forgiati M disponibili a richiesta viene fornito uno pneumatico 200/55 ZR 17.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero montato trasversalmente e con distribuzione a quattro valvole per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulle R e XR non solo al di sopra dei 10.000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5.000 e i 7.500, regimi importanti su una moto stradale.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000R, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1.000 cc. C’è da dire però che mentre sulla XR questa relativa fiacchezza ai medi si nota, sulla R la maggior leggerezza, la destinazione d’uso sportiva e il prezzo nettamente inferiore giustificano in pieno la scelta.

Trasmissione

Come sulla S1000XR – e a differenza che sulla S1000RR – il cambio su questa nuova serie presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5.900 a circa 5.500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione, sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia S1000R e delle S1000RR nuove e vecchie):

RapportoValore
Riduzione primaria1,652
1a2,647
2a2,091
3a1,727
4a1,476 (1,500)
5a1,304 (1,360)
6a1,167 (1,261)
Riduzione finale2,647

Le velocità risultanti alle quali il motore entra in coppia ed esprime la potenza massima sono le seguenti. Con lo pneumatico 200/55 ZR 17 optional i valori aumentano di un 2% scarso.

RapportoVelocità a 7.000 giri/’Velocità a 11.000 giri/’
1a73,0114,8
2a92,5145,3
3a112,0175,9
4a131,0205,9
5a148,3233,0
6a165,7260,4

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter BMW, funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000R è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Nonostante la destinazione d’uso spiccatamente sportiva, qui non c’è la pompa radiale che equipaggia la S1000RR, mentre i tubi sono come da tradizione BMW in treccia metallica. Se sono richiesti i cerchi forgiati M, i dischi anteriori sono quelli della S1000RR, con lo spessore maggiorato a 5 mm.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000R, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre di serie i seguenti accessori.

  • Riding mode – Comprende le modalità di guida Rain, Road e Dynamic.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva. Il suo comportamento cambia in base alle modalità di guida e può disattivato o limitato alla sola ruota anteriore.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • HSC (Hill Start Control) – Sistema che, tirando con forza la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.

A richiesta c’è quanto segue.

  • Modalità di guida Dynamic Pro – È completamente configurabile e include anche quanto segue.
    • Launch Control – Regolatore automatico dei giri in accelerazione per l’uso in pista. Si attiva tenendo premuto il tasto d’avviamento finché sul display appare il numero dei lanci ancora possibili senza surriscaldare la frizione, Una volta attivato, Si parte tenendo il gas spalancato e il sistema si incarica di tenere il motore a 9.000 giri fissi e scaricando a terra la quantità di coppia ideale. Si disattiva oltre i 70 km/h o se si chiude il gas o si frena o se l’inclinazione della moto diventa eccessiva.
    • Pit Lane Limiter – Limitatore dei giri in prima. Una volta attivato mediante il menù Impostazioni – Pista e fissatato il regime tra 3.500 e 8.000 giri, se si viaggia in prima con il gas spalancato e il tasto di avviamento premuto, il motore rimane al regime impostato finché si rilascia il tasto.
    • Wheelie Control – Controllo dell’impennata regolabile mediante il menù Impostazioni.
    • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che controlla automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
    • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che nelle frenate di emergenza aumenta la pressione sul freno posteriore e azzera eventualmente il gas erroneamente aperto, migliorando la stabilità della moto e gli spazi di frenata.
    • HSC Pro – Assistente alla partenza in salita avanzato, che può essere configurato anche per inserirsi automaticamente a moto ferma e frenata, senza dover tirare con forza la leva del freno.
  • DDC (Dynamic Damping Control) – Sistema di sospensioni autoadattive che agisce regolando automaticamente i freni in estensione delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. La particolarità di questo sistema rispetto al D-ESA che di solito equipaggia le BMW è che qui è possibile settare manualmente tutti i parametri di entrambe le sospensioni – precarico e freni in estensione e compressione – in modo da cucirsi il DDC su misura.
  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il DDC è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori (questo è quello che c’è scritto sul manuale d’uso, ma se è vero, la coppia è comunque nettamente superiore che in Rain)
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro

Modalità di guida completamente personalizzabile, in cui le impostazioni rimangono memorizzate anche dopo lo spegnimento del quadro.

  • Funzione cornering dell’ABS Pro disattivata
  • ABS disattivabile solo al posteriore o totalmente
  • DBC disattivabile
  • risposta dell’acceleratore normale o dolce
  • coppia massima o ridotta nelle marce inferiori
  • freno motore medio o minimo
  • DTC per ottenere prestazioni massime, regolabile
  • anti impennata che consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile e disattivabile

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1.000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Sorprendente il fatto che il gas non preveda una regolazione rapida neanche nella modalità Dynamic Pro. Probabilmente in BMW temono che, viste le notevoli prestazioni del motore e la leggerezza della moto, il comando diventi troppo brusco.

Inoltre, ho notato durante il test – piuttosto approfondito dal punto di vista delle prestazioni – che la limitazione della coppia nelle marce inferiore è netta in Rain, ma non in Road, che sembra come comprtamento molto più simile alla modalità Dynamic. Questo ha le sue conseguenze sulla guida d’attacco, come vedremo in seguito.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard e dispongono dello spegnimento automatico. La loro logica, analoga a quella già vista sulle F900 – ma non sulla K1600B – è molto sofisticata e particolarmente funzionale. La novità è che qui il comando si comporta diversamente se lo si aziona brevemente o se si prolunga la pressione.

Con un tocco veloce, le frecce si spengono:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

Con un tocco prolungato, le frecce si spengono sempre dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità. Da qualche prova fatta, emerge che a 130 km/h i lampeggi sono 14, mentre riducendo la velocità aumentano.

Questa logica è molto funzionale e risolve un antico problema di questo sistema, cioè la necessità di ripetere l’azionamento quando si vuole segnalare l’uscita da un tratto autostradale.

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando verso l’esterno la stessa leva.

Il clacson — una roba tristissima da scooter, come quasi sempre sulle moto — è azionato dal pulsante correttamente ubicato sotto al comando delle frecce – la presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto a bilanciere per disattivare il DTC, che con il sistema opzionale DDC consente di regolare anche sospensioni descritto più sopra e i, se presente, comandi del pratico cruise control BMW, pure in opzione.

Sul blocchetto di destra sono presenti il tasto per le modalità di marcia, descritte più sopra, quello per le manopole riscaldabili optional con tre opzioni – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza. Il tasto di accensione gestisce anche, se presenti, il Launch Control e il Pit Lane Limiter.

Di serie è attualmente disponibile il sistema Intelligent Emergency Call, per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. In tal caso è presente un blocchetto supplementare a destra con un grosso pulsante rosso protetto da un coperchio di sicurezza sollevabile facilmente e identificabile dalla scritta SOS, per evitare chiamate accidentali. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi funziona anche senza smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente – e in modo diverso in base alla sua gravità – il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati nel blocchetto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità. Interessante il fatto che la centralina del sistema può essere rimossa senza attrezzi per l’uso in pista.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema non agisce sul tappo del serbatoio, che deve essere sbloccato con la chiave. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, perché è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e soprattutto mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla routine – chiave che cade da una tasca aperta o dimenticata nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Per quanto riguarda i comandi a pedale, sono da segnalare le pedane sportive regolabili optional e, di serie, l’interessante possibilità di invertire la funzionalità della leva del cambio – cioè prima in alto e tutte le altre marce in basso – per l’uso in pista. La leva del cambio prevede due occhielli per il fissaggio dell’asta di rinvio, uno davanti e uno dietro al proprio perno. Per ottenere l’inversione, basta spostare il rinvio da un occhiello all’altro.

Strumentazione

La S1000R è dotata di serie della strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW, alloggiata come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore. Come di consueto, la strumentazione azionabile per mezzo del Multicontroller — la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra — e del tasto Menu posto sul blocchetto sinistro.

La strumentazione prevede diverse visualizzazioni di cui alcune dedicate alla guida e altre alle informazioni accessorie. Le informazioni di base — velocità, marcia inserita, ora e temperatura ambiente, eventuale attivazione della commutazione automatica dell’illuminazione diurna — sono presenti con qualsiasi visualizzazione mentre le altre appaiono solo in alcune modalità oppure sono alternative tra loro.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard, semplice ma di un certo effetto, che oltre alle informazioni di base mostra una grande e scenica barra del contagiri e uno solo dei dati presenti nelle schermate Il mio veicolo o Computer di bordo (per esempio, livello carburante, chilometraggio parziale ecc.).

La visualizzazione Sport è caratterizzata da un bel contagiri analogico semicircolare posto al centro dello schermo e da alcuni interessanti indicatori:

  • riduzione dei giri motore indotta dall’intervento del DTC, istantanea e massima, in %
  • inclinazione istantanea e massima per i due lati, in gradi
  • decelerazione istantanea e massima, in m/s2

La visualizzazione Sport 2 è esteticamente simile alla 1, ma è pensata per l’uso in pista e quindi mostra i seguenti indicatori:

  • riduzione dei giri indotta dal DTC istantanea e massima, in %
  • tempo sul giro attuale
  • tempo sul giro migliore — può essere scelto quello odierno o il migliore di sempre
  • distacco dell’ultimo giro concluso o di quello attuale rispetto al giro migliore scelto

I tempi sul giro vengono marcati mediante la levetta del devioluci, oppure automaticamente attraverso il GPS Laptrigger M, un registratore di dati della guida in pista realizzato dall’azienda tedesca 2D e disponibile in aftermarket a condizione che sia stata richiesta la relativa predisposizione. Il registratore tiene traccia dei principali paramentri della moto in tutti i momenti del giro e consente un’analisi approfondita di tutte le fasi della guida.

La visualizzazione Sport 3 ha un aspetto completamente diverso e mostra gli indicatori della Sport 2, più l’angolo istantaneo e massimo di piega.

BMW S1000RR 2019: rompiendo moldes
Schermata Sport 3 della S1000RR. Quella della R è uguale, ma ha il fondo scala a 12.000 giri.

La visualizzazione Mio veicolo permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
  • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
  • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
  • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
  • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
  • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control.

La schermata Navigazione funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display l’indicazione semplificata della rotta con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni. Inoltre, attraverso lo smartphone è possibile avere in qualsiasi schermata la visualizzazione del limite di velocità corrente, ricavato dalle mappe GPS.

La schermata Media funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica presente nel dispositivo, con un motore di ricerca particolarmente ben fatto.

La schermata Telefono funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

La navigazione GPS avviene attraverso le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); c’è ovviamente l’audio nel casco, non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

Tra gli optional non ho trovato la predisposizione per il navigatore, immagino comunque che sia disponibile in aftermarket.

Illuminazione

La S1000R dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Adaptive Light Control, un sistema di luci adattive che si attiva con l’inclinazione della moto e consente una più profonda illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico anteriore, di forma vagamente trapezoidale e uguale a quello della F900R, ed è diviso in tre parti, dall’alto in basso anabbagliante, luce di posizione/diurna e abbagliante, fiancheggiato dalle luci adattive in curva. Se è presente il sistema adattivo in curva, la R stilizzata al centro del gruppo ottico è retroilluminata.

Come sulla maggior parte delle naked, neanche sulla S1000R è previsto un sistema pratico di regolazione in altezza del faro in funzione del carico, ma è necessario allentare le viti di fissaggio. In questo caso, vista la scarsissima probabilità che questa moto vada in giro con un passeggero, questo è un non problema.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono ottime, mentre l’illuminazione adattiva non è niente di sconvolgente, perché all’esterno del fascio di luce del faro vero e proprio essa illumina solo in modo limitato la traiettoria lungo la curva, offrendo quindi un vantaggio tutto sommato marginale.

Posizione di guida

La posizione di guida è sportiva, con busto piuttosto inclinato in avanti e pedane abbastanze alte e arretrate, anche se non come sulla RR. Come in tutte le moto sportive del pianeta esclusa la S1000XR, la sella consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Il manubrio è regolabile in due posizioni.

Non è previsto alcun kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile la sella M dedicata all’uso in pista. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa 810 mm
  • sella M 824 mm
  • sella standard 830 mm
  • sella alta 850 mm

Gli specchi, sono quelli standard delle BMW non carenate, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

La moto è venduta come monoposto, ma è disponibile a richiesta un kit di sella e pedane per il passeggero, che comunque deve amare molto il pilota oppure essere un po’ masochista; se poi le due qualità convivono, meglio ancora.

Capacità di carico

Vista l’impostazione spiccatamente sportiva, per la S1000R non è ovviamente disponibile alcun tipo di valigia rigida, ma sono disponibili due borse da serbatoio, due per la sella del passeggero e un kit di borse morbide laterali specificamente dedicate al modello, anche se piuttosto piccole (21 litri totali). Quindi, volendo, ci si può viaggiare, rigorosamente da soli.

Un dato interessante: il peso totale consentito per la moto è di ben 407 kg, quindi con un carico utile di 208 kg; è un valore piuttosto alto per una naked da sparo e la dice lunga sulle capacità della ciclistica.

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Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1.300 giri, e sale intorno ai 2.500 giri a freddo. La rumorosità meccanica è elevata. Il suono allo scarico invece è piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime. Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti bruscamente.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1.700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea grossi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta decisa e regolare fino a 7.000 giri, che dopo tale soglia diventa impressionante, complice la rapportatura corta, e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto.

Nella modalità Rain la coppia nelle marce inferiori – nelle prime tre sicuramente, non mi è parso in quarta – è limitata, pur rimanendo in assoluto piuttosto elevata. Secondo il manuale d’uso la coppia dovrebbe essere limitata anche in Road, ma nella guida ho potuto constatare che in realtà la moto tira in modo nettamente superiore e simile alle mappature più sportive, anche se non posso dire se è esattamente uguale, perché le prestazioni in accelerazione massima sono brucianti ed è praticamente impossibile percepire certe differenze.

Accelerazione

L’esuberanza delle prestazioni è tale che la moto è gestibile solo grazie al DTC e comunque solo fino a un certo punto, perché già a partire dalla modalità Road la ruota anteriore non ne vuole sapere di restare a terra a qualsiasi regime nelle prime due marce e quindi occorre parzializzare il gas se si vuole mantenere una direzionalità accettabile. Il risultato paradossale di questa situazione è che nei test di accelerazione a velocità stradali ho spuntato i tempi migliori in modalità Rain. In particolare, in questa modalità, dove l’elettronica limita la coppia e tiene a bada l’impennata, ho segnato con relativa facilità uno 0-100 in 3,45 s, mentre già in Road in numerosi tentativi non sono mai riuscito a scendere sotto i 3,87 , perché sembra di stare su un cavallo imbizzarrito e si è costretti parzializzare il gas e ad anticipare un po’ la cambiata 1a-2a. Con ulteriori lanci avrei probabilmente fatto meglio, ma non penso che farei meglio che in Rain, e comunque aiuterebbe se la frizione fosse meno brusca – fa perdere parecchi decimi allo spunto – e anche la mappatura Road impedisse del tutto l’impennata.

Le potenzialità della S1000R emergono invece con evidenza sopra i 100 km/h; per toccare i 200 km/h da fermo ho impiegato solo 9,01 secondi – in questo caso il tempo migliore è stato in Road – e in 250 metri!

A titolo di paragone, la mia K1200GT del 2007 con 152 CV, che pure stacca tempi notevoli per una tourer e quasi uguali alle K1600, percorre lo 0-100 km/h in 3,85 s, cioè solo 0,4 s sopra la S1000R, ma per arrivare a 200 km/h impiega 12,46 s e 346 m.

L’andamento dei g mostra chiaramente perché la S1000R non riesce a fare meglio sullo scatto breve, nonostante l’ottimo rapporto peso/potenza; la curva infatti è sostanzialmente costante fino a circa 90 km/h, perché limitata appunto dalla tendenza della moto a impennare intorno a 0,9 g.

Tutto questo conferma quanto avevo scritto tempo fa nel mio articolo Potenza, velocità e accelerazione.

Ho provato a effettuare anche qualche lancio in Road senza usare il quickshifter, per vedere la differenza. Nello 0-100 ho perso 0,11 s, mentre nello 0-200 ho perso 0,74 s. La cambiata assistita fa effettivamente risparmiare un po’ di tempo, ma alle velocità stradali il vantaggio è minimo, ragione di più per non volerlo sulla mia moto.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida , è preciso nell’intervento e poco invasivo e sinceramente mi sembra veramente una stupidaggine disinserirlo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, mentre in caso di massima accelerazione nelle marce basse il sistema interviene – eccome! – anche su asfalto perfetto, vista l’esuberanza del motore.

Purtroppo non ho avuto modo di usare il Launch Control. Su strada non ha senso, ma sarei comunque curioso di vedere se otterrei tempi migliori, anche se non credo che possa fare miracoli.

Ripresa nel rapporto superiore

Nonostante i rapporti siano gli stessi della S1000XR, qui non si ha alcuna impressione di fiacchezza nella ripresa a bassi regimi, per il minor peso e forse anche per la diversa predisposizione mentale – su una crossover da viaggio ci si aspetta qualcosa in più. La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sulle S1000R e XR e, per ulteriore confronto, sulla F900R, in valore assoluto e in rapporto al peso.

S1000RS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm               393393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm1,971,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    480                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm2,41                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000R offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali decisamente superiore a quello della XR. Il passaggio da 40 a 120 km/h avviene in soli 7,43 secondi ed è uguale in tutte le modalità di guida. Non avevo preso i tempi con la XR, che sicuramente fa un po’ peggio, mentre la K1600B percorre la stessa distanza in 8,8 s.

La lieve esitazione intorno ai 150 km/h, ben visibile nel grafico dei g istantanei che segue, corrisponde esattamente al buco presente nella curva di coppia intorno ai 6.500 giri.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza. Però sull’esemplare provato, con circa 10.000 km all’attivo, doveva esserci qualche problema di stacco della frizione – ho provato anche a regolarla, senza miglioramento – perché era praticamente impossibile trovare il folle a moto ferma. Inoltre era presente l’assistenza alla cambiata, che rende la leva più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, e nella guida sportiva, ma è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Il caso che tipicamente mi fa smadonnare è quando sono in un rapporto corto in discesa e voglio passare a un rapporto superiore per evitare l’eccessivo freno motore: a gas chiuso non si può proprio fare. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché posso cambiare quando e come voglio.

Freni

La frenata è potente e resistente. Non ha il mordente quasi violento delle supersportive, il che potrà deludere alcuni, ma comunque è abbastanza pronta anche per un uso sportivo ed è sempre molto ben modulabile anche per chi ha meno esperienza. La forcella si comporta molto bene nelle frenate al limite anche in Road e la moto rimane sempre perfettamente stabile, a differenza della S1000XR, che invece accusa qualche lieve serpeggiamento.

La frenata a partire 120 km/h ha richiesto 3,95 s e 69,0 m.

Il relativo grafico della decelerazione mette bene in evidenza come l’ABS limiti mediamente la decelerazione intorno agli 0,9 g per evitare il ribaltamento.

È davvero interessante notare che la mia K1200GT, nonostante pesi 288 kg, ben 89 più della S, ottiene prestazioni pressoché identiche, visto che nella stessa situazione ha bisogno di 4,0 s e 68,3 m, a dimostrazione di quanto scrissi tempo fa nel mio articolo Si ferma prima una tourer o una race replica?.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000R è preciso e pronto, ma allo stesso tempo meno nervoso alle alte velocità rispetto a quello della serie precedente. Probabilmente il miglioramento è dovuto anche al maggior interasse e alla più efficace sospensione posteriore.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole, mentre il mono dell’esemplare in prova era piuttosto secco anche in modalità Road. Non ho avuto modo di mettere mano alle sospensioni, ma sono certo che le varie regolazioni, che sono mantenute anche se è presente il DDC optional, consentono di renderlo più morbido senza problemi.

In città

La S1000R è molto leggera e snella e consente un agevole controllo ai meno alti, che comunque hanno a disposizione una sella più bassa. Il motore è abbastanza ben gestibile – anche se a volte un pelo scorbutico – perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi regimi è da moto normale, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ brusca. È soprattutto per questo particolare, più che per la potenza, che la S non è molto adatta ai principianti.

Nei trasferimenti extraurbani

I trasferimenti non sono il massimo su una moto del genere, ma la S non è più scomoda della media delle naked, visto che ci si può regolare il molleggio su misura, la posizione non è estremamente caricata in avanti e la sella tutto sommato è accettabile. È anche possibile montare un parabrezza Sport, non presente sulla moto provata. L’ottima stabilità garantita dalla ciclistica, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5.500 giri — e l’assenza di vibrazioni particolarmente fastidiose completano un quadro tutto sommato soddisfacente.

Nel misto

Nel misto la S1000R è un’arma micidiale, specialmente in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto, l’eccellente luce a terra e la prontezza dello sterzo. La manovrabilità nello stretto non è da motard, ma la S si difende molto bene anche qui, grazie anche alla leggerezza. È una moto fatta per andare forte e lo si nota dal fatto che più si alza il ritmo, più la precisione di guida migliora e più ci si sente in sintonia, e una parte del merito va sicuramente anche alla sospensione posteriore progressiva full floater.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 20,4 km/l
  • a 130 15,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce, è stata di 15,0 km/l.

Il serbatoio da 16,5 litri consente percorrenze di 200-250 km.

Conclusioni

La S1000R è un cavallo di razza che mi piacerebbe davvero avere in garage. Non è una moto per principianti né per passisti, ma è fatta per regalare sensazioni che non molte altre moto possono dare, in un pacchetto equilibrato e davvero convincente.

Pagella

Pregi
  • Moto ben fatta dall’estetica aggressiva
  • Motore molto potente, elastico e ben gestibile
  • Freni adeguati
  • Molto efficace nella guida molto sportiva
Difetti
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti
  • Cambio gommoso se presente l’assistenza alla cambiata
  • Sull’esemplare provato (ma non su altri) era quasi impossibile trovare il folle da fermo.

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Sospensioni full floater

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Introduzione

Quando sono andato a provare la BMW S1000XR, ho notato dalla documentazione che la moto è equipaggiata con una sospensione posteriore denominata Full Floater Pro. Conoscevo già il nome Full Floater, perché è una sospensione a smorzamento progressivo largamente usata da Suzuki negli anni ’80. Ora, BMW tende a chiamare “Pro” un sacco di cose che fanno anche gli altri – per esempio, l’ABS Pro non è altro che il sistema antibloccaggio dotato di funzione cornering – perciò ho pensato distrattamente che si trattasse di qualcosa del genere e ho archiviato mentalmente il tutto nel cassetto “fuffa pubblicitaria”.

Successivamente ho provato anche la S1000R, basata sulla stessa meccanica, comune anche alla supersportiva S1000RR, ma questa volta sono stato colpito da questa frase nella cartella stampa, che prima mi era sfuggita:

il monoammortizzatore grazie al cinematismo Full Floater Pro si trova ora molto più lontano dal pivot del forcellone e dal motore. Ciò impedisce che il calore sviluppato dal motore causi il surriscaldamento del monoammortizzatore e garantisce una maggiore stabilità della temperatura di esercizio e una risposta di smorzamento ancora più costante.

In effetti, a un confronto visivo tra la vecchia e la nuova versione balza all’occhio il forte arretramento del mono, che prima era praticamente occultato dal telaio nella vista laterale, mentre adesso spicca con evidenza.

Il sistema full floater come lo conoscevo io ha parecchi pregi, ma non sposta affatto l’ammortizzatore lontano dal motore. Dovevo assolutamente capire, perciò ho gugolato a fondo, ho scoperto parecchie cosette interessanti e ho deciso di farne quest’articolo. Buon divertimento.

Un po’ di storia

A partire dagli anni ’70 i costruttori di moto da cross si trovarono ad affrontare il problema di come rendere meno drammatici gli atterraggi dopo salti che, con il crescere delle potenze, stavano diventando tanto alti da sfasciare i telai – e anche i piloti. Era indispensabile innanzitutto aumentare l’escursione della ruota. La mossa più semplice sarebbe stata quella di adottare ammortizzatori più grandi e di irrobustire il telaio, ma l’aumento di peso sarebbe stato insostenibile.

Una soluzione venne dal sistema Yamaha Monocross, introdotto nel 1973, dove il forcellone era dotato di una grossa capriata superiore, cui era fissato un mono quasi orizzontale ancorato molto in avanti al trave superiore del telaio. Questo schema consentì di aumentare di parecchio l’escursione della sospensione posteriore a parità di corsa dell’ammortizzatore e di eliminare le sollecitazioni lungo buona parte del telaio, a vantaggio della leggerezza.

Sospensione Monocross della Yamaha YZ250 1980

Con l’ulteriore progresso delle prestazioni però divenne evidente la necessità di adottare cinematismi che consentissero di accrescere progressivamente e notevolmente la rigidità della sospensione all’aumentare della compressione. In questo modo sarebbe stato possibile ottenere moto che copiavano bene le sconnessioni, ma allo stesso tempo sopportavano bene gli atterraggi, trasmettendo le relative sollecitazioni al telaio in modo progressivamente crescente e non tutte in un colpo quando il mono andava a pacco. Fu così che, a cavallo del 1980, tutte le case impegnate nel cross si dotarono di sistemi progressivi, che presto vennero adottati anche sulle moto stradali. In particolare, divennero piuttosto noti, perché utilizzati come leva commerciale, i sistemi sviluppati dalle case giapponesi: lo Honda Pro-link, il Kawasaki Uni-trak, lo Yamaha Monoshock e il Suzuki Full Floater.

Il Full Floater Richardson-Suzuki

Il Full Floater è associato a Suzuki, ma questa in realtà aveva soffiato l’idea – se qualche lettore anglofono si vuole avventurare nella lettura del caso giudiziario, ecco il link – ad un appassionato motociclista americano, Don Richardson, che lo aveva progettato, realizzato e applicato alla propria moto da cross, per poi brevettarlo nel 1974, all’età di diciannove anni.

Suzuki, che da un po’ stava tentando di realizzare una sospensione del genere, aveva firmato con Richardson nel 1978 un’esclusiva per studiare il suo sistema e applicarlo alla produzione di serie nel caso si rivelasse fattibile. Il giovane quindi condivise tutte le informazioni che aveva e fornì anche diversi prototipi. Nel dicembre 1979 Suzuki comunicò la propria rinuncia, ma in realtà i suoi tecnici e collaudatori erano entusiasti, tanto è vero che depositò nell’ottobre del 1980 in Giappone un brevetto per uno schema praticamente uguale e cominciò a vendere modelli con questa sospensione nel 1981.

Richardson fece causa alla Casa Madre e alla sua sussidiaria negli USA e nel marzo 1987 la vinse, aggiudicandosi in primo grado il pagamento dei danni e una royalty di 50 centesimi di dollaro su ogni moto venduta negli USA, per violazione del brevetto, e di ben 12 dollari su ogni moto venduta nel mondo, per il furto di alcuni segreti commerciali non brevettabili per la realizzazione pratica del sistema. Considerando che Suzuki fino alla sentenza aveva venduto circa 1,5 milioni di moto con sospensione full floater, stiamo parlando di un ordine di grandezza sui 19 milioni di dollari.

A seguito dell’inevitabile ricorso in appello, Richardson ottenne ancora di più, anche se firmò un accordo con Suzuki per non rivelare la cifra finale. Forse non è solo per questioni tecniche che i giapponesi abbandonarono questo sistema alla fine degli anni ’80.

Da quest’articolo del Los Angeles Times, pubblicato dopo la sentenza, emerge inoltre che Richardson aveva già incassato denaro con accordi privati da Kawasaki e Yamaha, che pure avevano copiato in qualche misura il suo brevetto per i propri sistemi di sospensione progressiva. Sembra quindi che una bella fetta della corsa alla sospensione più efficiente a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 sia dovuta al genio di un giovane californiano.

Lo schema Full Floater è basato su un normale forcellone bibraccio, collegato mediante due bielle alla parte posteriore di un bilanciere superiore, a sua volta infulcrato al telaio su un asse trasversale posto a metà della propria lunghezza. Il tutto quindi costituisce un quadrilatero deformabile. Il mono è ancorato al forcellone e all’estremità anteriore del bilanciere. Quando il forcellone si solleva, comprime la base del mono e solleva il bilanciere, la cui parte anteriore si abbassa, comprimendo a sua volta la testa del mono. La mancanza di qualsiasi collegamento tra il mono e il telaio rende questa sospensione completamente flottante, che appunto è il significato di “full floater”.

Sospensione Full Floater della Suzuki RM125 1981

Questo schema rende la sospensione progressiva e offre il vantaggio aggiuntivo che il telaio non è sollecitato direttamente dal mono, perché le forze gli vengono trasmesse attraverso il bilanciere, rendendo la marcia più confortevole.

Il Pro-Link Kawasaki

I vantaggi del sistema full floater erano evidenti, per cui anche altri costruttori si avventurarono in sistemi del genere. Il primo, già nel 1979, era stato Kawasaki con il sistema Uni-Trak. In realtà il nome indica una serie di sistemi full floater diversi. Il primo di essi è comunque una variazione dello schema Richardson, in quanto mantiene il bilanciere superiore, collegato al forcellone da una sola biella centrale, mentre il mono poggia non sul forcellone, bensì su un braccio inferiore parallelo ad esso e ancorato al telaio e al mozzo della ruota. Già solo a guardarlo, si capisce perché Richardson ottenne un accordo economico extragiudiziale anche con questa Casa.

Il primo sistema Kawasaki Uni-Trak

Lo Unit Pro-Link Honda

Honda aveva seguito una strada un po’ diversa dagli altri costruttori. Infatti, il suo sistema Pro-Link perseguiva sì la progressività dell’assorbimento, ma mirava anche a ridurre la lunghezza del mono, per aumentare la compattezza del sistema.

Lo schema Pro-Link originario non era un full floater, in quanto il mono era collegato superiormente al telaio. In basso invece esso era infulcrato alla parte anteriore di un elemento triangolare, a sua volta collegato posteriormente al forcellone e inferiormente, mediante una bielletta orizzontale, al telaio.

Il sistema Honda Pro-Link

Per inciso, questo sistema è usato tale e quale da diversi altri costruttori, tra cui BMW – sulla sua serie K frontemarcia – e Triumph.

Il successivo sistema Unit Pro-Link, tuttora in uso, è invece un full floater. Sviluppato sulla RC211V, questo schema fu trasferito alla produzione di serie sulla CBR600 del 2003. In pratica si tratta di un Pro-Link classico, con l’unica differenza che il mono è ancorato al forcellone e non più al telaio.

Il Full Floater Pro BMW

Come abbiano visto sopra, nella sospensione Full Floater Richardson il mono si trova nella posizione avanzata classica dei sistemi progressivi. Invece, nello schema BMW Full Floater Pro una biella laterale posta subito accanto al mono connette diagonalmente il forcellone alla parte anteriore del bilanciere, che quindi funziona al contrario ripetto allo schema tradizionale. Il mono di conseguenza è collegato alla parte posteriore del bilanciere, perciò può essere arretrato di una quota pari alla lunghezza dello stesso, ben lontano dal calore del motore.

Sospensione BMW Full Floater Pro.

L’ennesimo capolavoro della meccanica tedesca? Macchè. Gli ingegneri crucchi hanno ripreso lo schema funzionale della sospensione Ducati Soft Damp, usata negli anni ’80 e ’90 su parecchi modelli della Casa di Borgo Panigale – dalla Paso alla serie 916-996-998 – e sulle Cagiva equipaggiate con gli stessi motori. Con questa soluzione, Ducati risolse brillantemente il problema di realizzare una sospensione progressiva nel risicato spazio disponibile tra lo scarico del cilindro posteriore e la ruota.

Sospensione Soft Damp della Ducati 996

Quindi, un applauso a BMW per aver avuto la fantasia di ripescare dalla storia uno schema che ha effettivamente risolto il suo problema, ma per quanto riguarda il suffisso “Pro”, può restare tranquillamente nel cassetto della fuffa.

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What Makes the BMW GS so Successful?

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Intro

Basic premise: I am a BMW K models lover. I owned eleven BMW motorcycles: seven of them are K, including the current one; and only one GS, which was sold after a few months because I often preferred to ride my K1200GT. While I’m far from being a GS maniac, I have studied this bike series for a long time and have ridden many miles on all of its versions, from the R1150GS onwards, so I can speak knowledgeably about its strengths and weaknesses.

I continually meet proud GS owners and curious non-owners who bombard me with questions about the BMW GS, clearly the biggest motorcycle phenomenon of the last twenty years, so I was naturally drawn to investigate the reasons for this success.

I speak, of course, of the real GS—the R series 1200 or the 1250 in its standard or Adventure versions. There are other models, from the new F850GS down to the G310GS, but they are very different in layout and they don’t have the charisma of the most desired bike.

The real GS is a top seller, more than any other model, at least in Italy and other European countries, including little teen-ager bikes that cost a fifth, and its success only increases over time.

Those who have it are proud of it and tend to be loyal, but if they betray that loyalty, they often retrace their steps. Those who don’t have it think and talk about it often, sometimes just to criticize it:

  • it costs too much
  • it is ugly
  • the shaft is hard and unbalances the ride
  • with that suspension you cannot feel the front end.

More often, however, they wonder if maintenance is affordable, or if the seat is too high; but, above all, how can those who have it ride so fast. Because the GS is the Total Weapon, it is a magical object that transforms any toad biker into a Prince Charming.

In short, the GS is the bike that everyone must deal with, surrounded by its own special aura. Is this aura based on real facts? Or is it just marketing?

Some History

Long ago, serious motorcyclists were clearly divided into two categories: asphalt lovers and mud lovers; the former used to buy road motorcycles, possibly with a fairing; the latter, single-cylinder dirt bikes.

Things changed with the birth of enduros, a genre invented by Yamaha in the late ’70s with the XT500—bikes suitable for dirt roads and relatively challenging off-road tracks, but practical and comfortable enough to be used for long journeys on asphalt.

While the larger and more expensive touring bikes were not very common in the ‘80s, the more affordable single-cylinder enduros were very successful. During this decade the twin-cylinder BMW R80 G/S appeared, the progenitor of the modern adventure category. It seemed unnecessarily large and heavy then – even if seen today next to the R1250GS Adventure, it looks like its lifeboat – but it won several Paris-Dakar races, creating a solid reputation eating up Saharan tracks. For this and other reasons, it made his way into the hearts of fans.

A lot has happened since then. Initially, BMW was imitated by Honda (with its Africa Twin) and other makers. In recent years, however, adventure motorcycles and crossovers (two largely overlapping categories, the second designed more specifically for road use) have supplanted the super-sport and naked bikes in the hearts of motorcyclists. In this new era, the GS is the undisputed queen.

Today most bikers choose a GS or another adventure bike or a crossover, even if they seldom travel and the only dirt road they will see is the driveway of a bed & breakfast in Tuscany. It’s remarkable that the top seller among the classic, old-fashioned tourers, the BMW R1250RT, sells at the rate of only one for every 14 (fourteen) GS bikes sold.

How can this result be explained?

Reasons for Success

Marketing & Communication

First of all, behind the GS success, there is a hell of a lot of marketing. BMW mainly sells cars and cleverly exploits the ego of their buyers, convincing them that the GS is perfect for the Successful Man, and that it is so safe and easy to drive that anyone can ride it as a first bike.

BMW has also been the first in Europe to utilize balloon loans to allow many people to bring home a motorcycle that they could not otherwise afford.

Another strength is communication. Every single GS advertisement promises the freedom to go anywhere. Many GS buyers use it for commuting and little else, but they buy what really matters—the Dream of Absolute Freedom. This bike explicitly promised to be unstoppable, and even when, years ago, most GS owners were left on foot due to a stupid electronic problem, the message remained fixed in their hearts.

Design

The GS is certainly not the most elegant motorcycle in the world, but it is solid, well made, and has a masculine, robust, professional look with few frills. It looks like a Bosch tool, and it’s no coincidence that its cases resemble those of drills. The GS transmits competence and promises to extend this quality to its riders.

Technique

BMW was the first motorcycle manufacturer to fit its motorcycles with accessories, often of clear automotive derivation, to make them easier, more comfortable, safer, and more appealing. First came the ABS. It was proposed in the BMW K100 way back in 1988 (a fact that boosts my K lover pride), soon became the favorite accessory of the German brand customers and in 2012 it became a standard feature on all its models, way before any other maker.

Then came the traction control, the heated grips, the electro-assisted gearshift also in downshift, the automatic speed control, and dozens of other accessories that can raise the price of a bike by thousands of dollars.

The GS is also a concentration of unconventional technical choices which, as a whole, make the riding experience quite different from any other bike:

  • integral braking system
  • boxer engine
  • shaft drive
  • Paralever rear suspension
  • Telelever front suspension.

Let’s see them in detail.

1)      Integral Braking System

This has been offered standard or optional on the BMW R and K since the early 2000s. With it, the handlebar lever simultaneously activates both brakes, and the pedal can activate only the rear brake. It is therefore impossible to operate the front brake only, which creates a series of interesting advantages:

  • simplifies the braking via a single command that perfectly balances front and rear braking, like on cars;
  • eliminates the self-righting effect typically induced when using the front brake alone while cornering;
  • helps to reduce nosediving while braking[1].

All this without precluding use of just the rear brake, needed in certain maneuvers such as U-turns, hairpin bends, and recovering from running too wide while turning.

2)      Boxer Engine

BMW bikes have always been distinctive from others because of the large twin-cylinder heads protruding from their sides, present only in some Eastern European models born as clones of BMW Wehrmacht sidecars. The production of K models began in the early 1980s, but, even today, many BMW customers still snub them, and consider their inline 3- and 4-cylinder engines essentially a mistake.

Before listing the real strengths of the boxer, let’s start by debunking an imaginary quality: the legendary low center of gravity. In today’s BMW, it simply does not exist.

Years ago, this kind of engine was mounted closer to the ground and actually helped to lower the center of gravity compared to other solutions. The increase in displacement and, therefore, the already considerable width of this architecture, coupled with the greater leaning angles enabled by modern tires, have imposed a much higher mounting, raising the center of gravity to a level comparable to other engine layouts.

Apart from this, the boxer engine offers some interesting advantages.

First, it transmits much less heat because the heads are relatively far from the rider and are perfectly exposed to dynamic ventilation.

Above all, the architecture with opposed cylinders guarantees, among the two-cylinders, the maximum regularity of rotation, particularly at low rpm, a traditional flaw of the twins. Any two-cylinder V-engine under 3000 rpm kicks, while the BMW boxer remains smooth below 2000 rpm in any gear even with full throttle, thus allowing the rider not to worry about the gear engaged: a great advantage, especially for beginners and relaxed riders.

The boxer layout also has some flaws. In addition to the engine width cited above, the torque reaction induced by the longitudinal crankshaft should be mentioned. An increase in rpms pulls the bike to the right side, typically by twisting the throttle at idle. Since 2004, this problem has been greatly reduced on BMWs, inserting a countershaft under the crankshaft; and virtually eliminated since 2013 with the new water-cooled boxer, where different transmission components rotate in the opposite direction of the crankshaft.

Incidentally, as a BMW K lover, I have to point out that the same problem of torque reaction should have affected even the 3- and 4-cylinder in-line engines of the K series, that also have the longitudinal crankshaft, but it was overcome brilliantly from the start by mounting the flywheel on the primary transmission shaft—and all that in 1983.

3)      Shaft Drive

Many touring bikes are equipped with a shaft drive; but, among the adventure motorcycles and crossovers, it is rare. Other than on the GS, it is found only on the Yamaha Super Ténéré and the Honda Crosstourer.

The shaft has the great advantage of eliminating the need to clean and lubricate the chain every 500-1000 km, not a problem for motorcyclists accustomed to this practice, but a considerable hassle for those coming from cars or scooters and, in general, for those who travel long distances.

4)      Paralever Rear Suspension

In the past, shaft drives caused the rear suspension to extend in acceleration and to compress while braking, a behavior that makes the ride awkward. BMW solved this problem by adding a second wishbone to the suspension and a universal joint between the shaft and the final bevel gear where there used to be only one on the gearbox side. Thanks to these devices and well-designed flexible couplings, the shaft transmission behaves practically like a chain – even simulating the chain pull! – the only real difference being the greater silence. Whoever says the opposite surely has never driven a modern shaft-equipped bike.

5)      Telelever Front Suspension

Esistono altre moto con il motore boxer o con la trasmissione ad albero e la sospensione posteriore a quadrilatero, ma nessuna moto diversa da una BMW R o K ha la sospensione anteriore Telelever[2].

Other bikes are equipped with a boxer engine or a shaft drive with double swingarm rear suspension, but no bike other than a BMW R or K features the Telelever front suspension which, as is well-known, drastically reduces nosediving while braking[1]. This effect is not achieved by dumping the front shock absorber and thereby worsening the bump absorption (as happened on some Japanese motorcycles of the past), but by means of a peculiar geometry of the suspension which prevents the shortening of the wheelbase while braking. This fact allows the suspension compression over bumps while minimizing the compression due to weight transfer toward the front wheel.

This makes it possible to use an extremely soft shock absorber, very effective on hard bumps, while avoiding the excessive fork compression that would occur with a standard fork during hard brakings.

The advantages of this feature are considerable:

  • the suspension perfectly absorbs the bumps, transmitting minimal stress to the handlebar;
  • the bike keeps a substantially flat attitude while braking, even squeezing the lever, and this allows:
    • to go into corners while braking quite hard without problems;
    • to use the front brake even in a clumsy way, and even while cornering, without negative repercussions;
    • a very efficient and mentally less demanding drive;
    • unparalleled riding comfort for rider and passenger, and much less prone to jolts and attitude changes even in sporty driving;
    • the avoided reduction of the wheelbase while braking that was mentioned above notably increases the stability of the bike during killer brakings;
  • it is possible to apply the braking force on the front wheel almost instantaneously, rather than wait for the complete compression of the suspension, which results in a drastic reduction in the risk of panic-stop locks (currently avoided by the ABS).

Telelever detractors claim that it would prevent the driver from feeling the front wheel while braking, particularly in sporty driving. Well, after a lifetime of tests and comparisons, I can definitely say that this is nonsense. The proof is that those who drive a GS tend to go faster than with other bikes, which means that the bike gives them better performance and, thus, more confidence. This suspension is simply different; and, like all different things, it requires you to review your beliefs, an exercise that is not easy for some.

I detrattori del Telelever affermano che esso impedirebbe di percepire il comportamento della ruota anteriore, particolarmente nella guida sportiva. Beh, dopo una vita di prove e comparazioni, posso serenamente affermare che questa è una fesseria. Prova ne sia il fatto che chi guida un GS tende ad andare più veloce che con altre moto, il che vuol dire che la moto gli dà più confidenza. Questa sospensione è semplicemente diversa, e come tutte le cose diverse, richiede di rivedere le proprie convinzioni, esercizio non facile per alcuni.

Conclusion

In short, all these features contribute to making the GS a bike that is easy to buy and maintain, comfortable to ride, and easy to drive—so much so that it is really foolproof. Relatively limited driving skills are enough to make it go fast and with a noticeably reduced mental commitment. That’s why those who try it usually fall in love with it.

In short, if you have a GS, the real one, you have made a good purchase.

If you don’t have it, what are you waiting for?


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[1] Actually, In the case of GS this effect is less important than on other bikes, as the Telelever suspension, which will be discussed later, provides right this effect, among other things..

[2] There is a different design with very similar effects: the Hossack quadrilateral suspension (Duolever) that equips the recent BMW K models (1200, 1300, and 1600) and the new Honda Gold Wing.

Prova della BMW K1600B 2023

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Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Introduzione

Il termine bagger viene dall’America e identifica quel genere di moto da viaggio caratterizzato da borse laterali fisse, parte posteriore rastremata verso il basso e ampia carenatura con parabrezza basso, di cui la Harley-Davidson Road Glide è forse l’esempio più tipico.

La K1600B (la “B” sta appunto per “bagger”), presentata alla fine del 2017, è un esempio di come BMW si muove quando approccia un genere tradizionalmente non suo: identifica gli elementi tipici – quelli elencati sopra – ma poi realizza un oggetto assolutamente diverso dalla norma e dotato di uno schema meccanico e in generale tecnico decisamente BMW.

Nel passato, questa stessa filosofia operativa aveva ispirato la creazione della splendida serie cruiser R1200C, basata sul tradizionale bicilindrico boxer. Nel nostro caso, la scelta invece è caduta sorprendentemente sul 6 cilindri 1649 cc della Serie K, che, cilindrata a parte, è quanto di più distante si possa immaginare dal V-Twin americano per design e caratteristiche di funzionamento.

Il risultato di questa operazione è un oggetto sicuramente fuori dagli schemi, ma a quanto pare non ha completamente soddisfatto la voglia di BMW di espandersi in questo settore, visto che nel 2020 ha lanciato anche la R18B con meccanica basata sul nuovo e gigantesco bicilindrico Big Boxer da 1802 cc, assai più vicino alla filosofia americana, e forme decisamente più classiche.

La moto provata è un Model Year 2023. A partire dal MY 2022 sono state introdotte alcune migliorie, quali la strumentazione TFT e, soprattutto, la versione Euro 5 del motore 6 in linea.

Le K1600 nacquero nel 2010 con un motore Euro 3 e quella è appunto la versione che provai nel 2013. Ho sentito qualcuno lamentarsi della successiva serie Euro 4, uscita nel 2016, che sembra aver perso un po’ di smalto in accelerazione, perciò sono curioso di vedere come si comporta l’attuale motore Euro 5, la cui scheda tecnica mostra dati sensibilmente migliori rispetto a quelli delle serie precedenti, sulla carta identici tra loro.

La K1600B condivide l’intera meccanica con le altre K1600, salvo lievi variazioni relative alle sospensioni, per cui tutte le considerazioni che verranno fatte nel seguito valgono per qualsiasi K Euro 5, a meno che non sia specificato diversamente.

Com’è

Aspetto

La linea della K1600B ha sicuramente una personalità diversa da quella delle classiche GT e GTL, ma a mio parere non convince completamente per coerenza. La vista frontale è quella solita, moderna, imponente ed efficiente, solo con un parabrezza più corto, mentre tutta la parte posteriore, ovviamente rastremata verso il basso come il genere vuole, con le sue borse integrate dal disegno affusolato, il codino dal sapore retrò, i due grossi scarichi tagliati a fetta di salame e le luci perimetrali dal disegno molto raffinato, è improntata a un’eleganza leziosa, che a mio parere non si armonizza perfettamente con la parte anteriore.

Le borse laterali, dal disegno più affusolato rispetto a quello delle altre K1600GT e GTL, sono fisse e questo fatto ha reso necessario rendere smontabile il parafango posteriore, per consentire la sostituzione della ruota.

Rispetto alle K tradizionali cambiano un po’ anche le selle e in particolare quella del passeggero, piatta e più ampia del solito, la parte inferiore della carenatura, che è meno estesa e lascia in vista anche il gruppo cambio-frizione e non solo il blocco motore, e il manubrio, che qui è tubolare e nero, ma può essere sostituito a richiesta da un più classico manubrio in alluminio, analogo a quello presente sulla GTL.

Ciclistica

La ciclistica si basa su un robusto telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, concettualmente simile – ma senz’altro più bello a vedersi – di quello delle K a 4 cilindri, al quale è ancorato inferiormente il motore, cosa che permette di limitare la distanza delle travi e quindi la larghezza complessiva della moto. Il motore sporge lateralmente rispetto al telaio ed è lasciato in bella vista da apposite aperture dei pannelli laterali.

Telaio completo delle K1600GT e GTL

Anteriormente è imbullonato uno scatolato in magnesio che sostiene la sezione superiore della carena, il gruppo ottico, il cruscotto e gli specchietti, mentre dietro c’è un telaietto in alluminio estruso, che sulle K1600B e Grand America è più corto rispetto a quello presente sulle GT e GTL e comprende tubolari specifici per sostenere le borse laterali fisse.

Telaietto posteriore specifico della K1600B

Completano la ciclistica il classico monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.

La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante e ereditata dalle K1200/1300, è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo analogo al sistema Honda Pro-Link.

Sospensione Paralever delle K1600. È visibile sopra alla pedalina il triangolo del leveraggio progressivo.

La sospensione Duolever – nome commerciale adottato da BMW per la forcella Hossack – è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio pressofuso che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:

  • una rigidità torsionale nettamente superiore, che dona un’mpressionante precisione alla guida, specialmente alle alte velocità.
  • quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove pressoché verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti interessanti:
    • l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
    • mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
    • in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un ammortizzatore sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.
Sospensione Duolever

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.

  • escursione anteriore 115 mm
  • escursione posteriore 125 mm
  • interasse 1618 mm
  • avancorsa 106,4 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 27,8°

L’unica differenza nelle quote con le K6 GT e GTL è data dall’escursione posteriore ridotta di 10 mm, coerente con l’abbassamento visivo del retrotreno.

Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo. Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – per favorire maneggevolezza e assetto in frenata, mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di una maggiore stabilità.

Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, un po’ per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, ma soprattutto perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi particolari remore al riguardo. Basti pensare che la sport tourer K1300S, capace di oltre 275 km/h, ha un angolo di sterzo di ben 29,6°, simile a quello di una Harley-Davidson Sportster 883 (!).

Inquadrato in questo contesto, l’angolo di 27,8° adottato su tutte le K1600 è piuttosto sportiveggiante. Basti pensare, per fare un confronto con la concorrenza, che l’attuale Honda Gold Wing, del tutto paragonabile alle K inclusa la sospensione anteriore a quadrilatero, presenta un ben più turistico 30,5°.

L’avancorsa invece influisce direttamente sulla pesantezza dello sterzo, perché più essa è lunga, più l’avantreno si muove verso l’interno della curva quando si sterza, opponendo maggior resistenza. Ovviamente, anche il peso gravante sull’avantreno influisce su tale caratteristica. Appare dunque chiaro che la riduzione dell’avancorsa dai 115 mm della K1300GT ai 106,4 mm delle K1600 è stata decisa per favorire la maneggevolezza in considerazione del maggior peso che grava sulla ruota anteriore. Non a caso, sulle 6 cilindri la pressione prescritta è 2,9 bar su entrambi gli assi, contro i canonici 2,5 anteriore e 2,9 posteriore delle K1300.

Le ruote sono in lega – a richiesta sono disponibili i bei cerchi forgiati Classic – con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore.

Motore

A distanza ormai di tredici anni dalla sua prima commercializzazione, il sei cilindri in linea da 1649 cm3 con distribuzione bialbero a 24 valvole e bancata inclinata in avanti di 55° – come sulle K1300 – è ancora un gran bel pezzo d’ingegneria, che assicura a BMW un posto imperituro nell’Olimpo delle moto da Gran Turismo accanto all’altrettanto sensazionale boxer della Honda Gold Wing 1800.

Com’è noto, questa configurazione dei cilindri assicura la quasi totale assenza di vibrazioni – quindi non serve adottare contralberi di smorzamento – e una fantastica fluidità di funzionamento soprattutto ai bassissimi regimi, al prezzo però di un peso piuttosto elevato e di una larghezza notevole, normalmente di circa un 20-25% superiore a quella già importante di un 4 in linea a parità di cilindrata.

Per contenere la dimensione trasversale, gli ingegneri BMW hanno optato per un motore a corsa relativamente lunga (67,5 mm), in modo da limitare l’alesaggio (72 mm) e quindi ottenere un monoblocco più stretto. Ancora più interessanti al riguardo sono la riduzione della distanza tra le canne dei cilindri, limitata a soli 5 mm contro i circa 10 mm generalmente in uso, e il posizionamento degli accessori elettrici accanto al monoblocco e non alle estremità dell’albero motore come di consueto. Tutti questi accorgimenti consentono di limitare la larghezza totale del propulsore a soli 56 cm. Per fare un paragone, il 4 in linea da 1301 cc delle BMW K1300 misura 50 cm. Se immaginassimo di pantografarlo fino ai 1649 cc del 6 cilindri*, la misura salirebbe a 54,1 cm, quindi possiamo dire che BMW è riuscita, a parità di condizioni, a contenere l’incremento della larghezza in un sensazionale 3,5%. Altrettanto significativo è il confronto con il 6 in linea della Kawasaki Z1300 del 1979, che nonostante i “soli” 1286 cc, è largo 63,5 cm, un buon risultato per l’epoca, ma che comunque è il 27% più del BMW 4 cilindri di cubatura analoga.

Pur limitato nella potenza massima possibile da queste scelte, il 6 cilindri BMW è comunque capace di 160 CV, più che abbondanti per una moto da turismo, che per giunta in questa nuova versione Euro 5 sono erogati a soli 6.750 giri al minuto, contro i 7.750 dichiarati delle versioni precedenti. La coppia è ancora più interessante, con un picco massimo di 180 Nm a 5.750 giri al minuto, 5 Nm in più rispetto alle versioni Euro 3 e 4. Il lavoro fatto dai tecnici BMW nell’adattare questo motore alle più stringenti normative antinquinamento è davvero impressionante.

Il grafico, tratto dalla cartella stampa BMW delle K1600 MY 2022, evidenzia, oltre al fatto che ci sono quasi 120 Nm a 1.000 giri (!), un sensibile aumento della coppia massima tra i 3.000 e i 7.000 giri a favore della versione Euro 5 (celeste) rispetto alla Euro 4 (blu), con corrispondente diminuzione del regime di potenza massima.

Per quanto invece riguarda il peso, la bilancia raggiunge i 102,6 kg, che sono decisamente pochi per un 6 cilindri di questa cilindrata, ma tanti rispetto agli 81 kg del 4 cilindri 1300, che offre la stessa potenza massima. Non a caso, la K1600GT prima serie pesava 319 kg, contro i 288 della K1300GT a parità di equipaggiamento.

Trasmissione

Il cambio delle K6 è caratterizzato dalla costruzione su tre alberi – di solito se ne usano due – per ridurne la larghezza all’altezza delle pedane.

Le marce sono nel complesso spaziate normalmente, ma la 2a e la 3a sono relativamente vicine tra loro e lo stesso vale per 5a e 6a. I rapporti sono piuttosto lunghi, con la 6a che consente di viaggiare a 130 km/h a circa 4200 giri, un regime decisamente di riposo.

La frizione è idraulica antisaltellamento e con uno speciale meccanismo di servoassistenza. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

I rapporti di trasmissione, uguali per tutte le K1600 presenti e passate, sono i seguenti:

  • primaria 1,617
  • finale 2,75
  1. 2,230
  2. 1,641
  3. 1,319
  4. 1,101
  5. 0,926
  6. 0,788

Le velocità risultanti ai regimi più significativi alla guida sono le seguenti:

MarciaVelocità all’ingresso in coppia (5.000 giri)Velocità al regime di potenza massima (6.750 giri)Velocità al limitatore (8.500 giri)
1a60,982,2103,5
2a82,7111,7140,7
3a103,0139,0175,0
4a123,4166,5(teorica) 209,7
5a146,7198,0(teorica) 249,3
6a172,4(teorica) 232,7 (teorica) 293,0

La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.

Freni

La K1600GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un grosso disco pure da 320 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la K1600B è ovviamente equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre praticamente tutto di serie.

  • ABS Pro Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • Tre riding mode – Rain, Road e Dynamic.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate, in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso, regola automaticamente il precarico in funzione del peso a bordo e consente di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Cruise più rigida. Si noti che sulla K1600B è assente la possibilità di abbassare al minimo l’altezza, presente su altri modelli, perché vista la sella più bassa non avrebbe molto senso.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che permette di mantenere automaticamente la moto frenata quando è ferma, con il vantaggio di avere le mani libere con entrambi i piedi a terra e di semplificare le partenze in salita. Il sistema può essere impostato per essere attivato manualmente, tirando con forza la leva del freno, oppure per inserirsi automaticamente se si tengono i freni tirati a moto ferma in pendenza per almeno un secondo.
  • RDC (controllo pressione pneumatici) – Sistema che permette di visualizzare la visualizzazione della pressione dei pneumatici e che dà l’allarme in caso di perdita di pressione.

Sulle K1600 è assente il sistema DBC (Dynamic Brake Control), la funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, presente su altri modelli della Casa. Probabilmente si è dato per scontato che un principiante, cui è tipicamente rivolto un aiuto del genere, non si metterebbe mai alla guida di un mostro simile.

La scelta dei riding mode influisce sul comportamento del gas, del DTC e della relativa funzione anti impennata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road e Cruise sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste nei vari casi.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo.

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta con intervento ritardato rispetto alla modalità RAIN
  • anti impennata al massimo

Dynamic:

  • risposta diretta dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto con intervento ritardato rispetto alla modalità ROAD. in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore.

Accessori

Di serie

Oltre a quanto indicato nel paragrafo Aiuti elettronici alla guida, sono presenti i seguenti accessori:

  • strumentazione TFT da 10,25 pollici con opzione Connectivity e navigazione cartografica integrata mediante la app BMW Motorrad Connected
  • illuminazione full led con faro adattivo
  • retromarcia elettrica
  • cruise control
  • manopole riscaldabili
  • selle pilota e passeggero riscaldabili separatamente
  • sistema Intelligent Emergency Call
  • borse laterali
  • vano di ricarica portaoggetti con USB-C
  • parabrezza basso regolabile elettricamente
  • alette retrattili manualmente per ventilazione dinamica
  • trombe bitonali.

A richiesta

Gli optional disponibili di fabbrica sono i seguenti:

  • Pacchetto Comfort:
    • Keyless Ride
    • chiusura centralizzata dei bauletti e degli eventuali vani portaoggetti
    • assistente al cambio
    • sistema di allarme antifurto (DWA))
  • Pacchetto Tour:
    • sistema radio Audio 2.0 con altoparlanti anteriori e predisposizione per il navigatore
    • fari supplementari a LED
    • paramotore
    • pedane avanzate
    • vani portaoggetti
  • illuminazione a terra
  • sella alta (senza sovrapprezzo)
  • Sella Option 719
  • Cerchi forgiati Classic Option 719
  • manubrio in alluminio forgiato
  • cavalletto centrale
  • parabrezza corto brunito
Cerchio Classic Option 719

Sono inoltre disponibili in aftermarket quattro tipi di borse da montare sulla sella del passeggero, diversi particolari cromati e un set di borse interne per le valigie laterali.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, ma con alcune differenze rispetto agli altri modelli dovute alla diversa dotazione di bordo. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione. Inoltre, la diversa funzione attribuita ad alcuni tasti crea in alcuni casi complicazioni evidenti, che vedremo nel seguito.

Le frecce dispongono dello spegnimento automatico, che però può curiosamente essere disattivato attraverso il menu Impostazioni. La loro durata dipende dalla situazione di guida. Non ho provato in dettaglio tutte le situazioni, né il manuale d’uso riporta una spiegazione esaustiva del loro funzionamento, però alla guida non mi sono mai trovato nella necessità di dover reinserire una freccia troppo breve. Se a quadro appena spento si inserisce l’indicatore sinistro, si accendono le luci di posizione in parcheggio, che si disinseriscono automaticamente alla successiva accensione del quadro.

Il tasto del clacson è esattamente dove dovrebbe essere e attiva una coppia di bitonali tali da inchiodare per la sorpresa il traffico circostante, evviva!

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato spingendo verso l’esterno la stessa leva.

Il blocchetto di sinistra alloggia inoltre:

  • il Multi-Controller, cioè il rotellone per navigare e selezionare le diverse opzioni via via presenti sullo schermo
  • il tasto a bilanciere Menu per scorrere tra le diverse visualizzazioni sul cruscotto TFT e i menu
  • il tasto pure a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza, che prende il posto del consueto tasto per disinserire il DTC e selezionare la modalità delle sospensioni D-ESA
  • Il tasto rosso per il lampeggio di emergenza
  • I comandi del pratico cruise control BMW, che è di serie.

Come di consueto, questo viene azionato da una levetta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (ma non se si sale di rapporto usando il quickshifter opzionale) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme brevemente la levetta in avanti o all’indietro, la velocità cresce o descresce di un km/h per volta – o di un mph, in base a come è impostata l’unità di misura nel menù Impostazioni – se invece la si tiene premuta, la velocità impostata aumenta o diminuisce a passi di 10 km/h – o 5 mph – e la moto oto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre quando la regolazione è disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto sinistro trovano posto:

  • Il tasto R per inserire la retromarcia elettrica
  • Il tasto per l’accensione dei faretti supplementari.

Sul blocchetto di destra sono presenti invece:

  • Il tasto per la chiusura centralizzata optional, che prende il posto del comando delle manopole riscaldate
  • Il tasto per la selezione dei riding mode
  • Il tasto a bilanciere per l’avviamento e lo spegnimento d’emergenza del motore.

La chiusura centralizzata chiude le valigie laterali e, se presenti, i vani portaoggetti supplementari. Ciascuna valigia e ciascun vano è comunque dotato anche di serratura a chiave, che se viene bloccata, impedisce l’apertura con la chiusura centralizzata.

Il tasto di avviamento serve anche a muovere la moto in retromarcia. Con motore acceso, cambio in folle, freno tirato e dopo aver premuto il tasto R sul blocchetto sinistro, mantenendo il tasto di avviamento premuto si attiva la retromarcia elettrica, che muove la moto con buona progressione e a velocità facilmente controllabile, mentre il regime del motore sale automaticamente per compensare l’alto assorbimento elettrico del motorino.

Retromarcia elettrica

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto destro, sotto un coperchio ben evidenziato dalla scritta SOS, è alloggiato di serie il tasto del sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi non richiede il possesso di uno smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente, il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati sulla moto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità.

La diversa funzione assegnata ad alcuni tasti comporta il difetto che per gestire molte funzioni – sospensioni D-ESA, manopole e sella riscaldabile anteriore, radio e altre ancora – è necessario accedere ai relativi settaggi nel vasto menù Impostazioni. A dirlo sembra solo un dettaglio da poco, ma spesso la cosa si fa davvero seccante. Per esempio, per accendere le manopole riscaldate al massimo, operazione che di solito richiede la pressione di un tasto dedicato, sulle K1600 – e sulle R1250RT – occorre prima premere il tasto Menu varie volte (dipende dalla schermata in cui ci si trova) per raggiungere il menù Impostazioni, dopodiché bisogna compiere cinque distinte operazioni con il rotellone, ciascuna comprendente uno o più impulsi:

  • in basso fino a Riscaldamento
  • a destra per entrare in Riscaldamento
  • in basso fino a Riscaldamento manopola
  • a destra per entrare in Riscaldamento manopola
  • in alto per selezionare l’intensità da 0 a 5.

E boi bisogna tornare alla schermata iniziale, ovviamente. Tutta questa solfa richiede un dispendio di tempo ed energia mentale sproporzionato rispetto all’azione richiesta. Per giunta, essa deve essere ripetuta ogni volta che si vuole aggiustare la temperatura o spegnere il riscaldamento. Capisco come la complessità delle dotazioni richieda uno sforzo di semplificazione dei comandi, ma qui si rasenta il sadismo.

Nell’evidente tentativo di ovviare a questo problema, BMW ha inserito sulla versione Euro 5 quattro tasti personalizzabili nella carenatura sinistra, a ciascuno dei quali può essere assegnata una funzione specifica. L’intento è lodevole, ma questo da un lato costringe l’utente a un lavoro di programmazione che non tutti hanno voglia di fare – sempre ammesso poi che leggano il manuale d’uso – dall’altro il tasto è in posizione davvero scomoda, e cominque bisonga ricordare quale tasto è dedicato a cosa, o consultare il menù per avere la lista. A mio parere, sarebbe molto più logico restituire al tastino della chiusura centralizzata – la cui funzione peraltro è già svolta dalla chiave! – l’azionamento delle manopole riscaldate, che è il comando che si usa di più, e aggiungere un paio di tasti sopra ai blocchetti della retromarcia e della chiamata di emergenza.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo aquadro spento e entro un paio di minuti dallo spegnimento. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, che è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e – soprattutto – mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla norma – chiave che cade nella tasca dei pantaloni con le pinces o nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Strumentazione

La strumentazione è costituita da un enorme display da 10,25″, esclusivo delle K1600 e della R1250RT, alloggiato come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, fari fendinebbia, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore.

La grande larghezza del display offre la possibilità di dividere lo schermo in due, con la schermata selezionata che si restringe per fare posto a una schermata supplementare più piccola sul lato destro, che può essere scelta tra Computer di viaggio, Computer di bordo, Navigazione e Media. Questa funzionalità elimina l’unico vero difetto delle normali strumentazioni TFT BMW, cioè l’impossibilità di vedere contemporaneamente più di un’informazione del computer di bordo insieme a tachimetro e contagiri.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard e comprende una grande barra del contagiri, il cui settore rosso è più esteso a motore freddo e e si restringe man mano che la temperatura sale, tachimetro digitale, indicatore del limite di velocità (con connessione allo smartphone), indicatore di attivazione del cruise control con la velocità impostata, indicatore della marcia inserita, riding mode corrente, orologio digitale, temperatura ambiente, autonomia residua, e uno solo dei dati presenti nelle schermate Mio veicolo o Computer di bordo – livello carburante, chilometraggio parziale, consumo medio ecc. – e numerose spie secondarie.

La visualizzazione Menu permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Mio veicolo – sistema di informazioni comprendente varie schede selezionabili alternativamente:
    • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
    • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
    • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
    • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
    • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
    • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control
  • Radio – Gestisce la radio digitale di bordo, che può essere ascoltata attraverso gli altoparlanti di bordo – anche con regolazione automatica del volume in funzione della velocità – oppure nel sistema vivavoce del casco
  • Media – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica prsente lnel dispositivo
  • Navigazione – Funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display la mappa con le indicazioni del navigatore impostato sullo smartphone o un’indicazione semplificata con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni
  • Telefono – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

Illuminazione

La K1600B dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led particolarmente sofisticato e decisamente unico nel suo genere. Un unico grande gruppo ottico include ai lati due coppie di proiettori abbaglianti, ciascuna contornata inferiormente dal profilo sottile delle luci di posizione/diurne, mentre il centro è occupato da una coppia di proiettori anabbaglianti collegati alla piattaforma inerziale che governa gli aiuti elettronici alla guida e, ruotando opportunamente su tre assi, seguono la curva della strada e compensano qualsiasi movimento di beccheggio e rollio della moto, in modo da mantenere il fascio luminoso sempre all’altezza corretta e con il bordo superiore perfettamente orizzontale, anche in curva: stupendo!

Il mio test si è svolto di giorno. L’unico modo che ho trovato per vericare il funzionamento del faro era andare in garage. Il video mostra chiaramente il fascio luminoso che rimane orizzontale durante le curve.

Fari adattivi

Sulle K1600 era sempre stato disponibile un sistema funzionalmente simile, ma realizzato diversamente – lì l’anabbagliante era uno solo, lenticolare e fisso, e puntava in alto ad intercettare uno specchio orientabile. Questo sistema però aveva il difetto che l’anabbagliante era un po’ fiacco rispetto ai due potenti abbaglianti allo xeno, mentre qui l’illumunazione a led è abbondantissima in ogni circostanza.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna, che commuta ad anabbagliante automaticamente in caso di riduzione della luminosità ambiente, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso il pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Posizione di guida

La posizione di guida è ottima, come spesso avviene sulle BMW, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura turistica, ma non sbracata, analoga a quella che si ha sulla K1600GTL. La sella è a 75 cm da terra e non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella alta (78 cm), oltre che con la sella Option 719 trapuntata, disponibile con sovrapprezzo.

Le pedane supplementari comprese nel pacchetto Comfort sono piazzate al posto giusto, né troppo alte né troppo avanzate, e consentono una posizione davvero confortevole. Inltre sono incernierate e dotate di piolino inferiore, come le pedaline, e quindi non creano problemi in piega.

Gli specchi, sono grandi – più di quelli della prima serie – e ben piazzati, ovviamente non vibrano e consentono una visuale molto ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una sella molto ampia e confortevole, con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due ampie e comode maniglie. Ne risulta una postura molto comoda.

Capacità di carico

A differenza di tutte le altre K1600, la Bagger non prevede il montaggio del topcase, che comunque si può avere optando per il modello Grand America.

Le valigie laterali fisse dovrebbero avere una capacità di 37 litri l’una, per un totale di 74 litri. Difficilmente questa moto sarà usata per viaggi di coppia, per cui la capacità è sufficiente. Inoltre, nel catalogo aftermarket sono presenti quattro tipi diversi di borse per la sella del passeggero.

La moto è equipaggiata anche con un vano portaoggetti con ricarica USB-C e ventola di raffreddamento, dedicato allo smartphone e posto sopra al display TFT. Per aprire il vano è necessario alzare il parabrezza, che peraltro si abbassa sempre al minimo ogni volta che si spegne il quadro, per evitare furti, e ritorna alla posizione precedente alla riaccensione.

Compresi nel pacchetto opzionale Tour ci sono anche due piccoli portoggetti alloggiati nelle carenature davanti alle ginocchia del pilota, bloccabili con chiave e collegati alla chiusura centralizzata.

Come va

Motore e prestazioni

Il motore delle K1600 ha un carattere unico, diverso anche da quello del 6 cilindri Honda, da cui si differenzia per il sound e il comportamento generale assai più sportivo.

L’avviamento è prontissimo, anche perché ci sono alzavalvole automatici che rducono lo sforzo del motorino di avviamento. Il timbro, cupo e possente, e la rapidità rabbiosa con cui il motore prende i giri all’apertura del gas sono davvero esaltanti e unici.

Una volta partiti il sei cilindri gira etremamente rotondo e fluido, con vibrazioni pressoché inesistenti in tutto, ma proprio tutto l’arco di funzionamento. La coppia disponibile è davvero impressionante anche a bassissimo regime, basti pensare che è possibile spalancare il gas in 6a anche dal regime di minimo, fissato a 900 giri – che corrispondono a 31 km/h – e la moto accelera immediatamente senza che il motore abbia la minima esitazione o sussulto.

La coppia del 6 cilindri è strabordante a qualsiasi regime. La curva ha un andamento quasi semicircolare, che cresce dai quasi 120 Nm al minimo fino ai 180 Nm a 5.750 giri, per poi riscendere poco sotto i 120 Nm in prossimità del limitatore a 8.500 giri. L’allungo non è esaltante, ma l’accelerazione tirando le marce – che sicuramente non è inferiore a quella della prima serie – è comunque di livello decisamente sportivo e impressiona particolarmente quando si mette in conto la stazza della moto. Ancora più che con le versioni precedenti, con questa versione Euro 5 conviene cambiare molto prima del limitatore – in questo caso intorno ai 7.000 giri – per ottenere la massima spinta, perché oltre tale regime si affievolisce parecchio. Nonostante la prima lunga, che richiede un po’ di gioco di frizione, nella mia prova ho staccato il classico 0-100 km/h in 3,8″ e lo 0-140 km/h in 5,9″, tempi che forse potrebbero essere leggermente ridotti maltrattando la frizione. Fino a 100 km/h nessuna moto, neanche una supersportiva, può sognarsi di seminare la K1600 e il suo pilota deve fare fatica per spuntare gli stessi tempi, che sulla sei cilindri invece sono alla portata di qualsiasi motociclista con un minimo di sangue nelle vene.

ÈAccelerazione

La coppia mostruosa consente senz’altro di tirare rapporti più lunghi del solito, a vantaggio del confort e dei consumi. BMW però si è forse fatta prendere un po’ troppo la mano: la 5a e la 6a marcia sono davvero molto lunghe e piuttosto ravvicinate tra loro, perciò finiscono per mortificare la ripresa, complice anche il peso molto elevato. Il risultato, paradossale, è che la K1600 riprende in 6a meno di quanto istintivamente ci si aspetti e, dati alla mano, si comporta peggio rispetto ai vari modelli boxer 1250 e anche rispetto alla S1000XR, che pure alle velocità normali dispone solo di metà della coppia all’albero garantita dal 6 cilindri, ma pesa molto meno e ha rapporti molto più corti. Il passaggio da 40 a 100 km/h in 6a avviene con una souplesse davvero impareggiabile, ma richiede 6,6″, un dato in assoluto molto buono, ma simile a quello della K1300GT con “soli” 135 Nm. Di fatto, per fare un sorpasso davvero veloce conviene scalare un paio di marce, perché anche la 5a è particolarmente lunga, e tutto questo vale anche per questa versione Euro 5, dove l’aumento della coppia ai medi aiuta, ma si limita in media a un 4% in più, che non cambia la sostanza. BIsogna però marcare un punto a favore della K1600, quando si considera che la situazione diventa più favorevole alla sei cilindri se a bordo ci sono anche passeggero e bagagli, perché il loro peso è meno rilevante in rapporto alla massa della moto.

La tabella seguente mette a confronto la coppia disponibile al motore e alla ruota in 6a a 90 e a 120 km/h nei diversi modelli della gamma alta BMW. Come si vede, i valori all’albero sono inarrivabili, ma quello che conta davvero per la ripresa è la coppia alla ruota in rapporto al peso, e in questo caso la K1600 sfigura in 6a rispetto alle sue sorelle a entrambe le velocità.

K16BR1250RTK13GTR1250GSS-XR
Regime corrispondente a 90 km/h in 6a2.6003.1003.4003.3003.800
Coppia all’albero a 90 km/h in 6a Nm15311811211877
Coppia alla ruota a 90 km/h in 6a Nm489482500510393
Coppia alla ruota per kg a 90 km/h in 6a Nm1,421,731,732,051,74
Regime corrispondente a 130 km/h in 6a3.8004.5004.9004.7005.900
Coppia all’albero a 130 km/h in 6a Nm16113011813694
Coppia alla ruota a 130 km/h in 6a Nm515531526588480
Coppia alla ruota per kg a 130 km/h in 6a Nm1,501,901,832,362,12
Tutti i valori sono desunti a partire dai dati e dai grafici di coppia pubblicati da BMW.

Non è una tragedia, sia chiaro, ché già in 4a la K1600 diventa inarrivabile a qualsiasi velocità stradale. Evidentemente, BMW ha inteso creare una moto dalla doppia personalità, estremamente confortevole da un lato e molto sportiva dall’altro, ed è appunto mediante il cambio che il pilota può decidere se essere Dr. Jeckyll o Mr. Hyde.

Il comando elettronico del gas si comporta molto bene, non ha alcun effetto apri-chiudi e ha perso quell’incoerenza tra posizione e risultato che a volte caratterizzava la prima serie. La prontezza del comando cresce passando da Rain a Road a Dynamic, mentre non mi pare di aver riscontrato evidenti variazioni nell’accelerazione a gas spalancato tra le la Rain e le altre mappature. In effetti, nè la cartella stampa né il manuale parlano diuzione della coppia, che però era presente sulle K1600 Euro 3 e, in misura meno accentuata, sulle Euro 4. Probabilmente sulle Euro 5 hanno ritenuto che il il comando del gas progressivo e l’ottimo controllo di trazione DTC fossero sufficienti ad assicurare la sicurezza sul bagnato.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), è preciso nell’intervento e poco invasivo. Può essere disinserito anche durante la guida tramite il menù Impostazioni (ma ci vuole tempo…) e si riattiva ad ogni riaccensione del motore.

Nella modalità Dynamic il propulsore esprime appieno il suo potenziale; la risposta al gas è immediata e il DTC interviene con un certo ritardo, in modo da rendere possibile un certo margine di deriva, piuttosto divertente e mai eccessivo. Il passaggio alle modalità Road e Rain offre una risposta sempre più progressiva del gas e un intervento sempre più conservativo del DTC, fino a impedire qualsiasi accenno di deriva.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 10 e i 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore. Immagino che la Bagger Euro 5 si comporti abbastanza bene, come in genere avviene sulle K.

Trasmissione

Il cambio di serie è leggermente meno piacevole della media BMW, in quanto è sì preciso, ma presenta una corsa leggermente più lunga ed è più rumoroso negli innesti. La frizione è morbida e sicuramente migliore rispetto a quella della prima serie, perché è leggermente meno brusca e non presenta più quei movimenti della leva che si verificavano nel passaggo tra tiro e rilascio.

Come sempre avviene, se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa brusco nella guida sportiva, è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune circostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata o la sensazione di ingranaggi che non si amano. Personalmente, preferisco il cambio tradizionale, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dal comportamento dell’assistente.

La trasmissione ad albero è sicuramente più silenziosa rispetto alla prima serie, che era affetta da sonori “clac” nei passaggi tra tiro e rilascio, ora non proprio assenti, ma senz’altro meno evidenti.

Freni

La frenata è molto pronta per essere una moto da turismo ed è potente, resistente e ben modulabile, alla faccia del peso e delle pinze datate. L’assetto durante le staccate violente rimane irreprensibile, grazie soprattutto all’interasse molto lungo e alla sospensione anteriore antiaffondamento Duolever, che mantiene l’assetto quasi piatto e impedisce l’accorciamento dell’interasse in frenata.

L’ABS non è invasivo ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti in caso di suo intervento. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

ABS Pro in curva

Sterzo e assetto

Lo sterzo è estremamente preciso, abbastanza pronto, leggero quanto basta per rendere la guida agevole, ma allo stesso tempo permette comunque di affrontare una guida anche molto sportiva senza alcuna apprensione.

L’assorbimento garantito delle sospensioni semiattive è ottimo in Road e moto buono anche in Cruise e permette di manenere un bel controllo delle masse sospese e la linea impostata anche sullo sconnesso marcato.

Il comportamento della forcella Duolever è davvero superbo in ogni circostanza, impressionano la precisione di guida fuori dal comune e l’assetto della moto quasi piatto anche nelle frenate decise, e anche la sospensione posteriore Telelever, pur meno originale, contribuisce all’assoluta imperturbabilità dell’assetto. Gli anziani ricordano bene che le BMW e le Guzzi di una volta “canguravano”, cioè si alzavano sulle due ruote in accelerazione e si accucciavano in frenata; quindi non stupisce più di tanto il fatto che ancora oggi incontro persone che, come vedono una BMW, commentano pensose che “il cardano è duro e sbilancia la moto”. Il fatto che il Telelever sia in giro, concettualmente immutato, dal 1988 e che sistemi analoghi siano stati introdotti da tempo anche da altri produttori come Moto Guzzi e Honda non sembra aver intaccato minimamente le loro convinzioni.

In città

La notevole maneggevolezza della moto rende relativamente agevole anche la guida a bassa velocità e nel traffico, bisogna solo fare attenzione agli ingombri e tenere presente la lunghezza della moto quando si svicola tra le auto. Il notevole peso della Bagger, 344 kg con il pieno, si gestisce abbastanza bene in condizioni normali, grazie alla sella a 75 cm da terra, ma in particolari circostanze – per esempio, quanto ci si ferma a uno stop in salita e si deve ripartire curvando a destra – occore prestare molta attenzione a quello che si fa, perché i margini di correzione di un eventuale sbilanciamento sono decisamente più ridotti del solito. Insomma, come con tutte le moto molto pesanti, è indispensabile pianificare con molta cura le manovre.

Nei trasferimenti extraurbani

La Bagger è una mangiachilometri di razza, che garantisce una souplesse di marcia inarrivabile. Il molleggio di ottimo livello – anche se, a essere pignoli, si nota un lieve peggioramento sulle sconnessioni decise, dovuto alla riduzione della corsa posteriore – la granitica stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida molto confortevole, il regime di assoluto riposo garantito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a circa 4.200 giri — l’assenza pressoché totale di vibrazioni e l’ottima protezione aerodinamica concorrono a garantire la pace della mente e quindi un confort di livello superiore. Il parabrezza corto protegge più di quanto si possa credere e ha il grande vantggio di non ostacolare la visuale neanche quando è tutto alzato. In tal caso, flusso d’aria, appena disturbato, colpisce il casco più o meno al centro della visiera, mentre abbassandolo, la protezione diminuisce solo marginalmente – c’è pur sempre una carenatura enorme – ma il flusso d’aria si fa più pulito, quindi le diverse posizioni si equivalgono sostanzialmente e sono più una questione di gusti.

Data la relativa morbidezza delle sospensioni, BMW ha deciso di limitare elettronicamente la velocità massima a 200 km/h, che in teoria (ahem…) dovrebbero essere ridotti ulteriormente a 180 km/h se sono installate le pedane optional. Il limitatore (ri-ahem…) non mantiene la velocità costante, ma produce un fastidioso rimbalzo continuo. Chi intende viaggiare in Germania è avvisato.

Nel misto

La Bagger è una bomba anche nella guida sportiva sul misto stretto. Capisco che leggere una cosa del genere di un mostro da quasi tre quintali e mezzo faccia sorridere, ma posso davvero assicurare che la Bagger non soffre del benché minimo complesso di inferiorità rispetto a qualsiasi altra moto da turismo su qualsiasi percorso e, se guidata con competenza e fiducia nella propria capacità di non fare danni costosissimi, è in grado di lasciare a bocca aperta tanta gente anche navigata su moto molto più leggere. La magia è data dalla perfetta armonizzazione di tutti gli elementi: la coppia straordinaria e l’allungo del motore assicurano accelerazioni fulminee in uscita di curva, ma con tutta la dolcezza che si può desiderare a centro curva, l’avantreno Duolever assicura una precisione assoluta delle traiettorie e consente di entrare fortemente pinzati in piega senza alcuno scompenso, i freni potenti e infaticabili garantiscono decelerazioni da supersportiva, la sella consente di muoversi in ogni direzione senza problemi (si capisce che è una frecciata contro la S1000XR?) e perfino la luce a terra in piega, pur inferiore a quella della K1600GT, ma migliore rispetto alla K1600GTL (almeno per quanto riguarda la prima serie), non delude anche a ritmi piuttosto elevati.

Nel misto

Consumi

Bello il sei cilindri, bello il confort, bello tutto, ma la K1600 beve più delle altre BMW. La media complessiva della prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, un po’ di statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 14,8 km/l. Andando a passeggio si può fare sicuramente molto meglio, ma d’altronde questo vale per tutte le moto.

Conclusioni

A distanza di tredici anni dal suo debutto e nonostante i vari aggiornamenti apportati nel tempo non abbiano stravolto il progetto, le K1600 costituiscono ancora un gran bel pezzo d’ingegneria e un riferimento assoluto per confort e caratteristiche di guida. Lo straordinario equilibrio generale della moto e il sound strepitoso del suo magnifico sei cilindri in linea sono qualcosa che tutti dovrebbero provare almeno una volta, a rischio di innamorarsene perdutamente.

Però, quando al termine della prova sono tornato alla mia K1200GT del 2007, ho ritrovato una moto altrettanto comoda, protettiva e dalle prestazioni velocistiche e dinamiche almeno altrettanto esaltanti sotto tutti i punti di vista, ma più leggera di ben 56 chili, e ho pensato ancora una volta che, BMW non avrebbe mai dovuto abbandonare il quattro cilindri K.

Pagella

Pregi
  • Moto molto ben fatta
  • Motore potente, estremamente elastico e dal sound unico
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • maneggevolezza inaspettata
  • Guida molto efficace anche nel misto
  • Confort di alto livello
  • Dotazione di accessori adeguata
  • Cruscotto TFT molto ben fatto
Difetti
  • Ripresa nelle marce alte mortificata dalla rapportatura molto lunga
  • Peso piuttosto elevato
  • Attivazione macchinosa di parecchi comandi mediante il sistema dei menù

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.


* È un’operazione un po’ grossolana, ma aiuta a capire. Per calcolare l’aumento teorico ho moltiplicato la larghezza del 4 cilindri per la radice cubica dell’incremento percentuale di cilindrata tra questo e il 6 cilindri.

** Sì, lo so che in realtà le curve sono color acquamarina e azzurro, ma noi maschetti di solito conosciamo sì e no 10 colori, tra i quali l’acquamarina non c’è, e non sappiamo esattamente dove si pone lazzurro rispetto al celeste e al blu. Così sono sicuro che tutti capiscono.

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Prova della BMW S1000XR 2023

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Cocciutaggine tedesca

Edit 2 dicembre 2023: la nuova versione 2024, oltre ad avere la potenza massima aumentata a 170 CV, monta finalmente una sella normale, piatta, fatto che risolve l’unico vero difetto di questa moto. Non vedo l’ora di provarla!

Introduzione

La prima BMW S1000XR fu presentata all’EICMA alla fine del 2014, essenzialmente come risposta alla Ducati Multistrada 1200, la crossover con cui Ducati aveva osato sfidare il dominio incontrastato della BMW R1200GS. La belva bavarese sfoggiava ben 160 CV contro i “soli” 125 della recentissima R1200GS raffreddata a liquido e quindi poteva ben dominare sulla Ducati, che ne aveva 150.

Con numeri del genere, ben al di sopra di quanto può servire su strada, le sfide sulla potenza massima mi fanno sinceramente un po’ ridere, ma a quanto pare molti acquirenti amano comprare cavalli che non useranno mai.

Per arrivare a tale risultato, la Casa bavarese sfruttò il quattro cilindri in linea da 999 cc della S1000R, cioè niente meno che il cuore della supersportiva S1000RR, opportunamente depotenziato di 33 CV. L’impostazione corsaiola è evidente soprattutto nelle misure di alesaggio e corsa, rispettivamente 49,7 e 80 mm, che consentono altissimi regimi di rotazione e altrettanto elevata potenza massima, una caratteristica che si riverbera in diverse altre caratteristiche, tra cui i consumi non bassi.

L’uso di un quattro cilindri in linea su una crossover non era una novità assoluta; Kawasaki aveva fatto la stessa cosa con la Versys 1000 del 2009, ma i giapponesi avevano puntato su un motore meno sportivo, il 1043 cc da 138 CV della Z1000, e la loro proposta si collocava in una fascia di prezzo inferiore.

Quattro anni dopo, alla fine del 2018, BMW presentò la nuova S1000RR, completamente rinnovata rispetto alla serie precedente. Il suo pezzo forte era il nuovo motore, più stretto, leggero e con ben 207 CV (in seguito aumentati a 210) e 113 Nm e per giunta dotato di variatore di fase, per assicurare una curva di coppia molto favorevole anche ai medi regimi (ci sono già 100Nm a 5500 giri).

Naturalmente, anche dalla nuova versione della supersportiva sono state derivate, nel 2019, le versioni stradali S1000R e XR. Per loro motore è stato giustamente depotenziato a “soli” 165 CV, ma nel processo si è persa anche la fasatura variabile.

Provai la XR nel 2016 (qui la mia recensione: https://www.saferiders.it/prova-bmw-s1000xr-2016/), giudicandola un ibrido poco riuscito, perché nel tentare di coniugare una sportività di alto livello con doti di viaggiatrice di lungo corso, non riusciva bene in nessuno dei due campi. Responsabili di tale stato di cose erano la rapportatura eccessivamente corta, con conseguenti alti regimi alle velocità autostradali, la rigidità eccessiva delle sospensioni, la postura di guida un po’ troppo turistica e la sella, la cui particolare configurazione “a catino” riusciva a fare danni a tutto campo, in quanto era rigida nella guida turistica – accentuando la percezione della rigidità delle sospensioni – e allo stesso tempo impediva del tutto i movimenti del corpo necessari nella guida sportiva.

La mia prova si concludeva con queste parole: “Certo, se BMW decidesse di adottare sospensioni dalla taratura più turistica, una sella ben fatta e magari anche un manubrio un po’ più basso, allora le cose assumerebbero tutto un altro aspetto e la S1000XR potrebbe diventare davvero l’arma totale descritta nella cartella stampa. Si tratta di modifiche banali. Ma vorranno gli ingegneri di Monaco ammettere di essersi sbagliati? Conoscendoli, la vediamo dura…”.

Vediamo allora che cosa sono riusciti a fare questa volta. La moto provata, un Model Year 2023, è sostanzialmente immutata rispetto a quella presentata nel 2019, pur aggiornata alla normativa Euro 5.

Com’è

Aspetto

La S1000XR somiglia come impostazione generale alla vecchia serie, ma in realtà non ha quasi niente in comune. A parte il disegno più moderno, interessante è la riduzione del peso, adesso pari a soli 226 kg in ordine di marcia e con il pieno anziché 236, ottenuta principalmente nel motore e nel forcellone.

Ciclistica

La S1000XR, come sempre sulla gamma S non ci sono Paralever né Duolever, riservati ad alcuni modelli R e alle K. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm con ammortizzatore di sterzo, mentre al retrotreno abbiamo un forcellone in alluminio Full Floater Pro a doppio braccio, con monoammortizzatore regolabile nel precarico, in compressione e in estensione.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 150 mm (150 mm)
  • escursione posteriore 150 mm (140 mm)
  • interasse 1552 mm (1548 mm)
  • avancorsa 116 mm (117 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,9° (25,5°)

Si fa notare la riduzione dell’angolo di inclinazione dello sterzo per una maggior reattività alla guida e l’aumento dell’escursione posteriore per migliorare il confort.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore. L’esemplare in prova era equipaggiato con pneumatici Metzeler Roadtec 01, di impostazione più turistica che sportiva.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero a quattro valvole per cilindro montato trasversalmente con distribuzione a quattro valvole radiali per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta di fare a meno di questo dispositivo è abbastanza sorprendente, perché esso consente di aumentare la coppia ai medi senza sacrificare quella agli alti, e su una moto dalla vocazione più turistica, per di più a quattro cilindri e di cubatura non enorme, questa caratteristica farebbe comodo. Con tutta probabilità la scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulla XR non solo al di sopra dei 10000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5000 e i 7500, regimi importanti su una moto da viaggio, e la cosa è piuttosto evidente alla guida.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000XR, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1000cc, ma niente di più.

Trasmissione

Il cambio presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata rispetto alla serie precedente, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5900 a circa 5500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia serie):

  • primaria 1,652
  • finale 2,647
  1. 2,647
  2. 2,091
  3. 1,727
  4. 1,476 (1,500)
  5. 1,304 (1,360)
  6. 1,167 (1,261)

Le velocità risultanti al regime di potenza massima (11.000 giri) sono le seguenti:

  1. 114,8
  2. 145,3
  3. 175,9
  4. 205,9
  5. 233,0
  6. 260,4 (teorica)

Le velocità alle quali il motore entra in coppia (7.000 giri) sono le seguenti:

  1. 73,0
  2. 92,5
  3. 112,0
  4. 131,0
  5. 148,3
  6. 165,7

Si noti che il motore entra in coppia in 6a (ma anche in 5a) solo a velocità ben più alta del limite autostradale.

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000XR è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000XR, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre parecchio già di serie.

  • Riding modes Pro – Comprende le mappature Rain, Road, Dynamic e Dynamic Pro.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto (DTC Traction), è regolabile e consente anche di regolare separatamente il controllo anti-impennata (DTC Wheelie).
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. Da notare il fatto che le regolazioni della forcella agiscono solo sullo stelo sinistro.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che, tirando la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.

A richiesta rimangono:

  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.
  • Dynamic ESA Pro – Sistema di sospensioni semiattive che alle funzionalità di base aggiunge la regolazione automatica del precarico in funzione del peso a bordo (settaggio Auto), una posizione di minima altezza (Min), utile per i più bassi per la salita e la gestione della moto nelle manovre da fermo, e la possibilità di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Dynamic più rigida.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il Dynamic ESA Pro è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. DI seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennataal massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto, in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore.
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro:

  • risposta dell’acceleratore selezionabile tra dolce e normale
  • coppia selezionabile tra ridotta nelle marce inferiori e massima
  • freno motoreselezionabile tra effetto frenante medio e minimo del motore
  • DTC regolato per prestazioni massime, in caso di fondo in cattivo stato o di pneumatici non idonei è possibile che venga pregiudicata la stabilità
  • anti impennatache consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile

Sorprendente il fatto che il comando del gas non preveda una regolazione rapida neanche nella mappatura Dynamic Pro.

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Per una loro descrizione dettagliata, rinvio alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), perché sono esattamente gli stessi, con l’unica differenza che sulla S1000XR il sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza è di serie.

Strumentazione

La S1000XR monta di serie la strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW. Per una descrizione dettagliata, rinvio anche in questo caso alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), l’unica differenza è che qui le visualizzazioni Sport e Sport 2 sono di serie.

Più ci penso e più credo che BMW, nell’evidente tentativo di semplificare la grafica, abbia reso inutilmente complicato la visualizzazione delle informazioni secondarie più importanti. Nelle schermate che offrono tachimetro e contagiri, il cruscotto non consente di visualizzare contemporameamente diversi valori importanti, quali il consumo medio, l’autonomia, il livello del serbatoio, i contachilometri parziali e totale e altri ancora, ma solo uno di essi, e bisogna premere un sacco di volte il tasto di commutazione per passare da uno all’altro in sequenza ciclica. Non è necessario riesumare le vecchie strumentazioni a lancette, ma sarebbe piuttosto semplice inserire qualche dato in più in uno schermo così poco affollato di dati.

Illuminazione

La S1000XR dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Headligh Pro, un sistema di luci adattive che si accendono con l’inclinazione della moto e consente una migliore illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico è doppio. I fari, perfettamente simmetrici, sono bordati inferiormente dalla luce di posizione/diurna e contengono al loro interno i proiettori abbagliante, anabbagliante e luci adattive in curva. La regolazione in altezza avviene attraverso due rotelline (una per ogni faro) azionabili senza attrezzi, ma non è disponibile la pratica levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che è presente su altri modelli della Casa e consente di non toccare la regolazione base.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono eccellenti, mentre l’illuminazione adattiva a mio parere offre vantaggi solo marginali, come tutti i sistemi basati su faretti aggiuntivi laterali.

Posizione di guida

La posizione di guida è, da un punto di vista statico, ottima, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura relativamente rilassata, ma non troppo turistica. La sensazione è quella di una posizione leggermente più sportiva che sul modello precedente, grazie all’avanzamento della sella di 20 mm, per un maggior carico sull’avantreno, e al manubrio sensibilmente più stretto (30 mm) e forse un pelo più basso. Quello che proprio non va è la sella, che anche su questa XR è dura e presenta la disgraziata forma “a catino”, che impedisce qualsiasi movimento laterale e longitudinale del sedere agli amanti della guida sportiva.

Non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile una sella confort. Purtroppo, tutte le selle mantengono rigorosamente a forma di catino. È inoltre disponibile un assetto delle sospensioni ribassato di 30 mm. Le altezze della seduta possibili nelle varie configurazioni sono le seguenti:

  • sella bassa con assetto ribassato 790 mm
  • sella bassa 820 mm
  • sella standard 840 mm
  • sella alta 860 mm

Gli specchi, sono un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una porzione di sella abbastanza ampia e rigida, con pedane sufficientemente distanti, e ha a disposizione due comode maniglie. Ne risulta una postura abbastanza comoda, ma la durezza della sella di serie limita un po’ e capacità turistiche.

Capacità di carico

Per la S1000XR la Casa tedesca prevede, oltre che diverse borse morbide da serbatoio, un portapacchi optional e attacchi integrati per valigie laterali di serie. A richiesta sono disponibili il topcase da 30 l e le valigie rigide in tinta da 31 l ciascuna, per una capacità complessiva di 92 litri, non abbondanti per la categoria.

Da segnalare la presenza di un piccolo portaoggetti privo di serratura immediatamente davanti al tappo serbatoio, utile per il biglietto dell’autostrada e un paio di occhiali.

Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1300 giri, e diventa molto più alto a freddo. La rumorosità meccanica è notevole e qualche vibrazione di troppo produce risonanze. Il suono allo scarico invece è abbastanza piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime.

Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti molto bruscamente.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea eccessivi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta regolarissima fino a 7000 giri, allorché si percepisce un evidente aumento della coppia, che complice la rapportatura corta diventa semplicemente spaventosa e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva su strada; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo. Per contro, in rapporto allìaccelerazione, la ripresa al di sotto dei 7000 giri sembra un po’ fiacca, tanto da rendere necessario fare ricorso alle marce corte se si vuole guidare con efficacia nel misto o effettuare un sorpasso veloce.

La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sui principali modelli crossover della Casa Bavarese, in valore assoluto e in rapporto al peso.

R1250GSS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm                    514                  393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm2,051,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    600                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm                        2,36                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000XR offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali che a 90 km/h è solo marginalmente superiore rispetto alla F900XR e a 130 km/h si situa ancora pressappoco a metà tra la R1250GS e la F900XR, il che appare un po’ deludente, considerando il divario di potenza. Comunque, sia chiaro, stiamo parlando di una moto che riprende molto bene per essere una quattro cilindri da un litro. In realtà, più che incolparla di pigrizia, bisognerebbe fare i complimenti alle altre crossover BMW per le loro doti di ripresa eccellenti nelle rispettive categorie.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto. La differenza tra le mappature si ottiene principalmente regolando la coppia nelle marce inferiori, che è piena soltanto in Dynamic Pro.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida tramite il tasto a bilanciere che controlla anche il D-ESA, è preciso nell’intervento e poco invasivo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Va da sé che se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, e che i tagli della potenza più elevati tendono ad avvenire in modalità Rain oppure quando si dà gas su foglie e altre superfici scivolose.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 7 e i 12 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, relativamente morbido, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza.

Se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa violento nella guida sportiva, ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dalle idiosincrasie dell’assistente.

Freni

La frenata è pronta – anche se non ha il mordente quasi violento delle supersportive – potente, resistente e ben modulabile. Nonostante la taratura ammorbidita e la corsa lunga delle sospensioni, la forcella si comporta molto bene anche nelle frenate al limite, in particolare in Dynamic. Nelle forti decelerazioni compare qualche lieve serpeggiamento. Da questo punto di vista, le naked e le sport tourer, dotate sospensioni a minor escursione, e i modelli con Telelever e Duolever, che impediscono l’accorciamento dell’interasse in frenata, fanno sensibilmente meglio.

Nella schermata Sport è disponibile un indicatore della decelerazione istantanea e massima, un giochino interessante, che fa vedere bene la differenza di efficacia sui diversi tipi di superficie, e fa capire anche che, almeno alle velocità stradali, tutte le moto sviluppano decelerazioni molto simili tra loro, essendo esse limitate dall’angolo di ribaltamento assai più che dalla potenza dei freni.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000XR è preciso, piuttosto pronto e non troppo leggero. Le modifiche alle geometrie della moto lo hanno reso senz’altro migliore rispetto a quello della prima serie, tanto che non delude neanche nella guida sportiva.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole e quindi è assai meglio di quella, troppo rigida, della S1000XR che provammo nel 2016. Il mono invece, pur ammorbidito rispetto alla vecchia versione, rimane ancora un po’ troppo secco sulle asperità anche in Road, dove peraltro evidenzia un po’ di pompaggio nella guida sportiva, La situazione in cui la Dynamic è sicuramente migliore, ma a prezzo di saltellamenti evidenti sullo sconnesso.

In città

La S1000XR è piuttosto leggera per la categoria, ma la sella a 84 cm e con i bordi rialzati non consente un agevole controllo ai più corti di gamba. Il motore non crea problemi, perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi è relativamente limitata, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ troppo brusca.

Nei trasferimenti extraurbani

La buona stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida confortevole, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5500 giri — l’assenza di vibrazioni fastidiose e la discreta ma non perfetta protezione aerodinamica – l’aria che arriva al casco non è perfettamente pulita, ma genera lievi vibrazioni sia a parabrezza alto che basso – sarebbero premesse per un ottimo confort nei trasferimenti extraurbani, che però è limitato dalla durezza della sella e dal molleggio piuttosto rigido anche in Road.

Nel misto

La S1000XR si trova molto a suo agio nel misto, in particolare in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto (meglio in Dynamic), l’ottima luce a terra e la prontezza dello sterzo, e l’assetto non delude nemmeno se si alza il ritmo anche a livelli alti. Sarebbe una moto eccelsa, se solo il pilota potesse muovere il sedere.

Consumi

Questa S1000XR si è dimostrata un po’ meno assetata della precedente.

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 5,2 l/100 km (19,2 km/l)
  • a 110 km/h 5,9 l/100 km (16,9 km/l)
  • a 130 km/h 6,8 l/100 km (14,7 km/l)

La media complessiva della nostra prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 20 litri consente percorrenze tra i 250 e i 350 km.

Conclusioni

La mia opinione nei confronti della vecchia S1000XR non era positiva, perciò ero molto curioso di provare la versione attuale. Devo dire con piacere che, pur mantenendo un’impostazione analoga, la versione attuale è sicuramente migliore, in particolare nel confort, grazie alla rapportatura più lunga delle marce alte e al molleggio migliore, nella posizione di guida, più azzeccata e in grado di garantire un feeling superiore dell’avantreno, e nei consumi.

Rimane il problema della sella, tanto dura da vanificare in parte le migliorie al molleggio e la cui assurda forma a catino impedisce ogni spostamento del corpo nella guida sportiva. Fatico davvero a capire perché in BMW la ritengano tanto fondamentale, da tramandarla dalla vecchia alla nuova serie. Per me rimane una fesseria sesquipedale, che da sola ha il potere di rovinare una moto ormai giunta a un livello generale notevole.

Insomma, la mia opinione sulla moto è senz’altro migliorata, ma quella sulla cocciutaggine degli ingegneri tedeschi non del tutto.

Pagella

Pregi
  • Moto bella e ben fatta
  • Dotazione accessori adeguata
  • Motore molto potente e ben gestibile
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • Efficace anche nella guida molto sportiva
Difetti
  • Guida sportiva ostacolata dalla forma a catino della sella, che impedisce qualsiasi movimento del pilota
  • Confort limitato dalla sella e dal mono un po’ troppo rigidi
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Scegliere la marcia giusta

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Il cambio è un sistema indispensabile con i motori a scoppio, che hanno poca coppia (cioè “tiro”) a bassi giri e ne hanno molta solo ai regimi medio-alti. A causa di tale caratteristica, non esiste un rapporto che consenta al veicolo da un lato di partire agevolmente (cioè con sufficiente accelerazione e senza bruciare la frizione) e dall’altro di raggiungere la massima velocità consentita dalla potenza del motore, ma è necessario adottarne almeno due, un rapporto corto per partire e un rapporto lungo per la velocità. Poi in realtà ce ne sono parecchi di più, perché se le nostre moto avessero solo due marce, avremmo una prima rabbiosa e una seconda addormentatissima, come se passassimo direttamente dalla prima alla sesta, e la guida sarebbe decisamente meno piacevole.

Aumentando il numero delle marce, il salto tra una marcia e l’altra diminuisce. In ogni caso, salendo di rapporto, ogni marcia successiva consente una maggior velocità a prezzo di una minor accelerazione.

Gli errori tipici

Si dà spesso per scontato che qualsiasi motociclista sappia cambiare marcia, ma con l’esperienza dei corsi mi sono reso conto che in realtà molti, soprattutto principianti, ma anche gente più navigata, fanno alcuni errori tipici.

Evitare gli alti regimi

È sorprendente quanta gente non abbia mai provato a tirare al massimo le marce della propria moto. Parecchi motociclisti e più di frequente le donne – che di solito non hanno la tipica ossessione maschile di misurare le proprie capacità di guida – decidono che oltre un certo livello di rumore si rischia di rompere tutto e, guarda caso, di solito fissano la propria soglia mentale dalle parti del regime massimo cui guidano la propria automobile, cioè intorno ai 4-5.000 giri. In realtà i motori delle moto girano molto più in alto; tipicamente, un bicilindrico arriva a 7-10.000 giri e comincia a tirare sul serio intorno ai 4-5.000 giri, mentre un quattro cilindri arriva a 9-15.000 giri e offre il meglio di sé non prima dei 6-9.000 giri. Il contagiri di ogni moto ha una linea rossa, che indica il regime massimo ammesso del costruttore. Si può arrivare fino a quella linea senza rompere niente e comunque non è possibile andare oltre, perché un apposito limitatore lo impedisce.

A che serve arrivare alla linea rossa? A parte a divertirsi, saper tirare le marce è fondamentale quando si sorpassa nel senso opposto di marcia, perché limita la permanenza contromano e consente di completare la manovra in spazi nettamente più brevi. Quelli che non sanno tirare le marce, rimangono dietro al bilico a sessanta all’ora per venti chilometri, mentre quelli che lo sanno fare, lo passano non appena hanno 2-300 metri liberi e si godono il resto della Valnerina senza smadonnare.

Scalare una marcia prima di effettuare ogni curva

Percorrere le curve con un rapporto che consenta di accelerare almeno decentemente è una buona idea, perché così si può usare il gas per accelerare in curva, cosa molto utile soprattutto nei tornanti per riacquistare un equilibrio stabile quando per errore si riduce troppo la velocità. Ma questo non significa che si debba cambiare marcia all’inizio e alla fine di ogni curva; nella maggior parte dei casi è molto meglio restare sempre con il rapporto adatto alle curve e lasciare il cervello libero per fare cose più importanti, come ad esempio impostare la traiettoria migliore.

Pensare che la prima serva solo per partire

Parecchi motociclisti, spesso anche di lunga data, affermano con sicurezza che la prima serve esclusivamente per partire e inorridiscono al pensiero che si possa usare in altre circostanze. Ma se devo affrontare un tornante molto stretto in salita ripida, perché diavolo non dovrei? È vero che di solito nella guida in velocità la prima non serve, ma quando arriva il momento in cui serve, va usata eccome!

La regole per l’uso del cambio

Ciò detto, vediamo come usare le marce. Volendo sintetizzare al massimo, si può ridurre tutto a due sole regole.

  1. Si tende a usare la sesta, tranne quando:
    • si è o si sta per scendere a una velocità tanto bassa, per cui la sesta non è utilizzabile
    • la salita è tale che il motore in sesta non ce la fa
    • in discesa in sesta la moto accelera ed è necessario frenare continuamente per mantenere la velocità costante
    • si vuole più accelerazione di quella disponibile in sesta.
  2. Si cambia solo quando è necessario, cioè quando si verifica qualcuno dei casi sopra indicati e in generale quando la strada impone un cambio di passo.

 Vediamo qualche esempio di cose da fare e da non fare in alcuni casi tipici.

Esempio A: la SS5 Quater, variante della Tiburtina tra Carsoli a Tagliacozzo (AQ)

Si tratta di un tracciato misto pianeggiante fatto di curve ad ampio raggio con brevi rettilinei.

1.       Guida spedita e scorrevole

In questo caso viaggio in sesta e non cambio mai, perché non si verifica alcuno dei casi elencati nei punti a-b-c-d elencati sopra. In particolare, visto che le curve sono ad ampio raggio, scalare marcia prima di ogni curva e tornare al rapporto superiore ad ogni successivo rettilineo sarebbe una pratica del tutto priva di senso.

2.       Guida rilassata sui 60 km/h per godersi il panorama

In questo caso uso una quarta, perché la velocità è troppo bassa per la sesta (punto a), ma resta il fatto che non ho motivo di cambiare marcia.

3.       Guida veloce col coltello fra i denti.

In questo caso scelgo probabilmente una quarta – dipende dalle caratteristiche della moto – perché voglio avere una bella accelerazione in uscita da ogni curva (punto d), ma anche stavolta tendo a non cambiare mai.  Scalare marcia prima di una curva e cambiare di nuovo lungo il rettilineo successivo avrebbe senso soltanto se questo fosse lungo abbastanza da far superare i giri massimi del motore.

Esempio B: la SS125 Orientale Sarda nelle vicinanze di Campuomu (CA)

Come si vede dall’immagine, si tratta di un misto variabile, che da largo diventa stretto da un certo punto in poi.

1)      Guida spedita e scorrevole

Uso la marcia più comoda in base alla velocità permessa dal tracciato. Nel caso particolare illustrato potrebbe essere una quarta o quinta nel tratto A, per poi passare alla terza nel tratto B.

2)      Guida rilassata sui 60 km/h per godersi il panorama

Tengo lo stesso comportamento, ma nel tratto A non supero la quarta a causa della velocità troppo bassa (punto a).

3)      Guida veloce col coltello fra i denti

Stesso comportamento, ma con marce più basse per una maggiore accelerazione (punto d), tipicamente la terza nel tratto A e la seconda nel B.

Esempio C: la SP44b per Monte Livata (RM)

Questo è un tracciato di montagna con tratti quasi rettilinei relativamente lunghi seguiti da tornanti abbastanza stretti. La pendenza è moderata.

1)      Guida spedita e scorrevole

Uso una marcia lunga (quinta o anche sesta) nei tratti scorrevoli, ma scalo tipicamente in seconda ad ogni tornante, dove la velocità scende di parecchio (punto a), per poi tornare alla marcia lunga nel rettilineo successivo.

2)      Guida rilassata sui 60 km/h per godersi il panorama

Tengo lo stesso comportamento, ma arrivo fino alla quarta nei rettilinei a causa della velocità troppo bassa (punto a).

3)      Guida veloce col coltello fra i denti

Anche in questo caso scalo ad ogni tornante fino in seconda o anche in prima (per esempio su una 600 sportiva a quattro cilindri, molto fiacca ai bassi giri). La marcia superiore dipende dalla lunghezza dei rettilinei, dalla potenza del motore e dalla rapportatura, tipicamente sarà una terza o una quarta, con la sesta sicuramente fuori discussione per la scarsa accelerazione (punto d).

Esempio D: la SS38 tra il Passo dello Stelvio e Trafoi (BZ)

Si tratta di un tracciato di montagna non troppo diverso dal precedente, ma con tornanti più stretti e maggiore pendenza.

1)      Guida spedita e scorrevole

Percorro i tratti quasi rettilinei in terza o in quarta, per avere abbastanza potenza in salita (punto b) e abbastanza freno motore in discesa (punto c), e scalo in seconda e spesso in prima nei tornanti (punto a), particolarmente in quelli in salita a destra, per loro natura più ripidi e stretti.

2)      Guida rilassata sui 60 km/h per godersi il panorama

Stesso comportamento descritto sopra, ma probabilmente la pendenza renderebbe impossibile tenere la quarta, per cui mi limiterei a una terza.

3)      Guida veloce col coltello fra i denti

Stesso comportamento descritto per la guida spedita e scorrevole, il tutto ovviamente a velocità e regimi più alti.

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