Prova della Harley-Davidson Pan America Special 2021

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Revolution!

Introduzione

“Harley-Davidson farà una maxienduro”. Quando me lo dissero, pensai a una roba in stile Buell Ulysses, più stramba che efficace. E invece le prime foto mostravano una maxienduro vera, anche se dall’aspetto fuori dal coro. Letta la scheda tecnica, mi colpiscono la potenza del motore, piuttosto elevata, e il peso, allineato alla categoria e quindi straordinariamente basso rispetto alle altre moto di Milwaukee. Penso che finalmente in America hanno iniziato a capire qualcosa di moto, ma nella testa continuo comunque a immaginare un bestione goffo da guidare, con il cambio di legno e le sospensioni troppo morbide, adatto solo alle passeggiate a bassa velocità su strade american style, cioè lisce e dritte.

Leggo e guardo parecchie recensioni della Pan America, che descrivono senza eccezioni una moto moderna e brillante, ma dentro di me una vocina insistente continua a ripetere “certo, rispetto alle solite Harley dev’essere un razzo, ma voglio vedere come si comporta se è messa a confronto con le migliori del segmento”.

Decido quindi di andare a provarla, con l’idea di recensire l’ennesimo trattore agricolo americano di una lunga serie e di dover subire un’altra volta i commenti al vetriolo dei ragazzi del Webchapter. E scopro che mi sbagliavo di grosso: questa moto è una bomba e lo è in assoluto, non solo rispetto alle altre Harley. Mi cospargo il capo di cenere e ammetto la cantonata motociclistica più grande della mia vita.

Tutto questo è avvenuto nonostante le recensioni mi avessero preavvertito. E ora che l’ho provata e ne parlo con entusiasmo agli amici, mi accorgo che anche alcuni di loro mi ascoltano perplessi, cadendo nel mio stesso errore. Beh, esorto tutti gli scettici a vivere personalmente lo shock di andare in una concessionaria Harley-Davidson, l’azienda che ha vissuto nel Giorno della Marmotta per gli ultimi 70 anni, a provare quella che per me è forse la migliore enduro stradale oggi sul mercato. Che per giunta costa 16.300 Euro per la versione base e 18.700 per la Special, quasi una full optional.

Com’è

Aspetto

La Pan America è un oggetto del tutto nuovo per Harley-Davidson, perciò disegnarla non deve essere stato facile. Nel complesso, credo che l’obiettivo sia stato centrato, perché la moto ha una sua spiccata personalità – non pare proprio un clone GS, per intenderci – e riesce ad avere un certo family feeling con gli altri modelli della casa, pur essendone allo stesso tempo lontana anni luce sotto ogni punto di vista.

La parte più personale è senza dubbio quella anteriore, priva del becco che caratterizza buona parte della concorrenza e basato su un originale e grande gruppo ottico rettangolare, inserito in una carenatura squadrata dalla foggia molto personale, il cui profilo anteriore tagliato a fetta di salame verso il basso ricorda un po’ alla lontana lo shark-nose delle Road Glide.

A mio avviso, nera rende meglio, mentre la versione arancione e bianca è meno efficace. Comunque, va vista dal vivo per essere giudicata, le foto non rendono bene l’equilibrio generale del design e la qualità della costruzione, piuttosto elevata.

La moto è offerta in due versioni, base e Special. Quest’ultima è riconoscibile per il grande logo a cavallo di serbatoio e carenatura anteriore al posto delle lettere HD sul serbatoio e perché è dotata dei seguenti accessori di serie, volti ad aumentarne la versatilità nei viaggi e nell’uso in fuoristrada:

  • sospensioni anteriori e posteriori semi-attive con regolazione automatica del precarico
  • sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici (TPMS)
  • cavalletto centrale
  • pedale del freno posteriore multi-posizione
  • paramotore tubolare
  • piastra paramotore in alluminio
  • faro anteriore adattativo
  • paramani
  • manopole riscaldate
  • ammortizzatore di sterzo

A richiesta solo per la Special sono disponibili anche i seguenti accessori:

  • sistema automatico di abbassamento dell’altezza (ARH Adaptive Ride Height)
  • ruote a raggi tubeless
  • pneumatici tassellati

Motore

Il nuovo motore Revolution Max merita largamente il suo appellativo, perché è completamente diverso da qualsiasi altro motore H-D, incluso il Revolution delle V-Rod, che pure era decisamente più moderno dei tradizionali aste e bilancieri della Casa.

Si tratta di un modernissimo bicilindrico a V raffreddato a liquido con pistoni in alluminio forgiato, distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, di cui quelle di scarico al sodio per un miglior raffreddamento del motore, e fasatura variabile in aspirazione e scarico controllata elettronicamente.

La V presenta un non comune angolo di 60° – diverso dai 45° dei V-Twin, ma già visto in Harley con la V-Rod – ma l’albero motore presenta due gomiti distanziati di 30°, in modo tale che i pistoni abbiano una fasatura uguale a quella che si avrebbe su un 2V a 90°. Lo smorzamento delle vibrazioni è affidato a due contralberi di equilibratura, di cui uno nel basamento e l’altro nella testata anteriore.

La potenza massima di 152 CV a 8.750 giri e la coppia massima di 128 Nm a 6.750 giri lasciano presagire un carattere decisamente diverso da quello dei soliti motori di Milwaukee. Tanto per fare un confronto, il motore CVO con i suoi strabordanti 1.923 cc, definito sul sito web della Casa come “Il motore V-Twin più potente che H-D abbia mai offerto di serie”, eroga 105 CV a 5.450 giri, con una coppia di 169 Nm a 3500 giri.

Trasmissione

La prima cosa da dire sulla trasmissione è che la Pan America ha abbandonato la tradizionale cinghia che equipaggia da tempo tutte le moto di Milwaukee a favore di una tradizionale catena. La scelta ha ovviamente senso, perché la cinghia non regge l’uso in fuoristrada, dove sporco, sassi e urti ne accorciano drasticamente la vita utile.

Il cambio della Pan America è un moderno sei marce sempre in presa manovrato da una leva di tipo normale, cioè azionabile senza sollevare il piede dalla pedana.

I rapporti sono relativamente corti, spaziati uniformemente e relativamente poco ravvicinati – la prima è pari a circa il 34% della 6a. Di seguito le velocità raggiungibili ai regimi più significativi.

RapportoVelocità a 1.000 giri/minVelocita a 6.750 giri/min (coppia massima)Velocità a 8.750 giri/min (potenza massima)
19,1 km/h61,7 km/h80,0 km/h
212,4 km/h83,5 km/h108,3 km/h
316,0 km/h107,7 km/h139,7 km/h
419,8 km/h133,6 km/h173,1 km/h
523,6 km/h159,2 km/h206,4 km/h
627,0 km/h182,4 km/h236,4 km/h (teorica)

La velocità massima raggiungibile in 6a è solo teorica non perché la potenza del motore non la consenta (tutt’altro!), ma perché è elettronicamente limitata a 220 km/h (circa 225 km/h indicati), cui corrispondono circa 8.100 giri.

La frizione, azionata a cavo, è antisaltellamento, mentre il quick-shifter non è disponibile neanche a richiesta, nemmeno sulla versione Special. Per me è una mancanza trascurabile, visto che non lo amo particolarmente, ma per alcuni potrebbe essere un difetto importante.

Ciclistica

La ciclistica è costruita intorno al nuovo motore, che funge da elemento stressato e sul quale sono montati tre telaietti in alluminio a sostenere l’avantreno, il serbatoio – pure in alluminio, molto ben fatto – e la sella con i bagagli.

Le principali quote ciclistiche per sono le seguenti:

  • escursione anteriore 190 mm
  • escursione posteriore 190 mm
  • interasse 1.580 mm
  • avancorsa 108 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 25°

Colpisce l’angolo della forcella, piuttosto sportiveggiante e decisamente atipico per una Harley – la V-Rod lo aveva di 34° (con gli steli della forcella a 38°, che Dio li perdoni…) e perfino la sportiveggiante XR1200X si fermava a 29,3°.

L’interasse lungo ha ovviamente suscitato il solito coro di preoccupazioni stile “Mioddìo! Non fa le curve!”. Faccio sommessamente notare che esso supera di un misero 8,3 per mille quello della Ducati Multistrada V4 (1.580 contro 1.567 mm), moto che notoriamente non fa le curve… Il giorno che la gente valuterà i mezzi per come si comportano anziché per le fesserie sentite al bar, quello sarà un bel giorno per il motociclismo e per il mondo in genere.

Le ruote sono in lega a 5 raggi doppi con pneumatici tubeless, nelle misure 120/70 R 19 all’anteriore e 170/60 R 17 al posteriore, su cui sono montati pneumatici Michelin Scorcher Adventure, una gomma prevalentemente stradale espressamente sviluppata per questo modello.

A richiesta sono disponibili cerchi in acciaio a raggi tangenziali con pneumatici tubeless, su cui in alternativa possono essere forniti pneumatici tassellati Michelin Anakee Wild.

All’anteriore è presente una forcella rovesciata Showa con steli da 47 mm completamente regolabile, mentre dietro abbiamo un forcellone bibraccio in alluminio con leveraggio progressivo e monoammortizzatore pure Showa completamente regolabile.

La Special è equipaggiata di serie con un ammortizzatore di sterzo, in bella vista subito sotto il manubrio e non regolabile, e con sospensioni semiattive con cinque diverse regolazioni preimpostate:

  • Comfort
  • Balanced
  • Sport
  • Off-Road Soft
  • Off- Road Firm

Ogni regolazione è abbinata a una delle cinque modalità di guida preimpostate e ciascuna di esse può essere adottata nelle modalità personalizzabili.

Le sospensioni semiattive comprendono anche la regolazione automatica del precarico: più peso c’è a bordo, più le sospensioni si comprimono per il peso stesso, più il sistema aumenta il precarico delle molle, in modo da ottenere sempre lo stesso assetto ideale previsto dai progettisti. Il sistema aggiunge precarico in modo tale che la sella si alzi, rispetto alla posizione zero, da un minimo di 1 pollice (2,5 cm) con il solo pilota a un massimo di 2 pollici (5,1 cm) quando con passeggero e bagagli viene raggiunto il peso massimo ammesso.

A richiesta la Special può essere inoltre dotata dell’esclusivo e interessantissimo sistema ARH (Adaptive Ride Height), che riduce automaticamente al minimo il precarico di entrambe le sospensioni quando la moto si ferma. Da quanto detto sopra consegue che esso abbassa l’altezza della sella da un minimo di 2,5 cm (con solo pilota) a un massimo di 5,1 cm (a pieno carico).

Freni

I freni, marchiati Brembo, sono costituiti da due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini azionate da una pompa radiale (su una Harley!) pure Brembo, e da un disco posteriore da 280 mm con pinza flottante a un pistoncino.

Il pedale è di tipo moderno, cioè azionabile senza sollevare il piede dalla pedalina. Sulla Special la sua altezza può essere adattata per la guida in fuori strada senza bisogno di attrezzi, semplicemente sbloccando e ruotando di 180 gradi il pedale, che è eccentrico.

Aiuti elettronici alla guida

La Pan America è equipaggiata di serie su entrambe le versioni con un pacchetto di aiuti elettronici a livello della migliore concorrenza, basato su una piattaforma inerziale a sei assi. Di serie sono presenti:

  • freni antibloccaggio C-ABS con funzione cornering
  • sistema C-ELB (Cornering Enhanced Electronically Linked Braking), che in caso di frenate brusche in curva con il solo freno anteriore attiva elettricamente anche il freno posteriore nella misura necessaria a massimizzare la precisione della traiettoria
  • sistema di controllo della trazione C-TCS con funzione cornering, cioè che tiene conto dell’inclinazione della moto, per un intervento più preciso in tutte le condizioni
  • sistema di controllo del freno motore C-DSCS (Cornering Enhanced Drag-Torque Slip Control System) per evitare lo slittamento della ruota motrice in scalata
  • sistema anti-arretramento in salita HHC (Hill Hold Control), che con una pressione della leva al manubrio a moto ferma mantiene il freno attivato fino alla partenza
  • sistema di rilevamento della pressione degli pneumatici TPMS (Tire Pressure Monitoring System)
  • cinque modalità di guida preimpostate, cui sono abbinate le diverse regolazioni delle sospensioni viste sopra e che influiscono su erogazione della potenza, freno motore, C-ABS e C-TCS:
    • Sport
    • Road
    • Rain
    • Off Road
    • Off Road Plus
  • sulla sola versione Special, tre modalità di guida personalizzabili, di cui due stradali e una dedicata all’off
  • sulla sola versione base, una modalità di guida stradale personalizzabile.

Il controllo della trazione può essere disinserito, mentre l’ABS è sempre presente, ma prevede una modalità in cui è attivo solo sulla ruota anteriore, per la guida in fuoristrada.

Comandi

Come già detto sopra, i pedali sono di tipo moderno, mentre le leve sono regolabili.

I comandi sono ben fatti e sostanzialmente aderenti allo standard universalmente riconosciuto, quindi diversi da quelli tipici di Milwaukee. In particolare, le frecce sono azionate da un pulsante di tipo tradizionale – un po’ piccolo per i miei gusti – e si spengono da sole, mentre il lampeggio e la commutazione anabbaglianti/abbaglianti avvengono mediante la comoda levetta azionata dall’indice.

I tasti sono abbastanza numerosi su entrambi i blocchetti, ma sono raggruppati con una logica chiara e quindi richiedono poco apprendistato. Lodevole il fatto che tutto ciò che serve veramente durante la guida sia raggiungibile al volo, senza dover entrare in menu e sottomenu come avviene su moto di altre case. Manca comunque la retroilluminazione, del resto assente su buona parte della concorrenza, BMW GS compresa.

A sinistra sono presenti, oltre ai comandi classici per frecce e luci, i comandi per il cruise control, il tasto per le manopole riscaldate, un tasto per commutare tra i contachilometri totale e due parziali, la classica tastiera circolare per la navigazione nei vari menu, affiancata da due tasti per selezionare le diverse schermate e la schermata home.

A destra sono presenti, oltre al kill switch e al tasto di accensione, il tasto per selezionare le diverse la modalità di guida preimpostate, la pulsantiera per la selezione e il controllo dei brani musicali, il tasto per il lampeggio di emergenza e un tasto a bilanciere che serve da un lato a disattivare il controllo di trazione e dall’altro a impartire comandi allo smartphone mediante il riconoscimento vocale, ovviamente attraverso il sistema vivavoce installato nel casco.

Di serie su entrambe le versioni sono presenti l’utilissimo cruise control e il sistema keyless. Questo però non agisce sul bloccasterzo, che deve essere inserito manualmente con una chiave normale mediante un blocchetto dal sapore un po’ antiquato, montato sulla piastra di sterzo in prossimità dello stelo destro. È evidente che gli americani tendono a lasciare la moto aperta.

La sola versione Special è equipaggiata con manopole riscaldabili.

Strumentazione e infotainment

Le Pan America sono dotate di un avanzato schermo TFT da 6,8”, che a moto ferma è attivo in funzione touch e può essere azionato anche con i guanti. Particolare molto interessante, lo schermo può essere inclinato verticalmente.

Attraverso un tasto sul blocchetto sinistro si scorre tra le varie “pagine”, cioè le diverse schermate: impostazioni generali, home, navigazione, musica, stato della moto.

Quando si effettuano scelte e regolazioni durante la navigazione nelle varie schermate, un pittogramma raffigurante la tastiera circolare mostra i tasti che devono essere premuti per ottenere i vari risultati, rendendo molto facile e intuitiva la navigazione.

La schermata impostazioni generali consente di regolare i parametri principali del sistema (tra cui la lingua), di personalizzare le modalità di guida selezionando separatamente ogni singolo parametro (risposta del gas, settaggio delle sospensioni, comportamento dell’ABS ecc.), di modificare l’aspetto della schermata home e di impostare le funzionalità bluetooth.

La visualizzazione home è quella per la guida. Prevede due diverse modalità, semplice e widget, selezionabili nelle impostazioni generali.  La vista semplice è molto chiara ed elegante, direi molto Volvo nella sua essenzialità, e comprende un grande contagiri analogico circolare centrale – con linea rossa a 9.000 giri, sconvolgente rispetto ai tradizionali V-Twin, anche se si era già vista sulla V-Rod – che racchiude la velocità in cifre belle grandi, la modalità di guida selezionata, la marcia inserita, il livello della benzina, l’orologio e le spie.

La vista widget mantiene il layout generale, ma aggiungendo intorno al contagiri tutta una serie di altre informazioni, quali il brano musicale in esecuzione, la temperatura liquido di raffreddamento, la temperatura ambiente, il voltaggio dell’impianto elettrico, due contachilometri parziali e l’autonomia residua, il tutto con possibilità di personalizzazione. I widget però sono mostrati con caratteri un po’ troppo piccoli e quindi difficili da leggere se uno non ha la vista perfetta. Inoltre, tra loro non ho trovato alcun indicatore del consumo istantaneo o medio, di solito disponibile sui modelli delle altre case.

La schermata navigazione richiede come di consueto il collegamento a uno smartphone, su cui deve essere installata la app dedicata, disponibile senza costi. La cosa notevole è che in questo caso sul cruscotto è visualizzata direttamente la mappa cartografica, e questo è il motivo per cui non è previsto alcun navigatore GPS tra gli optional.

Nel caso che sia impostata una rotta, questa è comunque mostrata anche nella schermata home, sia semplice che widget, mediante indicazioni grafiche della svolta successiva e orario stimato di arrivo.

La schermata musica consente di accedere a qualsiasi app di gestione dei brani musicali dello smartphone mediante la tastiera posta sul blocchetto destro.

La schermata di stato della moto mostra la pressione delle gomme, la temperatura del motore e il voltaggio dell’impianto elettrico, e consente l’accesso ad una funzione di diagnostica a uso delle officine.

Illuminazione

Entrambi i modelli dispongono di serie di un impianto d’illuminazione full led. Originale il gruppo ottico anteriore, composto da una barra rettangolare che incorpora la luce di posizione che fa da cornice superiore e laterale e i due proiettori principali, e ben fatto quello posteriore.

La versione Special offre di serie anche il sistema di illuminazione adattiva Daymaker Signature, dove l’illuminazione laterale in curva è ottenuta, sia con l’abbagliante che con l’anabbagliante, mediante tre faretti aggiuntivi per lato, inseriti in un secondo gruppo ottico rettangolare più piccolo ubicato al centro della carenatura sotto al parabrezza, che non si accendono e spengono semplicemente, come avviene su altre moto, ma variano di continuo la luminosità, cosa che dovrebbe rendere più progressivo l’ampliamento del fascio luminoso.

La mia prova si è svolta di giorno, quindi non posso testimoniare direttamente della reale efficacia del sistema. Qui però trovate un video che ne mostra il funzionamento. Premesso che questo tipo di sistema non potrà mai generare un fascio luminoso uniforme in curva – perché, a moto inclinata, il faro principale fisso crea una fascia diagonale fortemente illuminata sul lato interno della curva – il sistema Harley sembra in effetti fornire un certo ampliamento del campo visivo.

Posizione di guida

La Pan America ha una posizione di guida un po’ più sportiva che sulla BMW GS e forse anche rispetto alla Ducati Multistrada V4, con sella piuttosto alta, manubrio relativamente basso e avanzato – ma avvicinabile ruotandolo sui supporti – e pedane leggermente arretrate. Immagino che shock debba essere per chi scende – anzi, sale – da una Road King…

La sella standard è ampia, ben imbottita e davvero confortevole ed è regolabile su due posizioni. Come optional sono disponibili una sella alta e una bassa. Inoltre, sulla Special è disponibile il già citato sistema ARH, che abbassa l’altezza da un minimo di 2,5 cm (solo pilota) a un massimo di 5,1 cm (a pieno carico).

I dati di altezza dichiarati presentano varie incoerenze in base alle diverse fonti, perché a volte sono a moto scarica, altre con il pilota a bordo. Inoltre, non è comunicato chiaramente qual è il reale vantaggio del sistema ARH. Combinando correttamente tutti i diversi fattori, risultano le seguenti altezze a moto scarica:

SellaAltezza standard con sella in posizione alta – bassaAltezza minima con sella in posizione bassa e sospensione ARH abbassata
sella bassa (optional)84,3 – 81,8 cm79,2 cm
sella standard86,9 – 84,3 cm81,8 cm
sella alta (optional)89,4 – 86,9 cm84,3 cm

Come si vede, la moto di base è un po’ alta, ma il sistema ARH disponibile sulla Special consente un’altezza minima paragonabile a quella possibile sulla BMW R1250GS dotata del kit di sospensioni ribassate, ma mantenendo il baricentro alto e la notevole luce a terra delle sospensioni standard, un plus decisamente interessante. Ciò nonostante, si tratta pur sempre di una maxienduro e come tutte le moto del genere richiede una certa perizia se si è principianti o particolarmente corti di gamba.

Gli specchi hanno un aspetto un po’ troppo semplice, ma sono ben distanziati e consentono una visuale chiara.

Passeggero

Il passeggero siede più in alto del pilota, su una sella separata ampia, ben imbottita e con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due grandi e comode maniglie.

Capacità di carico

La Pan America può essere equipaggiata dalla Casa con valigie di plastica, con i classici bauli di alluminio e con borse morbide, per soddisfare qualsiasi tipo di clientela.

Le valigie di plastica hanno un disegno pulito e originale e sono denominate Sport. Le loro serrature sono collegate al sistema keyless. Le laterali si montano agli attacchi previsti di serie, mentre per il topcase è necessario un supporto specifico. Hanno una capacità complessiva di 101 l, di cui 36 nel topcase, 35 nella valigia sinistra e 30 in quella destra.

I bauli di alluminio sono realizzati da SW-Motech. Disponibili sia in colore naturale che neri, richiedono l’installazione di telaietti specifici e si agganciano a questo e si chiudono con una chiave unica dedicata. La loro capacità complessiva è pari a 120 litri, di cui 38 nel topcase, 45 nella valigia sinistra e 37 nella destra.

Le borse morbide, denominate “Adventure”, richiedono per l’installazione gli stessi telaietti previsti per le valigie di alluminio. La loro capacità complessiva è pari a 90 litri, di cui 40 nella borsa posteriore e 25 in ciascuna borsa laterale.

Come va

Motore

L’avviamento è privo di esitazioni e il motore gira subito perfettamente regolare e con una bella silenziosità meccanica. Lo scarico ha una voce piuttosto educata, come di solito accade sulle Harley prima che l’inciviltà di parecchi dei loro proprietari abbia il sopravvento. Il nuovo sound è piacevole, ma poco personale e potrà deludere gli harleysti DOC, perché il particolare imbiellaggio lo rende analogo a quello di una KTM o di una Ducati V2 e ben diverso dal tradizionale “potato-potato” Harley. Le vibrazioni ci sono, ma i due contralberi le mantengono piuttosto contenute anche ai regimi più elevati.

Spalancando il gas sorprende il tiro, forte fin dai bassi regimi e che continua imperterrito fino al limitatore, posto a ben 9500 giri, senza che si avverta alcuna variazione evidente della spinta. Miracoli della fasatura variabile. Nella guida il gas elettronico è fluido, perfetto e non mostra alcun evidente on-off.

Sto ancora digerendo la sorpresa di trovarmi davanti a un motore così piacevole, quando mi ricordo che sono ancora in modalità Road. Passo quindi alla Sport mediante la semplice pressione di un tasto e… apriti cielo! Il gas diventa reattivo come su una sportiva, le accelerazioni sono istantanee e notevoli e disinserendo il controllo di trazione – anche questo premendo solo un tasto – la moto impenna facilmente di gas in seconda e con un po’ di aiuto anche in terza, fatto notevole con un interasse del genere. Il controllo di trazione peraltro funziona benissimo, in modo progressivo e impercettibile, cosa tutt’altro che scontata su un bicilindrico.

La mappa Rain è decisamente più tranquilla ed è adatta anche sull’asciutto per il neofita.

Il test si è svolto solo su strada, quindi non ho avuto modo di provare le due mappature dedicate all’off.

Il V-twin Revolution gira molto bene anche in basso. Regolarissimo, consente di spalancare il gas in 6° a partire da 2500 giri –  equivalenti a circa 65 km/h – al di sotto dei quali sbatacchia un po’, ma francamente non si può chiedere di più a un bicilindrico, siamo a livello dei migliori, boxer incluso.

Parlando di calore, la prova è stata eseguita con temperature sopra i 30 gradi indossando scarpe da moto urbane e pantaloni di cotone; ciò nonostante, il calore percepito sulle gambe è risultato assai scarso su strada extraurbana, anche a passeggio. Ho provato la moto solo brevemente nel traffico cittadino, dove mi dicono che alla lunga il collettore di scarico scalda molto la zona del piede destro.

Trasmissione

Il cambio è abbastanza morbido – rispetto alle altre Harley è un burro, ma si difende benone anche dalla concorrenza moderna – la corsa della leva è breve, la prima entra silenziosamente, mentre la frizione a cavo è sufficientemente morbida e assai ben modulabile in partenza.

Come già detto sopra, il quickshifter è assente. Sembra assurdo rilevare una simile mancanza su una Harley, ma le notevolissime prestazioni di cui questa moto è capace aprono scenari impensabili fino a ieri. Comunque, la piacevolezza del cambio e la notevolissima elasticità del motore rendono questa mancanza decisamente accettabile. Inoltre, la leva è priva di qualsiasi sensazione di gommosità, come invece avviene sempre in presenza di questo accessorio.

Assetto

La guida della Pan American è forse ancora più sorprendente del motore, già rivoluzionario di suo.

La ciclistica sana, la posizione di guida relativamente sportiveggiante e il pacchetto di aiuti elettronici determinano un equilibrio generale davvero notevole, che si traduce in una guida facile e molto efficace in tutte le situazioni.

Le sospensioni, tutt’altro che molli già con la mappatura Road, in Sport diventano decisamente adatte alla guida veloce, allorché assicurano un eccellente controllo delle masse sospese, che non viene meno neanche se si adotta una guida molto sportiva. Ho cercato di mettere in crisi l’assetto in tutti i modi possibili, ma la moto è rimasta imperturbabile in modo davvero impressionante, coniugando facilità di guida e prestazioni ad alto livello.

Lo sterzo è abbastanza leggero, ma tutt’altro che labile – un po’ di carico sui polsi c’è – e la maneggevolezza è adeguata. Da un mezzo del genere nessuno si aspetta il comportamento di una Duke, ma la moto si destreggia piuttosto bene anche nel misto stretto, grazie anche alla precisione ed efficacia dei comandi e alla totale mancanza di inerzie garantita dal molleggio, specialmente in Sport.

Freni

La frenata è pronta, molto potente, resistente e ben modulabile con entrambi i comandi, e la stabilità rimane eccelsa anche nelle frenate più decise, perfino in curva, grazie al comportamento impeccabile della granitica forcella, all’interasse notevole e al perfetto raccordo dei vari sistemi di assistenza elettronica alla guida. Tanto per fare un paragone con la concorrenza, come potenza siamo ai massimi livelli della categoria, mentre come stabilità la Pan America Special è almeno a livello della R1250GS e sicuramente superiore alla Multistrada V4S. L’ABS funziona benone e non disturba mai nemmeno nella guida sportiva.

Se tutto questo ancora non bastasse, aggiungiamo che i sistemi C-ABS (cornering) e C-ELB (frenata integrale controllata elettronicamente in curva) rendono irreprensibili anche le frenate più decise effettuate anche a moto molto inclinata.

Manovre da fermo e a bassa velocità

Il peso della Pan in ordine di marcia (245 kg la versione base, 258 kg la Special) è paragonabile a quello della BMW R1250GS (249 kg senza accessori), ma il baricentro senza dubbio più alto dovuto anche alla configurazione del motore la rendono un pelo più impacciata nelle manovre da fermo, qualora la moto non sia equipaggiata con il sistema automatico di abbassamento delle sospensioni ARH descritto più sopra. A tale proposito, una delle prime cose che ho fatto appena  partito è stato fermarmi e vedere quanto ci mettevano le sospensioni ad abbassarsi. Ma, a parte la spia del sistema lampeggiante sul cruscotto, non succedeva un bel niente… Solo dopo un po’ ho scoperto che la moto inizia ad abbassarsi prima dell’arresto, in modo da essere già completamente giù nel momento in cui si ferma: pazzesco! L’azione avviene in modo intelligente, cioè se si frena bruscamente, la sospensione inizia ad abbassarsi a velocità più elevata (comunque mai oltre i 25 km/h), mentre se la decelerazione è blanda, la velocità alla quale il sistema si attiva è più bassa. Il video seguente mostra il sistema in funzione: https://youtu.be/oGxo5xTDOBQ

Il sistema permette inoltre di impostare due diversi ritardi, in cui l’abbassamento non inizia prima di 0,5 o 2 secondi dal momento dell’arresto, in modo da evitare continui su e giù negli stop-and-go rapidi, o di bloccare la moto in posizione alta, per chi è lungo di gamba o comunque vuole sempre la massima luce a terra – in fuoristrada può essere utile.

Nei trasferimenti extraurbani

L’eccellente stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida perfetta, la sella molto comoda, il molleggio impeccabile, la buona protezione aerodinamica e il regime consentito dalla rapportatura —a 130 km/h in 6° è pari a circa 4800 giri — consentono un eccellente confort nei trasferimenti extraurbani.

La tranquillità alla guida è ulteriormente aumentata dalla straordinaria ripresa disponibile senza cambiare marcia e dalla presenza Tempomat, che assicura la pace della mente nei tratti sottoposti al Tutor.

Il cupolino è regolabile facilmente anche durante la guida su quattro diverse posizioni e offre una buona protezione, a livello della migliore concorrenza, l’unico difetto è che nella posizione alta tende a oscillare un po’. Sono disponibili come accessori cupolini di diverse dimensioni, mentre la versione Special offre di serie i paramani, che aumentano ulteriormente la protettività.

Nel misto

L’eccellente equilibrio generale rende la Pan molto efficace e divertente anche nel misto. Concorrono a questo risultato il baricentro relativamente alto – non molti lo sanno, ma questa caratteristica rende la guida più divertente tra le curve – il motore, davvero straordinario, i freni potenti, la ciclistica a perfetta, a luce a terra adeguata e la prontezza dello sterzo. Inoltre, il comportamento rimane privo di sbavature anche alzando di molto il ritmo, cosa davvero sorprendente su una moto fatta a Milwaukee. Immagino che la collaborazione con Michelin e Showa debba essere stata molto profonda.

Consumi

Il consumo medio riscontrato su un percorso prevalentemente extraurbano e con andatura banditesca è di circa 16 km/l e non ho dubbi che nell’uso normale extraurbano si riesca a stare sui 20 km/l. Il serbatoio da 21 litri abbondanti consente percorrenze adeguate al tipo di moto.

Pagella

Pregi

  • Motore superbo
  • Frenata e assetto impeccabili in ogni situazione
  • Guida bella ed efficace anche ad andatura sportiva
  • Confort notevole
  • Qualità costruttiva generale
  • Eccellente rapporto qualità-accessori-prezzo
  • Sistema di infotainment molto ben fatto
  • Non ha niente a che vedere con le altre Harley

Difetti

  • Sistema keyless che non gestisce il bloccasterzo
  • Manca il quickshifter
  • Widget della strumentazione TFT con caratteri piccoli e poco leggibili

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