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Prova della BMW R1300GS 2024

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Sempre una GS, ma più sportiva

I costruttori tedeschi sanno fare egregiamente parecchie cose. Una di queste consiste nell’evolvere un modello per decenni, conservando intatte le caratteristiche archetipiche del modello capostipite. Una Golf del 2024 è indubbiamente parente della prima Golf del 1971, pur essendo molto diversa da essa sotto molti aspetti. Per contro, FIAT nello stesso periodo lanciò la 127, poi la Uno, poi la Punto e oggi in Europa non ha un modello che ne abbia preso il posto (ce l’ha in Sudamerica e si chiama Argo. Non lo sapevate, eh?). E lo stesso vale per qualsiasi altro modello di questa casa, come di tante altre.

La serie R-GS è l’esatto equivalente motociclistico della Golf. La sua storia iniziò nel 1980 con la R80 G/S (Gelände/Strasse, cioè terreno/strada) e la R1300GS del 2023 non è che l’ultima incarnazione di tale concetto.

Tuttavia, nel corso di questa evoluzione, non tutti i nuovi modelli hanno avuto la stessa importanza; alcuni sono stati semplici restyling o evoluzioni tutto sommato marginali. I modelli che hanno davvero comportato innovazioni sostanziali sono stati i seguenti.

  • Le R80GS e R100GS del 1987. Molto simili alla capostipite, furono le prime a essere dotate di sospensione posteriore Paralever, che eliminava il tipico “canguramento” delle moto con trasmissione ad albero, cioè la tendenza della sospensione a distendersi in accelerazione e a comprimersi in frenata.
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  • La R1100GS del 1994, la più rivoluzionaria di tutte. Fu la prima a essere equipaggiata con l’innovativo boxer a 4 valvole raffreddato a aria/olio e sospensione anteriore Telelever, ma soprattutto era molto più grande e potente dei modelli precedenti: il primo SUV della storia del motociclismo.
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  • La R1200GS del 2004. Sempre grande, ma decisamente più leggera, potente ed efficace rispetto alla precedente R1150GS, fu anche la prima ad essere equipaggiata con il sistema CAN-BUS, con notevole semplificazione della circuiteria elettrica.
Bmw R 1200 GS (2004 - 07), prezzo e scheda tecnica - Moto.it
  • La R1200GS del 2013. Pur mantenendo lo stesso nome, era una moto completamente diversa dalla precedente R1200GS bialbero e fu la prima ad essere equipaggiata con motore raffreddato a liquido con cilindri ad immissione verticale, nettamente più potente, e frizione multidisco in bagno d’olio.

La nuova R1300GS merita in pieno di far parte di questo elenco, perché è senza dubbio fortemente innovativa rispetto alla precedente R1250GS. Le principali novità tecniche stanno nel gruppo motore-trasmissione completamente riprogettato e nell’introduzione degli ADAS basati su radar, ma quello che più colpisce di questa moto è la svolta impressa alla filosofia generale del modello, più slanciato, compatto e sportiveggiante rispetto a tutte le serie precedenti.

Per essere chiari, la R1300GS non è una moto piccola, rimane sempre una degna erede della R1100GS. Però è innegabile che essa non segua in pieno la linea seguita dalla casa bavarese fino alla R1250GS.

Com’è

Aspetto

Della R1300GS colpiscono immediatamente la maggior snellezza visiva dell’insieme, cui contribuisce parecchio la parte posteriore più leggera e affusolata con telaio reggisella più corto e portatarga a sbalzo e privo di gruppo ottico centrale – tutte le luci si trovano concentrate insieme agli indicatori di direzione – il serbatoio più rastremato (e dalla capienza scesa da 20 a 19 litri), il nuovo faro anteriore a forma di X, che rompe una tradizione di sguardi asimmetrici iniziata nel 1999 con la R1150GS, e la continuità tra sella e serbatoio, rafforzata da una copertura imbottita che arriva fino al tappo del serbatoio. Altri elementi di rottura con il passato sono il parabrezza, più piccolo, che nella versione base non regolabile elettricamente è ancora più piccolo, e il nuovo telaio, che si distacca radicalmente per concezione ed estetica dai modelli precedenti. Il risultato è a mio avviso più elegante, meno teutonico e più dinamico rispetto alla serie 1250.

Per inciso, la F900GS, lanciata di recente mostra un’evoluzione filosofica simile, nel senso che il nuovo modello è decisamente più leggero nelle linee e orientato al fuoristrada rispetto alla precedente F850GS. Al contrario, la F900GS Adventure ha mantenuto il classico aspetto pachidermico del genere. Sembrerebbe chiara la volontà di BMW di differenziare maggiormente le versioni standard dalle Adventure. Tutto lascia credere che la nuova R1300GS Adventure confermerà tale tendenza.

Versioni e dotazioni

La R1300GS in versione base (20.850 Euro) è bianca con scritte blu e cerchi in lega e comprende di serie una dotazione piuttosto completa di accessori:

  • display TFT con BMW Motorrad Connectivity
  • faro a matrice di LED
  • anabbagliante diurno
  • controllo dinamico della trazione (DTC)
  • ABS Pro completamente integrale
  • 4 modalità di marcia (Eco, Rain, Road, Enduro)
  • Hill Start Control (HSC)
  • Dynamic Brake Control (DBC)
  • cruise control (normale, non adattivo)
  • regolazione della coppia motore frenante in scalata (MSR)
  • controllo pressione pneumatici (RDC)
  • Keyless Ride
  • manopole riscaldabili
  • vano di ricarica per smartphone con presa di carica USB
  • paramani con indicatori di direzione integrati
  • E-Call (Sistema di chiamata d’emergenza intelligente)
  • Teleservice

Esistono inoltre le seguenti tre versioni speciali, che in aggiunta includono di serie quanto segue:

  • Trophy (21.700 Euro), dedicata al fuoristrada, blu bianca e rossa, comprendente:
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • cerchi a raggi
  • Triple Black (21.700 Euro) nera, comprendente:
    • cerchi in lega
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • cavalletto centrale
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
  • Option 719 Tramuntana (23.650 Euro. Dio solo sa dove hanno pescato questa parola; da quello che so, il vento del nord si chiama così solo in Corso), verde metallizzato con scritte e decorazioni oro, comprendente:
    • cerchi a raggi con canale color oro
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
    • cavalletto centrale
    • pacchetto estetico Option 719 Shadow comprendente leve e coperchi vari in metallo fresato scuro.

Come sempre in BMW, è possibile avere dalla fabbrica alcuni pacchetti standard e una serie di accessori acquistabili singolarmente.

I pacchetti sono i seguenti.

  • Dynamic Pack comprendente:
    • Cambio elettroassistito Pro
    • DSA – Dynamic Suspension Adjustement (assetto elettronico con compensazione del carico e adattamento dell’escursione elastica)
    • Modalità di marcia Pro
    • Sport Brake (pinze freno speciali alleggerite con scritta rossa e maggior efficacia, solo con Dynamic Pack)
  • Innovation Pack comprendente:
    • Riding Assistant
    • Headlight Pro (faro adattivo a matrice di led)
  • Pacchetto Confort (di serie su Triple Black e Option 719 Tramuntana) comprendente:
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • cavalletto centrale
  • Pacchetto Touring comprendente:
    • chiusura centralizzata di valigie e topcase abbinata al Keyless Ride
    • estensione paramani
    • supporti valigie laterali
    • predisposizione navigatore GPS
    • cromatura collettori di scarico.

Non ho capito bene perché alcuni siano “pacchetti” e altri “pack”. Misteri del marketing.

Gli accessori acquistabili singolarmente, pur se presenti in alcune versioni e pacchetti, sono i seguenti.

  • Antifurto
  • Cavalletto centrale
  • Cerchi a raggi incrociati con canale in alluminio nero
  • Cerchi a raggi incrociati con canale in alluminio oro
  • cerchi da enduro forgiati
  • Controllo adattivo dell’altezza (solo con Dynamic Pack)
  • Enduro Package Pro:
    • manubrio rialzato
    • barre paramotore
    • leva freno anteriore corta
    • poggiapiedi conducente GS Vario regolabili su due altezze
    • leve cambio e freno regolabili
    • indicatori di direzione tradizionali ad astina anziché nei paramani
    • Faretti supplementari a LED
  • Headlight Pro
  • Kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
  • Manubrio rialzato
  • Parabrezza elettrico
  • Pneumatici tassellati
  • Predisposizione navigatore GPS
  • Riding assistant
  • Sella del pilota confort in tre differenti altezze
  • Sella riscaldata per pilota e passeggero
  • Sospensioni Sport a corsa allungata (solo con Dynamic Pack)
  • Supporti per valigie laterali
  • Supporto per topcase

Inoltre, BMW fornisce in aftermarket, come di consueto, una vasta gamma di accessori che includono le valigie, borse serbatoio, protezioni di vario tipo ecc.

Ciclistica

La ciclistica si basa sempre sull’accoppiata Telelever anteriore e Paralever posteriore, ma il tutto è stato profondamente rivisitato.

In precedenza, il telaio era essenzialmente composto da tubi di alluminio dritti a sezione circolare, il cui traliccio caratterizzava fortemente l’estetica della moto. Sulla R1300GS invece c’è un telaio in lamiera d’acciaio, formato in parte da una struttura a guscio e in parte da elementi a sezione quadrangolare, che sostiene il motore, l’avantreno e un telaio posteriore reggisella in alluminio pressofuso, più corto del precedente, ma robusto a sufficienza per consentire l’installazione di un grande portapacchi e del tris di valigie.

Secondo la Casa bavarese, il nuovo sistema è più rigido e consente di alloggiare più facilmente tutti gli accessori e i sensori disponibili sulla moto.

La sospensione posteriore è un classico parallelogramma Paralever a un braccio oscillante sul lato sinistro della moto, cui è sovrapposta una leggera barra cava di reazione. I due elementi collegano il telaio al gruppo mozzo/coppia conica. Nel braccio oscillante ruota l’albero di trasmissione a due giunti cardanici e il tutto è controllato da un gruppo molla-ammortizzatore ad assorbimento progressivo WAD posto quasi verticalmente sotto la sella, che collega il braccio al telaio senza alcun cinematismo. Il parallelogramma è dimensionato in modo da comportarsi come una trasmissione normale, incluso il tiro catena ed è stato rivisitato nella posizione degli snodi e nella rigidità.

La sospensione anteriore si basa sulla ormai classica geometria Telelever. La forcella, i cui steli sono privi di molle e ammortizzatori, è infulcrata superiormente al telaio e inferiormente a un triangolo oscillante a sua volta incernierato al telaio, e il tutto è controllato da un gruppo molla-ammortizzatore a vista che collega il triangolo al telaio. Con questo schema, quando la sospensione si comprime, l’inclinazione della forcella rispetto alla verticale aumenta, in modo tale che l’asse della ruota si muova pressoché verticalmente, anziché seguire l’inclinazione di una forcella tradizionale.

BMW, telelever, suspension, fork, motorcycle dynamics ...

I vantaggi di tale geometria rispetto a una forcella tradizionale sono i seguenti:

  • marcato effetto antiaffondamento in frenata, senza alcuna necessità di frenare l’idraulica o irrigidire la molla
  • maggior confort in frenata, soprattutto per il passeggero, dovuto all’assetto più stabile e al miglior assorbimento delle sconnessioni
  • maggior stabilità in frenata, dovuta al fatto che l’interasse non si accorcia al comprimersi della forcella
  • trasferimento di carico sullo pneumatico anteriore più rapido in frenata, con minor propensione al bloccaggio della ruota
  • possibilità di entrare in curva fortemente pinzati

Per contro, una forcella tradizionale di qualità assicura una maggior maneggevolezza in ingresso curva, dovuta:

  • all’accorciamento dell’interasse
  • all’effetto molla che, quando si rilascia il freno anteriore, “spara” l’avantreno dentro la curva.

Sulla R1300GS è presente un nuovo tipo di Telelever, ribattezzato “Telelever EVO”. In effetti, esso incorpora una novità assoluta molto interessante, che rende pienamente merito al suffisso.

Non molti sanno che sui precedenti modelli BMW il Telelever era declinato in due tipi diversi, in base all’altezza del manubrio. Come abbiamo visto sopra, una caratteristica tipica di questa geometria è il fatto che, al comprimersi della forcella, questa aumenta la propria inclinazione rispetto alla verticale e ciò si ripercuote ovviamente anche sul manubrio. Ciò non è un problema sui modelli dotati di semimanubri, dove le manopole rimangono praticamente ferme al variare dell’inclinazione, ma potrebbe diventarlo sulle moto a manubrio alto come le GS, perché, in assenza di accorgimenti di qualche tipo, le manopole si sposterebbero indietro e in basso in modo evidente a ogni sconnessione, rendendo la guida sgradevole. Ecco perché su modelli come la R1200S e la K1200RS la piastra superiore di sterzo (e quindi il manubrio) è fissata rigidamente agli steli ed è collegata al telaio mediante un giunto sferico, mentre sulle R1250 RT e R1250GS la piastra superiore di sterzo è infulcrata rigidamente al telaio, mentre il collegamento con gli steli avviene mediante due giunti elastici, in modo da favorire il confort, ma con una perdita sensibile in termini di precisione di sterzata.

Nel Telelever EVO della R1300GS la piastra superiore della forcella è fissata al telaio con un cuscinetto sferico, è solidale con gli steli e si inclina insieme ad essi, come sulla R1200S, mentre il manubrio è montato su una piccola piastra separata fissata a un asse infulcrato rigidamente al telaio, che attraversa il cuscinetto sferico della forcella. La funzione sterzante è assicurata da una geniale piastra d’acciaio flessibile a forma di U, denominata “flex element”, che è fissata agli estremi alla piastra superiore di sterzo e al centro alla piastra del manubrio, rendendoli rigidamente solidali in sterzata, pur lasciandogli la libertà di assumere inclinazioni diverse tra loro.

Telelever Evo. Si notano il “flex element” e il soffietto tra la piastra di sterzo e quella della forcella

Questo video mostra chiaramente il funzionamento del nuovo sistema.

Secondo BMW, questa soluzione dovrebbe coniugare la precisione di guida delle versioni sportive al comfort sullo sconnesso delle versioni turistiche. Come vedremo nel seguito, direi che ci sono riusciti in pieno. L’unico inconveniente di questa geometria è che non c’è più spazio per il blocchetto di avviamento. Ecco perché la R1300GS ha di serie il sistema Keyless, con il tasto di accensione spostato sul manubrio destro.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della R1250GS).

  • escursione anteriore 190 mm (190 mm)
  • escursione posteriore 200 mm (200 mm)
  • interasse 1518 mm (1514 mm)
  • avancorsa 112 mm (100,6 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 26,2° (25,7°)

Interessanti l’aumento dell’avancorsa, che comporta una maggiore stabilità, anche considerando l’aumento della velocità massima, e l’aumento dell’inclinazione dell’asse di sterzo, che di per sé aumenta la leggerezza dello sterzo a scapito di una minor prontezza, probabilmente più che compensata dalla maggior precisione consentita dal Telelever EVO e dalla concentrazione delle masse.

I cerchi di serie sono in lega, ma sono disponibili anche cerchi a raggi incrociati e cerchi forgiati da fuoristrada, sempre con pneumatici tubeless e nelle misure 120/70 R 19 su cerchio da 3,00 x 19” all’anteriore e 170/60 R 17 su cerchio da 4,50 x 17” al posteriore. I cerchi forgiati consentono in totale di risparmiare 1,8 kg rispetto a quelli a raggi.

A richiesta è disponibile il sistema DSA (Dynamic Suspension Adjustment), cioè un nuovo sistema sospensioni semiattive, che variano automaticamente e istantaneamente la taratura in funzione della dinamica di guida e della situazione del fondo stradale. La novità sta nel fatto che la regolazione semiattiva non agisce soltanto sui freni idraulici, ma anche sul coefficiente elastico della molla posteriore, chiamando in causa una molla supplementare posta nel serbatoio dell’olio del mono posteriore.

Il DSA comprende la regolazione automatica del precarico in base al peso presente a bordo e prevede tre settaggi: Road, Dynamic e Enduro. I primi due possono essere selezionati indifferentemente con tutte le modalità di guida stradali, mentre in Enduro e Enduro Pro è disponibile il settaggio Enduro. Il cambiamento da un settaggio all’altro può avvenire anche in marcia. In più, a moto ferma, ciascuno dei settaggi può essere impostato su cinque diverse posizioni, per personalizzare al massimo il comportamento. A richiesta e solo in abbinamento con il DSA è disponibile anche il controllo adattivo dell’altezza. Il sistema consente di impostare l’altezza della moto come segue:

  • In modalità di marcia ECO, Rain, Road Dynamic e Dynamic Pro, impostazione automatica dell’altezza oppure sempre alta
  • In modalità di marcia Enduro e Enduro Pro, sempre alta o sempre bassa.

In ogni caso:

  • all’arresto la moto si porta nella posizione bassa, per facilitare l’appoggio a terra
  • all’apertura del cavalletto centrale, la moto si porta nella posizione alta, per favorire la manovra, e torna in posizione bassa una volta issata sul cavalletto.

Motore e trasmissione

Il motore della R1300GS somiglia per parecchi aspetti a quello delle 1250, ma in realtà è un’unità completamente nuova.

Si tratta sempre di un bicilindrico boxer, cioè con i cilindri opposti e bielle collegate a due diversi gomiti dell’albero motore distanti 180° l’uno dall’altro, cosicché i pistoni si muovono in opposizione tra loro, come i pugni di due pugili (boxers in inglese). Il motore è sempre disposto con i cilindri trasversali e l’albero motore longitudinale, cosa che ai nostri giorni si riscontra solo sulle BMW Boxer e relativi cloni est europei, sulle Moto Guzzi e sulle Triumph Rocket a tre cilindri.

Il raffreddamento è sempre misto ad aria e liquido, con due radiatori posti lateralmente. La distribuzione è sempre bialbero a camme in testa a quattro valvole per cilindro, e anche qui è presente il sistema di variazione di fase ShiftCam introdotto a partire dal motore 1250. In tale sistema, gli alberi a camme lato aspirazione (cioè quelli superiori) sono dotati di due camme per valvola, una per i carichi parziali e una per il pieno carico, con alzata e durata maggiori.

L’elettronica di bordo fa scorrere longitudinalmente ciascun albero di aspirazione mediante un tamburo desmodromico in funzione del regime, della richiesta di potenza e della modalità di marcia selezionata, in modo da selezionare la camma più adatte alle necessità.

Questo video illustra chiaramente il funzionamento del sistema.

Andiamo ora a vedere le novità, che sono parecchie.

La maggiore cilindrata (1.300 cc esatti contro 1.254) è ottenuta con un aumento dell’alesaggio da 102,5 a 106,5 mm, ma con corsa ridotta da 76 a 73 mm. Il rapporto di compressione è salito da 12,5:1 a 13,3:1, mentre le valvole sono cresciute da 40 a 44 mm all’aspirazione e da 34 a 35,6 mm allo scarico. L’insieme di queste modifiche ha consentito di raggiungere i 107 kW (145,5 CV) contro i 100 kW (136 CV) allo stesso regime di 7.750 giri e una coppia di ben 149 Nm a 6.500 giri contro i 143 Nm a 6.250 giri del vecchio motore.

Impressiona particolarmente la curva di coppia, dall’andamento davvero inarrivabile e sempre superiore a 110 Nm da 2.000 giri fino al regime di potenza massima. Il leggero buco di coppia visibile nel grafico intorno ai 5.500 giri è del tutto inavvertibile nella guida.

Il cambio è sempre contenuto nel carter motore, ma adesso è posto sotto all’albero motore anziché arretrato rispetto ad esso. Ne risultano una maggior centralizzazione delle masse, vantaggiosa in termini di maneggevolezza, e, da quel che dice BMW, un angolo di lavoro migliore dei giunti cardanici dell’albero di trasmissione. È da notare il fatto che il cambio è stato spostato in avanti, ma non in basso, perché già sulle R1200/1250 si trovava a un livello inferiore rispetto all’albero motore e ai cilindri. Per tale ragione, l’altezza del motore da terra non sembra essere stata variata.

Abbiamo sottoposto a pesatura la R1300GS (entrambi gli esemplari provati, una Trophy e una Option 719 Tramuntana, a questo link è disponibile la tabella delle moto da noi messe sulla bilancia fino ad oggi). e possiamo confermare che la nuova disposizione della meccanica – tra l’altro, ora il blocco motore è spostato più avanti, vicinissimo alla ruota anteriore – ha modificato sensibilmente la distribuzione del peso, che ora grava per il 52% circa sull’avantreno, contro il 50,6% circa della R1250GS. Inoltre, il baricentro è intorno ai 5 cm più alto rispetto alla R1250GS, probabilmente anche a causa del maggior peso della doppia piastra di sterzo del Telelever Evo. Lo spostamento del peso in alto e in avanti e la sua riduzione complessiva sono tutti elementi che favoriscono la guida sportiva.

Pesatura della R1300GS Option 719 per determinare la posizione del baricentro

I pesi, rilevati con il serbatoio pieno e senza valigie, sono stati i seguenti:

  • R1300GS Trophy 246,9 kg
  • R1300GS Option 719 255,2 kg

Una R1250 GS standard da noi pesata due anni totalizzò 259,2 kg. Possiamo dire quindi che, a parità di dotazioni, la R1300GS pesa effettivamente circa una dozzina di chili meno della R1250GS. Il fatto è che la dotazione di accessori è ancora più sterminata che sul modello precedente – basti pensare al parabrezza ad azionamento elettrico, ai radar e al sistema di abbassamento delle sospensioni – perciò la differenza tra un modello strettamente base e un full optional è particolarmente marcata.

Sempre a questo proposito, è da segnalare anche il fatto che adesso la catena cinematica comprende un albero in meno rispetto a prima, perché la frizione è montata sull’albero primario del cambio anziché su un albero dedicato.  Per tale ragione, adesso l’albero motore ruota in senso orario (visto dalla parte anteriore), mentre nelle precedenti R raffreddate a liquido girava al contrario. Ecco perché sulla R1300GS una brusca sgasata a moto ferma provoca un leggero spostamento verso destra della moto anziché verso sinistra. In entrambi i casi la spinta è veramente minima e quasi non si nota, ma chi scende da una R1200-1250 si accorge facilmente della differenza.

Schema della meccanica del motore 1250
Schema della meccanica del motore 1300

Parlando di alberi, sembrerebbe assente qualsiasi albero supplementare di smorzamento delle vibrazioni. Uso il condizionale, perché BMW dichiara che un albero c’è, ma ho passato in rassegna l’intero catalogo dei ricambi motore senza trovarlo. Probabilmente, si riferiscono all’albero motore e dell’alternatore, l’unico contrappesato tra quelli a mia conoscenza. Ciò nonostante, questa GS vibra decisamente poco. Come sui precedenti modelli raffreddati a liquido, la coppia di rovesciamento è quasi annullata dalla frizione.

Come sulle precedenti R raffreddate a liquido, la trasmissione della R1300 GS comprende una frizione antisaltellamento a 10 dischi in bagno d’olio azionata idraulicamente, posta nella parte anteriore del carter motore e accessibile tramite un coperchio – sui boxer raffreddati ad aria era necessario staccare l’intero gruppo cambio/trasmissione – un cambio a sei rapporti sempre in presa e un albero con due giunti cardanici integrato nella sospensione Paralever.

A richiesta (solo con il Dynamic Pack) è disponibile il Cambio elettroassistito Pro, cioè il quickshifter di BMW, funzionante anche in scalata e dotato di un nuovo tipo di sensore che dovrebbe (uso volutamente il condizionale) migliorarne la prontezza di funzionamento.

Per quanto concerne la rapportatura, per capirla mi è toccato risolvere un piccolo mistero, una di quelle cose che mi intriga parecchio. La trasmissione di una moto comprende di solito i seguenti elementi:

  • la riduzione primaria, cioè quella tra albero motore e albero primario del cambio
  • i rapporti del cambio
  • la riduzione finale, che sulle moto con trasmissione a catena è data dal rapporto tra corona e pignone, mentre sulle moto con trasmissione ad albero è data dal rapporto della coppia conica posteriore, cioè tra la corona della ruota e il pignone dell’albero motore.

Però in questo caso – come su altre moto con albero cardanico – esiste un’ulteriore riduzione tra l’albero secondario del cambio e l’albero di trasmissione. Di solito il suo valore è riportato tra le specifiche tecniche nel manuale di uso e manutenzione, ma in quello della R1300GS non c’è, né esso si trova nella cartella stampa.

I rapporti pubblicati da BMW sono i seguenti:

riduzione primaria 1,479

  1. 2,438
  2. 1,714
  3. 1,296
  4. 1,059
  5. 0,906
  6. 0,794

riduzione finale 2,910.

Se andiamo a calcolare le velocità effettive della moto a partire dai soli dati pubblicati, tenendo ovviamente conto del diametro della ruota posteriore, i risultati non tornano. Per esempio, la velocità in sesta marcia a 4.000 giri dovrebbe essere leggermente superiore a 140 km/h, mentre in realtà è di circa 116 km/h effettivi (119 km/h indicati).

Nello spaccato della trasmissione pubblicato dalla casa, la riduzione è chiaramente visibile.

Quest’altra immagine, proveniente dal catalogo delle parti di ricambio, consente di capire facilmente che l’ingranaggio più grande, quello collegato al cardano (n. 3), ha 45 denti. Più difficile contare i denti dell’ingranaggio inferiore (n. 6, munito di parastrappi), che dalla vista in assonometria potrebbero essere 37, 38 o 39.

Per fare quadrare i conti, l’ingranaggio n. 6 deve avere 37 denti. In tal modo, il rapporto di riduzione risulterebbe pari a 45/37 = 1,21621 e le velocità risultanti nelle varie marce coinciderebbero con quelle rilevate durante la guida.

Fatta questa premessa, la tabella seguente mostra le velocità nei singoli rapporti:

  • a 1.000 giri
  • al regime in cui il motore inizia a spingere forte
  • al regime di potenza massima
  • al limitatore.
MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 2.500 giri/’Velocità a 7.750 giri/’Velocità a 9.000 giri/’
1a9,423,572,884,6
2a13,433,4103,5120,2
3a17,744,2136,9159,0
4a21,654,1167,6194,7
5a25,363,2195,9227,5
6a28,872,1223,5259,6 (teorica)

Rispetto alla R1250GS, le velocità nelle prima quattro marce sono praticamente le stesse, mentre quinta e sesta sono state sensibilmente allungate. Il limitatore è fissato a 9.000 giri e il motore ci arriva con una certa facilità, mostrando un allungo piuttosto interessante.

ADAS (aiuti elettronici alla guida)

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la R1300GS offre di serie quanto segue.

  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento. Può essere disinserito e si riattiva a ogni spegnimento del quadro.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • Modalità di marcia:
    • ECO per la massima economia di carburante,privilegial’uso delle camme di carico parziale del sistema ShiftCam e comprende una barra verde sul cruscotto che mostra la quantità di coppia disponibile prima che il sistema sia costretto a passare alle camme di pieno carico
    • Rain per la guida su fondi bagnati e sdrucciolevoli
    • Road per la guida su strada asciutta
    • Enduro per l’uso in fuoristrada con gomme stradali.
  • HSC (Hill Start Control) – Assistente alla partenza in salita, permette di inserire e mantenere automaticamente il freno a moto ferma tirando con forza la leva del freno anteriore, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.
  • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione attiva in caso di frenate di emergenza, che agisce in due modi:
    • rileva se il gas è erroneamente aperto durante la frenata e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata
    • nel caso di frenata di emergenza poco decisa, aumenta la pressione nel circuito frenante posteriore, accorciando gli spazi di frenata senza compromettere la stabilità.
  • Cruise control – Sul sito web il ACC (Active Cruise Control) è elencato tra gli accessori di serie, ma è un errore: è presente solo il cruise control normale, che diventa Active solo se si acquista il Riding Assistant (vedi spiegazione nel seguito),
  • MSR (Motor Schleppmoment Regelung, chissà perché l’acronimo è in tedesco) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè, dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare il pattinamento della ruota posteriore.

A richiesta è disponibile quanto segue.

  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.
  • DSA (Dynamic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, descritto nel paragrafo dedicato alle sospensioni.
  • Controllo adattivo altezza – Sistema di regolazione automatica dell’altezza della moto. È disponibile solo se è presente il DSA ed è descritto nel paragrafo dedicato alle sospensioni.
  • Modalità di marcia Pro – Sono le seguenti: Dynamic per la guida sportiva, Dynamic Pro per la guida sportiva, personalizzabile, e Enduro Pro per la guida in fuoristrada con gomme tassellate, personalizzabile. In presenza delle modalità di marcia Pro è attivo anche l’HSC Pro, funzione dell’assistente alla partenza in salita che ne consente l’inserimento automatico nelle circostanze in cui è utile, senza necessità di tirare la leva del freno con forza, disinseribile da menù.
  • Riding Assistant – Sistema di aiuti alla guida basato sulla presenza di due radar, anteriore e posteriore, che comprende le seguenti funzioni.
    • ACC (Active Cruise Control) – Controllo della velocità attivo. Se il veicolo che precede è più lento della velocità impostata, il sistema rallenta la moto in modo da mantenere una distanza di sicurezza scelta tra tre diverse opzioni, per poi riaccelerare fino alla velocità impostata qualora il veicolo antistante acceleri o una volta cambiata corsia. L’accensione della freccia prima di iniziare il sorpasso fa accelerare automaticamente la moto prima del cambio di corsia. Il sistema può essere disattivato e in tal caso rimangono tutte le funzioni del cruise control normale. L’impostazione memorizzata viene mantenuta alla riaccensione del quadro.
    • FCW (Frontal Collision Warning) – Sistema di avviso di collisione frontale che, nel caso che ci si avvicini a un veicolo più lento antistante, fornisce due livelli di avvertimento: preallarme, con un avviso sul cruscotto e una leggera pinzatina del freno per attirare l’attenzione, e allarme acuto, con un avviso sul cruscotto più evidente e il supporto alla frenata, che avvia una leggera frenata eliminando il tempo di reazione del pilota, ma non si sostituisce al pilota nell’esecuzione della frenata di emergenza. Il FCW monitora l’attenzione del pilota in base al comportamento alla guida e il suo intervento può essere impostato su tre livelli: anticipato, medio e tardivo. Può essere disattivato in blocco, oppure è possibile mantenere gli avvisi sul cruscotto ed escludere gli interventi sulla frenata. Le impostazioni scelte vengono mantenute alla riaccensione del quadro.
    • SWW (Spurwechselwarnung, altro acronimo in tedesco) – Sistema di avviso di cambio corsia, informa se ci sono veicoli negli angoli ciechi latero-posteriori e prevede due livelli di allarme: avvertenza informativa, che accende un triangolo giallo nello specchietto in presenza di veicoli nell’angolo cieco corrispondente, e allarme acuto che fa lampeggiare il triangolo nello specchietto se, in presenza di un veicolo, il pilota inserisce l’indicatore di direzione dallo stesso lato. Il sistema può essere disattivato in blocco, oppure è possibile mantenere il solo allarme acuto. Le impostazioni vengono mantenute alla riaccensione del quadro.

La scelta dei riding mode influisce su tutti gli aiuti elettronici, inclusa la ripartizione della frenata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Eco

  • risposta moderata dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Rain

  • risposta morbida dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento immediato per garantire la massima stabilità di marcia
  •  anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Dynamic

  • risposta diretta dell’acceleratore
  • ABS in modalità Dynamic tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali posticipato rispetto alle modalità di marcia Eco, Road e Dynamic Pro, in modo da consentire leggeri drifting all’uscita delle curve
  • anti-sollevamento della ruota anteriore che consente brevi impennate in uscita di curva

Dynamic Pro

  • risposta diretta dell’acceleratore, personalizzabile nel menù Setup
  • ABS in modalità Dynamic tarato per l’uso su strada e personalizzabile nel menù Setup
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo, il tutto personalizzabile nel menù Setup

Enduro

  • risposta morbida dell’acceleratore
  • ABS in modalità Enduro tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici stradali
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote e tarata per l’uso in fuoristrada
  • DTC tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici stradali
  • anti-sollevamento della ruota anteriore che consente brevi impennate in uscita di curva

Enduro Pro

  • risposta normale dell’acceleratore, personalizzabile nel menù Setup
  • ABS in modalità Enduro Pro tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici tassellati, disinserito sulla ruota posteriore e personalizzabile nel menù Setup
  • anti-sollevamento della ruota posteriore disattivato
  • ABS Pro (funzione cornering) disattivato
  • Ripartizione della forza frenante sbilanciata al massimo verso il posteriore usando la leva al manubrio e frenata esclusivamente sul posteriore usando il pedale
  • DTC tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici tassellati
  • anti-sollevamento della ruota anteriore disattivato, il tutto personalizzabile nel menù Setup

Freni

La R1300GS è equipaggiata con i tradizionali due dischi anteriori da 310 mm con pinze radiali fisse Brembo a quattro pistoncini (l’esperienza con Hayes sembra essere conclusa).

Al posteriore c’è un disco da 285 mm con pinza flottante a due pistoncini. Entrambi i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS di serie è di tipo completamente integrale. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono idraulicamente indipendenti, mentre la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso. La ripartizione della frenata non è fissa, ma in funzione del carico, del comando utilizzato e anche della modalità di marcia selezionata, come spiegato nel paragrafo dedicato agli ADAS.

Comandi

I blocchetti dei comandi della R1300S sono esteticamente simili a quelli precedenti, ma il layout dei tasti è stato rivisto. Sono sempre privi di retroilluminazione, ma sono tutto sommato pochi e dopo un minimo di apprendistato si trovano subito anche al buio senza difficoltà.

Il blocchetto destro contiene quanto segue.

  • Il tasto di gestione del quadro e del bloccasterzo, che non può più essere alloggiato sulla piastra di sterzo, a causa della particolare geometria del Telelever EVO. Ha preso il posto del tasto per gestire le manopole riscaldabili – che quindi devono essere controllate attraverso il menù oppure eventualmente mediante l’interruttore multifunzione – e funziona come di consueto: una pressione breve accende o spegne solo il quadro, mentre pressione lunga inserisce o disinserisce anche il bloccasterzo.
  • Il tasto per la selezione dei Riding Mode. Consente di scegliere rapidamente fra un massimo di quattro riding mode, che possono essere preselezionati tra quelli disponibili mediante il menu Impostazioni.
  • Il tasto rosso a bilanciere per l’accensione e lo spegnimento del motore.

Un blocchetto separato più interno alloggia il sistema di chiamata d’emergenza E-Call, il cui tasto è coperto da un coperchio con la scritta SOS in campo rosso. Come sempre, il sistema comprende un microfono, un altoparlante e una SIM dedicata, e si attiva in automatico in caso di caduta o collisione importante, oppure può essere attivato premendo il pulsante.

Il blocchetto sinistro contiene quanto segue.

  • La ghiera del Multi-Controller. Ruotandola, si sceglie una voce da una lista, premendola verso destra si conferma la scelta, premendola verso sinistra si esce dalla selezione.
  • Il comando delle frecce. Il menù Impostazioni consente di attivare o disattivare la funzione Comfort, cioè lo spegnimento automatico in base al percorso. Una pressione prolungata del tasto verso sinistra dopo aver spento il quadro accende le luci di parcheggio, che poi si spengono alla riaccensione del quadro.
  • Il tasto del clacson.
  • Il tasto rosso per le quattro frecce.
  • Il tasto a bilanciere di selezione dei menu. Premendolo verso il basso si accede al menu delle schermate e, dopo aver selezionato la schermata voluta con il Multi-Controller, si scende nei vari sottomenù, mentre premendolo verso l’alto si risale di livello. Da qualsiasi schermata o menù, una pressione prolungata verso l’alto riporta immediatamente alla schermata di base Pure Ride.
  • Il tasto di elenco delle funzioni (tasto piccolo bordato bianco), con cui è possibile assegnare all’interruttore multifunzione (descritto qui di seguito) due funzioni a scelta tra le seguenti
    • regolazione della distanza di sicurezza dell’ ACC
    • regolazione del riscaldamento di manopole e sella del pilota (la sella del passeggero è dotata di un comando azionabile dal passeggero)
    • regolazione in altezza del parabrezza optional
    • regolazione del DTC
    • regolazione del molleggio
  • L’interruttore a bilanciere multifunzione (bordato bianco con due frecce), attraverso il quale è possibile gestire la funzione primaria assegnata con il tasto elenco delle funzioni e, tenendo premuto quest’ultimo, la funzione secondaria.
  • Il comando del cruise control. Funziona come segue:
    • lo spostamento del cursore a destra e a sinistra comanda l’accensione e lo spegnimento del sistema
    • una pressione breve sulla levetta in avanti imposta la velocità corrente
    • a velocità impostata:
      • una pressione breve sulla levetta in avanti aumenta la velocità di 1 km/h, mentre una pressione prolungata la aumenta a salti di 10 km/h.
      • una pressione breve sulla levetta all’indietro diminuisce la velocità di 1 km/h, mentre una pressione prolungata la diminuisce a salti di 10 km/h.
      • se si accelera, la velocità impostata viene tenuta in memoria e viene ripristinata quando si rilascia il gas
      • se si frena oppure si forza la chiusura del gas oppure si tira la frizione per più di un secondo e mezzo, la regolazione della velocità viene disinserita
    • tirando brevemente la levetta si ripristina la velocità precedentemente memorizzata.

A differenza che sui modelli precedenti, il cruise control mantiene la velocità impostata anche quando si cambia marcia.

Se è presente l’ACC, i comandi restano gli stessi, ma il cruise control riduce la velocità in presenza di un veicolo più lento che precede. La regolazione della distanza di sicurezza viene effettuata attraverso il Menù impostazioni oppure eventualmente attraverso il tasto multifunzione.

Il nuovo sistema basato sull’accoppiata tasto elenco delle funzioni + interruttore multifunzione, che consente l’accesso rapido a due funzioni a scelta, costituisce una novità interessante, che compensa in parte l’assenza di tasti dedicati ad alcune singole funzioni.

Strumentazione

La R1300GS monta di serie la strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW. La visualizzazione di base, chiamata Pure Ride, comprendente il contagiri analogico perimetrale, la velocità in cifre e le principali informazioni, e ad essa si torna rapidamente da qualsiasi altra visualizzazione, tenendo premuto in alto il tasto Menu.

Premendo in basso lo stesso tasto si accede alle seguenti schermate:

  • Sport, in cui il contagiri è centrale e semicircolare, con al centro l’indicatore degli angoli di piega istantanea e massima sui due lati, e ai lati quelli della decelerazione massima in frenata in metri al secondo quadrato e della percentuale di coppia massima tagliata dal sistema di antipattinamento ASC
  • Mio Veicolo, che comprende le schede:
    • Il mio veicolo
    • Computer di bordo
    • Computer di viaggio
    • Pressione gonfiaggio pneumatici
    • Necessità di manutenzione
  • Impostazioni, in cui si impostano i parametri di tutte le funzioni di bordo.

VI sono inoltre altre tre visualizzazioni, accessibili quando è stato effettuato il collegamento a uno smartphone con installata la app BMW Connect:

  • Navigazione
  • Telefono (richiede che sia collegato anche un casco)
  • Media (idem).

Illuminazione

La R1300GS dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Headligh Pro, cioè le luci adattive che si accendono a moto inclinata e consentono una migliore illuminazione della traiettoria in curva.

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Il gruppo ottico è nuovo e originale, a forma di X e composto da un elemento centrale per abbagliante e anabbagliante e da quattro elementi radiali, dedicati alle luci diurne e di svolta. La regolazione in altezza avviene attraverso una vite. BMW ha perso la buona abitudine di installare una levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che consente di non toccare la regolazione base nel caso che si ospiti un passeggero al volo senza regolare il precarico della sospensione posteriore. Fortunatamente, la maggior parte delle GS vendute ha le sospensioni autolivellanti DSA.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica. Il pulsante per scegliere manualmente tra le due modalità è stato eliminato e non credo che se ne sentirà la mancanza.

Potenza, ampiezza e omogeneità del nuovo faro sono eccellenti, inclusa l’illuminazione adattiva, molto ampia e potente.

Gruppo ottico posteriore della versione con radar

Al posteriore spicca l’assenza di un gruppo ottico centrale, tutte le luci sono integrate negli indicatori di direzione. La loro visibilità è comunque buona anche di giorno, ma preferirei comunque avere uno stop grande, come avviene sulla R1250GS.

Gruppo ottico posteriore della versione senza radar

Posizione di guida

La posizione di guida è ovviamente ottima, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura rilassata, anche se non eccessivamente turistica. Non ho effettuato misurazioni precise, ma penso che la posizione non sia molto diversa da quella che si ha sulla R1250GS.

La sella standard non è morbida, ma neanche scomoda, è piatta e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.  Non è prevista alcuna regolazione in altezza, ma a richiesta con 50 Euro è possibile avere la sella confort alta, standard o bassa. Le altezze della seduta possibili nelle varie configurazioni sono le seguenti:

  • sella bassa 830 mm
  • sella standard 850 mm
  • sella alta 870 mm.

Con il controllo adattivo dell’altezza la seduta si abbassa a moto ferma di 30 mm, quindi fino a un minimo di 800mm. Per tale ragione, non è più disponibile un assetto delle sospensioni ribassato.

Al contrario, con le sospensioni Sport, pensate per il fuoristrada più duro e disponibili solo in abbinamento con le sospensioni adattive DSA e senza controllo adattivo dell’altezza, l’altezza cresce di 25 mm.

Particolare interessante: se è presente il riscaldamento optional, tutte le selle sono più alte di 10 mm.

Gli specchi sono quelli standard BMW, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale sufficiente.

Passeggero

Per quanto riguarda il passeggero, di base la R1300GS prevede una sistemazione piuttosto spartana, più da naked che da crossover, con una sella piuttosto dura e sottile, pedane di alluminio non troppo distanti dalla seduta e maniglie molto ravvicinate, quasi sotto al sedere.

È anche disponibile una piastra portabagagli da montare al posto della sella posteriore.

R 1300 GS Luggage Rack - Bahnstormer BMW

In alternativa è disponibile il kit passeggero (di serie sulle varianti Triple Black e Option 719 Tramuntana), che con 100 Euro prevede una sella molto più alta e comoda e regolabile longitudinalmente, il portapacchi con ampie maniglie e pedane con rivestimento in gomma smontabile, che vista la maggior altezza della sella, risultano ben più distanti e comode.

Rispetto alla R1250GS, la sella del passeggero è in ogni caso un po’ più stretta e corta.

Capacità di carico

Le nuove valigie Vario sono completamente diverse dalle precedenti e, ovviamente, non compatibili con esse. Sono trapezoidali e non ad angoli retti e hanno perso in parte il caratteristico look Bosch che le aveva sempre caratterizzate fin dalla prima R1200GS del 2004. Sono sempre regolabili, non più in due posizioni mediante una leva perimetrale, ma in modo continuo con un pomello, e sono dotate di chiusura centralizzata – che si apre all’accensione del quadro e può essere chiusa a scelta in automatico allo spegnimento del quadro o con il telecomando della chiave keyless – di illuminazione interna e di prese USB poste nel topcase e nella valigia sinistra.

Per quanto riguarda la capienza delle valigie, quasi tutti i siti specializzati scrivono che le esse variano da 49 a 55 litri l’una (!) e il top case da 28 a 36 litri, per un totale massimo di 98 litri (sic). A parte lo svarione di aritmetica, non so da dove abbiano pescato questi dati. In realtà, BMW dichiara da 24 a 30 litri per la valigia sinistra e da 25 a 32 litri per la valigia destra. Tutti sono concordi comunque sul top case, che contiene da 28 a 36 litri, e sulla capienza massima complessiva, che effettivamente è pari a 98 litri. È interessante notare che sulle R1200/1250GS la capienza totale massima delle Vario è 103 litri, di cui 35 nel topcase.

Sono inoltre disponibili varie serie di borse morbide e il mercato dell’aftermarket offre già numerosi tipi di valigie di alluminio.

Oltre alle valigie, sulla R1300 GS è presente un comodo e ben fatto vano per lo smartphone, dotato di un tappetino morbido in gomma e di una presa USB retrattile per la ricarica. Non c’è serratura, ma il manubrio nella posizione di bloccasterzo ne impedisce l’apertura.

Come va

Motore

L’avviamento è particolarmente pronto, come su tutti i motori BMW più recenti. La rumorosità meccanica è messa in evidenza dallo scarico molto silenzioso, ma a mio avviso il nuovo boxer non produce più quello sferragliamento che in particolare si notava nel motore 1200 raffreddato a liquido e, in misura minore, nel 1250.

L’erogazione è perfetta, non ho mai avuto rifiuti né sussulti di alcun genere, la risposta al gas è sempre esattamente quella che ci si aspetta.

L’accelerazione tirando le marce è davvero esaltante. La ruota anteriore tende ad alzarsi con veemenza in prima e seconda perfino in modalità ECO, nonostante la lieve riduzione della coppia che essa dovrebbe comportare – a ulteriore dimostrazione del fatto che le moto di questa categoria hanno molta più potenza di quella che veramente serve – e la spinta rimane impressionante fino ad almeno 200 km/h.

Facendo qualche confronto in casa BMW, l’accelerazione fino a circa 120 km/h è grosso modo la stessa che si può ottenere con la R1250GS e la S1000XR, mentre man mano che si sale oltre la 1300 è più scattante della 1250 e meno della S1000. Il paragone con la mia K1200GT è altrettanto interessante: la R1300GS è sensibilmente più rapida della K fino a 180 km/h, dopodiché cede il passo alla migliore aerodinamica della grossa tourer. Non ho mai preso i dati di accelerazione delle Ducati Multistrada né delle KTM 1290, ma sono certissimo che fino a 140 km/h non sono migliori della GS, stanti la coppia prepotente e la rapportatura corta delle marce basse di quest’ultima, e che la loro maggior cavalleria emerge solo al di sopra di tali velocità.

Il motore gira piuttosto bene anche i bassi, tanto che è possibile spalancare il gas da 50 km/h in 6a – corrispondenti a soli 1700 giri. A partire da tale velocità, la spinta è inizialmente regolare e potente, ma non potentissima, ma già tra i 60 e i 70 km/h diventa davvero poderosa. Da lì in poi, la coppia cresce parallelamente all’aumento della resistenza e quindi produce una spinta praticamente costante fino ai 200 km/h. Con questa moto, a partire dai 70 km/h si può ingranare la 6a e dimenticarsi completamente dell’uso del cambio, anche per effettuare un sorpasso impegnativo.

Per fare qualche confronto, la R1300GS passa da 50 a 180 km/h in 6a in 13,15 s, contro 16,75 s della K1200GT e 15,57 s della Moto Guzzi V100 Mandello.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è dolce in Rain e in Eco, un po’ più pronta in Road e ancora un po’ più pronta in Dynamic e Dynamic Pro. Comunque, la differenza di comportamento del gas tra le diverse mappature non è abissale e si può guidare piuttosto sportivamente anche con la Eco o andare a passeggio con la Dynamic senza particolari difficoltà.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control) è preciso nell’intervento e poco invasivo. È disinseribile, ma non vedo perché su strada dovrei farlo.

Il test si è svolto a febbraio con temperature fra i 5 e i 15 gradi; quindi, non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Trasmissione

Come al solito sulle grandi BMW recenti, la frizione antisaltellamento è morbidissima. In questo caso è anche piuttosto progressiva.

Non ho avuto modo di provare la moto con il cambio di serie. Con l’assistente alla cambiata la manovra del cambio è sempre un po’ contrastata. Il sistema funziona abbastanza bene nella guida normale, dove consente di scalare anche in curva senza problemi, ma se nella guida sportiva si agisce sulla leva con poca decisione, il taglio dell’accensione diventa inaspettatamente lungo e sgradevole, perché interrompe l’accelerazione per più tempo del necessario. Perciò, anche sulla R1300GS continuo a preferire la cambiata tradizionale, che viene sempre esattamente come voglio io. Il problema è che l’assistente alla cambiata è obbligatoriamente compreso nel Dynamic Pack, quindi per evitarlo, bisogna per forza rinunciare a varie altre cose, tra cui le sospensioni adattive DSA, il che sarebbe un peccato.

Freni

La frenata è pronta, potentissima, resistente e ben modulabile e la stabilità rimane irreprensibile anche nelle staccate più violente.

Per fermarsi da 100 km/h la R1300GS impiega 40,67 m con una decelerazione media di circa 1 g, un risultato eccellente e addirittura lievemente migliore di quello segnato dalla Moto Guzzi V100 Mandello (40,75 m),

Il nuovo impianto frenante completamente integrale, analogo a quello già presente sulla versione restyling della R1250RT, è davvero interessante, perché come abbiamo visto nel paragrafo relativo agli ADAS, in esso la frenata non è ripartita tra le due ruote in modo fisso, ma variabile in base al carico, al comando utilizzato e alla modalità di guida. Grazie a questa caratteristica, è possibile ottenere una frenata bilanciata con entrambi i comandi (in Eco, Rain e Road), oppure una forte differenziazione tra leva e pedale (in Dynamic), che quindi consente di timonare efficacemente per impostare e correggere la traiettoria in curva.

L’ABS funziona molto bene e la sua funzione Pro, attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva.  Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, e questo evita il brusco cambiamento nella direzione dello sterzo tipico di una pinzata maldestra in curva, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della R1300GS è superbo, perché elimina qualsiasi problema di feeling con l’avantreno. La nuova geometria Telelever Evo, descritta sopra nel paragrafo dedicato, coniuga davvero il confort della vecchia soluzione con una precisione di guida eccelsa, unita a una disarmante facilità di correzione della traiettoria, per la quale non deve essere estranea la maggior centralizzazione delle masse.

La sospensione posteriore Paralever è anch’essa di altissimo livello. La sensazione è quella di una trazione sensibilmente superiore rispetto ai precedenti modelli. Non sono in grado di dire se ciò sia dovuto a un braccio di diversa lunghezza (potrebbe darsi, stante il blocco motore più compatto) o a una diversa posizione del fulcro, perché sulla R1300GS questo è coperto dal telaio.

Il molleggio è ottimo sia in Road che in Dynamic. Nel primo caso è ovviamente più confortevole, ma mai dondolante, nel secondo è più sportivo, ma non secco, e le regolazione fine su 5 livelli tramite il menù Impostazioni permette di personalizzare finemente entrambe le modalità. Non posso dire nulla circa la modalità Enduro, perché ho testato entrambe le moto solo su strada, lascio il giudizio a chi in fuoristrada ci sa andare veramente.

ADAS

Gli assistenti alla guida della R1300GS costituiscono una delle grandi novità rispetto al modello precedente.

Cruise control adattivo (ACC)

Funziona piuttosto bene, a patto di usarlo fuori città e di guidare in modo corretto, mantenendo il centro della corsia. Di seguito alcune sue particolarità.

  • Se si incontra un veicolo più lento e lo si vuole sorpassare, inserendo la freccia sinistra la moto accelera prima di spostarsi sulla corsia di sorpasso, velocizzando la manovra.
  • Se ci si imbatte in un veicolo più lento in una corsia a sinistra della nostra – tipicamente, sulle autostrade e tre o più corsie – l’ACC rallenta e impedisce il sorpasso; per procedere è necessario dare gas manualmente o inserire la freccia destra.
  • In curva il sistema riduce la velocità e impedisce accelerazioni e decelerazioni forti.
  • Se il veicolo che precede si ferma e poi riparte, la moto si ferma, ma ovviamente non riparte.
  • Il sistema è in grado di frenare, ma non esegue frenate di emergenza, per cui se il veicolo che precede rallenta bruscamente, occorre intervenire manualmente.

Avviso di collisione frontale (FCW)

È la funzione che capisco di meno, credo che abbia senso soltanto se chi guida… non guida, ma fa altro, cosa di per sé poco intelligente. Gli avvisi sul cruscotto sono ben visibili, ma bisogna guardare il cruscotto, che peraltro è molto più piccolo del veicolo cui si rischia di andare addosso. La pinzatina di avvertimento è senza dubbio più utile, perché richiama infallibilmente l’attenzione se si sta facendo altro, ma se il sistema è regolato sull’intervento anticipato o normale e si guida allegri nel traffico urbano congestionato, le pinzatine diventano la regola e la cosa è piuttosto seccante, mentre se è regolato su tardivo non interviene quasi mai. In Svizzera questo è un non problema, perché la moto va guidata come se fosse un’auto, ma nel traffico caotico delle città italiane tutto ciò ostacola la guida spigliata e”fra le righe”. Sulla mia moto, questo sistema resterà probabilmente spento.

Sistema di avviso di cambio corsia (SWW)

Il sistema funziona molto bene e, a differenza dell’FCW, è molto utile anche a chi guida con attenzione. Se non ci vuole cambiare corsia, l’accensione del triangolino è molto discreta, mentre quando si butta l’occhio sullo specchio, diventa piuttosto evidente. Se poi si mette la freccia, il triangolino lampeggia in caso di pericolo (allarme acuto) e diventa particolarmente visibile. Volendo, è possibile mantenere la sola funzione di allarme acuto, per evitare le continue accensioni del triangolino quando si viene sorpassati e non si vuole cambiare corsia, ma personalmente terrei tutto acceso.

Comportamento alla guida

In città

L’erogazione perfettamente fluida e la frizione morbidissima consentono un controllo molto facile in rapporto alla potenza della moto, che comunque rimane sempre non adatta ai principianti.

La riduzione del peso compensa l’innalzamento del baricentro (vedere il paragrafo su Motore e trasmissione), che comunque in assoluto rimane piuttosto basso, perciò la R1300 GS è sempre una moto relativamente facile da maneggiare da fermo e in mezzo al traffico.

Le due moto provate non disponevano del controllo adattivo dell’altezza, ma si tratta senz’altro di un accessorio estremamente interessante, perché abbassa la moto più o meno della stessa misura consentita dal precedente assetto ribassato optional, ma con il vantaggio di un’altezza normale durante la guida, che favorisce la manovrabilità e aumenta la luce a terra in curva e sullo sconnesso. Un sistema del genere è raccomandabile non solo ai più corti di gamba, ma anche a chiunque altro non sia davvero uno spilungone, perché il vantaggio di un miglior appoggio a terra è impagabile in ogni situazione su una moto di queste dimensioni, e per averlo non si è più costretti a pagare dazio sulla luce a terra, come avveniva prima.

Nei trasferimenti extraurbani

Il molleggio è sensibilmente irrigidito rispetto alla R1250GS, ma le maggiori possibilità di personalizzazione possono renderlo simile a quello della serie precedente o parecchio più sportivo, secondo i gusti.

La protezione aerodinamica con il parabrezza a regolazione elettrica è nettamente superiore rispetto a quella offerta dalla R1250GS standard. A parabrezza tutto su, io che sono alto 1,78 m vedo la strada sopra al bordo superiore, ma la testa risulta in larga parte protetta dal flusso d’aria e, soprattutto, questo è privo di qualsiasi turbolenza. Ovviamente, con il parabrezza piccolo l’aria aumenta, ma rimane sempre piacevolmente priva di turbolenze.

Le vibrazioni sono davvero molto contenute per essere un bicilindrico. Di solito, dopo un’oretta di guida su un boxer mi formicolano le mani, mentre sulla R1300GS questa cosa non mi è mai successa. Con questo motore forse potrei iniziare perfino ad accettare una RT.

La 6a marcia allungata consente di viaggiare a 130 km/h effettivi a esattamente 4.500 giri, un regime abbastanza tranquillo, inferiore di circa il 10% rispetto alla R1250GS, e questo fatto, unito allo scarico nettamente più silenzioso e all’efficacia dell’aerodinamica, garantisce viaggi autostradali decisamente più silenziosi di quelli possibili con il precedente modello.

Insomma, pur essendo più sportiva nel comportamento, la R1300GS rimane senza dubbio una moto estremamente comoda per i lunghi viaggi, a mio parere nel complesso superiore alle altre R-GS standard raffreddate a liquido, almeno per il pilota. Se è presente il kit passeggero, anche questo viaggia molto comodo, pur con una sella più piccola rispetto al passato.

Nel misto sportivo

Le R-GS sono sempre state dei begli animali da misto, grazie alla sezione degli pneumatici non eccessiva, all’ottima luce a terra, al manubrio largo, al motore ricco di coppia e a un interasse non troppo lungo. In particolare, la R1200GS LC, più leggera e dal baricentro più alto rispetto alla R1250GS, è sempre stata un osso piuttosto duro, che in buone mani è in grado di dare filo da torcere a modelli nettamente più sportivi.

La R1300GS sposta l’asticella parecchio più in alto, perché oltre ai vantaggi sopra citati, può contare su un motore ancora più potente di quello già notevolissimo della R1250GS, su una frenata migliore, su una minore inerzia rotazionale dovuta alla maggior centralizzazione delle masse e, dulcis in fundo, sull’eccellente precisione dell’avantreno garantita dal nuovo Telelever Evo. Le ultime due caratteristiche in particolare sono responsabili di una caratteristica evidente di questa moto, cioè la capacità di viaggiare con scioltezza disarmante a velocità sensibilmente più alte rispetto ai modelli precedenti.

Come tutte le grandi moto da turismo, anche la R1300GS risente in misura marginale della presenza di passeggero e bagagli, a patto che il molleggio sia adattato corrispondentemente. Per tale ragione, raccomando caldamente di acquistarla con le sospensioni DSA, che eliminano ogni necessità di regolazione e consentono una guida molto sportiva e disinvolta anche a pieno carico.

Nella guida all’attacco è senz’altro preferibile impostare le sospensioni su Dynamic, non tanto per il molleggio, che non diventa mai troppo dondolante neanche in Road, ma soprattutto perché in questo modo la diversa ripartizione della frenata consente di timonare efficacemente in curva.

Per quanto invece riguarda la risposta del gas, la mappatura Rain va senz’altro riservata alle sole condizioni di bassa aderenza, perché con essa il taglio della coppia accelerando in curva è particolarmente evidente e tale da limitare fortemente l’efficacia e il piacere di guida nella guida sportiva. La Eco invece è a mio avviso particolarmente convincente anche da questo punto di vista, perché a fronte di un miglioramento nei consumi dichiarato dalla Casa, in pratica non toglie nulla rispetto alla Road, che a sua volta è solo marginalmente meno pronta della Dynamic. Insomma, se volete fare una sparata sul misto, non state a perdere troppo tempo con le mappature e pensate piuttosto a divertirvi, ovviamente sempre con la testa sulle spalle.

Consumi

La R1300GS consuma più o meno come la R1250GS, cioè poco e nettamente meno di qualsiasi Ducati Multistrada, KTM Adventure e BMW S1000XR. Ad andatura turistica è abbastanza facile viaggiare intorno ai 21 km/litro, ed è difficile scendere sotto i 17 anche andando molto forte.

La media complessiva della nostra prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e molti tratti fatti a passo di carica, è stata di circa 18 km/l.

Il serbatoio da 19 litri consente percorrenze tra i 300 e i 380 km.

Conclusioni

Come è noto, sono kappista da sempre, amo le sport tourer vecchio stile e posseggo una K1200GT, per me la migliore moto della categoria. Eppure, l’efficacia della guida della R1300GS mi ha stregato, al punto di decidere di acquistarla. Non potrei fare un complimento più grande a una moto.

Pregi

  • Guida molto precisa ed efficace anche nella guida sportiva
  • Motore molto equilibrato e dalla coppia eccezionale
  • Freni molto potenti, ben modulabili e resistenti
  • Confort di alto livello
  • Consumi contenuti per la categoria
  • Dotazione di accessori adeguata

Difetti

  • Leva del cambio un po’ contrastata in presenza dell’assistente alla cambiata
  • Assistente alla cambiata a volte lento

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

Prova della BMW K1200GT 2007

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Gran Turismo DOCG

Premessa

Anche se la nuova V100 Mandello sta rischiando seriamente di farmi diventare un Guzzista, al momento sono ancora a cavallo di una BMW, il marchio che ha avuto la parte del leone nella mia passione motociclistica. In effetti, delle 17 moto che ho posseduto personalmente, 12 hanno il logo dell’Elica e tra queste ci sono ben otto K (e una sola GS!). È evidente che queste moto hanno un fascino speciale per me, tant’è vero che sono protagoniste di diversi miei articoli:

Nel seguito vi presento la mia moto attuale, la K1200GT del 2007. È una vecchia signora, ma la considero tuttora una delle migliori sport-tourer mai costruite e quindi penso che valga la pena parlarne.

Com’è

Aspetto

La BMW K1200GT fu introdotta nel 2006 in sostituzione della precedente K1200GT con motore “a sogliola”, ma mentre questa è un adattamento in chiave leggermente più turistica della la K1200RS, una grossa sport tourer con i semimanubri, la nuova nasce fin dall’origine come progetto votato al gran turismo e quindi offre, oltre alle maggiori prestazioni dovute alla meccanica più moderna, parecchio più spazio per passeri e bagagli e una posizione di guida più rilassata, il tutto con un peso inferiore, 282 kg contro 300.

BMW K1200GT

Le linee, frutto della matita del designer americano David Robb, sono severe ed elaborate allo stesso tempo. Caratteristici sono il trave del telaio basso e quasi orizzontale, che spezza la fiancata in modo inconsueto e tipico della serie K frontemarcia, l’ampio parabrezza regolabile elettricamente, il grande gruppo ottico appuntito, le fiancate grandi, piatte e squadrate che nascondono interamente il motore, lasciando parzialmente scoperto solo il comparto cambio-frizione, il finto serbatoio bicolore – come di consueto in BMW è una carenatura che alloggia anche la batteria – con la parte superiore in tinta con la carenatura e quella inferiore disponibile in due diverse tonalità di grigio insieme ai fianchetti, lo scarico cilindrico, montato più orizzontale che sugli altri modelli della serie, per lasciare spazio alle grandi valigie Touring – le stesse presenti sulla contemporanea R1200RT – l’elegante forcellone monobraccio a quadrilatero Paralever e le belle ruote in lega a dieci razze. La riuscita estetica complessiva è a mio parere inferiore a quella della K1200S, più pulita ed essenziale, ma è comunque una moto che attira molti sguardi per l’originalità e anche perché è assai meno diffusa di altri modelli della Casa bavarese.

BMW K1200GT

Dotazione

La K1200GT è caratterizzata da una dotazione di accessori sterminata per l’epoca. In particolare, il Model Year 2007 oggetto della prova disponeva della seguente dotazione di serie:

  • sistema frenante semintegrale con ABS
  • impianto elettrico Single-Wire-System con tecnologia CAN-bus
  • parabrezza regolabile elettricamente in altezza
  • immobilizer EWS
  • presa elettrica DIN
  • sella del pilota regolabile in altezza in due posizioni
  • manubrio regolabile in altezza
  • valigie laterali Touring in tinta con la moto
  • portapacchi

A richiesta era possibile avere i seguenti accessori:

  • controllo elettronico della trazione ASC (Automatic Stability Control)
  • sospensioni regolabili elettricamente ESA (Electronic Suspension Adjustment)
  • sistema per il controllo della pressione degli pneumatici RDC
  • cruise control
  • faro anabbagliante allo xeno
  • computer di bordo
  • manopole riscaldabili
  • sella bassa
  • selle riscaldabili separatamente, quella posteriore con un comando azionabile direttamente dal passeggero
  • parabrezza alto
  • antifurto
  • predisposizione per il montaggio del navigatore Garmin BMW Navigator II
  • topcase grande color alluminio e nero
  • topcase piccolo nero
  • borsa serbatoio
  • presa elettrica DIN supplementare

Ciclistica

La K 1200GT ha l’intera meccanica in comune con le K1200S ed R, con i lievi adattamenti dovuti alla diversa destinazione d’uso.

La ciclistica si basa su un telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, al quale è ancorato inferiormente il motore con funzione di irrigidimento, ma non portante. Una sua evidente particolarità è la presenza di una specie di collo d’oca anteriore, che serve ad alloggiare il corto cannotto di sterzo tipico dell’avantreno Duolever, descritto più avanti. La posizione particolarmente bassa del propulsore consente alle travi di essere basse, orizzontali e vicine tra loro, a vantaggio della snellezza della moto. Posteriormente è imbullonato un telaietto reggisella di alluminio estruso, mentre una struttura in materiale plastico sostiene la carenatura anteriore. Completano la ciclistica il monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.

BMW K1200GT chassis

La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo dell’ammortizzatore, del tutto analogo al sistema Honda Pro-Link e assente sulle BMW diverse dalle K frontemarcia.

BMW K1200GT Paralever
Sospensione Paralever della BMW K1200GT. Si noti a sinistra il triangolo del leveraggio progressivo

La sospensione Duolever costituisce il perfezionamento di uno schema inventato dall’inglese Norman Hossack alla fine degli anni ’70. Essa è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a due bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. In sostanza, si tratta di una sospensione a quadrilateri deformabili simile a quelle che si vedono sulle Formula 1, ma disposta longitudinalmente e in grado di sterzare.

BMW K1200S Duolever
Sospensione Duolever, qui sulla BMW K1200S

Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:

  • una rigidità torsionale nettamente superiore
  • quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove quasi verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti positivi per la stabilità:
    • l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
    • mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
  • in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un molleggio sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.

  • escursione anteriore 115 mm
  • escursione posteriore 125 mm
  • interasse 1571 mm
  • avancorsa 112 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 29,4°

Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo, simile a quella di una Harley-Davidson Sportster 883 (!). Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità e dallo sterzo più pesante – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di maggiori confort e stabilità. Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, per rendere lo sterzo più leggero alle basse velocità e perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi troppe remore al riguardo.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 180/55 ZR 17 su cerchio da 5,5 x 17” al posteriore.

La moto pesa 288 kg in ordine di marcia, con il pieno di benzina e senza valigie.

Motore

La K1200GT adotta lo stesso motore delle K1200S ed R, ma con una diversa fasatura dell’albero a camme, per favorire la coppia in basso. Si tratta di un 4 cilindri in linea bialbero a 16 valvole montato trasversalmente e inclinato di 55° in avanti rispetto alla verticale, per abbassare il baricentro. La lubrificazione è a carter secco, sistema che consente una lubrificazione ottimale anche nelle accelerazioni più estreme ed elimina la necessità della coppa dell’olio, consentendo di montare il motore molto in basso. La distribuzione è mossa da una catena che collega l’albero motore al solo albero a camme dello scarico, che a sua volta muove quello dell’aspirazione mediante una coppia di ingranaggi, mentre le valvole, con un angolo tra aspirazione e scarico di 23°, sono azionate mediante l’interposizione di bilancieri a dito. Due contrappesi realizzati come ingranaggi muovono la trasmissione primaria al cambio e due alberi di equilibratura posti più in basso dell’albero motore, uno davanti e uno dietro.

BMW K1200 engine

L’alesaggio di 79 mm e la corsa di 59 mm determinano una cilindrata totale di 1.157 cc con un rapporto di compressione record di 13:1. La potenza massima è di 152 CV a 9.500 giri/min con il limitatore fissato a 10.000 giri, mentre la curva di coppia massima, che ha il picco di 130 Nm a 7.750 giri/min, presenta un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo e sfiora i 100 Nm già a 2500 giri. Questi valori facevano della K1200GT la più potente tourer in commercio e rimangono di assoluto rilievo anche oggi.

BMW K1200GT power torque

Le K sono equipaggiate con un impianto d’iniezione sequenziale particolarmente avanzato per l’epoca, ma non dispone di mappature differenziate e il comando del gas agisce via cavo. La moto però è dotata di un limitatore della coppia, costituito da un pistoncino governato elettronicamente, che nelle prime tre marce modula l’apertura delle valvole a farfalla in caso di apertura brusca o eccessiva del gas.

Trasmissione

Il cambio è estraibile, soluzione di solito presente sui motori da competizione, ha due alberi e presenta la particolarità di avere una coppia conica sull’albero secondario, resa necessaria dal posizionamento trasversale del motore. Per compensare la perdita di rendimento dovuta a questa, gli ingranaggi della trasmissione primaria e del cambio sono tutti a denti dritti e ciò produce il caratteristico sibilo delle K frontemarcia, avvertibile alle velocità di crociera.

BMW K1200 engine

I rapporti di trasmissione sono i seguenti:

MARCIARAPPORTO
Riduzione primaria1,559
1a2,294
2a1,789
3a1,458
4a1,240
5a1,094
6a0,971
Coppia conica cambio1,045
Riduzione finale2,820

Si noti che la coppia conica citata induce una leggera demoltiplicazione, di cui bisogna tenere conto per calcolare la rapportatura finale alla ruota.

Le marce sono abbastanza ravvicinate e con sesta di potenza e sono spaziate tra loro in modo perfettamente uniforme. Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore esprime la potenza massima e raggiunge il limitatore sono le seguenti.

MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 9.500 giri/’Velocità a 10.000 giri/’
1a11,3107,0112,6
2a14,4137,2144,4
3a17,7168,4177,2
4a20,8198,0208,4
5a23,6224,4236,2
6a26,6252,8266,1 (teorica)

Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura rendono possibile viaggiare praticamente sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.

La frizione è multidisco in bagno d’olio ed è azionata da una pompa idraulica.

La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.

Freni

La K1200GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 294 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica. Come tradizione sulle BMW, ciascun disco è montato senza flangia, direttamente su supporti presenti nel cerchio.

BMW K1200GT front brake
BMW K1200GT rear brake

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva al manubrio che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre sulle BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)

Parlare di ADAS su una moto del 2007 è un bell’anacronismo, però la K1200GT poteva essere equipaggiata in modo già molto moderno e ben più completo delle sue concorrenti dell’epoca. Manca una piattaforma inerziale, ancora non utilizzata all’epoca, e per tale motivo tutti gli aiuti elettronici non tengono conto dell’inclinazione della moto e quindi non funzionano in curva con l’accuratezza di intervento dei sistemi attuali.

  • Integral ABS – sistema frenante antibloccaggio semintegrale con controllo del sollevamento della ruota posteriore e bilanciamento automatico della frenata sui due assi in funzione del carico
  • ASC (Automatic Stability Control) – controllo automatico della trazione (a richiesta)
  • RDC – monitoraggio della pressione degli pneumatici (a richiesta)
  • Cruise Control (a richiesta)
  • ESA (Electronic Suspension Adjustment, a richiesta) – Permette di regolare le sospensioni in funzione del carico su tre posizioni predeterminate – solo pilota, pilota con bagagli, pilota con passeggero e bagagli – e di scegliere fra tre diverse tarature della frenatura idraulica – Comfort, Normal e Sport.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli fuori standard delle BMW dell’epoca. I comandi standard sarebbero comparsi solo sulla K1300GT del 2009.

BMW K1200GT commands left

Il blocchetto di sinistra alloggia:

  • In alto:
    • i comandi del cruise control optional, che come di consueto permette di impostare la velocità, di accelerare o decelerare continuamente o a salti di 1,6 km/h e di richiamare l’ultima velocità memorizzata in precedenza
    • il tasto per la regolazione delle sospensioni ESA
  • davanti:
    • il tasto a bilanciere per la commutazione abbaglianti/anabbagliante e per il lampeggio
    • il tasto a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza
    • il pulsante del clacson (un po’ meglio della media che si sente in giro adesso, ma sempre deludente)
    • il pulsante per l’inserimento dell’indicatore di direzione sinistro
  • in un elemento supplementare posto a destra del blocchetto, il tasto per inserire o disinserire l’ASC optional
BMW K1200GT commands right

Il blocchetto di destra alloggia:

  • in alto:
    • il tasto per la selezione del computer di bordo
    • il tasto per l’accensione con la tradizionale levetta anulare per lo spegnimento d’emergenza
  • davanti:
    • il cursore per il riscaldamento della sella del pilota su due livelli
    • il tasto a bilanciere per il riscaldamento delle manopole su due livelli
    • il tasto per lo spegnimento degli indicatori di direzione
    • il tasto per l’inserimento dell’indicatore di direzione destro

Gli indicatori di direzione si spengono comunque da soli dopo 10 secondi o 200 metri. La scelta è corretta se si guida da soli, ma se si è in gruppo e si vuole segnalare in anticipo l’uscita dall’autostrada, bisogna ripetere l’inserimento. Premendo insieme i due comandi degli indicatori di direzione si attiva il lampeggio di emergenza, che è disattivato dal pulsante di spegnimento a destra, mentre se si tiene premuto per due secondi il comando sinistro dopo aver spento il quadro, si attivano le luci di parcheggio. Inoltre, sono presenti due pulsanti sotto alla strumentazione, di cui il sinistro serve a selezionare e azzerare i due contachilometri parziali, mentre il destro regola l’illuminazione degli strumenti e l’ora.

Nonostante la stranezza di alcuni comandi e in particolare di quello delle frecce, il tutto è abbastanza pratico, ma richiede ai non BMWisti un bel po’ per farci l’abitudine.

Strumentazione

Nel 2006 si era ancora lontani dall’usare i cruscotti TFT sulle moto. Esistevano però i display LCD monocolore, il primo dei quali era stato adottato sulla Yamaha R1 del 1998. Mostrava la velocità in cifre, ma conservava un grande contagiri a lancetta, considerato a ragione più preciso dei rozzi indicatori a barre disponibili all’epoca. Il layout della R1 divenne molto diffuso tra le moto e lo era ancora nel 2010, quando uscì la supersportiva S1000RR dotata appunto di un cruscotto del genere. Ma fino a quell’anno – e per un po’ anche oltre – BMW, marchio snob per definizione, aveva continuato imperterrita a utilizzare anche la lancetta del tachimetro su tutti i suoi modelli – solo sulle HP2 Sport e sulle K1300S ed R era disponibile a richiesta dal 2008 una strumentazione completamente digitale.

BMW K1200GT dashboard

La strumentazione della K1200GT è analoga a quella della coeva R1200RT, ma impreziosita da una mascherina che incornicia le varie sezioni ed è dotata di palpebre che eliminano l’irraggiamento solare, ma non i riflessi. Il disegno a mio parere non è esaltante, però fornisce una quantità di informazioni maggiore della media dell’epoca. Il cruscotto comprende:

  • ai lati, due strumenti analogici per il tachimetro e il contagiri
  • al centro in alto, un pannello contenente le seguenti spie di controllo:
    • indicatori di direzione destro e sinistro
    • fari abbaglianti
    • folle
    • ABS
    • ASC
    • usura pastiglie freni anteriori
    • triangolo di avvertimento generale, giallo per gli avvisi meno importanti (riserva ecc.) e rosso per quelli critici
  • al centro in basso, un display che mostra:
    • gli eventuali testi di avviso che accompagnano l’accensione del triangolo di avvertimento generale
    • un dato del computer di bordo (a richiesta), selezionabile con il pulsante sul blocchetto destro tra temperatura ambiente, autonomia residua, velocità media, consumo medio, livello olio e, se l’RDC è presente, la pressione degli pneumatici
    • uno dei due contachilometri parziali, selezionabili mediante il pulsante sinistro della strumentazione
    • il contachilometri totale
    • l’orologio
    • l’indicatore del riscaldamento delle selle (a richiesta)
    • l’indicatore della regolazione delle sospensioni ESA (a richiesta)
    • due indicatori digitali per livello carburante e temperatura liquido di raffreddamento.

La retroilluminazione, di un piacevole color ambra, è attivata da un sensore crepuscolare.

Illuminazione

BMW K1200GT headlight

Il grande gruppo ottico anteriore comprende due fari abbaglianti, un anabbagliante e gli indicatori di direzione. In un’epoca in cui le luci LED ancora non erano state introdotte nell’automotive, la K1200GT era l’unica moto al mondo – insieme alla K1200LT – che poteva essere equipaggiata a richiesta con il faro anabbagliante allo xeno, senza dubbio più potente e bianco di quello standard, anche se ancora abbastanza lontano dai livelli radiografici raggiunti dai sistemi attuali. Il fascio luminoso è uniforme e la portata del doppio abbagliante è notevole e nettamente superiore a quella di tutte le altre BMW dell’epoca, con l’eccezione della K1200S che ha un gruppo ottico analogo, anche se privo dello xeno.

Il gruppo ottico posteriore, simile come impostazione a quello della R1200RT, ma più raccolto, incorpora anche gli indicatori di direzione.

Posizione di guida

La sella, rastremata nella parte anteriore e molto ben imbottita, anche se non cedevole, è regolabile in altezza in due posizioni (80 e 82 cm) senza bisogno di attrezzi, semplicemente spostandola su attacchi di diversa altezza dopo aver smontato la sella posteriore. È anche disponibile una sella più alta di due cm, quindi con un’altezza massima di 84 cm, sicuramente raccomandabile per gli alti.

BMW K1200GT seats

Il manubrio, meno distante dalla sella che sulla precedente K1200GT, è ampio e abbastanza aperto e dispone di un originale sistema per la regolazione in altezza e distanza dal pilota su quattro posizioni per un totale di 40 mm in verticale e circa 30 in orizzontale, agendo su due bulloni con una chiave torx in dotazione.

BMW K1200GT handlebar adjustment

Le pedane sono abbastanza rialzate e arretrate, quasi a livello di una naked sportiva, e non sono regolabili. La posizione di guida che ne risulta è molto particolare e diversa da quella delle altre tourer, con il busto un po’ inclinato in avanti, i piedi arretrati e le ginocchia piuttosto flesse.

BMW K1200GT

Gli specchi sono ben fatti e molto ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono un’ottima visuale.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella separata piuttosto ampia e comoda, dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane correttamente distanziate e con un angolo del ginocchio più favorevole rispetto al pilota. Se è presente il riscaldamento optional, può impostare il proprio su due livelli con un pulsante a bilanciere posto dietro alla sella, in posizione facilmente raggiungibile. Un indicatore sul cruscotto ricorda al pilota di spegnere il riscaldamento posteriore una volta che il passeggero è sceso e lo ha lasciato invariabilmente acceso.

Capacità di carico

La K1200GT è equipaggiata di serie le valigie Touring in tinta con la carenatura. Perfettamente simmetriche tra loro e ciascuna in grado di contenere comodamente qualsiasi casco integrale. Inoltre, ci sono un vano relativamente ampio con serratura, posto sulla carena a destra del manubrio e un po’ di spazio sotto la sella del passeggero. Tutte le serrature di bordo si aprono con la chiave di accensione.

BMW K1200GT side case
Valigia Touring

Nel catalogo aftermarket sono tuttora disponibili due topcase, uno nero da 28 litri in grado di contenere un casco e uno argento e nero 49 litri in grado di accoglierne due, e le relative borse interne. I topcase hanno le serrature ricodificabili presso le concessionarie BMW, in modo da poter essere gestite con la chiave della moto.

BMW K1200GT topcase small
Topcase piccolo

Tutte le valigie sono pratiche, molto solide e si smontano e rimontano molto facilmente sugli attacchi dedicati, ma sono molto grandi in rapporto al volume interno, perché hanno una doppia parete che, tra l’altro, contiene i meccanismi di aggancio e chiusura. Per tale ragione sono anche particolarmente pesanti, 6 kg ciascuna le valigie e 11 kg il topcase grande. Ecco perché sulla mia K1200GT c’è un Givi V47, che ha pressoché la stessa capienza, ma pesa solo 3 kg.

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Come va

Motore

Il motore si avvia prontamente, ha un minimo leggermente irregolare intorno ai 1100 giri/min e all’apertura del gas prende i giri molto rapidamente. La rumorosità meccanica è evidente, l’aspirazione è inavvertibile e inferiore alle altre K mentre il tono di scarico non è eccessivo. In movimento, il quattro in linea accetta ovviamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile riprendere in 6° dal regime minimo (circa 30 km/h!) senza sussulti e con un livello di vibrazioni decisamente ridotto. Da lì in poi la spinta è potente e regolare, cresce progressivamente senza il minimo salto e non si affievolisce praticamente fino ai 10.000 giri del limitatore.

Non ci sono mappature, ma il motore molto regolare e pastoso – qui le irregolarità a basso regime tipiche delle altre K1200 frontemarcia sono pressoché assenti – e il gas abbastanza diretto consentono un controllo perfetto in ogni situazione. La mia K non ha il controllo di trazione, ma la gestibilità del motore non ne fa sentire la mancanza nonostante la coppia elevata. Ovviamente, sul bagnato occore fare attenzione ad evitare brusche aperture del gas, altrimenti è possibile innescare derapate anche con le marce alte. Questo fatto e il peso sono le uniche cose che rendono la guida di questa moto sconsigliata ai principianti.

Il sistema di raffreddamento è ben studiato, perché a ventola accesa non ci sono flussi d’aria calda diretti verso le gambe o i piedi e anche il calore emanato dal motore attraverso il telaio è praticamente nullo – specie se si tiene conto della potenza disponibile – e si nota solo quando fa veramente caldo.

Accelerazione

La K1200GT è relativamente pesante e ha la prima abbastanza lunga, perciò quando si cerca la massima accelerazione, lo spunto iniziale, pur aiutato da una frizione ben modulabile, non è mozzafiato come sulle K1600, che a fronte di un peso maggiore ha la prima corta e una coppia massima decisamente superiore a qualsiasi regime. La quattro cilindri però ha molto più allungo e quindi riesce comunque a ottenere tempi di accelerazione impressionanti per una tourer, specialmente al crescere della velocità. Credo davvero che buona parte degli esemplari prodotti trascorra l’intera esistenza senza mai superare i 7.000 giri.

Nel corso della prova ho raggiunto i 100 km/h con partenza da fermo in 3,87 s e 52,6 m – in prima! – e i 200 km/h con partenza da fermo in 12,46 s e 437,8 m. Per fare un paragone, nella mia recente prova della K1600B sono riuscito a spuntare lo 0-100 in 3,8 s. Per migliorare tempi del genere, ci vuole una hypernaked o una supersportiva, ma con queste bisogna combattere la tendenza all’impennata, mentre sulla K l’accelerazione è resa facile dal baricentro basso e dall’interasse lungo, che insieme congiurano contro il sollevamento della ruota anteriore.

Ripresa nel rapporto superiore

La 6a relativamente corta della K1200GT (26,6 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla K1200GT prestazioni in ripresa notevoli nonostante il peso.

Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,73 s e ciò consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare. Inoltre, il livello di vibrazioni davvero basso consente di tenere la 6a praticamente sempre

Trasmissione

La frizione è abbastanza morbida – anche se non come quelle delle BMW attuali – e perfettamente modulabile. Sul mio esemplare non ho riscontrato i problemi di rumorosità e vibrazioni che affliggevano le mie K1200R ed S. Dato che rispetto al 2007 la frizione è stata modificata due volte, sospetto che il precedente proprietario l’abbia aggiornata.

Il cambio è preciso e dalla corsa abbastanza corta, ma è rumoroso. In particolare, l’innesto della prima da fermo produce un “clonk” decisamente evidente, che non scompare nemmeno tirando la frizione con largo anticipo, mentre con le altre marce si riescono a ottenere innesti silenziosi solo se si ha mestiere. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto, come ad esempio la K1600 a sei cilindri, che ha la 5a molto lunga e vicina alla 6a.

La trasmissione finale a cardano ha giochi ridotti, è perfettamente silenziosa – non produce i “clak” si sentono sulla K1600 – e in generale funziona in modo da non fare mai rimpiangere mai la catena.

Freni

La frenata della K1200GT è abbastanza pronta, molto potente, perfettamente modulabile ed estremamente resistente. Il baricentro molto basso e l’interasse lungo riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore, comunque tenuto a bada dall’ABS. Per fermarsi dai 120 km/h le occorrono 4,00 s e 68,33 m, cioè praticamente come la S1000R e non siamo molto lontani dai valori eccezionali rilevati con la Guzzi V100 Mandello.

La decelerazione media è intorno agli 0,9g e l’assetto in frenata è assolutamente irreprensibile, grazie all’interasse lungo, alla sospensione Duolever e in generale all’ottimo assetto. La frenata integrale è molto ben fatta, perché consente di avere un comportamento perfettamente bilanciato dei freni usando solo la leva al manubrio, mentre il pedale consente di timonare efficacemente in curva. L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering all’epoca non era disponibile, quindi è interessante notare la differenza: qui se si pinza violentemente con l’anteriore in piega la moto si scompone eccome; sull’asfalto asciutto non si rischia più di tanto, spavento a parte, ma sul bagnato è un accessorio che sicuramente fa la differenza per un principiante e comiunque per chi non è allenato alla guida sportiva.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della K1200GT è relativamente leggero anche alle bassissime velocità – il trucco sta nella forte inclinazione dell’asse di sterzo – pronto quanto serve ed estremamente preciso anche alle alte velocità. La sospensione Duolever ammette un po’ di affondamento e consente di sentire l’avantreno piuttosto bene, più che con il Telelever delle R e della vecchia K1200GT a sogliola.

Il molleggio, che ovviamente è di tipo non adattivo, realizza un compromesso di livello eccellente. La moto è tendenzialmente un po’ più rigida delle GS e delle RT dell’epoca, ma l’assorbimento delle sconnessioni rimane di livello superiore per una stradale, anche se non raggiunge i livelli delle maxienduro, la le cui sospensioni dispongono di escursioni nettamente più ampie. Sullo sconnesso duro si nota l’azione del leveraggio progressivo, che impedisce al mono posteriore di andare a pacco brutalmente.

Se è presente il sistema ESA, le differenze tra una regolazione e l’altra non sono estreme. In Comfort la moto è morbida, ma è comunque assente qualsiasi sensazione di galleggiamento, e diventa leggermente più ferma in Road e ancora un po’ più rigida in Sport, ma comunque senza mai diventare veramente scomoda. Con le sospensioni standard, la regolazione del freno idraulico posteriore consente praticamente di ottenere uno qualsiasi dei comportamenti sopra descritti.

In città

La K1600GT è pesante e lunga, ma in città si muove sorprendentemente bene, grazie alla sella non troppo alta e piuttosto stretta anteriormente, al baricentro molto basso – ho misurato personalmente 54,1 cm da terra – allo sterzo sempre abbastanza leggero, all’ampio angolo di sterzata e alla facilità di gestione di gas e frizione e, in assenza di valigie, alla snellezza della carenatura, che è assai più stretta di quella delle RT e, in misura minore, anche delle K1600. Occorre naturalmente un po’ di mestiere per evitare di sbilanciare la moto nelle situazioni più critiche, ma tutto è parecchio più semplice che sulle sei cilindri, che nel 2010 pesavano fra i 31 e i 60 kg in più, e poi sono state ulteriormente accessoriate e appesantite.

Nei trasferimenti extraurbani

A 130 km/h in 6a si viaggia a 4.900 giri/min, un valore non particolarmente contenuto, ma a tale velocità il motore praticamente non si sente, grazie alla relativa silenziosità dello carico, sensibilmente inferiore a quella delle BMW successive, R1200/1250RT e K1600 incluse. Grazie a questo fatto, alla disponibilità di spazio a bordo, alla qualità delle selle e del molleggio, alla protezione dall’aria di ottimo livello, alle vibrazioni sempre piuttosto contenute – senz’altro molto più vicine alle sei cilindri che a qualsiasi boxer – e all’abbondanza di accessori che semplificano la vita a bordo, la K1200GT è senz’altro una delle moto più comode mai costruite, ivi compresi mostri sacri come le K1600 e le Honda Gold Wing. Tutte queste qualità, unite alla potenza esuberante del motore e al rigore assoluto della ciclistica, consentono velocità di crociera impressionanti e difficilmente eguagliabili. L’unico neo in tanta perfezione è la posizione relativamente relativamente alta e arretrata delle pedane, che costringe le ginocchia ad un angolo più chiuso rispetto a tutte le concorrenti, anche se la regolazione in altezza della seduta e la disponibilità di una sella alta consentono di evitare che ciò diventi un problema per i più alti.

Nel misto

So che è difficile crederlo, ma posso garantire che la K1200GT è una belva molto efficace anche nella guida sportiva sul misto. È ovvio che essa dia il meglio di sé nel misto veloce, ma le sue caratteristiche la rendono insospettabilente efficace anche nello stretto, grazie alla precisione di guida, allo sterzo leggero, all’ottimo controllo delle masse sospese, alla possibilità di entrare fortemente pinzati in piega senza problemi garantita dall’avantreno Duolever, a motore e freni di prim’ordine e all’elevata luce a terra garantita dalla carenatura relativamente snella e dalle pedane piuttosto alte. A tale riguardo, se la posizione di queste può limitare un po’ il confort dei più lunghi di gamba, esse ripagano con gli interessi nella guida sportiva, perché il pilota può caricare il proprio peso con particolare efficacia in curva.

BMW K1200GT

Consumi

Nonostante la 6a di potenza, la K1200GT consuma poco rispetto alle concorrenti dell’epoca e si difende bene anche contro la concorrenza attuale. A parabrezza alzato i consumi peggiorano leggermente. Questi i valori a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo, che è di un buon 10% ottimista:

  • a 90 km/h e parabrezza basso 4,0 l/100 km (25 km/l)
  • 90 km/h e parabrezza alto 4,1 l/100 km (24,4 km/l)
  • a 130 km/h con il parabrezza basso 5,1 l/100 km (19,6 km/l)
  • a 130 km/h con il parabrezza alto 5,3 l/100 km (18,9 km/l)

Il consumo tipico nella guida di tutti i giorni è intorno ai 19 km/l su statale, 17 km/l in autostrada e 13-14 km/l in città, con una media nell’uso misto tra i 16 e i 18 km/l. Il serbatoio da 24 litri consente percorrenze medie sui 400 km.

Conclusioni

GT significa Gran Turismo e questo è esattamente quello che questa moto sa fare: viaggiare alla grande. L’insieme che essa offre di prestazioni di assoluto rilievo, confort eccellente, posizione di guida sportiveggiante, vibrazioni molto limitate e comportamento irreprensibile in tutte le situazioni della guida è a mio parere imbattibile. L’unica moto che offre tutte le stesse qualità è la K1300GT, che le è subentrata alla fine del 2008, sostanzialmente uguale, ma con qualche cavallo e kgm in più. La K1600GT, che ha sostituito la K1300GT dopo soli due anni dal suo lancio, ha una dotazione elettronica più moderna – che comunque sarebbe stata ugualmente adottata sulla K1300GT, se fosse rimasta in listino – si guida altrettanto bene e ha un magnifico e vellutato sei cilindri in linea, ma è più assetata e pesa parecchio di più, tanto da richiedere molta più attenzione nelle manovre. Capisco il prestigio di avere un motore del genere nella gamma, ma togliere le quattro cilindri fu un atto di ingratitudine nei confronti dei loro neoproprietari e una perdita per il motociclismo in generale.

Oggi le sport tourer non sono più di moda, il mercato delle moto da viaggio vuole solo maxienduro e crossover. La gente sogna la libertà di andare dove vuole e le case costruttrici si adeguano, anche se poi la maggior parte di queste fabbriche di sogni non lasciano mai l’asfalto. È un po’ come per le auto, dove SUV e fuoristrada vendono più dei modelli normali, che però tengono molto meglio la strada e consumano nettamente di meno. Ma il mercato delle quattro ruote ha comunque volumi enormi e consente comunque a tutti di trovare modelli adatti ai propri gusti, mentre nelle due ruote, dove i numeri sono al confronto esigui, gli amanti delle Gran Turismo sono condannati ad attaccarsi al passato o a turarsi il naso e comprare mezzi che fanno un sacco di scena, ma non offrono lo stesso piacere alla guida.

Pregi

  • Moto solida e ben costruita
  • Motore potente ed elastico
  • Frenata integrale potente, equilibrata, ben modulabile e resistente
  • Eccellente maneggevolezza in rapporto al peso
  • Guida molto efficace anche nel misto
  • Confort superiore
  • Dotazione di accessori notevole per l’epoca e ancora valida oggi

Difetti

  • Comandi elettrici non standard
  • Indicatori di direzione che si disinseriscono un po’ troppo presto in alcune circostanze
  • Innesto della prima rumoroso.

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Prova della Moto Guzzi V100 Mandello 2023

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Il DNA ritrovato

Premessa

Per chi non mi conosce: non sono mai stato un Guzzista. Conosco ovviamente la Casa di Mandello da una vita – ci sono anche passato davanti l’estate scorsa – e ho sempre saputo vagamente che si tratta di una costruttore con un grande passato e un presente pieno di nostalgia. Il primo breve test che ho effettuato in sella alla Mandello qualche settimana fa (link al video) mi ha molto colpito in positivo, perciò ho organizzato una prova più approfondita. Nel preparare la recensione, mi sono messo a scavare un po’ nella storia di questo marchio e, devo dire, ne sono rimasto affascinato. Questa prova su strada si è quindi trasformata in una vera e propria piccola monografia, in cui non descrivo solo come va la V100, ma anche come si è arrivati a crearla e che cosa essa significa per Moto Guzzi.

Un automobilista a Mandello

Un po’ di storia

Carlo Guzzi, classe 1889, apparteneva a una famiglia milanese benestante. Appassionato motociclista, di carattere sanguigno e poco adatto alle istituzioni scolastiche, non arrivò mai neanche a diplomarsi, ma aveva le idee molto chiare. Alla scomparsa prematura del padre, nel 1906, la famiglia vendette l’appartamento in città e si trasferì nella casa di villeggiatura a Mandello, sul Lago di Como, dove il giovane trovò occupazione presso un’officina meccanica. Allo scoppio della Grande Guerra fu arruolato come motorista nel Servizio Aeronautico della Regia Marina e, dopo aver scoperto che i motori degli aerei erano di gran lunga più avanzati, potenti e affidabili di quelli in uso sui veicoli terrestri, fu folgorato dall’idea di realizzare una motocicletta con un propulsore dalle caratteristiche simili. Con il suo entusiasmo trascinò nell’impresa due commilitoni piloti, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, scelti non solo in quanto appassionati motociclisti. ma anche perché il primo era membro di una famiglia di imprenditori, mentre il secondo era un collaudatore e affermato corridore. Finita la guerra, Ravelli morì durante un volo di collaudo, ma i suoi amici proseguirono. Parodi andò a battere cassa presso il padre Emanuele Vittorio, noto armatore genovese, che acconsentì ad anticipare subito metà della somma richiesta, ma voleva vedere con i propri occhi la moto finita prima di elargire l’altra metà. Guzzi si mise subito al lavoro con impegno, avvalendosi per i calcoli del fratello maggiore Giuseppe, ingegnere, e già nel 1919 sfornò la G.P. 500 (Guzzi-Parodi).

La G.P. 500. Si noti l’albero orizzontale che aziona la distribuzione

Questa moto era talmente avanzata – aveva un monocilindrico orizzontale superquadro a doppia accensione e quattro valvole con albero a camme in testa azionato da un albero a coppie coniche! – che il padre del Parodi, Emanuele Vittorio, acconsentì a finanziarne la costruzione in serie, ma solo a patto che la meccanica fosse semplificata, per renderla più facile da produrre e da vendere. Guzzi deve averci rimuginato un po’, ma alla fine si piegò; dalla G.P. trasse la Normale – si noti la leggera vena polemica – a due valvole con asta e bilanciere, e nel 1921 costituì la Società Anonima Moto Guzzi con i due Parodi – e altri due soci voluti da questi – che molto cavallerescamente rinunciarono a far apparire il proprio nome, in quanto meri finanziatori della sua attività. Come logo fu scelta l’Aquila, cioè lo stemma degli aviatori della Marina, adottato per la comune militanza e in memoria dell’amico scomparso.

A proposito della fondazione, il sito ufficiale della Casa afferma che Moto Guzzi “è la più antica casa costruttrice di motociclette in Europa”, ma in realtà non è del tutto vero. Triumph, nata nel 1884 come fabbrica di biciclette, aveva iniziato a costruire bicicli a motore già nel 1902 e realizzò la sua prima vera motocicletta nel 1915. Però il marchio inglese fallì nel 1985, per riaprire con una nuova proprietà e ragione sociale nel 1990, mentre Moto Guzzi, che pure attraversò varie e anche complicate vicende societarie nella sua lunga storia, non arrivò mai al fallimento né interruppe la produzione.

Giorgio Parodi (qui una sua biografia a cura dell’associazione Giorgio Parodi), che avrebbe alternato la direzione dell’azienda ai suoi impegni come aviatore militare fino alla sua scomparsa nel 1955, voleva a tutti i costi il successo nelle competizioni come veicolo pubblicitario, tanto che vi destinò le prime due Normale, e i successi non tardarono a diventare un elemento distintivo della Casa di Mandello, che tra il 1923 e il 1957 collezionò oltre 3.300 vittorie in competizioni sportive ufficiali. Con simili risultati, Moto Guzzi divenne presto simbolo per eccellenza di sportività e modernità e raggiunse un sempre maggior successo in Italia e all’estero, tanto da diventare nel 1930 il più grande costruttore di moto d’Europa. La spinta all’innovazione era evidente in ogni cosa; basti pensare, tra l’altro, all’indimenticabile GP500 da corsa con motore V8 e distribuzione a cascata d’ingranaggi del 1955, progettata dall’ing. Giulio Cesare Carcano, o alla galleria del vento, fortemente voluta dai fratelli Guzzi, costruita nel 1950 e inaugurata nel 1954, la prima al mondo di un costruttore di motociclette e la prima in assoluto in Europa.

La Moto Guzzi GP500 8V
Test della GP500 nella galleria del vento Moto Guzzi

Questa storia di successo ebbe una svolta improvvisa e fondamentale nel 1957, allorchè i principali costruttori motociclistici italiani – Moto Guzzi, Gilera, FB Mondial e MV Agusta, che all’ultimo cambiò idea – resero noto il loro patto per astenersi congiuntamente dalle competizioni sportive. La decisione fu presa sulla scorta del lancio delle Fiat 600 nel 1955 e 500 nel 1957, i cui prezzi finalmente accessibili dettero il via al boom dell’automobile in Italia. Ciò avrebbe sicuramente provocato una forte contrazione nelle vendite di motociclette, che fino ad allora erano state gli unici mezzi a motore che le famiglie italiane si erano potute permettere, perciò I tre costruttori ritennero necessario risparmiare i notevoli costi legati alle gare, in modo da ridurre i prezzi e migliorare la competitività. Grazie a questa tattica, in un primo periodo le immatricolazioni dei motocicli in Italia continuarono effettivamente a crescere, dalle 251.000 unità del 1957 fino alle 283.000 del 1961, ma da lì presero a scendere inesorabilmente fino al minimo drammatico di 55.000 pezzi nel 1970 (fonte: http://www.ancma.it/wp-content/uploads/2021/11/Immatricolazioni-serie-storica-1.pdf). Allo stesso tempo, però, il reddito medio della popolazione stava aumentando, perciò un crescente numero di appassionati iniziò a pensare alla moto come a un fantastico giocattolo con cui divertirsi nel tempo libero. Le vendite di motocicli cominciarono quindi a risalire, ma questo nuovo pubblico privilegiava i modelli che vincevano le gare, perciò Moto Guzzi si trovò spiazzata, lasciando così la porta aperta alla sempre più agguerrita concorrenza giapponese.

Dopo la morte di Carlo Guzzi nel 1964, la Casa continuò a innovare la produzione e nel 1965 fu lanciata la nuovissima V7, equipaggiata con un 700 cc V2 a 90° trasversale ad aste e bilancieri con trasmissione finale ad albero cardanico progettato da Carcano – già autore della V8 – che sarebbe diventato negli anni la base per una miriade di varianti di cilindrata anche molto superiore ed è tuttora il simbolo per antonomasia delle moto di Mandello. Ma i conti non smisero di peggiorare, perciò l’azienda fu ceduta nel 1967 alle banche creditrici, che per gestirla costituirono la SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche). In questo periodo l’ing. Lino Tonti, proveniente dall’aeronautica e subentrato a Carcano, modificò la V7 per battere il record di velocità della propria classe in pista. L’impresa riuscì, ma la moto era pesante e non adatta alle gare, perciò Tonti ne trasse la ben più leggera V7 Sport nel 1971, che segnò il ritorno di Moto Guzzi nelle competizioni, con buoni successi alla 500 km di Monza e al Bol d’Or. Moto straordinaria e iconica, con il suo particolare telaio attillato e scomponibile in tubi dritti, inizialmente verniciati di rosso per metterne in risalto la novità, batteva le concorrenti giapponesi a 4 cilindri per le prestazioni e la ciclistica di assoluto rilievo.

La Moto Guzzi V7 Sport Telaio Rosso

Purtroppo però costava una volta e mezzo la Honda 750, per cui non risolse i problemi economici dell’azienda.

Nel 1973 Moto Guzzi visse lo smacco di farsi rilevare dalla nemica Benelli, facente parte del gruppo De Tomaso Industries di Alejandro De Tomaso. Come sua abitudine, l’imprenditore argentino lanciò subito un piano di rinnovamento roboante basato sullo sviluppo rapido – di solito a discapito dell’affidabilità – di numerosi nuovi modelli, ma convinto che per rilanciare il marchio bisognasse imitare i giapponesi, abbandonò le corse e lo sviluppo di quella che in seguito sarebbe diventata la 850 Le Mans e piazzò il logo dell’Aquila sul serbatoio di moto Benelli a quattro cilindri in linea. Questa strategia però fu disastrosa per le vendite, perciò De Tomaso tornò a puntare di nuovo sulla V7 Sport, che tra l’altro fu aggiornata con la frenata integrale, riavviò il progetto della Le Mans, impostò nuovi modelli, tra cui la famosa cruiser California, e lanciò un nuovo V2 – denominato small block per distinguerlo dal fratello maggiore – progettato da Tonti e inaugurato con le V35 e V50 del 1977.

La Moto Guzzi 850 Le Mans III

I conti però continuarono ad andare male. In questo travagliato periodo Moto Guzzi passò attraverso varie fusioni e acquisizioni, finché nel 2000 fu ceduta a Ivano Beggio, proprietario di Aprilia. Questi era mosso dall’amore per le creature di Mandello e aveva le migliori intenzioni, ma l’acquisto contribuì a minare la sua stabilità finanziaria e alla fine fu costretto nel 2004 a cedere entrambi i marchi al gruppo Piaggio.

Con la nuova gestione, tuttora in corso, Moto Guzzi avviò una fase di ripresa. Le nuove Breva V1100, Norge, Griso e la maxienduro Stelvio, pur basate su evoluzioni del vecchio big block di Carcano, erano nel complesso moto moderne, grazie anche alla nuova sospensione posteriore a quadrilatero antidive Ca.R.C. (Cardano Reattivo Compatto), e soprattutto nella versione con motore 1200 8V, a 4 valvole per clindro con albero a camme in testa, erano senz’altro all’altezza delle loro concorrenti dirette, cioè le BMW R con motore boxer. Tuttavia, la loro buona carriera commerciale terminò tra il 2011 e il 2016 senza che fosse pronto alcun modello a sostituirle. L’imponente e splendida cruiser California 1400 del 2012 non fu mai premiata dalle vendite e scomparve dai listini nel 2020, per cui le fortune di Moto Guzzi gravarono per lunghi anni in larga parte sulle spalle di due soli modelli, l’eterna cruiser media Nevada, uscita di scena nel 2016, e soprattutto la V7 Classic del 2008. Dichiaratamente ispirata alla V7 Sport del 1971, questa naked era sostanzialmente una versione retrò della Breva prima serie – impostata nell’era Beggio – e come tale era priva della sospensione a quadrilatero Ca.R.C. e montava lo stesso, sonnacchioso 750 cc small block da 48 CV. Si trattava di una moto adatta più a una clientela risvoltini e apericena che allo zoccolo duro degli affezionati dell’Aquila, ma piacque e continua a piacere tuttora a quel pubblico e quindi dobbiamo esserle riconoscenti, perché senza di lei, Moto Guzzi si sarebbe probabilmente estinta.

Moto Guzzi V7 Classic (2008 - 12), prezzo e scheda tecnica - Moto.it
La Moto Guzzi V7 Classic

La cruiser V9 del 2017, equipaggiata con uno small block da 850 cc e 55 CV un po’ ammodernato – aveva anche il ride-by-wire – e soprattutto la successiva e particolarmente ben riuscita crossover V85TT del 2019, con motore sempre da 850 cc ma ulteriormente migliorato – valvole di aspirazione in titanio e ben 76 CV – non passeranno alla storia come avamposti della tecnologia, ma hanno aiutato la V7 a portare ossigeno nelle casse di Mandello e questo ha permesso ai tecnici di lavorare in gran segreto a un nuovo modello che rilanciasse l’Aquila. Il risultato di questo sforzo è stato svelato nel settembre 2021, pochi mesi dopo il centenario dalla fondazione, con questo video.

Dopo una gestazione ritardata anche dalla pandemia, era finalmente nata la V100 Mandello, la moto totalmente inedita con cui Moto Guzzi ha ritrovato il proprio DNA originario di costruttore di moto sportive e innovative. L’ho analizzata a fondo e di seguito vi racconto tutto quello che ho scoperto.

Com’è

Aspetto

Moto Guzzi V100 Mandello

L’aspetto della V100 è Moto Guzzi al 100%, perché richiama in modo evidente alcuni modelli del passato, di cui ripropone l’aspetto generale e diversi elementi stilistici, ma allo stesso tempo è molto moderna e a vederla nel salone in concessionaria accanto agli altri modelli della gamma attuale fa la figura di un F35 in mezzo ai biplani. È caratterizzata da una snella carenatura culminante in un piccolo parabrezza e quindi si pone a metà tra una naked e una sport tourer, una soluzione già vista in passato, per esempio sull’ottima Yamaha TDM. Ovviamente, la novità della linea e la scelta non convenzionale dell’impostazione generale non hanno mancato di dividere la categoria più tradizionalista del genere umano – sì, proprio noi motociclisti – in entusiasti totali e critici perplessi. I commenti di questi ultimi spaziano da “è troppo moderna” a “potevano osare di più” passando per “non è né carne né pesce” a “non si può guardare”, e penso davvero che gli uffici design e marketing facciano un gran brutto mestiere.

A me piace molto, sia per il design in sé, innovativo e non banale, sia perché mi ha fatto subito venire in mente modelli che ho amato molto quando ero ragazzo, come la 850 Le Mans III e la V35 Imola. Tra i vari dettagli, trovo molto belli il faro anteriore full led a sviluppo orizzontale e dotato della ormai classica luce di posizione/diurna a forma di aquila stilizzata, il fanalino a doppia fetta di salame, simile a quello della V85TT, lo scarico corto che lascia in piena vista il bel cerchio posteriore, il raccordo smussato e tipicamente Moto Guzzi tra serbatoio e sella e le maniglie del passeggero aperte posteriormente. Colpiscono il disegno ricercato, la qualità della costruzione e della componentistica e la perfetta integrazione di tutti i particolari; niente è fuori posto e l’insieme trasmette una appagante sensazione di precisione e solidità, ancora migliore di quella già notevole delle California 1400.

La moto è equipaggiata di serie con un raffinato parabrezza a comando elettrico, di cui è disponibile anche una versione maggiorata, e dell’innovativa aerodinamica adattiva, costituita da due deflettori, che a quadro spento sono inseriti nella carenatura del serbatoio, ma possono aprirsi automaticamente grazie a due motorini elettrici, per aumentare la protezione alle gambe e alla parte bassa del corpo. Si tratta di una prima assoluta, che non a caso proviene da un’azienda che ha 70 anni di esperienza in aerodinamica. Le uniche cose simili che conosco sono le alette presenti ai lati della carenatura delle BMW K1600 e delle vecchie K1200LT, che però sono regolabili manualmente.

Versioni e dotazione

La moto è disponibile in due livelli di allestimento, base ed S, che si distinguono per la dotazione di serie e la colorazione. La base può essere bianca – a mio parere molto riuscita – o rossa metallizzata, mentre la S è fornita in due livree bicolori metallizzate di un certo effetto, una grigia e verde e l’altra su due toni di grigio. C’è anche una versione speciale Aviazione Navale, realizzata in 1913 esemplari – come l’anno di nascita del Corpo in cui militarono i fondatori di Moto Guzzi – e caratterizzata da una bella livrea grigia con stemmi e particolari ispirati ai caccia imbarcati.

Moto Guzzi V100 Mandello S
Moto Guzzi V100 Mandello Aviazione Navale

La versione base è equipaggiata come segue:

  • impianto luci full LED con luce diurna
  • cornering lights
  • cornering ABS
  • traction control
  • cruise control
  • riding modes
  • strumentazione TFT da 5″ a colori
  • aerodinamica adattiva
  • parabrezza regolabile elettricamente
  • presa USB sotto la sella del passeggero

La versione speciale Aviazione Navale in più comprende:

  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • numero di serie inciso al laser sul riser del manubrio
  • targa celebrativa
  • telo coprimoto dedicato.

La versione S in più della base offre quanto segue:

  • sospensioni adattive Öhlins Smart EC 2.0
  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • quickshifter bidirezionale
  • sistema di connettività con lo smartphone Moto Guzzi MIA, pienamente compatibile con Android e iPhone.

In afermarket sono disponibili i seguenti accessori.

  • Solo per la versione base:
    • monitoraggio pressione pneumatici (di serie sulla Aviazione Navale)
    • manopole riscaldabili (di serie sulla Aviazione Navale)
    • quickshifter bidirezionale
    • sistema di connettività Moto Guzzi MIA
  • Per tutte le versioni:
    • valigie laterali
    • portapacchi
    • topcase
    • cavalletto centrale
    • antifurto
    • faretti fendinebbia
    • parabrezza maggiorato Touring
    • presa USB supplementare a sinistra del cruscotto
    • paramotore
    • parateste
    • sella confort riscaldabile alta, media o bassa
    • sella confort passeggero.

La V100 è inoltre predisposta per essere equipaggiata con il sistema LCDAS, cioè il radar che segnala la presenza di oggetti negli angoli morti posteriori mediante un simbolo di pericolo sullo specchietto corrispondente e un’area arancione sul corrispondente lato inferiore della strumentazione. Questo accessorio non è al momento ordinabile, ma in Guzzi promettono che sarà disponibile presto.

Avviso del radar posteriore

L’esemplare provato era nella versione base, che comunque offre già una dotazione piuttosto completa.

Ciclistica

La V100 è tutta nuova e non ha praticamente alcun elemento in comune con le altre Guzzi. Il telaio è in tubi di acciaio, con il motore che partecipa come elemento stressato. La forcella è a steli rovesciati, mentre al retrotreno c’è un semplice ed elegante forcellone monobraccio in alluminio incernierato direttamente al motore, con un monoammortizzatore laterale opportunamente inclinato in avanti, in modo da assicurare la progressività del molleggio senza dover ricorrere a cinematismi. Nel monobraccio, che a differenza che sulle altre Moto Guzzi si trova a sinistra, è alloggiato il cardano, le cui caratteristiche – che vedremo nel paragrafo sulla trasmissione – hanno consentito di eliminare la necessità del Ca.R.C., a tutto vantaggio della semplicità e della pulizia estetica.

La versione base monta sospensioni Kayaba, con forcella da 41 mm regolabile nel precarico e in estensione e mono pure regolabile nel precarico – mediante un pomello particolarmente morbido e ben posizionato – e in estensione. La S invece è equipaggiata con sospensioni adattive Öhlins – forcella Smart EC 2.0 da 43 mm e mono Smart TTX EC 2.0 – entrambe regolabili elettricamente in compressione ed estensione, mentre la regolazione del precarico posteriore – in realtà è possibile regolare anche quello anteriore, ma la Casa raccomanda di non toccarlo – è sempre con pomello manuale, scelta che potrebbe non piacere ad alcuni, ma offre il vantaggio di poter personalizzare la regolazione in modo fine in base al peso di pilota e passeggero, anziché dover subire le posizioni predefinite che i sistemi a regolazione elettrica di solito offrono.

La moto pesa 233 kg in ordine di marcia con il pieno di 17 litri e le sue principali quote ciclistiche sono le seguenti:

  • escursione anteriore 130 mm
  • escursione posteriore 130 mm
  • interasse 1.475 mm
  • avancorsa 104 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,7°.

Le misure sono quelle che ci si aspetterebbe da una turistica con velleità sportive. Interessante il valore dell’interasse, mediamente più corto rispetto alla maggior parte delle altre Moto Guzzi.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”. L’esemplare provato era equipaggiato con pneumatici Pirelli Angel GT II, adatti al genere di moto.

Motore

Il motore della V100 conserva lo schema a due cilindri a V di 90° disposti trasversalmente, ma per il resto non ha niente a che spartire con quanto visto in precedenza a Mandello. Caratterizzato da un design particolarmente moderno, è raffreddato a liquido e controllato da un sistema ride-by-wire, ha distribuzione a quattro valvole per cilindro con doppio albero a camme in testa e bilancieri a dito e presenta le teste ruotate di 90° rispetto ai suoi predecessori – aspirazione e scarico ora si trovano rispettivamente sopra e sotto i cilindri anziché dietro e davanti, similmente a quanto fatto in BMW sui boxer raffreddati a liquido – per migliorare i flussi di alimentazione e aumentare lo spazio a disposizione del pilota. È dotato di un albero controrotante, per ridurre quasi a zero la coppia di rovesciamento tipica dei motori ad albero longitudinale, mentre la lubrificazione, definita a carter secco nella scheda tecnica, in realtà è a carter semi-secco – soluzione già vista sulla V85TT – perché la coppa dell’olio, posta comunque nel basamento, comunica con la camera di manovella solo attraverso una valvola lamellare. In questo modo migliora la lubrificazione in presenza di forti accelerazioni e si riduce la formazione di schiume nel motore, con lieve vantaggio nel rendimento e quindi dei consumi. La progettazione molto razionale ha consentito di ottenere un basamento di circa 10 cm più corto dello small block che equipaggia la V85TT, nonostante la maggior cilindrata, e questo assicura una maggiore abitabilità – le teste sono ben lontane dalle ginocchia – e consente la semplificazione del forcellone vista sopra.

Con una cilindrata di 1.043 cc – alesaggio e corsa sono rispettivamente 96 e 72 mm – la potenza massima è di 115 CV a 8700 giri/min con il limitatore fissato a 9.500 giri – e ciò rende la Mandello la moto di serie più potente della storia di Moto Guzzi – mentre la coppia massima, che ha un picco di 105 Nm a 6.750 giri/min, è elevata soprattutto ai regimi medio-bassi – a 3.500 giri sono già disponibili 86 Nm e a 5.500 ce ne sono 100 – e ha comunque un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo.

Trasmissione

Il cambio, pur utilizzando alcuni accorgimenti introdotti sulla V85TT per migliorare la manovrabilità, è tutto nuovo e per la prima volta in Moto Guzzi è disponibile – solo sulla versione S e di serie – l’assistenza alla cambiata sia a salire che a scalare, quest’ultima disinseribile mediante i menù, il che è un’ottima cosa, perché consente al pilota di divertirsi a pizzicare il gas in scalata, cosa che sarebbe impedita dalla logica un po’ ottusa di questi sistemi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti:

MarciaRapporto
Riduzione primaria1,548
1a2,642
2a1,941
3a1,550
4a1,272
5a1,083
6a0,960
Riduzione finale3,166

Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore comincia a tirare con vigore ed esprime la potenza massima sono le seguenti.

MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 4.000 giri/’Velocità a 8.700 giri/’
1a9,337,381,2
2a12,750,8110,5
3a15,963,6138,3
4a19,477,5168,6
5a22,891,0198,0
6a25,7102,7223,4

Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura relativamente corta – la velocità massima coincide praticamente con il regime di potenza massima – rendono possibile viaggiare quasi sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.

La frizione, anch’essa al di fuori dagli schemi classici Moto Guzzi, è multidisco in bagno d’olio e antisaltellamento ed è azionata da una raffinatissima pompa radiale simmetrica a quella del freno anteriore.

L’albero di trasmissione ha un solo giunto cardanico all’uscita del cambio, come tradizione della Casa, è incernierato più in basso del solito ed è particolarmente lungo, grazie alla notevole compattezza del nuovo motore. Grazie a tali caratteristiche, i tecnici Moto Guzzi affermano di aver ottenuto un comportamento analogo a quello delle moto con trasmissione a catena – cioè senza estensione della sospensione in accelerazione – nonostante l’assenza del parallelogramma Ca.R.C.

Freni

La V100 è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini azionate da una pompa radiale attraverso tubi in treccia metallica, mentre al posteriore c’è un disco da 280 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. L’impianto frenante è di tipo tradizionale a canali separati e su entrambe le versioni è presente di serie l’ABS con funzione cornering.

Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la Mandello è equipaggiata di serie con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre in entrambe le versioni le seguenti funzionalità:

  • Cornering ABS – sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva
  • TPMS (Tyre Pressure Monitoring System) – monitoraggio della pressione degli pneumatici, presente solo sulla S
  • MGQS (Moto Guzzi Quick Shifter) – assistente alla cambiate funzionante a salire e a scalare, con la particolarità che si può disattivare da menù l’intervento in scalata
  • Cruise Control
  • Riding mode – sono quattro, Sport, Strada, Turismo e Pioggia e agiscono sui quattro sistemi che seguono:
    • MGCM (Moto Guzzi Controllo Motore) – sistema che varia l’erogazione del motore in rapporto alla posizione del gas
    • MGCT (Moto Guzzi Controllo di Trazione) – sistema antipattinamento che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto
    • MGCA (Moto Guzzi Controllo Aerodinamica) – imposta il funzionamento delle alette poste ai lati del serbatoio, che possono restare sempre chiuse o sempre aperte o si possono aprire al superamento di una certa velocità
    • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni)solo sulla versione S, agisce sulle sospensioni semiattive Öhlins, che mettono a disposizione le seguenti modalità:
      • Automatic Dynamic – le sospensioni si adattano automaticamente al percorso e allo stile di guida
      • Automatic Confort – come il precedente, ma più morbido
      • Manual Dynamic – le sospensioni si comportano come se fossero non adattive
      • Manual Confort– come il precedente, ma più morbido.

Comandi

I comandi al manubrio sono classici, ben fatti e gradevoli anche al tatto.

Nel blocchetto di sinistra sono presenti:

  • sul lato anteriore, la levetta per il devioluci, del tipo che si tira per lampeggiare e si spinge in fuori per commutare in abbagliante
  • il comando di tipo tradizionale delle frecce, dotate in movimento dello spegnimento automatico, che avviene dopo 500 m o 40 s.
  • Il tasto del clacson — la solita robaccia da scooter purtroppo quasi universalmente diffusa — posto correttamente sotto al comando delle frecce (spero che in Honda mi leggano)
  • i quattro tasti classici per la navigazione nei menù, di cui il sinistro (Mode Set) serve solo per confermare e gli altri per spostarsi
  • in alto, il cursore del cruise control di serie che, dopo aver letto il manuale – non perché sia complicato, ma è diverso dal sistema BMW a cui sono abituato – si rivela molto funzionale. Si noti che a differenza che su altre moto, qui non è possibile interrompere la regolazione automatica pizzicando al volo la frizione, perché per riuscirci bisogna proprio tirarla tutta. Abituato (male) a fare così da sempre, ho rischiato di peccare di sodomia con un camion (il primo che coglie la dottissima citazione vince una birra presso il Vinnico Wine Bar a Roma).

Quando il cruise control è spento, lo stesso comando può essere usato per cambiare al volo il settaggio del controllo di trazione con qualsiasi schermata.

Il tasto Mode set del tastierino consente anche di accedere rapidamente alla regolazione elettrica del parabrezza mediante i tasti di navigazione su e giù.

Sul blocchetto di destra ci sono:

  • il razionale tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza
  • in basso, il tasto per cambiare riding mode
  • in alto, il tasto per la commutazione tra luci diurne e notturne – che comunque può essere impostata come automatica mediante il menù – e, con una pressione prolungata, per l’attivazione degli eventuali fendinebbia optional.

Neanche sulla S è previsto il sistema keyless, cosa che aumenta notevolmente la mia già alta stima per la Mandello, visto che, come è ormai noto a chi mi legge, considero questo sistema solo fonte di inutili complicazioni. Per contro è assente il tasto delle quattro frecce, però è possibile impostare la loro accensione automatica durante una frenata di emergenza ed è sempre prevista la loro attivazione negli eventuali casi di avaria grave che comportano il rischio di rallentamento della moto.

Display

La V100 è dotata di serie di una bel display TFT a colori con display da 5″ alloggiato in una cornice contenente varie spie di base: immobilizer/cambio marcia, indicatori di direzione, ABS, cruise control, abbaglianti, avaria motore, traction control, riserva e folle. La navigazione si effettua attraverso i quattro tasti sul blocchetto sinistro e sono disponibili le seguenti schermate.

Schermata base

Dedicata alla guida, è gradevole e mostra in un’unico colpo d’occhio tutto quello che c’è da sapere:

  • tachimetro digitale
  • contagiri analogico
  • livello carburante
  • temperatura acqua
  • marcia inserita
  • riding mode attivo
  • ora
  • temperatura ambiente
  • quando il cruise control è attivo, la velocità impostata
  • quando la moto entra in riserva, l’autonomia residua
  • spia del cavalletto aperto
  • una miriade di altre spie e indicatori di tutti i vari accessori di serie e a richiesta

L’area inferiore è destinata ad ospitare messaggi di allarme e indicazioni di vario genere, mentre un’ampia area a sinistra è dedicata alle seguenti schede, accessibili premendo il tasto destro:

  • due diari di viaggio, uguali tra loro e ovviamente azzerabili separatamente
  • settaggio manopole riscaldate (se presenti)
  • settaggio sella pilota riscaldata (se presente)
  • pressione pneumatici (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative alle chiamate telefoniche (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative a brani musicali (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni diverse relative al sistema multimediale (se è presente il sistema MIA)

A loro volta, i diari di viaggio permettono, premendo i tasti su e giù, di visualizzare in alternativa i seguenti dati:

  • contachilometri totale
  • contachilometri parziale
  • tempo di percorrenza
  • velocita’ massima
  • velocita’ media
  • consumo medio
  • consumo istantaneo
  • percorrenza in riserva (solo con spia riserva accesa)
  • settaggio del MGCT (Moto Guzzi Controllo Trazione)

Schermata Navi

La schermata Navi, disponibile solo se è presente il sistema multimediale MIA, è analoga a quella base e comprende tutte le informazioni importanti e le aree informative inferiore e sinistra già presenti in essa, ma presenta un tachimetro digitale e un indicatore della marcia inserita più piccoli per fare spazio alle indicazioni grafiche relative alla prossima svolta, al limite di velocità corrente e alla svolta successiva, tratte dal programma di navigazione GPS dello smartphone. Altre informazioni appaiono nella barra inferiore – nome della strada percorsa e direzione del nord, mentre l’indirizzo di destinazione è richiamabile tra le schede nell’area sinistra.

Schermata Launcher Menu

Da questa schermata è possibile accedere ai diversi menù disponibili:

  • Vehicle
  • Service
  • Dashboard
  • Riding Mode
  • Multimedia (solo se è presente il sistema MIA)
  • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni, solo sulla versione S).

Ogni menù ha una grafica personalizzata con un’immagine del sistema al quale ogni voce è dedicata, e il tutto è davvero gradevole e ben fatto.

Vehicle

Comprende:

  • Headlamp mode – imposta in automatico o manuale il passaggio da luci diurne a notturne
  • Shift light – seleziona il regime al quale si deve accendere la spia del cambio marcia
  • MGQS down (solo se è presente il quick shifter) – attiva o disattiva il quickcshifter in scalata
  • Emergency brake – attiva o disattiva le quattro frecce nelle frenate di emergenza
  • Calibration – permette di ricalibrare il controllo di trazione nel caso che vengano installati pneumatici di tipo diverso
  • Radar posteriore – attiva o disattiva il radar, se presente
Service

Comprende:

  • Change user code – imposta il codice personalizzato di sblocco in caso di guasto dell’immobilizer
  • Code recovery – ripristina il codice di fabbrica qualora sisia dimenticato il codice
  • Windshield (Parabrezza) – seziona la velocità massima di funzionamento del parabrezza elettrico (130 km/h per il parabrezza standard e 110 km/h per il Touring)
  • altre voci riguardanti il software e riservate all’assistenza
Dashboard

Comprende:

  • Backlight – regola la retroilluminazione del display
  • Clock – regola l’ora e seleziona il formato
  • Units – imposta separatamente le unità di misura di velocità, consumo, temperatura e pressione
  • Language – imposta la lingua del cruscotto tra italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo
  • Riding modes language – imposta la lingua dei nomi dei riding mode tra italiano e inglese
Riding Mode

Permette di personalizzare i quattro sistemi compresi in ciascuno dei quattro riding mode, scegliendo tra i seguenti settaggi:

  • MGCM (e-gas) – 1 = aggressivo 2 = medio 3 = dolce
  • MGCT (controllo trazione) – 1 = spento 2 = minimo 3 = medio 4 = massimo
  • MGCA (alette retrattili) – Off = sempre chiuse On = sempre aperte On-km/h apribili a una velocità impostata a piacere
  • MGCS (sospensioni adattive) – A1 = Automatic Dynamic A2 = Automatic Confort M1 = Manual Dynamic M2 = Manual Confort

I settaggi di fabbrica di tali sistemi sono i seguenti.

Riding ModeMGCM
(e-gas)
MGCT
(controllo trazione)
MGCA
(alette)
MGCS
(sospensioni)
SportaggressivominimochiuseAutomatic Dynamic
StradanormalemediochiuseAutomatic Dynamic
Turismonormalemassimoaperto da 60 km/hAutomatic Comfort
PioggiadolcemedioaperteAutomatic Comfort

Appare curiosa la scelta di impostare il controllo trazione del mode Pioggia sul livello medio anziché massimo.

Multimedia

Presente solo se nel caso che la moto sia equipaggiata con il sistema Moto Guzzi MIA, comprende:

  • Device status – lista dei dispositivi associati
  • Device pairing – associa un dispositivo
  • Reset pairing – resetta tutte le associazioni a dispositivi.
MGCS

Presente solo sulla versione S, permette di impostare i diversi parametri di ciascuna delle quattro modalità disponibili per le sospensioni.

  • In Automatic Dynamic e Automatic Comfort – le modalità adattive – sono disponibili tre parametri: smorzamento anteriore, smorzamento posteriore e sostegno della forcella in frenata, regolabili su una scala da -5 (morbido) a + 5 (rigido)
  • In Manual Dynamic e Manual Comfort, – le modalità non adattive – è possibile regolare elettricamente i freni idraulici in compressione ed estensione anteriore e posteriore su una scala da 1 (rigido) a 31 (morbido).

I settaggi di fabbrica dei parametri delle sospensioni sono i seguenti:

ParametroAutomatic DynamicAutomatic ComfortManual DynamicManual Comfort
Smorzamento anteriore0-5
Smorzamento posteriore0-5
Sostegno della forcella in frenata0-5
Freno idraulico in compressione anteriore2831
Freno idraulico in estensione anteriore520
Freno idraulico in compressione posteriore3031
Freno idraulico in estensione posteriore1015

Illuminazione

La V100 dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e di serie delle cornering lights – le luci per migliorare la visibilità in curva. Esse funzionano con una logica diversa da quella che ho visto su altre marche, perché prevedono un solo faretto per parte anziché i soliti tre e si accendono solo quando la moto si inclina oltre 25° anziché quasi subito. Visto che di solito queste luci sono piuttosto fioche, mi viene da pensare che in Moto Guzzi abbiano badato al sodo e abbiano previsto un aiuto più efficace e solo per quando veramente serve, cioè appunto quando si piega parecchio e il faro punta troppo verso l’esterno. Purtroppo non ho avuto modo di verificarlo, perché di sera ho girato solo in città, dove l’illuminazione pubblica non consente di verificare, mentre in garage mi sono guardato bene dal raggiungere l’inclinazione necessaria. L’anabbagliante e gli abbaglianti funzionano comunque molto bene.

Come su molte moto, sulla V100 non è previsto un sistema veloce di regolazione in altezza del gruppo ottico in funzione del carico. Gli anabbaglianti si regolano individualmente agendo su due viti poste sotto il cruscotto, mentre l’abbagliante si regola con una vite posta sotto al cupolino. È quindi importante regolare il precarico quando si accoglie un passeggero, operazione peraltro resa molto semplice dalla presenza del comodo volantino.

Posizione di guida

La posizione di guida è comoda e molto più da naked che da sport tourer, con il manubrio abbastanza largo e aperto, il busto leggermente inclinato in avanti e le pedane ben distanziate dalla sella e moderatamente arretrate, La sella è abbastanza comoda e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Non è previsto un kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza. Solo in aftermarket è possibile acquistare la sella confort riscaldata, attivabile attraverso i menù e disponibile in tre diverse misure. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa confort 800 mm
  • sella di serie e sella media confort 815 mm
  • sella alta confort 835 mm

Gli specchi sono buoni e ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano in modo evidente e consentono una buona visuale. Se è presente il radar posteriore, contengono l’indicatore di pericolo che si affianca a quello che appare sul display LCD.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella separata abbastanza ampia e comoda – ma non riscaldabile – dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane un po’ più alte rispetto a quelle del pilota, ma che comunque consentono una posizione comoda.

Capacità di carico

La V100 è pensata per viaggiare anche in coppia e può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie rigide bicolore grigio chiaro e scuro da 30 e 29 litri dedicate, belle e ben integrate con la linea della moto, che si agganciano direttamente senza necessità di telaietti e sono chiuse con la chiave di accensione, e con un bauletto da 37 litri pure bicolore che invece richiede l’acquisto del portapacchi specifico. Questo è sicuramente robusto – l’omologazione è per 12 kg – ma non bello né all’altezza del resto della moto, e impone anche una posizione del bauletto un po’ troppo rialzata.

Wide Magazine

È inoltre presente un (molto) piccolo vano portaoggetti sotto la sella del passeggero, dotato di serie di una presa di ricarica USB.

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Come va

Motore

Il nuovo bialbero si avvia prontamente e senza i soliti scuotimenti trasversali tipici delle altre Moto Guzzi, ha un minimo regolarissimo intorno ai 1400 giri/min e all’apertura del gas prende i giri piuttosto rapidamente e non presenta quasi alcuna coppia di rovesciamento, grazie al contralbero anticoppia e al generale lavoro di riduzione delle inerzie. Inoltre, è del tutto privo di rumoracci parassiti dovuti alla distribuzione ad aste e bilancieri o ad altro, mentre lo scarico è civile, ma lascia sempre sentire la bella nota tipica del V2. Insomma, volendo sintetizzare, questo bicilindrico suona decisamente come un Moto Guzzi, ma sembra fabbricato da Honda, e parlando di motori, non saprei inventarmi un complimento migliore.

In movimento, il V2 accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a circa 1.550 giri) a pieno gas con un po’ di vibrazioni e già dai 50 km/h (1.950 giri/min) gira rotondo e inizia a tirare in modo soddisfacente.

In accelerazione, il motore offre una spinta consistente e regolare fin da 2.000 giri, che cresce progressivamente senza salti, diventa notevole già sui 4.000 giri e rimane tale fino al regime di potenza massima, oltre il quale decisamente non conviene andare, perché la coppia si affievolisce subito, anche se il motore continuerebbe a salire di giri senza alcun aumento delle vibrazioni. Non stiamo parlando di una moto strappabraccia, ma c’è abbastanza potenza per divertirsi molto e non soffrire di complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno nell’uso stradale.

La risposta alla rotazione della manopola del gas varia sensibilmente tra le diverse modalità, da dolce in Pioggia a bella pronta in Sport ed è sempre perfettamente adeguata alla situazione. Le diverse modalità di guida non influiscono sulla coppia del motore.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 10 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Accelerazione

La V100 sorprende, perché a sensazione scatta decisamente meglio di qualsiasi altra Moto Guzzi di serie che ho provato in precedenza. Non mi riferisco certo alla V85TT e tanto meno alle V7 e V9, il paragone sarebbe impietoso, ma al Griso 1200 8v, che era la più leggera tra le moto equipaggiate con il big block più potente di sempre (110 CV), ma nonostante questo dava comunque quella sensazione di inerzia da grandi masse volaniche tipica dei V2 della casa, che qui invece è del tutto assente.

Lo spunto alla partenza è immediato, grazie alla prima corta, alla frizione pastosa e alla coppia ben distribuita, e la moto continua ad accelerare con vigore in tutte le marce, spaziate in modo perfettamente uniforme tra loro. Ovviamente non siamo ai livelli di una supersportiva – il rapporto peso potenza è circa la metà rispetto a una 1000 race replica – ma la V100 si difende molto bene nei confronti della concorrenza di cilindrata pari e anche superiore, perché spalancando il gas ce n’è abbastanza per divertirsi parecchio e allo stesso tempo si vive la gratificante sensazione di non essere appesi all’elettronica per sopravvivere, che comunque è discretamente presente a impedire le impennate in prima.

Ho svolto i test di accelerazione in Sport, ma penso che i risultati sarebbero stati pressoché equivalenti anche con le altre modalità.

La V100 raggiunge i 100 km/h con partenza da fermo dopo 4,28 s e 63,1 m e i 200 km/h con partenza da fermo dopo 15,07 s e 554,5 m. L’assenza del quickshifter nella versione base provata fa perdere poco tempo nelle cambiate – circa 0,3 s s, vista la prontezza del cambio, ma impatta anche sullo 0-100, perché il passaggio in seconda avviene a circa 80 km/h; sono quindi sicuro che con la S si possano ottenere tempi ancora migliori. Sulla carta questi tempi potrebbero sembrare a qualcuno non particolarmente esaltanti – in giro si leggono in generale numeri calcolati che non hanno riscontro con la realtà – ma garantisco che sono decisamente adeguati, in sella la sensazione è quella di uno scatto molto brioso.

Ripresa nel rapporto superiore

La 6a relativamente corta della V100 (25,7 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla V100 prestazioni in ripresa di rilievo assoluto. Inoltre, la capacità del motore di girare anche a regimi molto bassi mi ha permesso di effettuare la prova nel rapporto superiore spalancando il gas addirittura da 40 km/h, corrispondenti a 1.560 giri/min, cioè poco sopra al regime di minimo, una prestazione degna di un 4 cilindri. In tal caso le vibrazioni sono ovviamente evidenti, ma il motore riprende senza alcuna esitazione e già a partire già dai 50 km/h inizia a girare bello rotondo e a spingere con decisione crescente.

Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,63 s, un tempo eccellente per una tourer, non solo rispetto alla cilindrata, ma in assoluto, praticamente identico a quello già ottimo fatto segnare dalla mia K1200GT e quasi a livello degli 8,8 s ottenuti con la K1600 6 cilindri. Tradotto in pratica, tutto questo significa che la V100 si muove su strada con la souplesse delle grandi, cioè viaggia bene anche a pieno carico e consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare marcia.

Trasmissione

La frizione in bagno d’olio è relativamente morbida – la pompa radiale fa una grande scena, ma non porta vantaggi evidenti – perfettamente modulabile e resistente agli strapazzi.

Il cambio di serie è perfetto, molto preciso e dalla corsa corta. L’esemplare provato era privo di quickshifter, quindi non posso dire niente al riguardo. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso decisamente veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto; per esempio, sulla possente K1600 a 6 cilindri, che ha la 5a molto vicina alla 6a, se si vuole fare un sorpasso particolarmente veloce, è meglio passare alla 4a.

La trasmissione finale a cardano non presenta giochi evidenti, è perfettamente silenziosa e funziona in modo impeccabile. Posso confermare che si comporta come un Ca.R.C. o un Paralever BMW, ma con una semplicità costruttiva disarmante, davvero complimenti.

Freni

La frenata della V100 è pronta, potente, resistente, perfettamente modulabile e, soprattutto, estremamente efficace, grazie anche al baricentro sicuramente piuttosto basso e all’interasse non particolarmente corto, caratteristiche che riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore. I numeri sono da record: la Mandello si ferma dai 120 km/h in 3,63 s e 64,40 m, lasciando al palo anche una naked da sparo come la BMW S1000R, che necessita rispettivamente di 3,95 s e 69,0 m.

L’ABS è comunque tarato in modo piuttosto aggressivo, perché la decelerazione massima possibile è impressionante – mediamente intorno a 1 g! – e solo nelle frenate di emergenza appare qualche lieve serpeggiamento alla ruota posteriore, che comunque non impensierisce.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della V100 è impeccabile, preciso e pronto quanto si può desiderare e mai affaticante.

La forcella a steli rovesciati Kayaba di questa versione base è molto scorrevole e ben sostenuta anche nelle frenate più violente, mentre il mono nella regolazione di serie è forse un po’ rigido – almeno per la schiena di uno splendido 57enne – ma migliora agendo sul registro a vite. La moto comunque si muove in modo omogeneo, senza scompensi fra anteriore e posteriore, non pompa in alcuna occasione e l’ottimo controllo delle masse sospese che ne deriva rende la Mandello molto efficace e reattiva nella guida sportiva.

In città

La V100 non è leggerissima sulla bilancia, ma il baricentro basso, l’interasse relativamente corto – soprattutto rispetto alla media delle Moto Guzzi – il manubrio abbastanza largo e la compattezza delle dimensioni la rendono molto facile e agile in città. Inoltre è piuttosto snella in vita e questo facilita l’appoggio ai meno alti, che comunque hanno la possibilità di acquistare una sella più bassa. Il motore gestibilissimo – anche nella modalità Sport – e la frizione pastosa completano un quadro ottimo, che sarebbe eccellente se le sospensioni assorbissero meglio le sconnessioni profonde. I romani faranno bene ad acquistare la S con le sospensioni adattive Öhlins.

Nei trasferimenti extraurbani

La V100 è una moto piuttosto comoda, grazie al regime tutto sommato di riposo – a 130 km/h in 6a il motore è a 5.000 giri — all’assenza di vibrazioni fastidiose, alla posizione di guida molto naturale, alla sella comoda e al molleggio un po’ rigido su questa versione base, ma comunque soddisfacente. La protezione aerodinamica offerta dalla snella carenatura è buona; alzando il parabrezza ovviamente aumenta e il flusso d’aria che raggiunge il casco rimane sempre perfettamente pulito. Per chi comunque vuole di più è anche possibile montare il parabrezza maggiorato Touring. Le alette dell’aerodinamica adattiva non hanno effetto sul torace e sulla testa e quindi la loro azione è meno appariscente, ma una volta aperte proteggono bene la parte superiore delle gambe e si rivelano particolarmente utili in caso di pioggia.

Nel misto

Interasse non lungo, coppia alla ruota elevata e sempre disponibile, gas pronto e ben gestibile, cambio efficace, freni superbi, sterzo pronto e preciso e ottimo controllo delle masse sospese donano alla V100 un comportamento piuttosto sportivo anche nel misto stretto, risultato particolarmente interessante, perché abbinato a un confort di buon livello. La guida è davvero gustosa e fa sorridere nel casco anche i piloti più smaliziati.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 21,5 km/l
  • a 130 16,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce – inclusi i test di accelerazione – è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 17 litri consente percorrenze sui 300 km.

Conclusioni

La V100 Mandello è un’eccellente sport tourer, in quanto offre offre un motore vivace dal funzionamento impeccabile e dai consumi più che ragionevoli, prestazioni molto interessanti per la categoria e in particolare una ripresa di assoluto rilievo, un’ottima guidabilità su tutti i tipi di percorso, freni da riferimento, spazio a bordo adeguato per due e per i bagagli, un confort più che buono anche a velocità autostradali e un’elettronica ben fatta e facile da usare.

Ma la cosa che mi ha più impressionato sono la qualità costruttiva dell’insieme e di tutti i dettagli. Sulla Mandello non c’è un cavo o una vite fuori posto, una giunzione tra pannelli imprecisa, una finitura meno che ottima, tutte le componenti sono perfettamente integrate e tutto trasmette una gratificante sensazione di precisione e di solidità nell’uso, anche in particolari insignificanti, come il feeling dei vari pulsanti e delle plastiche o l’apertura impeccabile del tappo del serbatoio o la facilità di rimozione e soprattutto di rimontaggio delle selle. In due parole, la V100 offre, anche in questa versione base, la componentistica raffinata e il fascino delle moto italiane, unite a una costruzione degna delle migliori Honda, e proprio non saprei desiderare qualcosa di meglio.

Fin da quando ero ragazzo, ho sempre visto Moto Guzzi affannarsi nell’inseguire la concorrenza e la grandezza del proprio passato. Ecco, con la V100 la Casa dell’Aquila ha finalmente raggiunto di slancio entrambi gli obiettivi, perché questa è a mio avviso una tra le migliori sport tourer sul mercato e realizza un balzo epocale rispetto al resto della produzione di Mandello. Per ritrovare una moto altrettanto innovativa nella storia della Casa, bisogna tornare indietro almeno fino alla V7 del 1965. Tanto di cappello ai tecnici di Mandello per questo capolavoro; gli auguro il massimo successo nelle vendite e non vedo l’ora di vedere e provare gli altri modelli con lo stesso motore che seguiranno.

Pregi

  • Moto bella, solida e ben rifinita
  • Spazio per passeggeri e bagagli
  • Motore piacevole, potente e molto elastico
  • Freni eccelsi
  • Cambio e frizione impeccabili
  • Bella guida su tutti i percorsi anche alzando molto il ritmo
  • Cruscotto TFT che offre a colpo d’occhio tutte le informazioni necessarie

Difetti

Ho fatto davvero fatica a trovarne uno, ma alla fine ci sono riuscito: il design del portapacchi tubolare optional non è all’altezza di tutto il resto della moto.

Si ringrazia molto la concessionaria Moto Guzzi – ApriliaPiaggio “Che Moto!” di Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova della BMW S1000R 2022

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Questa prova della S1000R è ancora più approfondita del solito, perché per la prima volta ho rilevato i dati di accelerazione, ripresa e frenata, sfruttando la sua strumentazione digitale, una telecamera e la moviola di un programma di video editing. Per avere la massima accuratezza possibile ho tenuto conto dello scarto medio del tachimetro rispetto alla velocità GPS, in questo caso intorno al 3%. Da questi dati ho ricavato anche i relativi valori di g e gli spazi.

31-1-2023 Edit. Ho scoperto che il tachimetro delle strumentazioni digitali ha un ritardo, in questo caso di circa 0,3 secondi. Ho quindi corretto i dati, che quindi sono leggermente migliori di quanto avevo scritto in prima battuta.

Cavallo di razza

Introduzione

Correva l’aprile 2007 quando BMW, la Casa bavarese nota per per le sue moto da turismo spinte da motori boxer, comunicò che avrebbe partecipato al campionato Superbike. Sembrava più una battuta, ma i tedeschi che l’avevano pronunciata erano serissimi; se scherzavano, dovevano aver studiato da Buster Keaton.

A onor del vero, BMW non faceva solo tranquille bicilindriche; tra le altre cose, da vent’anni anni produceva anche eccellenti moto da turismo a quattro cilindri, le K, che dal 2004 avevano fatto un salto tecnologico e prestazionale notevole, allorché la pesante K1200RS aveva lasciato il posto a una gamma di moto decisamente più moderne e leggere, che comprendeva tra l’altro la K1200R, che al suo lancio era la naked più potente e veloce del mondo. Per questa moto BMW aveva anche messo su un campionato, la BMW Motorrad Power Cup.

Ma questa era l’unica attività agonistica di BMW, senza contare che le K erano rimaste un prodotto sostostanzialmente di nicchia nella gamma BMW, apprezzato solo ad un gruppo di appassionati. Per il grande pubblico dei motociclisti le moto tedesche avevano i cilindri sporgenti ai lati, il cardano che le sbilanciava e vivevano lontano dalle piste.

Finchè, nell’aprile del 2008, BMW diffuse questa foto.

Uno shock. Una roba del genere in BMW non si era mai vista, e per giunta sembrava giapponese. Si trattava della versione da pista della S1000RR, la belva che non vinse il campionato SBK – e continuò a non vincerlo anche in seguito – ma spostò talmente in alto l’asticella nella categoria supersport stradali, da diventarne regina indiscussa e da rimanere tale per molti anni a venire.

Con una base del genere, era ovvio ricavare una naked da sparo e fu così che la fine del 2013 vide il lancio della BMW S1000R, essenzialmente una RR spogliata della carena e con il motore depotenziato a “soli” 160 CV. Sulla carta il dato poteva sembrare ad alcuni deludente – era da poco apparsa la KTM 1290 Super Duke R che ne aveva 180 – ma in realtà la nuda bavarese si rivelò essere una belva dalle prestazioni notevoli, forte anche di una maggior coppia rispetto alla sorella da pista.

Nel 2019 fu lanciata la nuova S1000RR, completamente rinnovata e alleggerita rispetto alle serie precedenti e dotata di un nuovo motore con variatore di fase più potente ed elastico. Da questa nuova belva nacque alla fine del 2020 la nuova naked S1000R, oggetto di questa prova.

L’esemplare provato è un MY 2022, rimasto immutato anche per il 2023, ed era equipaggiato con cerchi standard e pneumatici Dunlop Sportsmart Mk3, decisamente adatti al genere di moto.

Com’è

Aspetto

La S1000R ricalca l’impostazione generale della serie precedente, della quale però non condivide praticamente alcun componente. Il gruppo ottico, diventato singolo e simmetrico, è lo stesso della F900R, ma per il resto la somiglianza tra le due moto non è molto spiccata; la S ha un’aria molto più cattiva, quasi postatomica, a causa del disegno di tutti i particolari, incluso il telaietto posteriore a traliccio. Interessante è la riduzione del peso rispetto alla vecchia serie da 207 a 199 kg in ordine di marcia e con il pieno, ottenuta principalmente nel motore – con l’aiutino della rimozione delle pedane e della sella del passeggero, che sono optional. Altrettanto interessante è il fatto che la S pesa 13 kg meno della F900R bicilindrica.

La scelta di fornire la moto di serie in configutrazione monoposto è coerente con la sua impostazione generale, chiaramente rivolta a motociclisti che intendono girare anche in pista; infatti, il portatarga e altri particolari sono smontabili facilmente.

Ciclistica

Telaio e sospensioni della S1000R sono quelle caratteristiche della nuova serie S. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm, è dotata di ammortizzatore di sterzo ed è regolabile nel precarico, in compressione (stelo sinistro) e in estensione (stelo destro), mentre al retrotreno c’è un forcellone bibraccio a capriate in alluminio con un cinematismo progressivo di tipo Full Floater Pro – per una spiegazione dettagliata della storia e del funzionamento di questo schema si veda il mio articolo Sospensioni full floater – e monoammortizzatore pure regolabile in precarico, compressione ed estensione. La particolare geometria della sospensione posteriore consente non solo di avere un assorbimento progressivo, ma anche di tenere il mono a notevole distanza dal motore e dal calore da esso emanato, in modo da assicurarne la massima costanza di funzionamento.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 120 mm (120 mm)
  • escursione posteriore 117 mm (120 mm)
  • interasse 1450 mm (1.439 mm)
  • avancorsa 96 mm (98,5 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,2° (24,6°)

Si nota lo sterzo dalle quote ancora più sportive.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”, ma con i cerchi forgiati M disponibili a richiesta viene fornito uno pneumatico 200/55 ZR 17.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero montato trasversalmente e con distribuzione a quattro valvole per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulle R e XR non solo al di sopra dei 10.000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5.000 e i 7.500, regimi importanti su una moto stradale.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000R, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1.000 cc. C’è da dire però che mentre sulla XR questa relativa fiacchezza ai medi si nota, sulla R la maggior leggerezza, la destinazione d’uso sportiva e il prezzo nettamente inferiore giustificano in pieno la scelta.

Trasmissione

Come sulla S1000XR – e a differenza che sulla S1000RR – il cambio su questa nuova serie presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5.900 a circa 5.500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione, sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia S1000R e delle S1000RR nuove e vecchie):

RapportoValore
Riduzione primaria1,652
1a2,647
2a2,091
3a1,727
4a1,476 (1,500)
5a1,304 (1,360)
6a1,167 (1,261)
Riduzione finale2,647

Le velocità risultanti alle quali il motore entra in coppia ed esprime la potenza massima sono le seguenti. Con lo pneumatico 200/55 ZR 17 optional i valori aumentano di un 2% scarso.

RapportoVelocità a 7.000 giri/’Velocità a 11.000 giri/’
1a73,0114,8
2a92,5145,3
3a112,0175,9
4a131,0205,9
5a148,3233,0
6a165,7260,4

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter BMW, funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000R è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Nonostante la destinazione d’uso spiccatamente sportiva, qui non c’è la pompa radiale che equipaggia la S1000RR, mentre i tubi sono come da tradizione BMW in treccia metallica. Se sono richiesti i cerchi forgiati M, i dischi anteriori sono quelli della S1000RR, con lo spessore maggiorato a 5 mm.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000R, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre di serie i seguenti accessori.

  • Riding mode – Comprende le modalità di guida Rain, Road e Dynamic.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva. Il suo comportamento cambia in base alle modalità di guida e può disattivato o limitato alla sola ruota anteriore.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • HSC (Hill Start Control) – Sistema che, tirando con forza la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.

A richiesta c’è quanto segue.

  • Modalità di guida Dynamic Pro – È completamente configurabile e include anche quanto segue.
    • Launch Control – Regolatore automatico dei giri in accelerazione per l’uso in pista. Si attiva tenendo premuto il tasto d’avviamento finché sul display appare il numero dei lanci ancora possibili senza surriscaldare la frizione, Una volta attivato, Si parte tenendo il gas spalancato e il sistema si incarica di tenere il motore a 9.000 giri fissi e scaricando a terra la quantità di coppia ideale. Si disattiva oltre i 70 km/h o se si chiude il gas o si frena o se l’inclinazione della moto diventa eccessiva.
    • Pit Lane Limiter – Limitatore dei giri in prima. Una volta attivato mediante il menù Impostazioni – Pista e fissatato il regime tra 3.500 e 8.000 giri, se si viaggia in prima con il gas spalancato e il tasto di avviamento premuto, il motore rimane al regime impostato finché si rilascia il tasto.
    • Wheelie Control – Controllo dell’impennata regolabile mediante il menù Impostazioni.
    • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che controlla automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
    • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che nelle frenate di emergenza aumenta la pressione sul freno posteriore e azzera eventualmente il gas erroneamente aperto, migliorando la stabilità della moto e gli spazi di frenata.
    • HSC Pro – Assistente alla partenza in salita avanzato, che può essere configurato anche per inserirsi automaticamente a moto ferma e frenata, senza dover tirare con forza la leva del freno.
  • DDC (Dynamic Damping Control) – Sistema di sospensioni autoadattive che agisce regolando automaticamente i freni in estensione delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. La particolarità di questo sistema rispetto al D-ESA che di solito equipaggia le BMW è che qui è possibile settare manualmente tutti i parametri di entrambe le sospensioni – precarico e freni in estensione e compressione – in modo da cucirsi il DDC su misura.
  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il DDC è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori (questo è quello che c’è scritto sul manuale d’uso, ma se è vero, la coppia è comunque nettamente superiore che in Rain)
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro

Modalità di guida completamente personalizzabile, in cui le impostazioni rimangono memorizzate anche dopo lo spegnimento del quadro.

  • Funzione cornering dell’ABS Pro disattivata
  • ABS disattivabile solo al posteriore o totalmente
  • DBC disattivabile
  • risposta dell’acceleratore normale o dolce
  • coppia massima o ridotta nelle marce inferiori
  • freno motore medio o minimo
  • DTC per ottenere prestazioni massime, regolabile
  • anti impennata che consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile e disattivabile

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1.000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Sorprendente il fatto che il gas non preveda una regolazione rapida neanche nella modalità Dynamic Pro. Probabilmente in BMW temono che, viste le notevoli prestazioni del motore e la leggerezza della moto, il comando diventi troppo brusco.

Inoltre, ho notato durante il test – piuttosto approfondito dal punto di vista delle prestazioni – che la limitazione della coppia nelle marce inferiore è netta in Rain, ma non in Road, che sembra come comprtamento molto più simile alla modalità Dynamic. Questo ha le sue conseguenze sulla guida d’attacco, come vedremo in seguito.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard e dispongono dello spegnimento automatico. La loro logica, analoga a quella già vista sulle F900 – ma non sulla K1600B – è molto sofisticata e particolarmente funzionale. La novità è che qui il comando si comporta diversamente se lo si aziona brevemente o se si prolunga la pressione.

Con un tocco veloce, le frecce si spengono:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

Con un tocco prolungato, le frecce si spengono sempre dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità. Da qualche prova fatta, emerge che a 130 km/h i lampeggi sono 14, mentre riducendo la velocità aumentano.

Questa logica è molto funzionale e risolve un antico problema di questo sistema, cioè la necessità di ripetere l’azionamento quando si vuole segnalare l’uscita da un tratto autostradale.

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando verso l’esterno la stessa leva.

Il clacson — una roba tristissima da scooter, come quasi sempre sulle moto — è azionato dal pulsante correttamente ubicato sotto al comando delle frecce – la presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto a bilanciere per disattivare il DTC, che con il sistema opzionale DDC consente di regolare anche sospensioni descritto più sopra e i, se presente, comandi del pratico cruise control BMW, pure in opzione.

Sul blocchetto di destra sono presenti il tasto per le modalità di marcia, descritte più sopra, quello per le manopole riscaldabili optional con tre opzioni – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza. Il tasto di accensione gestisce anche, se presenti, il Launch Control e il Pit Lane Limiter.

Di serie è attualmente disponibile il sistema Intelligent Emergency Call, per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. In tal caso è presente un blocchetto supplementare a destra con un grosso pulsante rosso protetto da un coperchio di sicurezza sollevabile facilmente e identificabile dalla scritta SOS, per evitare chiamate accidentali. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi funziona anche senza smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente – e in modo diverso in base alla sua gravità – il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati nel blocchetto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità. Interessante il fatto che la centralina del sistema può essere rimossa senza attrezzi per l’uso in pista.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema non agisce sul tappo del serbatoio, che deve essere sbloccato con la chiave. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, perché è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e soprattutto mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla routine – chiave che cade da una tasca aperta o dimenticata nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Per quanto riguarda i comandi a pedale, sono da segnalare le pedane sportive regolabili optional e, di serie, l’interessante possibilità di invertire la funzionalità della leva del cambio – cioè prima in alto e tutte le altre marce in basso – per l’uso in pista. La leva del cambio prevede due occhielli per il fissaggio dell’asta di rinvio, uno davanti e uno dietro al proprio perno. Per ottenere l’inversione, basta spostare il rinvio da un occhiello all’altro.

Strumentazione

La S1000R è dotata di serie della strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW, alloggiata come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore. Come di consueto, la strumentazione azionabile per mezzo del Multicontroller — la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra — e del tasto Menu posto sul blocchetto sinistro.

La strumentazione prevede diverse visualizzazioni di cui alcune dedicate alla guida e altre alle informazioni accessorie. Le informazioni di base — velocità, marcia inserita, ora e temperatura ambiente, eventuale attivazione della commutazione automatica dell’illuminazione diurna — sono presenti con qualsiasi visualizzazione mentre le altre appaiono solo in alcune modalità oppure sono alternative tra loro.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard, semplice ma di un certo effetto, che oltre alle informazioni di base mostra una grande e scenica barra del contagiri e uno solo dei dati presenti nelle schermate Il mio veicolo o Computer di bordo (per esempio, livello carburante, chilometraggio parziale ecc.).

La visualizzazione Sport è caratterizzata da un bel contagiri analogico semicircolare posto al centro dello schermo e da alcuni interessanti indicatori:

  • riduzione dei giri motore indotta dall’intervento del DTC, istantanea e massima, in %
  • inclinazione istantanea e massima per i due lati, in gradi
  • decelerazione istantanea e massima, in m/s2

La visualizzazione Sport 2 è esteticamente simile alla 1, ma è pensata per l’uso in pista e quindi mostra i seguenti indicatori:

  • riduzione dei giri indotta dal DTC istantanea e massima, in %
  • tempo sul giro attuale
  • tempo sul giro migliore — può essere scelto quello odierno o il migliore di sempre
  • distacco dell’ultimo giro concluso o di quello attuale rispetto al giro migliore scelto

I tempi sul giro vengono marcati mediante la levetta del devioluci, oppure automaticamente attraverso il GPS Laptrigger M, un registratore di dati della guida in pista realizzato dall’azienda tedesca 2D e disponibile in aftermarket a condizione che sia stata richiesta la relativa predisposizione. Il registratore tiene traccia dei principali paramentri della moto in tutti i momenti del giro e consente un’analisi approfondita di tutte le fasi della guida.

La visualizzazione Sport 3 ha un aspetto completamente diverso e mostra gli indicatori della Sport 2, più l’angolo istantaneo e massimo di piega.

BMW S1000RR 2019: rompiendo moldes
Schermata Sport 3 della S1000RR. Quella della R è uguale, ma ha il fondo scala a 12.000 giri.

La visualizzazione Mio veicolo permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
  • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
  • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
  • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
  • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
  • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control.

La schermata Navigazione funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display l’indicazione semplificata della rotta con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni. Inoltre, attraverso lo smartphone è possibile avere in qualsiasi schermata la visualizzazione del limite di velocità corrente, ricavato dalle mappe GPS.

La schermata Media funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica presente nel dispositivo, con un motore di ricerca particolarmente ben fatto.

La schermata Telefono funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

La navigazione GPS avviene attraverso le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); c’è ovviamente l’audio nel casco, non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

Tra gli optional non ho trovato la predisposizione per il navigatore, immagino comunque che sia disponibile in aftermarket.

Illuminazione

La S1000R dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Adaptive Light Control, un sistema di luci adattive che si attiva con l’inclinazione della moto e consente una più profonda illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico anteriore, di forma vagamente trapezoidale e uguale a quello della F900R, ed è diviso in tre parti, dall’alto in basso anabbagliante, luce di posizione/diurna e abbagliante, fiancheggiato dalle luci adattive in curva. Se è presente il sistema adattivo in curva, la R stilizzata al centro del gruppo ottico è retroilluminata.

Come sulla maggior parte delle naked, neanche sulla S1000R è previsto un sistema pratico di regolazione in altezza del faro in funzione del carico, ma è necessario allentare le viti di fissaggio. In questo caso, vista la scarsissima probabilità che questa moto vada in giro con un passeggero, questo è un non problema.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono ottime, mentre l’illuminazione adattiva non è niente di sconvolgente, perché all’esterno del fascio di luce del faro vero e proprio essa illumina solo in modo limitato la traiettoria lungo la curva, offrendo quindi un vantaggio tutto sommato marginale.

Posizione di guida

La posizione di guida è sportiva, con busto piuttosto inclinato in avanti e pedane abbastanze alte e arretrate, anche se non come sulla RR. Come in tutte le moto sportive del pianeta esclusa la S1000XR, la sella consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Il manubrio è regolabile in due posizioni.

Non è previsto alcun kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile la sella M dedicata all’uso in pista. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa 810 mm
  • sella M 824 mm
  • sella standard 830 mm
  • sella alta 850 mm

Gli specchi, sono quelli standard delle BMW non carenate, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

La moto è venduta come monoposto, ma è disponibile a richiesta un kit di sella e pedane per il passeggero, che comunque deve amare molto il pilota oppure essere un po’ masochista; se poi le due qualità convivono, meglio ancora.

Capacità di carico

Vista l’impostazione spiccatamente sportiva, per la S1000R non è ovviamente disponibile alcun tipo di valigia rigida, ma sono disponibili due borse da serbatoio, due per la sella del passeggero e un kit di borse morbide laterali specificamente dedicate al modello, anche se piuttosto piccole (21 litri totali). Quindi, volendo, ci si può viaggiare, rigorosamente da soli.

Un dato interessante: il peso totale consentito per la moto è di ben 407 kg, quindi con un carico utile di 208 kg; è un valore piuttosto alto per una naked da sparo e la dice lunga sulle capacità della ciclistica.

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Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1.300 giri, e sale intorno ai 2.500 giri a freddo. La rumorosità meccanica è elevata. Il suono allo scarico invece è piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime. Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti bruscamente.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1.700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea grossi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta decisa e regolare fino a 7.000 giri, che dopo tale soglia diventa impressionante, complice la rapportatura corta, e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto.

Nella modalità Rain la coppia nelle marce inferiori – nelle prime tre sicuramente, non mi è parso in quarta – è limitata, pur rimanendo in assoluto piuttosto elevata. Secondo il manuale d’uso la coppia dovrebbe essere limitata anche in Road, ma nella guida ho potuto constatare che in realtà la moto tira in modo nettamente superiore e simile alle mappature più sportive, anche se non posso dire se è esattamente uguale, perché le prestazioni in accelerazione massima sono brucianti ed è praticamente impossibile percepire certe differenze.

Accelerazione

L’esuberanza delle prestazioni è tale che la moto è gestibile solo grazie al DTC e comunque solo fino a un certo punto, perché già a partire dalla modalità Road la ruota anteriore non ne vuole sapere di restare a terra a qualsiasi regime nelle prime due marce e quindi occorre parzializzare il gas se si vuole mantenere una direzionalità accettabile. Il risultato paradossale di questa situazione è che nei test di accelerazione a velocità stradali ho spuntato i tempi migliori in modalità Rain. In particolare, in questa modalità, dove l’elettronica limita la coppia e tiene a bada l’impennata, ho segnato con relativa facilità uno 0-100 in 3,45 s, mentre già in Road in numerosi tentativi non sono mai riuscito a scendere sotto i 3,87 , perché sembra di stare su un cavallo imbizzarrito e si è costretti parzializzare il gas e ad anticipare un po’ la cambiata 1a-2a. Con ulteriori lanci avrei probabilmente fatto meglio, ma non penso che farei meglio che in Rain, e comunque aiuterebbe se la frizione fosse meno brusca – fa perdere parecchi decimi allo spunto – e anche la mappatura Road impedisse del tutto l’impennata.

Le potenzialità della S1000R emergono invece con evidenza sopra i 100 km/h; per toccare i 200 km/h da fermo ho impiegato solo 9,01 secondi – in questo caso il tempo migliore è stato in Road – e in 250 metri!

A titolo di paragone, la mia K1200GT del 2007 con 152 CV, che pure stacca tempi notevoli per una tourer e quasi uguali alle K1600, percorre lo 0-100 km/h in 3,85 s, cioè solo 0,4 s sopra la S1000R, ma per arrivare a 200 km/h impiega 12,46 s e 346 m.

L’andamento dei g mostra chiaramente perché la S1000R non riesce a fare meglio sullo scatto breve, nonostante l’ottimo rapporto peso/potenza; la curva infatti è sostanzialmente costante fino a circa 90 km/h, perché limitata appunto dalla tendenza della moto a impennare intorno a 0,9 g.

Tutto questo conferma quanto avevo scritto tempo fa nel mio articolo Potenza, velocità e accelerazione.

Ho provato a effettuare anche qualche lancio in Road senza usare il quickshifter, per vedere la differenza. Nello 0-100 ho perso 0,11 s, mentre nello 0-200 ho perso 0,74 s. La cambiata assistita fa effettivamente risparmiare un po’ di tempo, ma alle velocità stradali il vantaggio è minimo, ragione di più per non volerlo sulla mia moto.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida , è preciso nell’intervento e poco invasivo e sinceramente mi sembra veramente una stupidaggine disinserirlo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, mentre in caso di massima accelerazione nelle marce basse il sistema interviene – eccome! – anche su asfalto perfetto, vista l’esuberanza del motore.

Purtroppo non ho avuto modo di usare il Launch Control. Su strada non ha senso, ma sarei comunque curioso di vedere se otterrei tempi migliori, anche se non credo che possa fare miracoli.

Ripresa nel rapporto superiore

Nonostante i rapporti siano gli stessi della S1000XR, qui non si ha alcuna impressione di fiacchezza nella ripresa a bassi regimi, per il minor peso e forse anche per la diversa predisposizione mentale – su una crossover da viaggio ci si aspetta qualcosa in più. La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sulle S1000R e XR e, per ulteriore confronto, sulla F900R, in valore assoluto e in rapporto al peso.

S1000RS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm               393393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm1,971,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    480                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm2,41                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000R offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali decisamente superiore a quello della XR. Il passaggio da 40 a 120 km/h avviene in soli 7,43 secondi ed è uguale in tutte le modalità di guida. Non avevo preso i tempi con la XR, che sicuramente fa un po’ peggio, mentre la K1600B percorre la stessa distanza in 8,8 s.

La lieve esitazione intorno ai 150 km/h, ben visibile nel grafico dei g istantanei che segue, corrisponde esattamente al buco presente nella curva di coppia intorno ai 6.500 giri.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza. Però sull’esemplare provato, con circa 10.000 km all’attivo, doveva esserci qualche problema di stacco della frizione – ho provato anche a regolarla, senza miglioramento – perché era praticamente impossibile trovare il folle a moto ferma. Inoltre era presente l’assistenza alla cambiata, che rende la leva più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, e nella guida sportiva, ma è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Il caso che tipicamente mi fa smadonnare è quando sono in un rapporto corto in discesa e voglio passare a un rapporto superiore per evitare l’eccessivo freno motore: a gas chiuso non si può proprio fare. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché posso cambiare quando e come voglio.

Freni

La frenata è potente e resistente. Non ha il mordente quasi violento delle supersportive, il che potrà deludere alcuni, ma comunque è abbastanza pronta anche per un uso sportivo ed è sempre molto ben modulabile anche per chi ha meno esperienza. La forcella si comporta molto bene nelle frenate al limite anche in Road e la moto rimane sempre perfettamente stabile, a differenza della S1000XR, che invece accusa qualche lieve serpeggiamento.

La frenata a partire 120 km/h ha richiesto 3,95 s e 69,0 m.

Il relativo grafico della decelerazione mette bene in evidenza come l’ABS limiti mediamente la decelerazione intorno agli 0,9 g per evitare il ribaltamento.

È davvero interessante notare che la mia K1200GT, nonostante pesi 288 kg, ben 89 più della S, ottiene prestazioni pressoché identiche, visto che nella stessa situazione ha bisogno di 4,0 s e 68,3 m, a dimostrazione di quanto scrissi tempo fa nel mio articolo Si ferma prima una tourer o una race replica?.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000R è preciso e pronto, ma allo stesso tempo meno nervoso alle alte velocità rispetto a quello della serie precedente. Probabilmente il miglioramento è dovuto anche al maggior interasse e alla più efficace sospensione posteriore.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole, mentre il mono dell’esemplare in prova era piuttosto secco anche in modalità Road. Non ho avuto modo di mettere mano alle sospensioni, ma sono certo che le varie regolazioni, che sono mantenute anche se è presente il DDC optional, consentono di renderlo più morbido senza problemi.

In città

La S1000R è molto leggera e snella e consente un agevole controllo ai meno alti, che comunque hanno a disposizione una sella più bassa. Il motore è abbastanza ben gestibile – anche se a volte un pelo scorbutico – perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi regimi è da moto normale, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ brusca. È soprattutto per questo particolare, più che per la potenza, che la S non è molto adatta ai principianti.

Nei trasferimenti extraurbani

I trasferimenti non sono il massimo su una moto del genere, ma la S non è più scomoda della media delle naked, visto che ci si può regolare il molleggio su misura, la posizione non è estremamente caricata in avanti e la sella tutto sommato è accettabile. È anche possibile montare un parabrezza Sport, non presente sulla moto provata. L’ottima stabilità garantita dalla ciclistica, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5.500 giri — e l’assenza di vibrazioni particolarmente fastidiose completano un quadro tutto sommato soddisfacente.

Nel misto

Nel misto la S1000R è un’arma micidiale, specialmente in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto, l’eccellente luce a terra e la prontezza dello sterzo. La manovrabilità nello stretto non è da motard, ma la S si difende molto bene anche qui, grazie anche alla leggerezza. È una moto fatta per andare forte e lo si nota dal fatto che più si alza il ritmo, più la precisione di guida migliora e più ci si sente in sintonia, e una parte del merito va sicuramente anche alla sospensione posteriore progressiva full floater.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 20,4 km/l
  • a 130 15,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce, è stata di 15,0 km/l.

Il serbatoio da 16,5 litri consente percorrenze di 200-250 km.

Conclusioni

La S1000R è un cavallo di razza che mi piacerebbe davvero avere in garage. Non è una moto per principianti né per passisti, ma è fatta per regalare sensazioni che non molte altre moto possono dare, in un pacchetto equilibrato e davvero convincente.

Pagella

Pregi
  • Moto ben fatta dall’estetica aggressiva
  • Motore molto potente, elastico e ben gestibile
  • Freni adeguati
  • Molto efficace nella guida molto sportiva
Difetti
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti
  • Cambio gommoso se presente l’assistenza alla cambiata
  • Sull’esemplare provato (ma non su altri) era quasi impossibile trovare il folle da fermo.

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Prova della BMW K1600B 2023

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Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Introduzione

Il termine bagger viene dall’America e identifica quel genere di moto da viaggio caratterizzato da borse laterali fisse, parte posteriore rastremata verso il basso e ampia carenatura con parabrezza basso, di cui la Harley-Davidson Road Glide è forse l’esempio più tipico.

La K1600B (la “B” sta appunto per “bagger”), presentata alla fine del 2017, è un esempio di come BMW si muove quando approccia un genere tradizionalmente non suo: identifica gli elementi tipici – quelli elencati sopra – ma poi realizza un oggetto assolutamente diverso dalla norma e dotato di uno schema meccanico e in generale tecnico decisamente BMW.

Nel passato, questa stessa filosofia operativa aveva ispirato la creazione della splendida serie cruiser R1200C, basata sul tradizionale bicilindrico boxer. Nel nostro caso, la scelta invece è caduta sorprendentemente sul 6 cilindri 1649 cc della Serie K, che, cilindrata a parte, è quanto di più distante si possa immaginare dal V-Twin americano per design e caratteristiche di funzionamento.

Il risultato di questa operazione è un oggetto sicuramente fuori dagli schemi, ma a quanto pare non ha completamente soddisfatto la voglia di BMW di espandersi in questo settore, visto che nel 2020 ha lanciato anche la R18B con meccanica basata sul nuovo e gigantesco bicilindrico Big Boxer da 1802 cc, assai più vicino alla filosofia americana, e forme decisamente più classiche.

La moto provata è un Model Year 2023. A partire dal MY 2022 sono state introdotte alcune migliorie, quali la strumentazione TFT e, soprattutto, la versione Euro 5 del motore 6 in linea.

Le K1600 nacquero nel 2010 con un motore Euro 3 e quella è appunto la versione che provai nel 2013. Ho sentito qualcuno lamentarsi della successiva serie Euro 4, uscita nel 2016, che sembra aver perso un po’ di smalto in accelerazione, perciò sono curioso di vedere come si comporta l’attuale motore Euro 5, la cui scheda tecnica mostra dati sensibilmente migliori rispetto a quelli delle serie precedenti, sulla carta identici tra loro.

La K1600B condivide l’intera meccanica con le altre K1600, salvo lievi variazioni relative alle sospensioni, per cui tutte le considerazioni che verranno fatte nel seguito valgono per qualsiasi K Euro 5, a meno che non sia specificato diversamente.

Com’è

Aspetto

La linea della K1600B ha sicuramente una personalità diversa da quella delle classiche GT e GTL, ma a mio parere non convince completamente per coerenza. La vista frontale è quella solita, moderna, imponente ed efficiente, solo con un parabrezza più corto, mentre tutta la parte posteriore, ovviamente rastremata verso il basso come il genere vuole, con le sue borse integrate dal disegno affusolato, il codino dal sapore retrò, i due grossi scarichi tagliati a fetta di salame e le luci perimetrali dal disegno molto raffinato, è improntata a un’eleganza leziosa, che a mio parere non si armonizza perfettamente con la parte anteriore.

Le borse laterali, dal disegno più affusolato rispetto a quello delle altre K1600GT e GTL, sono fisse e questo fatto ha reso necessario rendere smontabile il parafango posteriore, per consentire la sostituzione della ruota.

Rispetto alle K tradizionali cambiano un po’ anche le selle e in particolare quella del passeggero, piatta e più ampia del solito, la parte inferiore della carenatura, che è meno estesa e lascia in vista anche il gruppo cambio-frizione e non solo il blocco motore, e il manubrio, che qui è tubolare e nero, ma può essere sostituito a richiesta da un più classico manubrio in alluminio, analogo a quello presente sulla GTL.

Ciclistica

La ciclistica si basa su un robusto telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, concettualmente simile – ma senz’altro più bello a vedersi – di quello delle K a 4 cilindri, al quale è ancorato inferiormente il motore, cosa che permette di limitare la distanza delle travi e quindi la larghezza complessiva della moto. Il motore sporge lateralmente rispetto al telaio ed è lasciato in bella vista da apposite aperture dei pannelli laterali.

Telaio completo delle K1600GT e GTL

Anteriormente è imbullonato uno scatolato in magnesio che sostiene la sezione superiore della carena, il gruppo ottico, il cruscotto e gli specchietti, mentre dietro c’è un telaietto in alluminio estruso, che sulle K1600B e Grand America è più corto rispetto a quello presente sulle GT e GTL e comprende tubolari specifici per sostenere le borse laterali fisse.

Telaietto posteriore specifico della K1600B

Completano la ciclistica il classico monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.

La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante e ereditata dalle K1200/1300, è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo analogo al sistema Honda Pro-Link.

Sospensione Paralever delle K1600. È visibile sopra alla pedalina il triangolo del leveraggio progressivo.

La sospensione Duolever – nome commerciale adottato da BMW per la forcella Hossack – è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio pressofuso che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:

  • una rigidità torsionale nettamente superiore, che dona un’mpressionante precisione alla guida, specialmente alle alte velocità.
  • quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove pressoché verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti interessanti:
    • l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
    • mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
    • in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un ammortizzatore sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.
Sospensione Duolever

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.

  • escursione anteriore 115 mm
  • escursione posteriore 125 mm
  • interasse 1618 mm
  • avancorsa 106,4 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 27,8°

L’unica differenza nelle quote con le K6 GT e GTL è data dall’escursione posteriore ridotta di 10 mm, coerente con l’abbassamento visivo del retrotreno.

Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo. Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – per favorire maneggevolezza e assetto in frenata, mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di una maggiore stabilità.

Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, un po’ per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, ma soprattutto perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi particolari remore al riguardo. Basti pensare che la sport tourer K1300S, capace di oltre 275 km/h, ha un angolo di sterzo di ben 29,6°, simile a quello di una Harley-Davidson Sportster 883 (!).

Inquadrato in questo contesto, l’angolo di 27,8° adottato su tutte le K1600 è piuttosto sportiveggiante. Basti pensare, per fare un confronto con la concorrenza, che l’attuale Honda Gold Wing, del tutto paragonabile alle K inclusa la sospensione anteriore a quadrilatero, presenta un ben più turistico 30,5°.

L’avancorsa invece influisce direttamente sulla pesantezza dello sterzo, perché più essa è lunga, più l’avantreno si muove verso l’interno della curva quando si sterza, opponendo maggior resistenza. Ovviamente, anche il peso gravante sull’avantreno influisce su tale caratteristica. Appare dunque chiaro che la riduzione dell’avancorsa dai 115 mm della K1300GT ai 106,4 mm delle K1600 è stata decisa per favorire la maneggevolezza in considerazione del maggior peso che grava sulla ruota anteriore. Non a caso, sulle 6 cilindri la pressione prescritta è 2,9 bar su entrambi gli assi, contro i canonici 2,5 anteriore e 2,9 posteriore delle K1300.

Le ruote sono in lega – a richiesta sono disponibili i bei cerchi forgiati Classic – con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore.

Motore

A distanza ormai di tredici anni dalla sua prima commercializzazione, il sei cilindri in linea da 1649 cm3 con distribuzione bialbero a 24 valvole e bancata inclinata in avanti di 55° – come sulle K1300 – è ancora un gran bel pezzo d’ingegneria, che assicura a BMW un posto imperituro nell’Olimpo delle moto da Gran Turismo accanto all’altrettanto sensazionale boxer della Honda Gold Wing 1800.

Com’è noto, questa configurazione dei cilindri assicura la quasi totale assenza di vibrazioni – quindi non serve adottare contralberi di smorzamento – e una fantastica fluidità di funzionamento soprattutto ai bassissimi regimi, al prezzo però di un peso piuttosto elevato e di una larghezza notevole, normalmente di circa un 20-25% superiore a quella già importante di un 4 in linea a parità di cilindrata.

Per contenere la dimensione trasversale, gli ingegneri BMW hanno optato per un motore a corsa relativamente lunga (67,5 mm), in modo da limitare l’alesaggio (72 mm) e quindi ottenere un monoblocco più stretto. Ancora più interessanti al riguardo sono la riduzione della distanza tra le canne dei cilindri, limitata a soli 5 mm contro i circa 10 mm generalmente in uso, e il posizionamento degli accessori elettrici accanto al monoblocco e non alle estremità dell’albero motore come di consueto. Tutti questi accorgimenti consentono di limitare la larghezza totale del propulsore a soli 56 cm. Per fare un paragone, il 4 in linea da 1301 cc delle BMW K1300 misura 50 cm. Se immaginassimo di pantografarlo fino ai 1649 cc del 6 cilindri*, la misura salirebbe a 54,1 cm, quindi possiamo dire che BMW è riuscita, a parità di condizioni, a contenere l’incremento della larghezza in un sensazionale 3,5%. Altrettanto significativo è il confronto con il 6 in linea della Kawasaki Z1300 del 1979, che nonostante i “soli” 1286 cc, è largo 63,5 cm, un buon risultato per l’epoca, ma che comunque è il 27% più del BMW 4 cilindri di cubatura analoga.

Pur limitato nella potenza massima possibile da queste scelte, il 6 cilindri BMW è comunque capace di 160 CV, più che abbondanti per una moto da turismo, che per giunta in questa nuova versione Euro 5 sono erogati a soli 6.750 giri al minuto, contro i 7.750 dichiarati delle versioni precedenti. La coppia è ancora più interessante, con un picco massimo di 180 Nm a 5.750 giri al minuto, 5 Nm in più rispetto alle versioni Euro 3 e 4. Il lavoro fatto dai tecnici BMW nell’adattare questo motore alle più stringenti normative antinquinamento è davvero impressionante.

Il grafico, tratto dalla cartella stampa BMW delle K1600 MY 2022, evidenzia, oltre al fatto che ci sono quasi 120 Nm a 1.000 giri (!), un sensibile aumento della coppia massima tra i 3.000 e i 7.000 giri a favore della versione Euro 5 (celeste) rispetto alla Euro 4 (blu), con corrispondente diminuzione del regime di potenza massima.

Per quanto invece riguarda il peso, la bilancia raggiunge i 102,6 kg, che sono decisamente pochi per un 6 cilindri di questa cilindrata, ma tanti rispetto agli 81 kg del 4 cilindri 1300, che offre la stessa potenza massima. Non a caso, la K1600GT prima serie pesava 319 kg, contro i 288 della K1300GT a parità di equipaggiamento.

Trasmissione

Il cambio delle K6 è caratterizzato dalla costruzione su tre alberi – di solito se ne usano due – per ridurne la larghezza all’altezza delle pedane.

Le marce sono nel complesso spaziate normalmente, ma la 2a e la 3a sono relativamente vicine tra loro e lo stesso vale per 5a e 6a. I rapporti sono piuttosto lunghi, con la 6a che consente di viaggiare a 130 km/h a circa 4200 giri, un regime decisamente di riposo.

La frizione è idraulica antisaltellamento e con uno speciale meccanismo di servoassistenza. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

I rapporti di trasmissione, uguali per tutte le K1600 presenti e passate, sono i seguenti:

  • primaria 1,617
  • finale 2,75
  1. 2,230
  2. 1,641
  3. 1,319
  4. 1,101
  5. 0,926
  6. 0,788

Le velocità risultanti ai regimi più significativi alla guida sono le seguenti:

MarciaVelocità all’ingresso in coppia (5.000 giri)Velocità al regime di potenza massima (6.750 giri)Velocità al limitatore (8.500 giri)
1a60,982,2103,5
2a82,7111,7140,7
3a103,0139,0175,0
4a123,4166,5(teorica) 209,7
5a146,7198,0(teorica) 249,3
6a172,4(teorica) 232,7 (teorica) 293,0

La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.

Freni

La K1600GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un grosso disco pure da 320 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la K1600B è ovviamente equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre praticamente tutto di serie.

  • ABS Pro Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • Tre riding mode – Rain, Road e Dynamic.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate, in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso, regola automaticamente il precarico in funzione del peso a bordo e consente di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Cruise più rigida. Si noti che sulla K1600B è assente la possibilità di abbassare al minimo l’altezza, presente su altri modelli, perché vista la sella più bassa non avrebbe molto senso.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che permette di mantenere automaticamente la moto frenata quando è ferma, con il vantaggio di avere le mani libere con entrambi i piedi a terra e di semplificare le partenze in salita. Il sistema può essere impostato per essere attivato manualmente, tirando con forza la leva del freno, oppure per inserirsi automaticamente se si tengono i freni tirati a moto ferma in pendenza per almeno un secondo.
  • RDC (controllo pressione pneumatici) – Sistema che permette di visualizzare la visualizzazione della pressione dei pneumatici e che dà l’allarme in caso di perdita di pressione.

Sulle K1600 è assente il sistema DBC (Dynamic Brake Control), la funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, presente su altri modelli della Casa. Probabilmente si è dato per scontato che un principiante, cui è tipicamente rivolto un aiuto del genere, non si metterebbe mai alla guida di un mostro simile.

La scelta dei riding mode influisce sul comportamento del gas, del DTC e della relativa funzione anti impennata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road e Cruise sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste nei vari casi.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo.

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta con intervento ritardato rispetto alla modalità RAIN
  • anti impennata al massimo

Dynamic:

  • risposta diretta dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto con intervento ritardato rispetto alla modalità ROAD. in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore.

Accessori

Di serie

Oltre a quanto indicato nel paragrafo Aiuti elettronici alla guida, sono presenti i seguenti accessori:

  • strumentazione TFT da 10,25 pollici con opzione Connectivity e navigazione cartografica integrata mediante la app BMW Motorrad Connected
  • illuminazione full led con faro adattivo
  • retromarcia elettrica
  • cruise control
  • manopole riscaldabili
  • selle pilota e passeggero riscaldabili separatamente
  • sistema Intelligent Emergency Call
  • borse laterali
  • vano di ricarica portaoggetti con USB-C
  • parabrezza basso regolabile elettricamente
  • alette retrattili manualmente per ventilazione dinamica
  • trombe bitonali.

A richiesta

Gli optional disponibili di fabbrica sono i seguenti:

  • Pacchetto Comfort:
    • Keyless Ride
    • chiusura centralizzata dei bauletti e degli eventuali vani portaoggetti
    • assistente al cambio
    • sistema di allarme antifurto (DWA))
  • Pacchetto Tour:
    • sistema radio Audio 2.0 con altoparlanti anteriori e predisposizione per il navigatore
    • fari supplementari a LED
    • paramotore
    • pedane avanzate
    • vani portaoggetti
  • illuminazione a terra
  • sella alta (senza sovrapprezzo)
  • Sella Option 719
  • Cerchi forgiati Classic Option 719
  • manubrio in alluminio forgiato
  • cavalletto centrale
  • parabrezza corto brunito
Cerchio Classic Option 719

Sono inoltre disponibili in aftermarket quattro tipi di borse da montare sulla sella del passeggero, diversi particolari cromati e un set di borse interne per le valigie laterali.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, ma con alcune differenze rispetto agli altri modelli dovute alla diversa dotazione di bordo. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione. Inoltre, la diversa funzione attribuita ad alcuni tasti crea in alcuni casi complicazioni evidenti, che vedremo nel seguito.

Le frecce dispongono dello spegnimento automatico, che però può curiosamente essere disattivato attraverso il menu Impostazioni. La loro durata dipende dalla situazione di guida. Non ho provato in dettaglio tutte le situazioni, né il manuale d’uso riporta una spiegazione esaustiva del loro funzionamento, però alla guida non mi sono mai trovato nella necessità di dover reinserire una freccia troppo breve. Se a quadro appena spento si inserisce l’indicatore sinistro, si accendono le luci di posizione in parcheggio, che si disinseriscono automaticamente alla successiva accensione del quadro.

Il tasto del clacson è esattamente dove dovrebbe essere e attiva una coppia di bitonali tali da inchiodare per la sorpresa il traffico circostante, evviva!

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato spingendo verso l’esterno la stessa leva.

Il blocchetto di sinistra alloggia inoltre:

  • il Multi-Controller, cioè il rotellone per navigare e selezionare le diverse opzioni via via presenti sullo schermo
  • il tasto a bilanciere Menu per scorrere tra le diverse visualizzazioni sul cruscotto TFT e i menu
  • il tasto pure a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza, che prende il posto del consueto tasto per disinserire il DTC e selezionare la modalità delle sospensioni D-ESA
  • Il tasto rosso per il lampeggio di emergenza
  • I comandi del pratico cruise control BMW, che è di serie.

Come di consueto, questo viene azionato da una levetta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (ma non se si sale di rapporto usando il quickshifter opzionale) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme brevemente la levetta in avanti o all’indietro, la velocità cresce o descresce di un km/h per volta – o di un mph, in base a come è impostata l’unità di misura nel menù Impostazioni – se invece la si tiene premuta, la velocità impostata aumenta o diminuisce a passi di 10 km/h – o 5 mph – e la moto oto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre quando la regolazione è disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto sinistro trovano posto:

  • Il tasto R per inserire la retromarcia elettrica
  • Il tasto per l’accensione dei faretti supplementari.

Sul blocchetto di destra sono presenti invece:

  • Il tasto per la chiusura centralizzata optional, che prende il posto del comando delle manopole riscaldate
  • Il tasto per la selezione dei riding mode
  • Il tasto a bilanciere per l’avviamento e lo spegnimento d’emergenza del motore.

La chiusura centralizzata chiude le valigie laterali e, se presenti, i vani portaoggetti supplementari. Ciascuna valigia e ciascun vano è comunque dotato anche di serratura a chiave, che se viene bloccata, impedisce l’apertura con la chiusura centralizzata.

Il tasto di avviamento serve anche a muovere la moto in retromarcia. Con motore acceso, cambio in folle, freno tirato e dopo aver premuto il tasto R sul blocchetto sinistro, mantenendo il tasto di avviamento premuto si attiva la retromarcia elettrica, che muove la moto con buona progressione e a velocità facilmente controllabile, mentre il regime del motore sale automaticamente per compensare l’alto assorbimento elettrico del motorino.

Retromarcia elettrica

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto destro, sotto un coperchio ben evidenziato dalla scritta SOS, è alloggiato di serie il tasto del sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi non richiede il possesso di uno smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente, il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati sulla moto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità.

La diversa funzione assegnata ad alcuni tasti comporta il difetto che per gestire molte funzioni – sospensioni D-ESA, manopole e sella riscaldabile anteriore, radio e altre ancora – è necessario accedere ai relativi settaggi nel vasto menù Impostazioni. A dirlo sembra solo un dettaglio da poco, ma spesso la cosa si fa davvero seccante. Per esempio, per accendere le manopole riscaldate al massimo, operazione che di solito richiede la pressione di un tasto dedicato, sulle K1600 – e sulle R1250RT – occorre prima premere il tasto Menu varie volte (dipende dalla schermata in cui ci si trova) per raggiungere il menù Impostazioni, dopodiché bisogna compiere cinque distinte operazioni con il rotellone, ciascuna comprendente uno o più impulsi:

  • in basso fino a Riscaldamento
  • a destra per entrare in Riscaldamento
  • in basso fino a Riscaldamento manopola
  • a destra per entrare in Riscaldamento manopola
  • in alto per selezionare l’intensità da 0 a 5.

E boi bisogna tornare alla schermata iniziale, ovviamente. Tutta questa solfa richiede un dispendio di tempo ed energia mentale sproporzionato rispetto all’azione richiesta. Per giunta, essa deve essere ripetuta ogni volta che si vuole aggiustare la temperatura o spegnere il riscaldamento. Capisco come la complessità delle dotazioni richieda uno sforzo di semplificazione dei comandi, ma qui si rasenta il sadismo.

Nell’evidente tentativo di ovviare a questo problema, BMW ha inserito sulla versione Euro 5 quattro tasti personalizzabili nella carenatura sinistra, a ciascuno dei quali può essere assegnata una funzione specifica. L’intento è lodevole, ma questo da un lato costringe l’utente a un lavoro di programmazione che non tutti hanno voglia di fare – sempre ammesso poi che leggano il manuale d’uso – dall’altro il tasto è in posizione davvero scomoda, e cominque bisonga ricordare quale tasto è dedicato a cosa, o consultare il menù per avere la lista. A mio parere, sarebbe molto più logico restituire al tastino della chiusura centralizzata – la cui funzione peraltro è già svolta dalla chiave! – l’azionamento delle manopole riscaldate, che è il comando che si usa di più, e aggiungere un paio di tasti sopra ai blocchetti della retromarcia e della chiamata di emergenza.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo aquadro spento e entro un paio di minuti dallo spegnimento. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, che è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e – soprattutto – mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla norma – chiave che cade nella tasca dei pantaloni con le pinces o nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Strumentazione

La strumentazione è costituita da un enorme display da 10,25″, esclusivo delle K1600 e della R1250RT, alloggiato come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, fari fendinebbia, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore.

La grande larghezza del display offre la possibilità di dividere lo schermo in due, con la schermata selezionata che si restringe per fare posto a una schermata supplementare più piccola sul lato destro, che può essere scelta tra Computer di viaggio, Computer di bordo, Navigazione e Media. Questa funzionalità elimina l’unico vero difetto delle normali strumentazioni TFT BMW, cioè l’impossibilità di vedere contemporaneamente più di un’informazione del computer di bordo insieme a tachimetro e contagiri.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard e comprende una grande barra del contagiri, il cui settore rosso è più esteso a motore freddo e e si restringe man mano che la temperatura sale, tachimetro digitale, indicatore del limite di velocità (con connessione allo smartphone), indicatore di attivazione del cruise control con la velocità impostata, indicatore della marcia inserita, riding mode corrente, orologio digitale, temperatura ambiente, autonomia residua, e uno solo dei dati presenti nelle schermate Mio veicolo o Computer di bordo – livello carburante, chilometraggio parziale, consumo medio ecc. – e numerose spie secondarie.

La visualizzazione Menu permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Mio veicolo – sistema di informazioni comprendente varie schede selezionabili alternativamente:
    • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
    • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
    • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
    • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
    • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
    • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control
  • Radio – Gestisce la radio digitale di bordo, che può essere ascoltata attraverso gli altoparlanti di bordo – anche con regolazione automatica del volume in funzione della velocità – oppure nel sistema vivavoce del casco
  • Media – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica prsente lnel dispositivo
  • Navigazione – Funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display la mappa con le indicazioni del navigatore impostato sullo smartphone o un’indicazione semplificata con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni
  • Telefono – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

Illuminazione

La K1600B dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led particolarmente sofisticato e decisamente unico nel suo genere. Un unico grande gruppo ottico include ai lati due coppie di proiettori abbaglianti, ciascuna contornata inferiormente dal profilo sottile delle luci di posizione/diurne, mentre il centro è occupato da una coppia di proiettori anabbaglianti collegati alla piattaforma inerziale che governa gli aiuti elettronici alla guida e, ruotando opportunamente su tre assi, seguono la curva della strada e compensano qualsiasi movimento di beccheggio e rollio della moto, in modo da mantenere il fascio luminoso sempre all’altezza corretta e con il bordo superiore perfettamente orizzontale, anche in curva: stupendo!

Il mio test si è svolto di giorno. L’unico modo che ho trovato per vericare il funzionamento del faro era andare in garage. Il video mostra chiaramente il fascio luminoso che rimane orizzontale durante le curve.

Fari adattivi

Sulle K1600 era sempre stato disponibile un sistema funzionalmente simile, ma realizzato diversamente – lì l’anabbagliante era uno solo, lenticolare e fisso, e puntava in alto ad intercettare uno specchio orientabile. Questo sistema però aveva il difetto che l’anabbagliante era un po’ fiacco rispetto ai due potenti abbaglianti allo xeno, mentre qui l’illumunazione a led è abbondantissima in ogni circostanza.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna, che commuta ad anabbagliante automaticamente in caso di riduzione della luminosità ambiente, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso il pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Posizione di guida

La posizione di guida è ottima, come spesso avviene sulle BMW, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura turistica, ma non sbracata, analoga a quella che si ha sulla K1600GTL. La sella è a 75 cm da terra e non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella alta (78 cm), oltre che con la sella Option 719 trapuntata, disponibile con sovrapprezzo.

Le pedane supplementari comprese nel pacchetto Comfort sono piazzate al posto giusto, né troppo alte né troppo avanzate, e consentono una posizione davvero confortevole. Inltre sono incernierate e dotate di piolino inferiore, come le pedaline, e quindi non creano problemi in piega.

Gli specchi, sono grandi – più di quelli della prima serie – e ben piazzati, ovviamente non vibrano e consentono una visuale molto ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una sella molto ampia e confortevole, con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due ampie e comode maniglie. Ne risulta una postura molto comoda.

Capacità di carico

A differenza di tutte le altre K1600, la Bagger non prevede il montaggio del topcase, che comunque si può avere optando per il modello Grand America.

Le valigie laterali fisse dovrebbero avere una capacità di 37 litri l’una, per un totale di 74 litri. Difficilmente questa moto sarà usata per viaggi di coppia, per cui la capacità è sufficiente. Inoltre, nel catalogo aftermarket sono presenti quattro tipi diversi di borse per la sella del passeggero.

La moto è equipaggiata anche con un vano portaoggetti con ricarica USB-C e ventola di raffreddamento, dedicato allo smartphone e posto sopra al display TFT. Per aprire il vano è necessario alzare il parabrezza, che peraltro si abbassa sempre al minimo ogni volta che si spegne il quadro, per evitare furti, e ritorna alla posizione precedente alla riaccensione.

Compresi nel pacchetto opzionale Tour ci sono anche due piccoli portoggetti alloggiati nelle carenature davanti alle ginocchia del pilota, bloccabili con chiave e collegati alla chiusura centralizzata.

Come va

Motore e prestazioni

Il motore delle K1600 ha un carattere unico, diverso anche da quello del 6 cilindri Honda, da cui si differenzia per il sound e il comportamento generale assai più sportivo.

L’avviamento è prontissimo, anche perché ci sono alzavalvole automatici che rducono lo sforzo del motorino di avviamento. Il timbro, cupo e possente, e la rapidità rabbiosa con cui il motore prende i giri all’apertura del gas sono davvero esaltanti e unici.

Una volta partiti il sei cilindri gira etremamente rotondo e fluido, con vibrazioni pressoché inesistenti in tutto, ma proprio tutto l’arco di funzionamento. La coppia disponibile è davvero impressionante anche a bassissimo regime, basti pensare che è possibile spalancare il gas in 6a anche dal regime di minimo, fissato a 900 giri – che corrispondono a 31 km/h – e la moto accelera immediatamente senza che il motore abbia la minima esitazione o sussulto.

La coppia del 6 cilindri è strabordante a qualsiasi regime. La curva ha un andamento quasi semicircolare, che cresce dai quasi 120 Nm al minimo fino ai 180 Nm a 5.750 giri, per poi riscendere poco sotto i 120 Nm in prossimità del limitatore a 8.500 giri. L’allungo non è esaltante, ma l’accelerazione tirando le marce – che sicuramente non è inferiore a quella della prima serie – è comunque di livello decisamente sportivo e impressiona particolarmente quando si mette in conto la stazza della moto. Ancora più che con le versioni precedenti, con questa versione Euro 5 conviene cambiare molto prima del limitatore – in questo caso intorno ai 7.000 giri – per ottenere la massima spinta, perché oltre tale regime si affievolisce parecchio. Nonostante la prima lunga, che richiede un po’ di gioco di frizione, nella mia prova ho staccato il classico 0-100 km/h in 3,8″ e lo 0-140 km/h in 5,9″, tempi che forse potrebbero essere leggermente ridotti maltrattando la frizione. Fino a 100 km/h nessuna moto, neanche una supersportiva, può sognarsi di seminare la K1600 e il suo pilota deve fare fatica per spuntare gli stessi tempi, che sulla sei cilindri invece sono alla portata di qualsiasi motociclista con un minimo di sangue nelle vene.

ÈAccelerazione

La coppia mostruosa consente senz’altro di tirare rapporti più lunghi del solito, a vantaggio del confort e dei consumi. BMW però si è forse fatta prendere un po’ troppo la mano: la 5a e la 6a marcia sono davvero molto lunghe e piuttosto ravvicinate tra loro, perciò finiscono per mortificare la ripresa, complice anche il peso molto elevato. Il risultato, paradossale, è che la K1600 riprende in 6a meno di quanto istintivamente ci si aspetti e, dati alla mano, si comporta peggio rispetto ai vari modelli boxer 1250 e anche rispetto alla S1000XR, che pure alle velocità normali dispone solo di metà della coppia all’albero garantita dal 6 cilindri, ma pesa molto meno e ha rapporti molto più corti. Il passaggio da 40 a 100 km/h in 6a avviene con una souplesse davvero impareggiabile, ma richiede 6,6″, un dato in assoluto molto buono, ma simile a quello della K1300GT con “soli” 135 Nm. Di fatto, per fare un sorpasso davvero veloce conviene scalare un paio di marce, perché anche la 5a è particolarmente lunga, e tutto questo vale anche per questa versione Euro 5, dove l’aumento della coppia ai medi aiuta, ma si limita in media a un 4% in più, che non cambia la sostanza. BIsogna però marcare un punto a favore della K1600, quando si considera che la situazione diventa più favorevole alla sei cilindri se a bordo ci sono anche passeggero e bagagli, perché il loro peso è meno rilevante in rapporto alla massa della moto.

La tabella seguente mette a confronto la coppia disponibile al motore e alla ruota in 6a a 90 e a 120 km/h nei diversi modelli della gamma alta BMW. Come si vede, i valori all’albero sono inarrivabili, ma quello che conta davvero per la ripresa è la coppia alla ruota in rapporto al peso, e in questo caso la K1600 sfigura in 6a rispetto alle sue sorelle a entrambe le velocità.

K16BR1250RTK13GTR1250GSS-XR
Regime corrispondente a 90 km/h in 6a2.6003.1003.4003.3003.800
Coppia all’albero a 90 km/h in 6a Nm15311811211877
Coppia alla ruota a 90 km/h in 6a Nm489482500510393
Coppia alla ruota per kg a 90 km/h in 6a Nm1,421,731,732,051,74
Regime corrispondente a 130 km/h in 6a3.8004.5004.9004.7005.900
Coppia all’albero a 130 km/h in 6a Nm16113011813694
Coppia alla ruota a 130 km/h in 6a Nm515531526588480
Coppia alla ruota per kg a 130 km/h in 6a Nm1,501,901,832,362,12
Tutti i valori sono desunti a partire dai dati e dai grafici di coppia pubblicati da BMW.

Non è una tragedia, sia chiaro, ché già in 4a la K1600 diventa inarrivabile a qualsiasi velocità stradale. Evidentemente, BMW ha inteso creare una moto dalla doppia personalità, estremamente confortevole da un lato e molto sportiva dall’altro, ed è appunto mediante il cambio che il pilota può decidere se essere Dr. Jeckyll o Mr. Hyde.

Il comando elettronico del gas si comporta molto bene, non ha alcun effetto apri-chiudi e ha perso quell’incoerenza tra posizione e risultato che a volte caratterizzava la prima serie. La prontezza del comando cresce passando da Rain a Road a Dynamic, mentre non mi pare di aver riscontrato evidenti variazioni nell’accelerazione a gas spalancato tra le la Rain e le altre mappature. In effetti, nè la cartella stampa né il manuale parlano diuzione della coppia, che però era presente sulle K1600 Euro 3 e, in misura meno accentuata, sulle Euro 4. Probabilmente sulle Euro 5 hanno ritenuto che il il comando del gas progressivo e l’ottimo controllo di trazione DTC fossero sufficienti ad assicurare la sicurezza sul bagnato.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), è preciso nell’intervento e poco invasivo. Può essere disinserito anche durante la guida tramite il menù Impostazioni (ma ci vuole tempo…) e si riattiva ad ogni riaccensione del motore.

Nella modalità Dynamic il propulsore esprime appieno il suo potenziale; la risposta al gas è immediata e il DTC interviene con un certo ritardo, in modo da rendere possibile un certo margine di deriva, piuttosto divertente e mai eccessivo. Il passaggio alle modalità Road e Rain offre una risposta sempre più progressiva del gas e un intervento sempre più conservativo del DTC, fino a impedire qualsiasi accenno di deriva.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 10 e i 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore. Immagino che la Bagger Euro 5 si comporti abbastanza bene, come in genere avviene sulle K.

Trasmissione

Il cambio di serie è leggermente meno piacevole della media BMW, in quanto è sì preciso, ma presenta una corsa leggermente più lunga ed è più rumoroso negli innesti. La frizione è morbida e sicuramente migliore rispetto a quella della prima serie, perché è leggermente meno brusca e non presenta più quei movimenti della leva che si verificavano nel passaggo tra tiro e rilascio.

Come sempre avviene, se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa brusco nella guida sportiva, è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune circostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata o la sensazione di ingranaggi che non si amano. Personalmente, preferisco il cambio tradizionale, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dal comportamento dell’assistente.

La trasmissione ad albero è sicuramente più silenziosa rispetto alla prima serie, che era affetta da sonori “clac” nei passaggi tra tiro e rilascio, ora non proprio assenti, ma senz’altro meno evidenti.

Freni

La frenata è molto pronta per essere una moto da turismo ed è potente, resistente e ben modulabile, alla faccia del peso e delle pinze datate. L’assetto durante le staccate violente rimane irreprensibile, grazie soprattutto all’interasse molto lungo e alla sospensione anteriore antiaffondamento Duolever, che mantiene l’assetto quasi piatto e impedisce l’accorciamento dell’interasse in frenata.

L’ABS non è invasivo ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti in caso di suo intervento. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

ABS Pro in curva

Sterzo e assetto

Lo sterzo è estremamente preciso, abbastanza pronto, leggero quanto basta per rendere la guida agevole, ma allo stesso tempo permette comunque di affrontare una guida anche molto sportiva senza alcuna apprensione.

L’assorbimento garantito delle sospensioni semiattive è ottimo in Road e moto buono anche in Cruise e permette di manenere un bel controllo delle masse sospese e la linea impostata anche sullo sconnesso marcato.

Il comportamento della forcella Duolever è davvero superbo in ogni circostanza, impressionano la precisione di guida fuori dal comune e l’assetto della moto quasi piatto anche nelle frenate decise, e anche la sospensione posteriore Telelever, pur meno originale, contribuisce all’assoluta imperturbabilità dell’assetto. Gli anziani ricordano bene che le BMW e le Guzzi di una volta “canguravano”, cioè si alzavano sulle due ruote in accelerazione e si accucciavano in frenata; quindi non stupisce più di tanto il fatto che ancora oggi incontro persone che, come vedono una BMW, commentano pensose che “il cardano è duro e sbilancia la moto”. Il fatto che il Telelever sia in giro, concettualmente immutato, dal 1988 e che sistemi analoghi siano stati introdotti da tempo anche da altri produttori come Moto Guzzi e Honda non sembra aver intaccato minimamente le loro convinzioni.

In città

La notevole maneggevolezza della moto rende relativamente agevole anche la guida a bassa velocità e nel traffico, bisogna solo fare attenzione agli ingombri e tenere presente la lunghezza della moto quando si svicola tra le auto. Il notevole peso della Bagger, 344 kg con il pieno, si gestisce abbastanza bene in condizioni normali, grazie alla sella a 75 cm da terra, ma in particolari circostanze – per esempio, quanto ci si ferma a uno stop in salita e si deve ripartire curvando a destra – occore prestare molta attenzione a quello che si fa, perché i margini di correzione di un eventuale sbilanciamento sono decisamente più ridotti del solito. Insomma, come con tutte le moto molto pesanti, è indispensabile pianificare con molta cura le manovre.

Nei trasferimenti extraurbani

La Bagger è una mangiachilometri di razza, che garantisce una souplesse di marcia inarrivabile. Il molleggio di ottimo livello – anche se, a essere pignoli, si nota un lieve peggioramento sulle sconnessioni decise, dovuto alla riduzione della corsa posteriore – la granitica stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida molto confortevole, il regime di assoluto riposo garantito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a circa 3.800 giri — l’assenza pressoché totale di vibrazioni e l’ottima protezione aerodinamica concorrono a garantire l apace della mente e quindi un confort di livello superiore. Il parabrezza corto protegge più di quanto si possa credere e ha il grande vantggio di non ostacolare la visuale neanche quando è tutto alzato. In tal caso, flusso d’aria, appena disturbato, colpisce il casco più o meno al centro della visiera, mentre abbassandolo, la protezione diminuisce solo marginalmente – c’è pur sempre una carenatura enorme – ma il flusso d’aria si fa più pulito, quindi le diverse posizioni si equivalgono sostanzialmente e sono più una questione di gusti.

Data la relativa morbidezza delle sospensioni, BMW ha deciso di limitare elettronicamente la velocità massima a 200 km/h, che in teoria (ahem…) dovrebbero essere ridotti ulteriormente a 180 km/h se sono installate le pedane optional. Il limitatore (ri-ahem…) non mantiene la velocità costante, ma produce un fastidioso rimbalzo continuo. Chi intende viaggiare in Germania è avvisato.

Nel misto

La Bagger è una bomba anche nella guida sportiva sul misto stretto. Capisco che leggere una cosa del genere di un mostro da quasi tre quintali e mezzo faccia sorridere, ma posso davvero assicurare che la Bagger non soffre del benché minimo complesso di inferiorità rispetto a qualsiasi altra moto da turismo su qualsiasi percorso e, se guidata con competenza e fiducia nella propria capacità di non fare danni costosissimi, è in grado di lasciare a bocca aperta tanta gente anche navigata su moto molto più leggere. La magia è data dalla perfetta armonizzazione di tutti gli elementi: la coppia straordinaria e l’allungo del motore assicurano accelerazioni fulminee in uscita di curva, ma con tutta la dolcezza che si può desiderare a centro curva, l’avantreno Duolever assicura una precisione assoluta delle traiettorie e consente di entrare fortemente pinzati in piega senza alcuno scompenso, i freni potenti e infaticabili garantiscono decelerazioni da supersportiva, la sella consente di muoversi in ogni direzione senza problemi (si capisce che è una frecciata contro la S1000XR?) e perfino la luce a terra in piega, pur inferiore a quella della K1600GT, ma migliore rispetto alla K1600GTL (almeno per quanto riguarda la prima serie), non delude anche a ritmi piuttosto elevati.

Nel misto

Consumi

Bello il sei cilindri, bello il confort, bello tutto, ma la K1600 beve più delle altre BMW. La media complessiva della prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, un po’ di statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 14,8 km/l. Andando a passeggio si può fare sicuramente molto meglio, ma d’altronde questo vale per tutte le moto.

Conclusioni

A distanza di tredici anni dal suo debutto e nonostante i vari aggiornamenti apportati nel tempo non abbiano stravolto il progetto, le K1600 costituiscono ancora un gran bel pezzo d’ingegneria e un riferimento assoluto per confort e caratteristiche di guida. Lo straordinario equilibrio generale della moto e il sound strepitoso del suo magnifico sei cilindri in linea sono qualcosa che tutti dovrebbero provare almeno una volta, a rischio di innamorarsene perdutamente.

Però, quando al termine della prova sono tornato alla mia K1200GT del 2007, ho ritrovato una moto altrettanto comoda, protettiva e dalle prestazioni velocistiche e dinamiche almeno altrettanto esaltanti sotto tutti i punti di vista, ma più leggera di ben 56 chili, e ho pensato ancora una volta che, BMW non avrebbe mai dovuto abbandonare il quattro cilindri K.

Pagella

Pregi
  • Moto molto ben fatta
  • Motore potente, estremamente elastico e dal sound unico
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • maneggevolezza inaspettata
  • Guida molto efficace anche nel misto
  • Confort di alto livello
  • Dotazione di accessori adeguata
  • Cruscotto TFT molto ben fatto
Difetti
  • Ripresa nelle marce alte mortificata dalla rapportatura molto lunga
  • Peso piuttosto elevato
  • Attivazione macchinosa di parecchi comandi mediante il sistema dei menù

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.


* È un’operazione un po’ grossolana, ma aiuta a capire. Per calcolare l’aumento teorico ho moltiplicato la larghezza del 4 cilindri per la radice cubica dell’incremento percentuale di cilindrata tra questo e il 6 cilindri.

** Sì, lo so che in realtà le curve sono color acquamarina e azzurro, ma noi maschetti di solito conosciamo sì e no 10 colori, tra i quali l’acquamarina non c’è, e non sappiamo esattamente dove si pone lazzurro rispetto al celeste e al blu. Così sono sicuro che tutti capiscono.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova della BMW S1000XR 2023

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Cocciutaggine tedesca

Edit 2 dicembre 2023: la nuova versione 2024, oltre ad avere la potenza massima aumentata a 170 CV, monta finalmente una sella normale, piatta, fatto che risolve l’unico vero difetto di questa moto. Non vedo l’ora di provarla!

Introduzione

La prima BMW S1000XR fu presentata all’EICMA alla fine del 2014, essenzialmente come risposta alla Ducati Multistrada 1200, la crossover con cui Ducati aveva osato sfidare il dominio incontrastato della BMW R1200GS. La belva bavarese sfoggiava ben 160 CV contro i “soli” 125 della recentissima R1200GS raffreddata a liquido e quindi poteva ben dominare sulla Ducati, che ne aveva 150.

Con numeri del genere, ben al di sopra di quanto può servire su strada, le sfide sulla potenza massima mi fanno sinceramente un po’ ridere, ma a quanto pare molti acquirenti amano comprare cavalli che non useranno mai.

Per arrivare a tale risultato, la Casa bavarese sfruttò il quattro cilindri in linea da 999 cc della S1000R, cioè niente meno che il cuore della supersportiva S1000RR, opportunamente depotenziato di 33 CV. L’impostazione corsaiola è evidente soprattutto nelle misure di alesaggio e corsa, rispettivamente 49,7 e 80 mm, che consentono altissimi regimi di rotazione e altrettanto elevata potenza massima, una caratteristica che si riverbera in diverse altre caratteristiche, tra cui i consumi non bassi.

L’uso di un quattro cilindri in linea su una crossover non era una novità assoluta; Kawasaki aveva fatto la stessa cosa con la Versys 1000 del 2009, ma i giapponesi avevano puntato su un motore meno sportivo, il 1043 cc da 138 CV della Z1000, e la loro proposta si collocava in una fascia di prezzo inferiore.

Quattro anni dopo, alla fine del 2018, BMW presentò la nuova S1000RR, completamente rinnovata rispetto alla serie precedente. Il suo pezzo forte era il nuovo motore, più stretto, leggero e con ben 207 CV (in seguito aumentati a 210) e 113 Nm e per giunta dotato di variatore di fase, per assicurare una curva di coppia molto favorevole anche ai medi regimi (ci sono già 100Nm a 5500 giri).

Naturalmente, anche dalla nuova versione della supersportiva sono state derivate, nel 2019, le versioni stradali S1000R e XR. Per loro motore è stato giustamente depotenziato a “soli” 165 CV, ma nel processo si è persa anche la fasatura variabile.

Provai la XR nel 2016 (qui la mia recensione: https://www.saferiders.it/prova-bmw-s1000xr-2016/), giudicandola un ibrido poco riuscito, perché nel tentare di coniugare una sportività di alto livello con doti di viaggiatrice di lungo corso, non riusciva bene in nessuno dei due campi. Responsabili di tale stato di cose erano la rapportatura eccessivamente corta, con conseguenti alti regimi alle velocità autostradali, la rigidità eccessiva delle sospensioni, la postura di guida un po’ troppo turistica e la sella, la cui particolare configurazione “a catino” riusciva a fare danni a tutto campo, in quanto era rigida nella guida turistica – accentuando la percezione della rigidità delle sospensioni – e allo stesso tempo impediva del tutto i movimenti del corpo necessari nella guida sportiva.

La mia prova si concludeva con queste parole: “Certo, se BMW decidesse di adottare sospensioni dalla taratura più turistica, una sella ben fatta e magari anche un manubrio un po’ più basso, allora le cose assumerebbero tutto un altro aspetto e la S1000XR potrebbe diventare davvero l’arma totale descritta nella cartella stampa. Si tratta di modifiche banali. Ma vorranno gli ingegneri di Monaco ammettere di essersi sbagliati? Conoscendoli, la vediamo dura…”.

Vediamo allora che cosa sono riusciti a fare questa volta. La moto provata, un Model Year 2023, è sostanzialmente immutata rispetto a quella presentata nel 2019, pur aggiornata alla normativa Euro 5.

Com’è

Aspetto

La S1000XR somiglia come impostazione generale alla vecchia serie, ma in realtà non ha quasi niente in comune. A parte il disegno più moderno, interessante è la riduzione del peso, adesso pari a soli 226 kg in ordine di marcia e con il pieno anziché 236, ottenuta principalmente nel motore e nel forcellone.

Ciclistica

La S1000XR, come sempre sulla gamma S non ci sono Paralever né Duolever, riservati ad alcuni modelli R e alle K. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm con ammortizzatore di sterzo, mentre al retrotreno abbiamo un forcellone in alluminio Full Floater Pro a doppio braccio, con monoammortizzatore regolabile nel precarico, in compressione e in estensione.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 150 mm (150 mm)
  • escursione posteriore 150 mm (140 mm)
  • interasse 1552 mm (1548 mm)
  • avancorsa 116 mm (117 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,9° (25,5°)

Si fa notare la riduzione dell’angolo di inclinazione dello sterzo per una maggior reattività alla guida e l’aumento dell’escursione posteriore per migliorare il confort.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore. L’esemplare in prova era equipaggiato con pneumatici Metzeler Roadtec 01, di impostazione più turistica che sportiva.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero a quattro valvole per cilindro montato trasversalmente con distribuzione a quattro valvole radiali per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta di fare a meno di questo dispositivo è abbastanza sorprendente, perché esso consente di aumentare la coppia ai medi senza sacrificare quella agli alti, e su una moto dalla vocazione più turistica, per di più a quattro cilindri e di cubatura non enorme, questa caratteristica farebbe comodo. Con tutta probabilità la scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulla XR non solo al di sopra dei 10000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5000 e i 7500, regimi importanti su una moto da viaggio, e la cosa è piuttosto evidente alla guida.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000XR, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1000cc, ma niente di più.

Trasmissione

Il cambio presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata rispetto alla serie precedente, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5900 a circa 5500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia serie):

  • primaria 1,652
  • finale 2,647
  1. 2,647
  2. 2,091
  3. 1,727
  4. 1,476 (1,500)
  5. 1,304 (1,360)
  6. 1,167 (1,261)

Le velocità risultanti al regime di potenza massima (11.000 giri) sono le seguenti:

  1. 114,8
  2. 145,3
  3. 175,9
  4. 205,9
  5. 233,0
  6. 260,4 (teorica)

Le velocità alle quali il motore entra in coppia (7.000 giri) sono le seguenti:

  1. 73,0
  2. 92,5
  3. 112,0
  4. 131,0
  5. 148,3
  6. 165,7

Si noti che il motore entra in coppia in 6a (ma anche in 5a) solo a velocità ben più alta del limite autostradale.

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000XR è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000XR, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre parecchio già di serie.

  • Riding modes Pro – Comprende le mappature Rain, Road, Dynamic e Dynamic Pro.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto (DTC Traction), è regolabile e consente anche di regolare separatamente il controllo anti-impennata (DTC Wheelie).
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. Da notare il fatto che le regolazioni della forcella agiscono solo sullo stelo sinistro.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che, tirando la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.

A richiesta rimangono:

  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.
  • Dynamic ESA Pro – Sistema di sospensioni semiattive che alle funzionalità di base aggiunge la regolazione automatica del precarico in funzione del peso a bordo (settaggio Auto), una posizione di minima altezza (Min), utile per i più bassi per la salita e la gestione della moto nelle manovre da fermo, e la possibilità di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Dynamic più rigida.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il Dynamic ESA Pro è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. DI seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennataal massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto, in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore.
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro:

  • risposta dell’acceleratore selezionabile tra dolce e normale
  • coppia selezionabile tra ridotta nelle marce inferiori e massima
  • freno motoreselezionabile tra effetto frenante medio e minimo del motore
  • DTC regolato per prestazioni massime, in caso di fondo in cattivo stato o di pneumatici non idonei è possibile che venga pregiudicata la stabilità
  • anti impennatache consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile

Sorprendente il fatto che il comando del gas non preveda una regolazione rapida neanche nella mappatura Dynamic Pro.

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Per una loro descrizione dettagliata, rinvio alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), perché sono esattamente gli stessi, con l’unica differenza che sulla S1000XR il sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza è di serie.

Strumentazione

La S1000XR monta di serie la strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW. Per una descrizione dettagliata, rinvio anche in questo caso alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), l’unica differenza è che qui le visualizzazioni Sport e Sport 2 sono di serie.

Più ci penso e più credo che BMW, nell’evidente tentativo di semplificare la grafica, abbia reso inutilmente complicato la visualizzazione delle informazioni secondarie più importanti. Nelle schermate che offrono tachimetro e contagiri, il cruscotto non consente di visualizzare contemporameamente diversi valori importanti, quali il consumo medio, l’autonomia, il livello del serbatoio, i contachilometri parziali e totale e altri ancora, ma solo uno di essi, e bisogna premere un sacco di volte il tasto di commutazione per passare da uno all’altro in sequenza ciclica. Non è necessario riesumare le vecchie strumentazioni a lancette, ma sarebbe piuttosto semplice inserire qualche dato in più in uno schermo così poco affollato di dati.

Illuminazione

La S1000XR dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Headligh Pro, un sistema di luci adattive che si accendono con l’inclinazione della moto e consente una migliore illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico è doppio. I fari, perfettamente simmetrici, sono bordati inferiormente dalla luce di posizione/diurna e contengono al loro interno i proiettori abbagliante, anabbagliante e luci adattive in curva. La regolazione in altezza avviene attraverso due rotelline (una per ogni faro) azionabili senza attrezzi, ma non è disponibile la pratica levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che è presente su altri modelli della Casa e consente di non toccare la regolazione base.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono eccellenti, mentre l’illuminazione adattiva a mio parere offre vantaggi solo marginali, come tutti i sistemi basati su faretti aggiuntivi laterali.

Posizione di guida

La posizione di guida è, da un punto di vista statico, ottima, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura relativamente rilassata, ma non troppo turistica. La sensazione è quella di una posizione leggermente più sportiva che sul modello precedente, grazie all’avanzamento della sella di 20 mm, per un maggior carico sull’avantreno, e al manubrio sensibilmente più stretto (30 mm) e forse un pelo più basso. Quello che proprio non va è la sella, che anche su questa XR è dura e presenta la disgraziata forma “a catino”, che impedisce qualsiasi movimento laterale e longitudinale del sedere agli amanti della guida sportiva.

Non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile una sella confort. Purtroppo, tutte le selle mantengono rigorosamente a forma di catino. È inoltre disponibile un assetto delle sospensioni ribassato di 30 mm. Le altezze della seduta possibili nelle varie configurazioni sono le seguenti:

  • sella bassa con assetto ribassato 790 mm
  • sella bassa 820 mm
  • sella standard 840 mm
  • sella alta 860 mm

Gli specchi, sono un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una porzione di sella abbastanza ampia e rigida, con pedane sufficientemente distanti, e ha a disposizione due comode maniglie. Ne risulta una postura abbastanza comoda, ma la durezza della sella di serie limita un po’ e capacità turistiche.

Capacità di carico

Per la S1000XR la Casa tedesca prevede, oltre che diverse borse morbide da serbatoio, un portapacchi optional e attacchi integrati per valigie laterali di serie. A richiesta sono disponibili il topcase da 30 l e le valigie rigide in tinta da 31 l ciascuna, per una capacità complessiva di 92 litri, non abbondanti per la categoria.

Da segnalare la presenza di un piccolo portaoggetti privo di serratura immediatamente davanti al tappo serbatoio, utile per il biglietto dell’autostrada e un paio di occhiali.

Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1300 giri, e diventa molto più alto a freddo. La rumorosità meccanica è notevole e qualche vibrazione di troppo produce risonanze. Il suono allo scarico invece è abbastanza piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime.

Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti molto bruscamente.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea eccessivi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta regolarissima fino a 7000 giri, allorché si percepisce un evidente aumento della coppia, che complice la rapportatura corta diventa semplicemente spaventosa e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva su strada; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo. Per contro, in rapporto allìaccelerazione, la ripresa al di sotto dei 7000 giri sembra un po’ fiacca, tanto da rendere necessario fare ricorso alle marce corte se si vuole guidare con efficacia nel misto o effettuare un sorpasso veloce.

La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sui principali modelli crossover della Casa Bavarese, in valore assoluto e in rapporto al peso.

R1250GSS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm                    514                  393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm2,051,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    600                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm                        2,36                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000XR offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali che a 90 km/h è solo marginalmente superiore rispetto alla F900XR e a 130 km/h si situa ancora pressappoco a metà tra la R1250GS e la F900XR, il che appare un po’ deludente, considerando il divario di potenza. Comunque, sia chiaro, stiamo parlando di una moto che riprende molto bene per essere una quattro cilindri da un litro. In realtà, più che incolparla di pigrizia, bisognerebbe fare i complimenti alle altre crossover BMW per le loro doti di ripresa eccellenti nelle rispettive categorie.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto. La differenza tra le mappature si ottiene principalmente regolando la coppia nelle marce inferiori, che è piena soltanto in Dynamic Pro.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida tramite il tasto a bilanciere che controlla anche il D-ESA, è preciso nell’intervento e poco invasivo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Va da sé che se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, e che i tagli della potenza più elevati tendono ad avvenire in modalità Rain oppure quando si dà gas su foglie e altre superfici scivolose.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 7 e i 12 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, relativamente morbido, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza.

Se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa violento nella guida sportiva, ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dalle idiosincrasie dell’assistente.

Freni

La frenata è pronta – anche se non ha il mordente quasi violento delle supersportive – potente, resistente e ben modulabile. Nonostante la taratura ammorbidita e la corsa lunga delle sospensioni, la forcella si comporta molto bene anche nelle frenate al limite, in particolare in Dynamic. Nelle forti decelerazioni compare qualche lieve serpeggiamento. Da questo punto di vista, le naked e le sport tourer, dotate sospensioni a minor escursione, e i modelli con Telelever e Duolever, che impediscono l’accorciamento dell’interasse in frenata, fanno sensibilmente meglio.

Nella schermata Sport è disponibile un indicatore della decelerazione istantanea e massima, un giochino interessante, che fa vedere bene la differenza di efficacia sui diversi tipi di superficie, e fa capire anche che, almeno alle velocità stradali, tutte le moto sviluppano decelerazioni molto simili tra loro, essendo esse limitate dall’angolo di ribaltamento assai più che dalla potenza dei freni.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000XR è preciso, piuttosto pronto e non troppo leggero. Le modifiche alle geometrie della moto lo hanno reso senz’altro migliore rispetto a quello della prima serie, tanto che non delude neanche nella guida sportiva.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole e quindi è assai meglio di quella, troppo rigida, della S1000XR che provammo nel 2016. Il mono invece, pur ammorbidito rispetto alla vecchia versione, rimane ancora un po’ troppo secco sulle asperità anche in Road, dove peraltro evidenzia un po’ di pompaggio nella guida sportiva, La situazione in cui la Dynamic è sicuramente migliore, ma a prezzo di saltellamenti evidenti sullo sconnesso.

In città

La S1000XR è piuttosto leggera per la categoria, ma la sella a 84 cm e con i bordi rialzati non consente un agevole controllo ai più corti di gamba. Il motore non crea problemi, perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi è relativamente limitata, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ troppo brusca.

Nei trasferimenti extraurbani

La buona stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida confortevole, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5500 giri — l’assenza di vibrazioni fastidiose e la discreta ma non perfetta protezione aerodinamica – l’aria che arriva al casco non è perfettamente pulita, ma genera lievi vibrazioni sia a parabrezza alto che basso – sarebbero premesse per un ottimo confort nei trasferimenti extraurbani, che però è limitato dalla durezza della sella e dal molleggio piuttosto rigido anche in Road.

Nel misto

La S1000XR si trova molto a suo agio nel misto, in particolare in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto (meglio in Dynamic), l’ottima luce a terra e la prontezza dello sterzo, e l’assetto non delude nemmeno se si alza il ritmo anche a livelli alti. Sarebbe una moto eccelsa, se solo il pilota potesse muovere il sedere.

Consumi

Questa S1000XR si è dimostrata un po’ meno assetata della precedente.

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 5,2 l/100 km (19,2 km/l)
  • a 110 km/h 5,9 l/100 km (16,9 km/l)
  • a 130 km/h 6,8 l/100 km (14,7 km/l)

La media complessiva della nostra prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 20 litri consente percorrenze tra i 250 e i 350 km.

Conclusioni

La mia opinione nei confronti della vecchia S1000XR non era positiva, perciò ero molto curioso di provare la versione attuale. Devo dire con piacere che, pur mantenendo un’impostazione analoga, la versione attuale è sicuramente migliore, in particolare nel confort, grazie alla rapportatura più lunga delle marce alte e al molleggio migliore, nella posizione di guida, più azzeccata e in grado di garantire un feeling superiore dell’avantreno, e nei consumi.

Rimane il problema della sella, tanto dura da vanificare in parte le migliorie al molleggio e la cui assurda forma a catino impedisce ogni spostamento del corpo nella guida sportiva. Fatico davvero a capire perché in BMW la ritengano tanto fondamentale, da tramandarla dalla vecchia alla nuova serie. Per me rimane una fesseria sesquipedale, che da sola ha il potere di rovinare una moto ormai giunta a un livello generale notevole.

Insomma, la mia opinione sulla moto è senz’altro migliorata, ma quella sulla cocciutaggine degli ingegneri tedeschi non del tutto.

Pagella

Pregi
  • Moto bella e ben fatta
  • Dotazione accessori adeguata
  • Motore molto potente e ben gestibile
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • Efficace anche nella guida molto sportiva
Difetti
  • Guida sportiva ostacolata dalla forma a catino della sella, che impedisce qualsiasi movimento del pilota
  • Confort limitato dalla sella e dal mono un po’ troppo rigidi
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova della Harley-Davidson Pan America Special 2021

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Revolution!

Introduzione

“Harley-Davidson farà una maxienduro”. Quando me lo dissero, pensai a una roba in stile Buell Ulysses, più stramba che efficace. E invece le prime foto mostravano una maxienduro vera, anche se dall’aspetto fuori dal coro. Letta la scheda tecnica, mi colpiscono la potenza del motore, piuttosto elevata, e il peso, allineato alla categoria e quindi straordinariamente basso rispetto alle altre moto di Milwaukee. Penso che finalmente in America hanno iniziato a capire qualcosa di moto, ma nella testa continuo comunque a immaginare un bestione goffo da guidare, con il cambio di legno e le sospensioni troppo morbide, adatto solo alle passeggiate a bassa velocità su strade american style, cioè lisce e dritte.

Leggo e guardo parecchie recensioni della Pan America, che descrivono senza eccezioni una moto moderna e brillante, ma dentro di me una vocina insistente continua a ripetere “certo, rispetto alle solite Harley dev’essere un razzo, ma voglio vedere come si comporta se è messa a confronto con le migliori del segmento”.

Decido quindi di andare a provarla, con l’idea di recensire l’ennesimo trattore agricolo americano di una lunga serie e di dover subire un’altra volta i commenti al vetriolo dei ragazzi del Webchapter. E scopro che mi sbagliavo di grosso: questa moto è una bomba e lo è in assoluto, non solo rispetto alle altre Harley. Mi cospargo il capo di cenere e ammetto la cantonata motociclistica più grande della mia vita.

Tutto questo è avvenuto nonostante le recensioni mi avessero preavvertito. E ora che l’ho provata e ne parlo con entusiasmo agli amici, mi accorgo che anche alcuni di loro mi ascoltano perplessi, cadendo nel mio stesso errore. Beh, esorto tutti gli scettici a vivere personalmente lo shock di andare in una concessionaria Harley-Davidson, l’azienda che ha vissuto nel Giorno della Marmotta per gli ultimi 70 anni, a provare quella che per me è forse la migliore enduro stradale oggi sul mercato. Che per giunta costa 16.300 Euro per la versione base e 18.700 per la Special, quasi una full optional.

Com’è

Aspetto

La Pan America è un oggetto del tutto nuovo per Harley-Davidson, perciò disegnarla non deve essere stato facile. Nel complesso, credo che l’obiettivo sia stato centrato, perché la moto ha una sua spiccata personalità – non pare proprio un clone GS, per intenderci – e riesce ad avere un certo family feeling con gli altri modelli della casa, pur essendone allo stesso tempo lontana anni luce sotto ogni punto di vista.

La parte più personale è senza dubbio quella anteriore, priva del becco che caratterizza buona parte della concorrenza e basato su un originale e grande gruppo ottico rettangolare, inserito in una carenatura squadrata dalla foggia molto personale, il cui profilo anteriore tagliato a fetta di salame verso il basso ricorda un po’ alla lontana lo shark-nose delle Road Glide.

A mio avviso, nera rende meglio, mentre la versione arancione e bianca è meno efficace. Comunque, va vista dal vivo per essere giudicata, le foto non rendono bene l’equilibrio generale del design e la qualità della costruzione, piuttosto elevata.

La moto è offerta in due versioni, base e Special. Quest’ultima è riconoscibile per il grande logo a cavallo di serbatoio e carenatura anteriore al posto delle lettere HD sul serbatoio e perché è dotata dei seguenti accessori di serie, volti ad aumentarne la versatilità nei viaggi e nell’uso in fuoristrada:

  • sospensioni anteriori e posteriori semi-attive con regolazione automatica del precarico
  • sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici (TPMS)
  • cavalletto centrale
  • pedale del freno posteriore multi-posizione
  • paramotore tubolare
  • piastra paramotore in alluminio
  • faro anteriore adattativo
  • paramani
  • manopole riscaldate
  • ammortizzatore di sterzo

A richiesta solo per la Special sono disponibili anche i seguenti accessori:

  • sistema automatico di abbassamento dell’altezza (ARH Adaptive Ride Height)
  • ruote a raggi tubeless
  • pneumatici tassellati

Motore

Il nuovo motore Revolution Max merita largamente il suo appellativo, perché è completamente diverso da qualsiasi altro motore H-D, incluso il Revolution delle V-Rod, che pure era decisamente più moderno dei tradizionali aste e bilancieri della Casa.

Si tratta di un modernissimo bicilindrico a V raffreddato a liquido con pistoni in alluminio forgiato, distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, di cui quelle di scarico al sodio per un miglior raffreddamento del motore, e fasatura variabile in aspirazione e scarico controllata elettronicamente.

La V presenta un non comune angolo di 60° – diverso dai 45° dei V-Twin, ma già visto in Harley con la V-Rod – ma l’albero motore presenta due gomiti distanziati di 30°, in modo tale che i pistoni abbiano una fasatura uguale a quella che si avrebbe su un 2V a 90°. Lo smorzamento delle vibrazioni è affidato a due contralberi di equilibratura, di cui uno nel basamento e l’altro nella testata anteriore.

La potenza massima di 152 CV a 8.750 giri e la coppia massima di 128 Nm a 6.750 giri lasciano presagire un carattere decisamente diverso da quello dei soliti motori di Milwaukee. Tanto per fare un confronto, il motore CVO con i suoi strabordanti 1.923 cc, definito sul sito web della Casa come “Il motore V-Twin più potente che H-D abbia mai offerto di serie”, eroga 105 CV a 5.450 giri, con una coppia di 169 Nm a 3500 giri.

Trasmissione

La prima cosa da dire sulla trasmissione è che la Pan America ha abbandonato la tradizionale cinghia che equipaggia da tempo tutte le moto di Milwaukee a favore di una tradizionale catena. La scelta ha ovviamente senso, perché la cinghia non regge l’uso in fuoristrada, dove sporco, sassi e urti ne accorciano drasticamente la vita utile.

Il cambio della Pan America è un moderno sei marce sempre in presa manovrato da una leva di tipo normale, cioè azionabile senza sollevare il piede dalla pedana.

I rapporti sono relativamente corti, spaziati uniformemente e relativamente poco ravvicinati – la prima è pari a circa il 34% della 6a. Di seguito le velocità raggiungibili ai regimi più significativi.

RapportoVelocità a 1.000 giri/minVelocita a 6.750 giri/min (coppia massima)Velocità a 8.750 giri/min (potenza massima)
19,1 km/h61,7 km/h80,0 km/h
212,4 km/h83,5 km/h108,3 km/h
316,0 km/h107,7 km/h139,7 km/h
419,8 km/h133,6 km/h173,1 km/h
523,6 km/h159,2 km/h206,4 km/h
627,0 km/h182,4 km/h236,4 km/h (teorica)

La velocità massima raggiungibile in 6a è solo teorica non perché la potenza del motore non la consenta (tutt’altro!), ma perché è elettronicamente limitata a 220 km/h (circa 225 km/h indicati), cui corrispondono circa 8.100 giri.

La frizione, azionata a cavo, è antisaltellamento, mentre il quick-shifter non è disponibile neanche a richiesta, nemmeno sulla versione Special. Per me è una mancanza trascurabile, visto che non lo amo particolarmente, ma per alcuni potrebbe essere un difetto importante.

Ciclistica

La ciclistica è costruita intorno al nuovo motore, che funge da elemento stressato e sul quale sono montati tre telaietti in alluminio a sostenere l’avantreno, il serbatoio – pure in alluminio, molto ben fatto – e la sella con i bagagli.

Le principali quote ciclistiche per sono le seguenti:

  • escursione anteriore 190 mm
  • escursione posteriore 190 mm
  • interasse 1.580 mm
  • avancorsa 108 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 25°

Colpisce l’angolo della forcella, piuttosto sportiveggiante e decisamente atipico per una Harley – la V-Rod lo aveva di 34° (con gli steli della forcella a 38°, che Dio li perdoni…) e perfino la sportiveggiante XR1200X si fermava a 29,3°.

L’interasse lungo ha ovviamente suscitato il solito coro di preoccupazioni stile “Mioddìo! Non fa le curve!”. Faccio sommessamente notare che esso supera di un misero 8,3 per mille quello della Ducati Multistrada V4 (1.580 contro 1.567 mm), moto che notoriamente non fa le curve… Il giorno che la gente valuterà i mezzi per come si comportano anziché per le fesserie sentite al bar, quello sarà un bel giorno per il motociclismo e per il mondo in genere.

Le ruote sono in lega a 5 raggi doppi con pneumatici tubeless, nelle misure 120/70 R 19 all’anteriore e 170/60 R 17 al posteriore, su cui sono montati pneumatici Michelin Scorcher Adventure, una gomma prevalentemente stradale espressamente sviluppata per questo modello.

A richiesta sono disponibili cerchi in acciaio a raggi tangenziali con pneumatici tubeless, su cui in alternativa possono essere forniti pneumatici tassellati Michelin Anakee Wild.

All’anteriore è presente una forcella rovesciata Showa con steli da 47 mm completamente regolabile, mentre dietro abbiamo un forcellone bibraccio in alluminio con leveraggio progressivo e monoammortizzatore pure Showa completamente regolabile.

La Special è equipaggiata di serie con un ammortizzatore di sterzo, in bella vista subito sotto il manubrio e non regolabile, e con sospensioni semiattive con cinque diverse regolazioni preimpostate:

  • Comfort
  • Balanced
  • Sport
  • Off-Road Soft
  • Off- Road Firm

Ogni regolazione è abbinata a una delle cinque modalità di guida preimpostate e ciascuna di esse può essere adottata nelle modalità personalizzabili.

Le sospensioni semiattive comprendono anche la regolazione automatica del precarico: più peso c’è a bordo, più le sospensioni si comprimono per il peso stesso, più il sistema aumenta il precarico delle molle, in modo da ottenere sempre lo stesso assetto ideale previsto dai progettisti. Il sistema aggiunge precarico in modo tale che la sella si alzi, rispetto alla posizione zero, da un minimo di 1 pollice (2,5 cm) con il solo pilota a un massimo di 2 pollici (5,1 cm) quando con passeggero e bagagli viene raggiunto il peso massimo ammesso.

A richiesta la Special può essere inoltre dotata dell’esclusivo e interessantissimo sistema ARH (Adaptive Ride Height), che riduce automaticamente al minimo il precarico di entrambe le sospensioni quando la moto si ferma. Da quanto detto sopra consegue che esso abbassa l’altezza della sella da un minimo di 2,5 cm (con solo pilota) a un massimo di 5,1 cm (a pieno carico).

Freni

I freni, marchiati Brembo, sono costituiti da due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini azionate da una pompa radiale (su una Harley!) pure Brembo, e da un disco posteriore da 280 mm con pinza flottante a un pistoncino.

Il pedale è di tipo moderno, cioè azionabile senza sollevare il piede dalla pedalina. Sulla Special la sua altezza può essere adattata per la guida in fuori strada senza bisogno di attrezzi, semplicemente sbloccando e ruotando di 180 gradi il pedale, che è eccentrico.

Aiuti elettronici alla guida

La Pan America è equipaggiata di serie su entrambe le versioni con un pacchetto di aiuti elettronici a livello della migliore concorrenza, basato su una piattaforma inerziale a sei assi. Di serie sono presenti:

  • freni antibloccaggio C-ABS con funzione cornering
  • sistema C-ELB (Cornering Enhanced Electronically Linked Braking), che in caso di frenate brusche in curva con il solo freno anteriore attiva elettricamente anche il freno posteriore nella misura necessaria a massimizzare la precisione della traiettoria
  • sistema di controllo della trazione C-TCS con funzione cornering, cioè che tiene conto dell’inclinazione della moto, per un intervento più preciso in tutte le condizioni
  • sistema di controllo del freno motore C-DSCS (Cornering Enhanced Drag-Torque Slip Control System) per evitare lo slittamento della ruota motrice in scalata
  • sistema anti-arretramento in salita HHC (Hill Hold Control), che con una pressione della leva al manubrio a moto ferma mantiene il freno attivato fino alla partenza
  • sistema di rilevamento della pressione degli pneumatici TPMS (Tire Pressure Monitoring System)
  • cinque modalità di guida preimpostate, cui sono abbinate le diverse regolazioni delle sospensioni viste sopra e che influiscono su erogazione della potenza, freno motore, C-ABS e C-TCS:
    • Sport
    • Road
    • Rain
    • Off Road
    • Off Road Plus
  • sulla sola versione Special, tre modalità di guida personalizzabili, di cui due stradali e una dedicata all’off
  • sulla sola versione base, una modalità di guida stradale personalizzabile.

Il controllo della trazione può essere disinserito, mentre l’ABS è sempre presente, ma prevede una modalità in cui è attivo solo sulla ruota anteriore, per la guida in fuoristrada.

Comandi

Come già detto sopra, i pedali sono di tipo moderno, mentre le leve sono regolabili.

I comandi sono ben fatti e sostanzialmente aderenti allo standard universalmente riconosciuto, quindi diversi da quelli tipici di Milwaukee. In particolare, le frecce sono azionate da un pulsante di tipo tradizionale – un po’ piccolo per i miei gusti – e si spengono da sole, mentre il lampeggio e la commutazione anabbaglianti/abbaglianti avvengono mediante la comoda levetta azionata dall’indice.

I tasti sono abbastanza numerosi su entrambi i blocchetti, ma sono raggruppati con una logica chiara e quindi richiedono poco apprendistato. Lodevole il fatto che tutto ciò che serve veramente durante la guida sia raggiungibile al volo, senza dover entrare in menu e sottomenu come avviene su moto di altre case. Manca comunque la retroilluminazione, del resto assente su buona parte della concorrenza, BMW GS compresa.

A sinistra sono presenti, oltre ai comandi classici per frecce e luci, i comandi per il cruise control, il tasto per le manopole riscaldate, un tasto per commutare tra i contachilometri totale e due parziali, la classica tastiera circolare per la navigazione nei vari menu, affiancata da due tasti per selezionare le diverse schermate e la schermata home.

A destra sono presenti, oltre al kill switch e al tasto di accensione, il tasto per selezionare le diverse la modalità di guida preimpostate, la pulsantiera per la selezione e il controllo dei brani musicali, il tasto per il lampeggio di emergenza e un tasto a bilanciere che serve da un lato a disattivare il controllo di trazione e dall’altro a impartire comandi allo smartphone mediante il riconoscimento vocale, ovviamente attraverso il sistema vivavoce installato nel casco.

Di serie su entrambe le versioni sono presenti l’utilissimo cruise control e il sistema keyless. Questo però non agisce sul bloccasterzo, che deve essere inserito manualmente con una chiave normale mediante un blocchetto dal sapore un po’ antiquato, montato sulla piastra di sterzo in prossimità dello stelo destro. È evidente che gli americani tendono a lasciare la moto aperta.

La sola versione Special è equipaggiata con manopole riscaldabili.

Strumentazione e infotainment

Le Pan America sono dotate di un avanzato schermo TFT da 6,8”, che a moto ferma è attivo in funzione touch e può essere azionato anche con i guanti. Particolare molto interessante, lo schermo può essere inclinato verticalmente.

Attraverso un tasto sul blocchetto sinistro si scorre tra le varie “pagine”, cioè le diverse schermate: impostazioni generali, home, navigazione, musica, stato della moto.

Quando si effettuano scelte e regolazioni durante la navigazione nelle varie schermate, un pittogramma raffigurante la tastiera circolare mostra i tasti che devono essere premuti per ottenere i vari risultati, rendendo molto facile e intuitiva la navigazione.

La schermata impostazioni generali consente di regolare i parametri principali del sistema (tra cui la lingua), di personalizzare le modalità di guida selezionando separatamente ogni singolo parametro (risposta del gas, settaggio delle sospensioni, comportamento dell’ABS ecc.), di modificare l’aspetto della schermata home e di impostare le funzionalità bluetooth.

La visualizzazione home è quella per la guida. Prevede due diverse modalità, semplice e widget, selezionabili nelle impostazioni generali.  La vista semplice è molto chiara ed elegante, direi molto Volvo nella sua essenzialità, e comprende un grande contagiri analogico circolare centrale – con linea rossa a 9.000 giri, sconvolgente rispetto ai tradizionali V-Twin, anche se si era già vista sulla V-Rod – che racchiude la velocità in cifre belle grandi, la modalità di guida selezionata, la marcia inserita, il livello della benzina, l’orologio e le spie.

La vista widget mantiene il layout generale, ma aggiungendo intorno al contagiri tutta una serie di altre informazioni, quali il brano musicale in esecuzione, la temperatura liquido di raffreddamento, la temperatura ambiente, il voltaggio dell’impianto elettrico, due contachilometri parziali e l’autonomia residua, il tutto con possibilità di personalizzazione. I widget però sono mostrati con caratteri un po’ troppo piccoli e quindi difficili da leggere se uno non ha la vista perfetta. Inoltre, tra loro non ho trovato alcun indicatore del consumo istantaneo o medio, di solito disponibile sui modelli delle altre case.

La schermata navigazione richiede come di consueto il collegamento a uno smartphone, su cui deve essere installata la app dedicata, disponibile senza costi. La cosa notevole è che in questo caso sul cruscotto è visualizzata direttamente la mappa cartografica, e questo è il motivo per cui non è previsto alcun navigatore GPS tra gli optional.

Nel caso che sia impostata una rotta, questa è comunque mostrata anche nella schermata home, sia semplice che widget, mediante indicazioni grafiche della svolta successiva e orario stimato di arrivo.

La schermata musica consente di accedere a qualsiasi app di gestione dei brani musicali dello smartphone mediante la tastiera posta sul blocchetto destro.

La schermata di stato della moto mostra la pressione delle gomme, la temperatura del motore e il voltaggio dell’impianto elettrico, e consente l’accesso ad una funzione di diagnostica a uso delle officine.

Illuminazione

Entrambi i modelli dispongono di serie di un impianto d’illuminazione full led. Originale il gruppo ottico anteriore, composto da una barra rettangolare che incorpora la luce di posizione che fa da cornice superiore e laterale e i due proiettori principali, e ben fatto quello posteriore.

La versione Special offre di serie anche il sistema di illuminazione adattiva Daymaker Signature, dove l’illuminazione laterale in curva è ottenuta, sia con l’abbagliante che con l’anabbagliante, mediante tre faretti aggiuntivi per lato, inseriti in un secondo gruppo ottico rettangolare più piccolo ubicato al centro della carenatura sotto al parabrezza, che non si accendono e spengono semplicemente, come avviene su altre moto, ma variano di continuo la luminosità, cosa che dovrebbe rendere più progressivo l’ampliamento del fascio luminoso.

La mia prova si è svolta di giorno, quindi non posso testimoniare direttamente della reale efficacia del sistema. Qui però trovate un video che ne mostra il funzionamento. Premesso che questo tipo di sistema non potrà mai generare un fascio luminoso uniforme in curva – perché, a moto inclinata, il faro principale fisso crea una fascia diagonale fortemente illuminata sul lato interno della curva – il sistema Harley sembra in effetti fornire un certo ampliamento del campo visivo.

Posizione di guida

La Pan America ha una posizione di guida un po’ più sportiva che sulla BMW GS e forse anche rispetto alla Ducati Multistrada V4, con sella piuttosto alta, manubrio relativamente basso e avanzato – ma avvicinabile ruotandolo sui supporti – e pedane leggermente arretrate. Immagino che shock debba essere per chi scende – anzi, sale – da una Road King…

La sella standard è ampia, ben imbottita e davvero confortevole ed è regolabile su due posizioni. Come optional sono disponibili una sella alta e una bassa. Inoltre, sulla Special è disponibile il già citato sistema ARH, che abbassa l’altezza da un minimo di 2,5 cm (solo pilota) a un massimo di 5,1 cm (a pieno carico).

I dati di altezza dichiarati presentano varie incoerenze in base alle diverse fonti, perché a volte sono a moto scarica, altre con il pilota a bordo. Inoltre, non è comunicato chiaramente qual è il reale vantaggio del sistema ARH. Combinando correttamente tutti i diversi fattori, risultano le seguenti altezze a moto scarica:

SellaAltezza standard con sella in posizione alta – bassaAltezza minima con sella in posizione bassa e sospensione ARH abbassata
sella bassa (optional)84,3 – 81,8 cm79,2 cm
sella standard86,9 – 84,3 cm81,8 cm
sella alta (optional)89,4 – 86,9 cm84,3 cm

Come si vede, la moto di base è un po’ alta, ma il sistema ARH disponibile sulla Special consente un’altezza minima paragonabile a quella possibile sulla BMW R1250GS dotata del kit di sospensioni ribassate, ma mantenendo il baricentro alto e la notevole luce a terra delle sospensioni standard, un plus decisamente interessante. Ciò nonostante, si tratta pur sempre di una maxienduro e come tutte le moto del genere richiede una certa perizia se si è principianti o particolarmente corti di gamba.

Gli specchi hanno un aspetto un po’ troppo semplice, ma sono ben distanziati e consentono una visuale chiara.

Passeggero

Il passeggero siede più in alto del pilota, su una sella separata ampia, ben imbottita e con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due grandi e comode maniglie.

Capacità di carico

La Pan America può essere equipaggiata dalla Casa con valigie di plastica, con i classici bauli di alluminio e con borse morbide, per soddisfare qualsiasi tipo di clientela.

Le valigie di plastica hanno un disegno pulito e originale e sono denominate Sport. Le loro serrature sono collegate al sistema keyless. Le laterali si montano agli attacchi previsti di serie, mentre per il topcase è necessario un supporto specifico. Hanno una capacità complessiva di 101 l, di cui 36 nel topcase, 35 nella valigia sinistra e 30 in quella destra.

I bauli di alluminio sono realizzati da SW-Motech. Disponibili sia in colore naturale che neri, richiedono l’installazione di telaietti specifici e si agganciano a questo e si chiudono con una chiave unica dedicata. La loro capacità complessiva è pari a 120 litri, di cui 38 nel topcase, 45 nella valigia sinistra e 37 nella destra.

Le borse morbide, denominate “Adventure”, richiedono per l’installazione gli stessi telaietti previsti per le valigie di alluminio. La loro capacità complessiva è pari a 90 litri, di cui 40 nella borsa posteriore e 25 in ciascuna borsa laterale.

Come va

Motore

L’avviamento è privo di esitazioni e il motore gira subito perfettamente regolare e con una bella silenziosità meccanica. Lo scarico ha una voce piuttosto educata, come di solito accade sulle Harley prima che l’inciviltà di parecchi dei loro proprietari abbia il sopravvento. Il nuovo sound è piacevole, ma poco personale e potrà deludere gli harleysti DOC, perché il particolare imbiellaggio lo rende analogo a quello di una KTM o di una Ducati V2 e ben diverso dal tradizionale “potato-potato” Harley. Le vibrazioni ci sono, ma i due contralberi le mantengono piuttosto contenute anche ai regimi più elevati.

Spalancando il gas sorprende il tiro, forte fin dai bassi regimi e che continua imperterrito fino al limitatore, posto a ben 9500 giri, senza che si avverta alcuna variazione evidente della spinta. Miracoli della fasatura variabile. Nella guida il gas elettronico è fluido, perfetto e non mostra alcun evidente on-off.

Sto ancora digerendo la sorpresa di trovarmi davanti a un motore così piacevole, quando mi ricordo che sono ancora in modalità Road. Passo quindi alla Sport mediante la semplice pressione di un tasto e… apriti cielo! Il gas diventa reattivo come su una sportiva, le accelerazioni sono istantanee e notevoli e disinserendo il controllo di trazione – anche questo premendo solo un tasto – la moto impenna facilmente di gas in seconda e con un po’ di aiuto anche in terza, fatto notevole con un interasse del genere. Il controllo di trazione peraltro funziona benissimo, in modo progressivo e impercettibile, cosa tutt’altro che scontata su un bicilindrico.

La mappa Rain è decisamente più tranquilla ed è adatta anche sull’asciutto per il neofita.

Il test si è svolto solo su strada, quindi non ho avuto modo di provare le due mappature dedicate all’off.

Il V-twin Revolution gira molto bene anche in basso. Regolarissimo, consente di spalancare il gas in 6° a partire da 2500 giri –  equivalenti a circa 65 km/h – al di sotto dei quali sbatacchia un po’, ma francamente non si può chiedere di più a un bicilindrico, siamo a livello dei migliori, boxer incluso.

Parlando di calore, la prova è stata eseguita con temperature sopra i 30 gradi indossando scarpe da moto urbane e pantaloni di cotone; ciò nonostante, il calore percepito sulle gambe è risultato assai scarso su strada extraurbana, anche a passeggio. Ho provato la moto solo brevemente nel traffico cittadino, dove mi dicono che alla lunga il collettore di scarico scalda molto la zona del piede destro.

Trasmissione

Il cambio è abbastanza morbido – rispetto alle altre Harley è un burro, ma si difende benone anche dalla concorrenza moderna – la corsa della leva è breve, la prima entra silenziosamente, mentre la frizione a cavo è sufficientemente morbida e assai ben modulabile in partenza.

Come già detto sopra, il quickshifter è assente. Sembra assurdo rilevare una simile mancanza su una Harley, ma le notevolissime prestazioni di cui questa moto è capace aprono scenari impensabili fino a ieri. Comunque, la piacevolezza del cambio e la notevolissima elasticità del motore rendono questa mancanza decisamente accettabile. Inoltre, la leva è priva di qualsiasi sensazione di gommosità, come invece avviene sempre in presenza di questo accessorio.

Assetto

La guida della Pan American è forse ancora più sorprendente del motore, già rivoluzionario di suo.

La ciclistica sana, la posizione di guida relativamente sportiveggiante e il pacchetto di aiuti elettronici determinano un equilibrio generale davvero notevole, che si traduce in una guida facile e molto efficace in tutte le situazioni.

Le sospensioni, tutt’altro che molli già con la mappatura Road, in Sport diventano decisamente adatte alla guida veloce, allorché assicurano un eccellente controllo delle masse sospese, che non viene meno neanche se si adotta una guida molto sportiva. Ho cercato di mettere in crisi l’assetto in tutti i modi possibili, ma la moto è rimasta imperturbabile in modo davvero impressionante, coniugando facilità di guida e prestazioni ad alto livello.

Lo sterzo è abbastanza leggero, ma tutt’altro che labile – un po’ di carico sui polsi c’è – e la maneggevolezza è adeguata. Da un mezzo del genere nessuno si aspetta il comportamento di una Duke, ma la moto si destreggia piuttosto bene anche nel misto stretto, grazie anche alla precisione ed efficacia dei comandi e alla totale mancanza di inerzie garantita dal molleggio, specialmente in Sport.

Freni

La frenata è pronta, molto potente, resistente e ben modulabile con entrambi i comandi, e la stabilità rimane eccelsa anche nelle frenate più decise, perfino in curva, grazie al comportamento impeccabile della granitica forcella, all’interasse notevole e al perfetto raccordo dei vari sistemi di assistenza elettronica alla guida. Tanto per fare un paragone con la concorrenza, come potenza siamo ai massimi livelli della categoria, mentre come stabilità la Pan America Special è almeno a livello della R1250GS e sicuramente superiore alla Multistrada V4S. L’ABS funziona benone e non disturba mai nemmeno nella guida sportiva.

Se tutto questo ancora non bastasse, aggiungiamo che i sistemi C-ABS (cornering) e C-ELB (frenata integrale controllata elettronicamente in curva) rendono irreprensibili anche le frenate più decise effettuate anche a moto molto inclinata.

Manovre da fermo e a bassa velocità

Il peso della Pan in ordine di marcia (245 kg la versione base, 258 kg la Special) è paragonabile a quello della BMW R1250GS (249 kg senza accessori), ma il baricentro senza dubbio più alto dovuto anche alla configurazione del motore la rendono un pelo più impacciata nelle manovre da fermo, qualora la moto non sia equipaggiata con il sistema automatico di abbassamento delle sospensioni ARH descritto più sopra. A tale proposito, una delle prime cose che ho fatto appena  partito è stato fermarmi e vedere quanto ci mettevano le sospensioni ad abbassarsi. Ma, a parte la spia del sistema lampeggiante sul cruscotto, non succedeva un bel niente… Solo dopo un po’ ho scoperto che la moto inizia ad abbassarsi prima dell’arresto, in modo da essere già completamente giù nel momento in cui si ferma: pazzesco! L’azione avviene in modo intelligente, cioè se si frena bruscamente, la sospensione inizia ad abbassarsi a velocità più elevata (comunque mai oltre i 25 km/h), mentre se la decelerazione è blanda, la velocità alla quale il sistema si attiva è più bassa. Il video seguente mostra il sistema in funzione: https://youtu.be/oGxo5xTDOBQ

Il sistema permette inoltre di impostare due diversi ritardi, in cui l’abbassamento non inizia prima di 0,5 o 2 secondi dal momento dell’arresto, in modo da evitare continui su e giù negli stop-and-go rapidi, o di bloccare la moto in posizione alta, per chi è lungo di gamba o comunque vuole sempre la massima luce a terra – in fuoristrada può essere utile.

Nei trasferimenti extraurbani

L’eccellente stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida perfetta, la sella molto comoda, il molleggio impeccabile, la buona protezione aerodinamica e il regime consentito dalla rapportatura —a 130 km/h in 6° è pari a circa 4800 giri — consentono un eccellente confort nei trasferimenti extraurbani.

La tranquillità alla guida è ulteriormente aumentata dalla straordinaria ripresa disponibile senza cambiare marcia e dalla presenza Tempomat, che assicura la pace della mente nei tratti sottoposti al Tutor.

Il cupolino è regolabile facilmente anche durante la guida su quattro diverse posizioni e offre una buona protezione, a livello della migliore concorrenza, l’unico difetto è che nella posizione alta tende a oscillare un po’. Sono disponibili come accessori cupolini di diverse dimensioni, mentre la versione Special offre di serie i paramani, che aumentano ulteriormente la protettività.

Nel misto

L’eccellente equilibrio generale rende la Pan molto efficace e divertente anche nel misto. Concorrono a questo risultato il baricentro relativamente alto – non molti lo sanno, ma questa caratteristica rende la guida più divertente tra le curve – il motore, davvero straordinario, i freni potenti, la ciclistica a perfetta, a luce a terra adeguata e la prontezza dello sterzo. Inoltre, il comportamento rimane privo di sbavature anche alzando di molto il ritmo, cosa davvero sorprendente su una moto fatta a Milwaukee. Immagino che la collaborazione con Michelin e Showa debba essere stata molto profonda.

Consumi

Il consumo medio riscontrato su un percorso prevalentemente extraurbano e con andatura banditesca è di circa 16 km/l e non ho dubbi che nell’uso normale extraurbano si riesca a stare sui 20 km/l. Il serbatoio da 21 litri abbondanti consente percorrenze adeguate al tipo di moto.

Pagella

Pregi

  • Motore superbo
  • Frenata e assetto impeccabili in ogni situazione
  • Guida bella ed efficace anche ad andatura sportiva
  • Confort notevole
  • Qualità costruttiva generale
  • Eccellente rapporto qualità-accessori-prezzo
  • Sistema di infotainment molto ben fatto
  • Non ha niente a che vedere con le altre Harley

Difetti

  • Sistema keyless che non gestisce il bloccasterzo
  • Manca il quickshifter
  • Widget della strumentazione TFT con caratteri piccoli e poco leggibili

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Scontro fra Titani – Comparativa tra tourer BMW

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Mettiamoci nei panni di un motociclista incallito (tipo me),  che sia anche appassionato delle BMW (come me), che apprezzi quando possibile la velocità (come me) che viaggi spesso con il passeggero (come me), non ami particolarmente le GS, la S1000XR e in generale tutte le crossover (come me) e che voglia acquistare una grossa tourer da viaggio potente, comoda, con carenatura integrale e un bel tris di grandi valigie.

Assumendo che il nostro motociclista non abbia problemi di budget (non come me), egli ha oggi ben tre possibilità, la R1250RT, la K1600GT e la K1600GTL, moto che hanno molti punti in comune, tra cui il confort superlativo e la grande capacità di carico, ma anche alcune differenze sostanziali e connaturate all’architettura dei loro motori. Il boxer a fasatura variabile della R1250RT ha molti pregi, ma vibra sempre e comunque e certamente più di qualsiasi concorrente. Le K1600 all’opposto non vibrano praticamente mai grazie al loro magnifico 6 cilindri dalla coppia superlativa e dall’allungo esaltante, ma pesano , anche se la GTL è notevolmente avvantaggiata nella manovrabilità dalla sella nettamente più bassa, al prezzo però di un angolo di inclinazione massima limitato dalle pedane ribassate.

Insomma, o ci si beccano le vibrazioni della RT, che per alcuni (come me) sono inaccettabili su una moto del genere,  o si è costretti a girare con un pachiderma che mette a dura prova le capacità del conducente nelle manovre da fermo e a bassissima velocità – la K1600GT – oppure si sceglie un pachiderma ben gestibile – la GTL – ma rinunciando a qualsiasi velleità di guida sportiva in curva.

Fra le tre, sinceramente non saprei davvero quale scegliere, ognuna ha difetti che ai miei occhi sono importanti.

Se però si allarga il campo anche all’usato, il nostro motociclista potrebbe prendere in considerazione la K1300GT, una moto che è stata dismessa nel 2010 con l’arrivo della K1600GT, ma che ha ancora parecchie frecce al suo arco e, soprattutto, col suo notevolissimo 4 cilindri costituisce un’eccellente via di mezzo tra il boxer e il 6 cilindri.

È ovvio che se il nostro desidera fare bella figura al Vinnico Wine Bar (ogni riferimento è puramente casuale) e ritiene indispensabile avere un cruscotto TFT e tutto l’infotainment e l’assistenza elettronica di una moto attuale, non prenderà mai in considerazione un fossile del genere, ma se se ne frega (come me), la faccenda si fa interessante.

Andiamo allora a confrontare queste quattro moto, tenendo conto di tutti gli aspetti che contano nell’uso.

Manovre da fermo

La RT è la più leggera (si fa per dire) del gruppo con i suoi 279 kg, seguita a breve distanta dalla K1300GT a 288 kg. Quest’ultima ha la sella sensibilmente più alta, ma anche più stretta, tanto che l’arco del cavallo – la distanza tra un tallone e l’altro misurata con un nastro flessibile passante sopra alla sella – è più corto che sulla bicilindrica.

Le 6 cilindri sono aiutate molto dalla presenza della retromarcia, ma sono anche nettamente più pesanti – 334 kg senza topcase. Ciò rende piuttosto delicata la manovrabilità sulla GT, mentre la GTL ha la sella nettamente più in basso delle altre e questo la rende decisamente più gestibile.

Vivibilità a bordo

Tutti e quattro i modelli offrono spazio in abbondanza, ma sono diversi quanto a postura. La K1300GT è relativamente sportiva, con pedane relativamente alte e arretrate e manubrio un po’ più avanzato e basso delle altre e regolabile attraverso un non bello, ma pratico sistema. Via via più turistiche, quindi con pedane più basse e avanzate e manubri più alti e arretrati, sono nell’ordine la K1600GT, la R1250RT e la K1600GTL.

Anche la capacità di carico offerta dalle tre grandi valigie – il topcase è di serie solo sulla GTL – buona in assoluto, ma non paragonabile a quella offerta dalle maxienduro con il tris di portattrezzi di alluminio, è praticamente la stessa per tutti i modelli, come pure la praticità di utilizzo.

Dal punto di vista degli accessori, la versione 2021 della RT è imbattibile, perché offre un sistema di sospensioni D-ESA particolarmente avanzato, comprende la regolazione automatica del precarico in funzione del peso imbarcato – una chicca assente perfino sulle K1600 – l’enorme strumentazione TFT collegabile allo smartphone – il quale dispone a richiesta anche di un vano stagno con ricarica a induzione – il cruise control adattivo, che varia automaticamente la velocità in funzione della velocità del veicolo che precede, e – finalmente, gli RT-isti lo attendevano da anni – un tecnologicissimo gruppo ottico anteriore, che è orientabile come quello delle 6 cilindri in modo da compensare l’inclinazione della moto e seguire lqualsiasi traiettoria curva, ma lo migliora ulteriormente in funzionalità e potenza.

Seguono le K1600, che tra l’altro sono le uniche ad offrire la retromarcia elettrica (quasi indispensabile su moto così pesanti).

Più distanziata la K1300GT, che è l’unica a non offrire le mappature motore e la radio e ad essere dotata di ESA e sistemi di controllo elettronici meno recenti, ma comunque efficaci. Resta comunque una moto ben accessoriata anche rispetto agli standard attuali: sospensioni regolabili, cruise control e faro allo xeno fanno ancora la loro porca figura.

Prestazioni velocistiche

La K1300GT e le K1600 offrono la stessa potenza, 160 CV. Le sei cilindri dispongono di una coppia nettamente maggiore, però la 1300 è decisamente più leggera, ha una sezione frontale inferiore e ha rapporti molto più corti – basti pensare che a 130 km/h in 6a il suo motore frulla a circa 4900 giri, contro i 3800 delle 6 cilindri. Il risultato è che la K1300GT risulta almeno altrettanto scattante e veloce della K1600GT, ma ha una ripresa in 6a marcia ancora migliore.

La K1600 GTL ha prestazioni analoghe a quelle della sorella GT, ma velocità autolimitata elettronicamente a 220 km/h; una scelta saggia, vista la postura decisamente più rilassata e il topcase più arretrato.

La R1250RT con i suoi onorevolissimi 136 CV risulta un po’ più distanziata in accelerazione massima e in velocità, ma la poderosa coppia del boxer a fasatura variabile, superiore a quella già eccellente del 4 cilindri,  unita a una rapportatura piuttosto corta per una bicilindrica – 4470 giri a 130 km/h in 6a – rendono questa moto imbattibile in ripresa, cioè nella capacità di accelerare senza scalare marcia.

Un’indicazione interessante delle caratteristiche di ripresa è data dalla coppia massima disponibile su ciascun modello alla ruota in 6a marcia a 130 km/h – cioè dalla quantità di spinta di cui si dispone effettivamente a quella velocità spalancando il gas – e dal rapporto tra questa coppia e il peso di ciascuna moto, cui è strettamente correlata l’accelerazione effettiva risultante. I dati indicati nella tabella seguente confermano l’efficacia della R1250RT e la relativa, sorprendente minor ripresa delle 6 cilindri.

 R1250RTK1300GTK1600GTK1600GTL
Coppia massima disponibile alla ruota in 6° a 130 km/h in Nm530,73526,40508,67508,67
Coppia massima disponibile alla ruota in 6° a 130 km/h per kg di peso in Nm1,901,831,521,45

Discorso opposto vale per la capacità del motore di riprendere dai bassissimi regimi, dove il sei cilindri è imbattibile, potendo riprendere a gas spalancato praticamente dal minimo senza fare una piega, il quattro cilindri se la cava ancora piuttosto bene, potendo ripartire benone da 1500 giri, mentre il boxer è ottimo per essere un bicilindrico, ma più di tanto non può fare; farlo scendere sotto i 2500-3000 giri in 6a è davvero una cattiveria, che viene punita con vibrazioni che scuotono tutta la moto.

Dinamica

L’RT e la K 1600GT sono moto stabili, decisamente maneggevoli nonostante la mole, ben frenate e in grado di piegare forte in curva.

La K1300GT è un po’ meno maneggevole, ma grazie alle pedane più alte è capace di inclinazioni ancora maggiori.

Discorso a parte va fatto per la K1600GTL, dove a una sella molto bassa corrispondono pedane altrettanto basse, che limitano l’angolo di inclinazione a soli 37° circa, un buon valore per una grande moto da crociera – è paragonabile a quello offerto dalla Honda Gold Wing – ma che la taglia inesorabilmente fuori dal novero delle sport-tourer.

Confort

Tutti e quattro i modelli sono ovviamente comodissimi e adatti ai lunghi viaggi, ma ciascuno con le proprie peculiarità.

Dal punto di vista del molleggio, sono tutte moto molto valide, anche se non raggiungono l’eccellenza delle maxi enduro con sospensioni a corsa lunga. Le due GT offrono un molleggio un po’ più fermo e sportivo, mentre la GTL e la RT dispongono di sospensioni più soffici, anche se mai tali da mettere in crisi l’assetto.

L’RT eccelle per protezione aerodinamica, ineguagliata perfino dalla K1600GTL, il cui parabrezza è sì molto protettivo, ma ostacola più o meno sempre la vista, almeno se si è alti fino a 180 cm. Meno protettive la K1300GT, che lascia sostanzialmente scoperte mani e braccia e non arriva mai ad evitare del tutto il flusso d’aria sul casco, e la K1600GT, che può azzerare l’aria sul casco, ma crenado problemi di visuale. Molto interessanti le alette laterali presenti sulle K1600, che consentono di aumentare il flusso di aria sul corpo del pilota nella stagione estiva.

Quanto a vibrazioni, il boxer della R1250RT ne fornisce un bel po’ a qualsiasi regime, più che in qualsiasi altra tourer anche della concorrenza. Da questo punto di vista le K1600 sono ovviamente ottime, anche se non raggiungono la vellutata eccellenza propria della Honda Gold Wing. Molto buono il comportamento della K1300GT, che vibra poco e solo a certi regimi.

Per quanto riguarda infine la rumorosità, a partire dal 2010 BMW ha abbracciato una filosofia che premia la sboronaggine e ha dotato tutte le sue moto di scarichi decisamente più rumorosi che in passato. Ecco perché da questo punto di vista la K1300GT batte nettamente tutte le altre – almeno dal punto di vista di un non-sborone – garantendo una marcia di crociera decisamente silenziosa, tanto che a partire dai 120 km/h il rumore del motore non è avvertibile neanche chinandosi in avanti per azzerare il fruscio del vento. Ben più rumorose le K1600, che però almeno possono vantare il nobile sound del 6 cilindri, e ancora peggio fa la RT, la cui rumorosità di scarico è resa ancora più evidente dalla quiete aerodinamica quasi assoluta offerta dalla sua carenatura.

Consumi

La palma di moto più risparmiosa va alla RT, che dispone anche dell’autonomia maggiore, grazie ai 25 litri di capienza del suo serbatoio. Leggermente più indietro da entrambi i punti di vista la K1300GT, che comunque consuma decisamente poco per le prestazioni che offre e nonostante i rapporti piuttosto corti. Mediamente un po’ più assetate, ma comunque non molto in assoluto viste le caratteristiche, le K1600, che sono seppur di poco ultime anche per autonomia nonostante i 26,5 litri del loro capiente serbatoio.

Considerazioni finali

La R1250RT è una moto dalle grandi qualità, che ottiene in questa comparativa il piazzamento più alto. In pratica, i sui unici veri difetti sono la rumorosità dello scarico e le vibrazioni. Se viaggiare su una comodissima e velocissima tagliaerba non rappresenta per voi un problema, sceglietela tranquillamente e sarete motociclisti felici.

La K1300GT offre un’alternativa eccellente e più raffinata alla RT e non a caso si piazza nella nostra classifica immediatamente a ridosso di quella. Meno efficace sotto alcuni aspetti, ma decisamente migliore sotto altri, è una moto assai equilibrata e priva di difetti e la sua anzianità non ha minimamente appannato le sue eccellenti caratteristiche.

La K1600GTL è un oggetto fuori dal coro in questa comparativa, perché la posizione di guida da custom e il limitato angolo di inclinazione massima la pongono in un altro universo, quello delle luxury tourer non sportive. Vista in quest’ottica ha decisamente senso, e nonostante l’anzianità di progetto – le K1600 sono sostanzialmente immutate da dieci anni – costituisce tuttora una vincente alternativa alla sua unica vera concorrente, la Gold Wing. Non a caso, nell’ultima versione Honda è dovuta correre ai ripari, riducendo il peso del suo mastodonte a un valore comparabile con la tedesca e perfino adottando la sua stessa particolarissima sospensione anteriore.

La K1600GT si piazza ultima, seppur di pochissimo, tra le moto del nostro test, perché è sostanzialmente equivalente a una K1300GT sotto quasi ogni aspetto, ma è molto più pesante nelle manovre da fermo, ha meno ripresa e consuma un po’ di più. Certo, il suono e la levigatezza del 6 cilindri sono magnifici, ma ha senso fare un passo indietro sotto punti di vista anche importanti, pur di averli? BMW ha sicuramente avuto le sue ragioni per sostituire la K1300GT con la K1600GT – semplificazione della gamma, appeal del 6 cilindri in linea, che è anche ben noto sulle sue auto, miglior ammortamento dei costi di sviluppo del nuovo motore – ma gli amanti delle tourer hanno perso una moto magnifica.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova delle BMW F900XR e F900R 2021

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Gemelle diverse

Introduzione

Le BMW F900R e F900XR sono basate sulla stessa piattaforma della F850GS (trovate la nostra prova qui) ed espandono la nuova gamma media della Casa bavarese con una versione naked — la R — che prende il posto della F800R, e una crossover — la XR — che occupa uno spazio del tutto nuovo nella gamma BMW, proponendosi come versione “piccola” della S1000XR.

Pur condividendo larga parte della meccanica e l’estetica della parte posteriore, le due moto si rivolgono a una clientela completamente diversa, e il prezzo delle due versioni a parità di accessori, 8.950,00 Euro per la F900R e 11.350.00 per la XR, sta lì a sottolinearlo. Nel seguito torneremo sull’argomento.

Come sono

Aspetto

La F900XR ha un design strettamente imparentato con quello della S1000XR, con cui condivide l’andamento generale della carenatura e in genere di tutta la parte anteriore. Distribuzione dei volumi e design generali sono simili, ma la 900 ha un serbatoio più snello e coda più corta, da cui il caratteristico fanalino posteriore montato su una struttura particolarmente allungata. Particolarmente bello il doppio gruppo ottico anteriore con le luci diurne che ne marcano il profilo inferiore. Il cupolino è disponibile in due versioni, normale e Sport  quest’ultima di serie se si acquista la XR rossa. In entrambi i casi esso è regolabile manualmente in due posizioni tramite una pratica leva.

La F900R invece, pur ricordando per alcuni versi la R1250R, specie all’anteriore, ha una maggior personalità. Non ha niente a che vedere con la vecchia F800R, rispetto alla quale è assai più attraente e aggressiva, con il suo design affilato e i volumi spostati verso l’anteriore, che sembrano voler simboleggiare le sue peculiari caratteristiche di guida, che vedremo nel seguito.

Su entrambe le moto spicca, rispetto alla F850GS, il fatto che le pedane del passeggero sono montate su piastre color alluminio che sostengono anche le pedane del pilota e sono fissate al motore, anziché su telaietti imbullonati al telaietto reggisella. La nuova soluzione mette in risalto l’ammortizzatore posteriore e lascia visivamente più libera la ruota.

Ciclistica

A differenza che nelle F800, dove i modelli GS e R erano equipaggiati con telai diversi, sulle F900 il telaio si basa sulla stessa monoscocca in acciaio della F850GS, che usa il motore come elemento strutturale. Ad essa però è imbullonato un telaietto reggisella modificato, sempre in acciaio, che riflette la minor lunghezza della parte posteriore.        

Lo schema delle sospensioni ricalca quindi quello della F850GS, con le differenze dovute alla diversa destinazione d’uso.

La forcella, non regolabile, è a steli rovesciati da 43 mm con ammortizzatore di sterzo, mentre al retrotreno abbiamo un forcellone in alluminio a doppio braccio, con ammortizzatore a smorzamento lineare ancorato senza leveraggi e regolabile manualmente nel precarico e nel freno idraulico in estensione.

Le principali quote ciclistiche per i due modelli sono le seguenti.

F900R:

  • escursione anteriore 135 mm (+ 10 mm rispetto alla F800R)
  • escursione posteriore 142 mm (+ 17 mm)
  • interasse 1.518 mm (- 8 mm)
  • avancorsa 114,3 mm (+14,3)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,95° (-1,05°, vedi testo)

F900XR:

  • escursione anteriore 170 mm
  • escursione posteriore 172 mm
  • interasse 1.521 mm
  • avancorsa 105,2 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,95° (vedi testo)

A parte l’ovvia maggior corsa delle sospensioni sulla XR, da questi dati spicca la maggior avancorsa sulla F900R (soprattutto rispetto alla vecchia F800R), una caratteristica che, come vedremo in seguito, si riflette in modo evidente sulla guida.

BMW dichiara per entrambi i modelli un angolo di inclinazione dello sterzo pari a 29,5°. Come ho dimostrato in un mio altro articolo, si tratta certamente di un errore; l’angolo reale è di circa 24,95°, ben più sportivo e corrispondente alle caratteristiche di guida delle due moto.

Le ruote sono in lega a 10 raggi con pneumatici tubeless, nelle canoniche misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 180/55 ZR 17 su cerchio da 5 x 17” al posteriore.

Motore

Il motore è uguale su entrambi i modelli, deriva da quello della F850GS e ovviamente è anch’esso progettato da BMW, prodotto dalla cinese Loncin e controllato con attenzione in fase di produzione dalla Casa tedesca.

Si tratta sempre di un bicilindrico in linea bialbero a quattro valvole per cilindro montato trasversalmente, con albero motore a due gomiti distanziati di 90° e fasi distanziate di 270° tra i due cilindri, cosa che conferisce al motore la tipica sonorità di un 2 cilindri a V a 90° (per maggiori dettagli sull’argomento, vedere la nostra prova della BMW F850GS).

La distribuzione è sempre a quattro valvole radiali per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese, mentre lo smorzamento delle vibrazioni è affidato a due contralberi di equilibratura, posti davanti e dietro all’albero motore e leggermente più in basso e azionati da ingranaggi.

Da notare anche la presenza di un decompressore su ogni cilindro, che si apre automaticamente un po’ sotto i 1000 giri al minuto. Esso riduce lo sforzo necessario per far ruotare il motore spento e quindi consente un avviamento particolarmente pronto a parità di motorino d’avviamento.

Rispetto a quello della F850GS, il motore delle F900 ha subito una rivisitazione in chiave sportiva. La cilindrata è stata portata da 853 a 895 cc, aumentando l’alesaggio da 84 a 86 mm e lasciando invariata la corsa a 77 mm, i pistoni ora sono forgiati e quindi più leggeri, per consentire regimi maggiori, e il rapporto di compressione è passato da 12,7 a 13,1:1.

Ne risultano i seguenti dati:

  • potenza massima 105 CV a 8500 giri (+10 CV a + 250 giri rispetto alla F850GS)
  • coppia massima 92 Nm a 6500 giri (+ 250 giri rispetto alla F850GS)

 La coppia massima, apparentemente uguale a quella della F850GS, in realtà lo è solo nel valore di picco, perché la sua curva risulta nettamente più favorevole in tutto l’arco di utilizzo, con un valore superiore a 90 Nm sempre disponibile tra 4500 e 8300 giri.

La differenza con i dati della vecchia F800R è ancora più evidente.

Entrambi i modelli sono disponibili in una versione da 48 CV per la guida con la patente A2. In questa versione è possibile successivamente portare la potenza massima a 95 CV, che è quella massima che la legge consente per trarre i modelli depotenziati.

Trasmissione

Il cambio delle F900 è esattamente identico a quello della F850GS, compresi i rapporti della trasmissione primaria e secondaria. Però lo pneumatico posteriore 180/55 ZR 17 delle F900 ha un diametro leggermente inferiore rispetto al 150/70 R 17 della F850GS, perciò in pratica i rapporti risultano leggermente accorciati.

La frizione, azionata via cavo, è antisaltellamento.

A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

Freni

Le F900 sono equipaggiate con freni dall’aspetto più aggressivo di quelli della F850GS. I due dischi anteriori passano da 305 a 320 mm e al posto delle pinze flottanti ci sono due Brembo radiali a quattro pistoncini, mentre resta invariato il disco posteriore da 265 mm con pinza flottante a un pistoncino.

Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS di serie è di tipo tradizionale a due canali separati, cioè senza frenata integrale.

Elettronica di controllo

Di serie entrambe le F900 sono equipaggiate con:

  • ABS
  • ASC (Automatic Stability Control, cioè il controllo automatico della trazione)
  • modalità di guida Rain e Road, che influiscono sulla risposta al comando del gas e sulla regolazione di ASC e ABS.

A richiesta è disponibile una miriade di altri sistemi, analoghi a quelli disponibili nelle serie “grandi” R, S e K e decisamente più avanzati di quelli offerti in genere dalla concorrenza del segmento.

D-ESA (Dynamic Electronic Suspension Adjustment)

Per quanto riguarda le sospensioni, è disponibile il D-ESA, che agisce solo sulla sospensione posteriore, ma è comunque assai migliore del rudimentale ESA disponibile sulla vecchia serie F800.

La sospensione è semi-attiva, ovvero lo smorzamento idraulico è adattato continuamente e istantaneamente in base alle sconnessioni del fondo stradale. Ferma restando questa caratteristica, in qualsiasi momento è possibile scegliere tra due regolazioni di base: Road, adatta a tutte le occasioni, e Dynamic, più rigida e sportiva.

Inoltre, il D-ESA consente di regolare elettricamente a moto ferma il precarico della molla posteriore in funzione del carico, con le classiche regolazioni per solo pilota, con bagagli e con passeggero ed eventuali bagagli.

Riding Modes Pro

L’opzione Riding Modes Pro aggiunge alle modalità di guida Rain e Road le più sportive Dynamic e Dynamic Pro e offre una serie di aiuti elettronici avanzati, resi possibili dalla presenza di una piattaforma inerziale che controlla millimetricamente il movimento della moto in tutte le direzioni. Al riguardo, questa volta in BMW hanno voluto esagerare e hanno inserito nel pacchetto un sacco di cose, di cui alcune sono una novità. Vediamole in dettaglio.

  • DTC (Dynamic Traction Control)

Si tratta di un sistema di antipattinamento che, a differenza dell’ASC, tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto ed è disinseribile.

  • ABS Pro

È una funzione aggiuntiva dell’ABS, che limita la potenza frenante nella fase iniziale quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.

  • DBC (Dynamic Brake Control)

Questa funzione è utile in particolare nel caso di motociclisti alle primissime armi. Essa rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata.

  • MSR (controllo del freno motore)

Si tratta di un sistema che regola il freno motore attraverso l’acceleratore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.

Questo acronimo costituisce una curiosa anomalia nel mare delle sigle usate da BMW, perché a differenza di tutti gli altri è in tedesco (“Motor Schleppmoment Regelung”, che letteralmente vuol dire “regolazione del momento di trascinamento del motore”).

Purtroppo, esso non funziona con le altre lingue. Non a caso, nella cartella stampa in inglese rilasciata al lancio delle F900 (chi è curioso può scaricarla qui), esso viene descritto come “engine drag torque control”.

In realtà, nel mondo degli aiuti elettronici esiste un altro acronimo che nasce in tedesco: ABS, che sta per “Anti-Blockierung System”. Ma in questo caso è stato possibile riciclare l’acronimo anche in inglese, usando l’impervia traduzione “Anti-lock Braking System”.

Quando la moto è equipaggiata con D-ESA e Riding Modes Pro, la scelta della modalità di guida influisce su tutti gli altri parametri come segue.

Rain

  • Risposta al gas estremamente progressiva, dolcissima alle basse aperture e via via più pronta ruotando la manopola.
  • DTC regolato per guida sul bagnato.
  • ABS regolato per fondi a media e bassa aderenza.
  • Funzione ABS Pro attiva.
  • Sistemi anti impennata e anti-stoppie regolati al massimo.
  • MSR regolato al massimo, per evitare ogni derapata causata dal freno motore.
  • D-ESA in Road o Dynamic in base alla scelta del pilota.

Road

  • Risposta al gas progressiva, dolce alle basse aperture e via via più pronta ruotando la manopola.
  • DTC regolato per guida sull’asciutto.
  • ABS regolato per fondi a media e bassa aderenza.
  • Funzione ABS Pro attiva.
  • Sistemi anti impennata e anti-stoppie regolati al massimo.
  • MSR regolato al massimo, per evitare ogni derapata causata dal freno motore.
  • D-ESA in Road o Dynamic in base alla scelta del pilota.

Dynamic

  • Risposta al gas diretta.
  • DTC regolato per guida dinamica.
  • ABS regolato per guida su superfici a media e alta aderenza.
  • Funzione ABS Pro disponibile solo su superfici a media aderenza e disattivata per quelle ad alta aderenza, per consentire la massima prontezza dei freni.
  • Sistemi anti impennata e anti-stoppie che consentono brevi impennate e stoppie.
  • MSR ridotto, per consentire un certo slittamento in scalata.
  • D-ESA per default in Dynamic.

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando di fine rodaggio dei 1000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Questa modalità consente un buon adattamento alle esigenze del singolo pilota sportivo, grazie alla possibilità di scegliere singolarmente  tra:

  • tre diverse mappature del gas;
  • tre diverse regolazioni del sistema DTC;
  • tre diverse regolazioni dell’ABS.

In ogni caso, essa prevede sempre:

  • funzione ABS Pro disattivata, per consentire la massima prontezza dei freni;
  • sistemi anti impennata e anti-stoppie disinseriti.

In presenza dell’opzione Riding Modes Pro è inoltre possibile preimpostare fino a un massimo di quattro modalità di guida personalizzate, in ciascuna delle quali possono essere configurati individualmente tutti i diversi parametri, pescandoli a piacere dall’insieme delle modalità di guida descritte sopra.

L’intero pacchetto non raggiunge i livelli di personalizzazione possibili su una Ducati o su una Aprilia, però offre tutto quello che può servire anche al motociclista più smaliziato, e ha dalla sua la grande semplicità nella scelta dei vari settaggi.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard e dispongono dello spegnimento automatico. La loro logica è molto sofisticata, e sembra quasi che la Casa bavarese abbia ascoltato le critiche che avevamo formulato in occasione della prova della F850GS. La novità è che ora il comando si comporta diversamente se lo si aziona brevemente o se si prolunga la pressione.

Con un tocco veloce, le frecce si spengono:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

Con un tocco prolungato, le frecce si spengono sempre dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità. Da qualche prova fatta, emerge che a 130 km/h i lampeggi sono 14, mentre riducendo la velocità aumentano.

Questa logica è molto funzionale e risolve un antico problema di questo sistema, cioè la necessità di ripetere l’azionamento quando si vuole segnalare l’uscita da un tratto autostradale.

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando verso l’esterno la stessa leva.

Il clacson — sempre indegno di una moto seria, non smetterò mai di dirlo — è azionato dal consueto pulsante sotto al comando delle frecce – l’eventuale presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola più di tanto il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto del sistema opzionale D-ESA descritto più sopra e i comandi del pratico cruise control BMW, pure in opzione. Come di consueto, esso viene azionato da una levetta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (se la moto è dotata di quickshifter) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme la levetta in avanti o all’indietro, la moto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre se la regolazione è stata disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.

Sul blocchetto di destra sono presenti invece il tasto per il riscaldamento delle manopole con tre opzioni – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – quello per i mode di marcia, descritti più sopra, e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza.

A richiesta è disponibile il sistema Intelligent Emergency Call, per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. In tal caso è presente un grosso pulsante rosso vicino al blocchetto destro — protetto da un coperchio di sicurezza sollevabile facilmente e identificabile dalla scritta SOS — per evitare chiamate accidentali.

Il sistema utilizza la SIM dello smartphone e quindi funziona a condizione che esso sia collegato alla strumentazione. In tal caso, alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente, il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati sulla moto — così non è necessario dover ripescare lo smartphone — e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un bel tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi inserisce o disinserisce il bloccasterzo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo entro un paio di minuti dallo spegnimento del quadro, per la disperazione di parecchi utenti che non avevano letto il manuale d’uso.

Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il più pratico, ma personalmente continuo a preferire il sistema con la chiave tradizionale, perché non trovo faticoso doverla inserire in una serratura e perché essa mi consente di sbloccare il bloccasterzo e accendere il quadro in una frazione di secondo, senza dover attendere i due secondi del keyless.

Strumentazione

Le F900 sono dotate di serie della strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW, azionabile per mezzo del Multicontroller — la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra — e del tasto “Menu” posto sul blocchetto sinistro. Si tratta di una dotazione di particolare pregio in questa classe, dove di solito i display sono nettamente più piccoli e meno raffinati.

La strumentazione prevede diverse visualizzazioni di cui alcune dedicate alla guida e altre alle informazioni accessorie.

Le informazioni di base — velocità, marcia inserita, ora e temperatura ambiente, eventuale attivazione della commutazione automatica dell’illuminazione diurna — sono presenti con qualsiasi visualizzazione mentre le altre appaiono solo in alcune modalità oppure sono alternative tra loro.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard, semplice ma di un certo effetto, che oltre alle informazioni di base mostra una grande e scenica barra del contagiri e uno solo dei dati presenti nelle schermate Il mio veicolo o Computer di bordo (per esempio, livello carburante, chilometraggio parziale ecc.).

La visualizzazione Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme (se presente l’RDC, il sistema optional di controllo della pressione degli pneumatici), tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione.

La visualizzazione Computer di bordo mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.

La visualizzazione Computer di bordo di viaggio è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data.

In abbinamento all’opzione Riding Modes Pro è disponibile su entrambi i modelli anche un’interessante visualizzazione Sport, caratterizzata da un bel contagiri analogico semicircolare posto al centro dello schermo e da alcuni gustosi indicatori:

  • riduzione dei giri motore indotta dall’intervento del DTC, istantanea e massima, in %
  • inclinazione istantanea e massima per i due lati, in gradi
  • decelerazione istantanea e massima, in m/s2

Solo sulla F900R l’opzione Riding Modes Pro prevede anche la visualizzazione Sport 2, che esteticamente è uguale alla 1, ma è pensata per l’uso in pista e quindi mostra i seguenti indicatori:

  • riduzione dei giri indotta dal DTC istantanea e massima, in %
  • tempo sul giro attuale
  • tempo sul giro migliore — può essere scelto quello odierno o il migliore di sempre
  • distacco dell’ultimo giro concluso o di quello attuale rispetto al giro migliore scelto

I tempi sul giro vengono marcati mediante la levetta del devioluci.

Di serie è possibile abbinare via bluetooth la strumentazione allo smartphone e all’interfono del casco, di qualsiasi marca. In tal modo è possibile accedere a diverse funzionalità: telefonate e rubrica, ascolto della musica — con un motore di ricerca particolarmente ben fatto — e navigazione GPS, tutte governabili direttamente tramite il Multicontroller e il tasto Menu. Inoltre, in tal modo è possibile avere in qualsiasi schermata la visualizzazione del limite di velocità corrente, ricavato dalle mappe GPS.

La navigazione GPS avviene, oltre che via audio, attraverso le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

A richiesta è comunque possibile avere la predisposizione per il navigatore BMW,che consiste in una staffa di fissaggio posta sul manubrio, dotata di un sistema di chiusura con la chiave della moto il cui azionamento è però abbastanza macchinoso. Il navigatore è anch’esso azionabile tramite il Multicontroller e si interfaccia con la strumentazione, della quale può mostrare alcune informazioni e alla quale cede l’ora esatta.

la predisposizione dovrebbe funzionare (uso il condizionale, perché non l’ho testata personalmente) anche per il Navigator V e per gli equivalenti modelli della Garmin, ma in tale ultimo caso l’integrazione tra apparecchio e veicolo è meno perfetta e vengono a mancare alcune funzioni utili.

Illuminazione

Entrambi i modelli dispongono di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Adaptive Cornering Light, un sistema di luci adattive che si attiva con l’inclinazione della moto e consente una più profonda illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico anteriore della F900R è singolo, di forma vagamente trapezoidale e ispirato a quello della R1250R, ed è diviso in tre parti, dall’alto in basso anabbagliante, luce di posizione/diurna e abbagliante, fiancheggiato dalle luci adattive in curva. Se è presente il sistema adattivo in curva, la R stilizzata al centro del gruppo ottico è retroilluminata, con un certo effetto scenico.

Come sulla maggior parte delle naked, neanche sulla F900R è previsto un sistema comodo di regolazione in altezza del faro in funzione del carico, ma è necessario allentare le viti di fissaggio. È vero che con il passeggero il precarico andrebbe sempre regolato e questo renderebbe inutile regolare il faro, ma è facile prevedere che le moto senza ESA con il passeggero abbaglieranno sempre gli altri utenti della strada, e con un faro led la cosa non è piacevole.

Il gruppo ottico della F900XR invece è doppio, come sulla S1000XR. I fari, perfettamente simmetrici, sono bordati inferiormente dalla luce di posizione/diurna e contengono al loro interno i proiettori, dall’interno all’esterno abbagliante, anabbagliante e luci adattive in curva. La regolazione in altezza avviene attraverso due rotelline (una per ogni faro) azionabili senza attrezzi, ma non è disponibile la pratica levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che è presente su altri modelli della Casa e consente di non toccare la regolazione base.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono ottime già sulla F900R e migliorano ulteriormente sulla XR.

Però l’illuminazione adattiva non è poi così efficace, perché all’esterno del fascio di luce del faro vero e proprio essa illumina solo abbastanza fiocamente la traiettoria lungo la curva, offrendo quindi un vantaggio tutto sommato marginale.

A onor del vero non ho mai provato sistemi analoghi su altre moto. Forse il mio giudizio è così severo, perché l’unico paragone che posso fare, quello con il magnifico faro adattivo delle K1600 (vedi la nostra prova delle BMW K1600), è francamente impietoso. Ma parliamo di un sistema eccezionale su una moto di ben altro livello.

Posizione di guida

I due modelli differiscono notevolmente da questo punto di vista, perché cambiano il manubrio e la disposizione delle pedane.

In entrambi i casi la sella, in un pezzo unico per pilota e passeggero, consente sufficiente spazio, è piuttosto rigida e relativamente stretta, ma è anche ben sagomata. Il confort risultante è solo discreto, ma il tutto è molto adatto alla guida sportiva. È comunque disponibile una sella comfort.

Non è prevista alcuna regolazione in altezza, ma su entrambi i modelli sono disponibili selle per qualsiasi statura e un assetto delle sospensioni ribassato di 20 mm.

Tutte le altezze possibili con le diverse opzioni sono le seguenti.

F900R

  • sella bassa con assetto ribassato 770 mm
  • sella bassa 790 mm
  • sella standard 815 mm
  • sella alta 835 mm
  • sella comfort 840 mm
  • sella extra alta 865 mm

F900XR

  • sella bassa con assetto ribassato 775 mm
  • sella bassa 795 mm
  • sella standard 825 mm
  • sella alta 840 mm
  • sella comfort 845 mm
  • sella extra alta 870 mm

Si noti che su entrambi i modelli è possibile ordinare dalla fabbrica soltanto la sella standard, quella bassa e quella extra alta. Tutte le altre sono disponibili solo a pagamento in aftermarket.

È interessante notare che la differenza nell’altezza delle selle sui due modelli, da 5 o 10 mm, è notevolmente inferiore alla differenza nella corsa delle sospensioni, che è pari a 35 mm davanti e a 30 mm dietro. La Casa spiega nella cartella stampa che tale risultato è ottenuto mediante una diversa imbottitura della sella, una diversa elasticità delle molle e un maggior sag negativo delle sospensioni — che è la corsa in estensione disponibile a partire dalla posizione di riposo con il pilota a bordo.

Per quanto riguarda la sella, non mi è parso di notare differenze significative di forma o imbottitura. Il molleggio è invece sensibilmente più morbido sulla XR e questo porta evidentemente a un maggior affondamento delle sospensioni una volta in sella, con un corrispondente aumento del sag negativo.

Sulla F900XR la posizione di guida è abbastanza turistica, ma comunque un po’ più sportiva di quella della F850GS. Il manubrio, un po’ più avanzato, impone una posizione con il busto leggermente in avanti, mentre le pedane sono un po’ più alte e arretrate e consentono una posizione comoda delle gambe e tutto sommato valida anche nella guida un po’ sportiveggiante.

Tutt’altra situazione si ha sulla F900R, dove il manubrio è assai più avanzato e basso e le pedane sono nettamente più spostate in alto e indietro. Non siamo ai livelli di una S1000RR, ma ne risulta comunque una posizione piuttosto sportiva, e molto adatta a una guida d’attacco, con una bella quota di peso sull’avantreno.

Solo per la F900R è disponibile aftermarket un manubrio più alto e arretrato, adatto a chi vuole una postura più rilassata o è particolarmente piccolo di statura.

Gli specchi, sono un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

Su entrambi i modelli il passeggero siede leggermente più in alto del pilota, su una porzione di sella non ampia e abbastanza rigida, con pedane sufficientemente distanti, e ha a disposizione due comode maniglie. Ne risulta una postura abbastanza comoda, ma la durezza della sella limita le capacità turistiche. Chi vuole viaggiare, farebbe bene ad acquistare la sella confort aftermarket.

Capacità di carico

Entrambi i modelli possono essere equipaggiati, oltre che con le classiche borse morbide da serbatoio e non, con un portapacchi, su cui può essere montato un topcase, e con specifici attacchi per valigie laterali.

La F900XR può essere equipaggiata con il topcase da 30 l, già disponibile sui modelli S1000RR, R1250R e R1250RS, e con valigie rigide in tinta da 32 l a sinistra e 31 l a destra analoghe a quelle degli altri modelli, ma non compatibili con esse, per una capacità complessiva di 93 litri, sufficienti per una coppia che non alloggia al Danieli. In alternativa alle valigie sono disponibili due inedite valigette semirigide da 20 l ciascuna.

La F900R in teoria offrirebbe le stesse possibilità di carico, ma BMW impedisce la possibilità di montare le valigie rigide mediante l’uso di un telaietto di supporto apparentemente uguale, ma dotato di un dentino malefico che sulla XR non c’è.

Si potrebbe pensare che BMW voglia evitare un peggioramento delle qualità dinamiche della F900R più leggera e meno protettiva della XR.

Comunque, ho indagato a fondo la questione, e secondo me, è possibile aggirare il divieto, semplicemente installando sulla F900R il telaietto della F900XR, oppure segando il dentino.

Come va la F900XR

Motore

L’avviamento è molto pronto, grazie alla presenza dei decompressori, e il nuovo sound continua a piacermi. Il comando del gas elettronico è perfetto e praticamente privo di on-off.

Il calore percepito sulle gambe è praticamente nullo anche in città, almeno nella mezza stagione.

Il nuovo motore imprime accelerazioni interessanti. Non stiamo parlando di una moto strappabraccia, ovvio, ma la spinta è gustosa e ce n’è più che abbastanza per divertirsi su strada senza alcun complesso d’inferiorità nei confronti di moto anche più potenti. La coppia, non eccezionale ai bassissimi regimi, diventa notevole già a partire dai 4500 giri, rimane praticamente costante fino quasi agli 8500 della potenza massima e rende comunque sfruttabile il tiro fino al limitatore situato intorno ai 9250 giri.

Il particolare imbiellaggio rende il motore meno propenso a girare ai bassissimi regimi rispetto a un boxer o al Rotax che equipaggia le F800. È sempre possibile viaggiare in 6a a 2000 giri a un filo di gas, ma se si apre con un po’ di decisione, il motore scalcia un po’, pur senza eccessi, e smette di farlo solo passati i 3000 giri. Oltre tale regime le vibrazioni sono senz’altro molto ridotte e rimangono più che accettabili (e assai minori che sulle F800) fino alla linea rossa e oltre.

È bene chiarire che, pur essendo il motore senz’altro brioso, a parità di rapporto inserito l’accelerazione è inferiore a quella disponibile su una R1250R o su una S1000XR. Su quelle si può mantenere la 6a praticamente in ogni circostanza e avere comunque una guida briosa, mentre qui la 6° va benone per andature fluide, ma tranquille — anche perché con tale rapporto il motore entra in coppia a quasi 120 km/h.

Se però si vuole guidare sportivamente, è sufficiente scegliere la marcia giusta — una 3a o una 4a permettono comunque velocità di tutto rispetto, rispettivamente 145 e 178 km/h al limitatore — per avere una bella accelerazione, e la coppia praticamente costante dai 4500 giri in su consente di dimenticarsi l’uso del cambio.

Per fornire qualche riferimento utile, di seguito sono elencate le velocità raggiungibili sulle F900R e XR in ciascun rapporto ad alcuni regimi significativi: a 1.000 giri, all’entrata in coppia, alla potenza massima e al limitatore.

Rapporto Velocità a
1.000
giri/min
Velocita a
4.500
giri/min
Velocità a
8.500
giri/min
(potenza
massima)
Velocità a
9.250
giri/min
(limitatore)
1a 8,9 km/h 40,0 km/h 75,6 km/h 82,3 km/h
2a 12,2 km/h 54,9 km/h 103,6 km/h 112,8 km/h
3a 15,8 km/h 70,9 km/h 133,9 km/h 145,7 km/h
4a 19,3 km/h 86,7 km/h 163,8 km/h 178,2 km/h
5a 22,9 km/h 102,8 km/h 194,2 km/h 211,4 km/h
6a 26 km/h 117,2 km/h 221,3 km/h 240,8 km/h (teorica)

In tutti e quattro i riding mode — anche in Rain — aprendo tutto il gas si hanno a disposizione la massima coppia e la massima potenza, quindi non c’è alcuna limitazione per le mappature più conservative. Quello che cambia, radicalmente, è la coppia erogata dal motore in rapporto all’angolo di rotazione della manopola del gas.

In Dynamic Pro la coppia è immediatamente disponibile appena si sfiora il gas e in Dynamic è il comportamento è quasi uguale — la differenza tra le due modalità sta più che altro nella reattività e nella possibilità di personalizzazione dei sistemi di sicurezza. In Road invece la coppia erogata è assai più dolce ai piccoli angoli e diventa progressivamente più corposa man mano che si dà gas, e in Rain questa progressività è ancora più esasperata.

Da questa logica deriva un effetto bizzarro. Se ci si trova a metà gas in Dynamic, apertura cui corrisponde già una bella coppia, ruotando la manopola al massimo si ha un aumento prevedibile e proporzionalmente non esaltante dell’ac­ce­le­ra­zio­ne. Se invece si parte da metà gas in Rain, dove la coppia è assai fiacca, spalancando la manopola si ottiene una coppia proporzionalmente assai superiore — cioè quella massima del motore, la stessa ottenibile in Dynamic — e questo assicura paradossalmente un “effetto wow!” in Rain e in Road, che è del tutto assente nelle mappature più sportive.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida tramite il tasto a bilanciere che controlla anche il D-ESA, è preciso nell’intervento e poco invasivo, soprattutto in Dynamic, e non è nemmeno troppo brusco, cosa non scontata su un bicilindrico. Interessante e istruttiva la possibilità, nella schermata Sport disponibile con l’opzione Riding Modes Pro, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Va da sé che se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, e che i tagli della potenza più elevati tendono ad avvenire in modalità Rain.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, relativamente morbido, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbidissima e discretamente modulabile.

In presenza del quickshifter la leva diventa più contrastata e gommosa, con un certo peggioramento del feeling. Il sistema funziona molto bene nella guida sportiva ad alto regime, dove consente cambiate molto rapide sia a salire che a scendere — dove dà anche il colpetto di gas — e se la cava egregiamente anche ai medi con il gas aperto solo parzialmente, ma nelle altre circostanze le cambiate comportano scossoni evidenti. Se lo scopo è godere dell’effetto esilarante delle cambiate sparate in serie nelle forti accelerazioni, questo è un accessorio interessante, ma non è molto adatto ai pigri e a chi non sa usare il cambio manuale, per i quali sono comunque sempre disponibili gli scooter e i modelli a doppia frizione di Honda.

Freni

La frenata è pronta, potente, resistente e ben modulabile con entrambi i comandi, e la stabilità rimane elevata anche nelle frenate più forti.

La strumentazione mi ha restituito una decelerazione massima su asfalto asciutto di 9 m/s2, pari a circa 0,92 g, valore che non cambia con le diverse mappature, ma ovviamente diminuisce parecchio sul bagnato e anche sullo sconnesso.

L’ABS funziona piuttosto bene e risulta assai meno invasivo rispetto a quello delle F800, dove si attivava spesso, causando un effetto moto-che-scappa-avanti molto evidente. Al riguardo, continuo a credere che in caso di intervento antibloccaggio sulla ruota anteriore, i sistemi più moderni in generale accentuino la frenata sulla ruota posteriore.

La funzione Pro dell’ABS, attiva a moto inclinata in tutte le mappature, esclusa la Dynamic Pro, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Questa volta ho vinto la mia istintiva ritrosia a effettuare pinzate brusche in curva e ho finalmente capito bene come funziona.

Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con un minimo di decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, e questo evita il brusco cambiamento d’assetto tipico di una pinzata maldestra in curva, a tutto vantaggio della stabilità. In questo modo però gli spazi di frenata in curva si allungano sensibilmente, e questo spiega perché questa funzione è limitata in Dynamic alle sole superfici a medio-bassa aderenza ed è del tutto inibita in Dynamic Pro.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della F900XR è quello che ci si aspetta su una crossover BMW dal piglio sportiveggiante: piuttosto leggero, ma preciso e pronto, e consente una guida efficace e poco impegnativa in ogni circostanza.

Le due F900XR che ho provato erano entrambe equipaggiate con D-ESA, che, come abbiamo visto sopra, agisce solo sulla sospensione posteriore.

La forcella a steli rovesciati non è regolabile, ma è comunque ben sostenuta e molto scorrevole e non è mai a disagio con qualsiasi settaggio delle sospensioni.

In Road il comportamento della moto è a mio avviso perfetto in ogni circostanza, anche nella guida molto veloce. Su liscio la taratura è piuttosto sportiva e le oscillazioni risultano praticamente azzerate, mentre sullo sconnesso è chiaramente avvertibile, e quasi sorprendente, il migliore assorbimento garantito dall’adattamento automatico attuato dal sistema.

In Dynamic il tutto è virato verso una maggior sportività, ma in tal modo il comportamento diviene a mio avviso troppo secco sulle asperità, senza evidenti vantaggi in termini di controllo delle masse sospese nella guida veloce.

In città

Con 219 kg col pieno, la F900XR non è un peso piuma, ma l’altezza non eccessiva, il motore pastoso ai bassi, la dolcezza dei comandi e lo sterzo leggero e perfettamente prevedibile rendono la guida in città una questione piacevole, resa ancora migliore dall’assenza di calore emanato dal motore.

Nei trasferimenti extraurbani

L’ottima stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida perfetta, il regime di tutto riposo consentito dalla rapportatura —in sesta a 130 km/h il motore frulla a 5000 giri, come su moto di cilindrata superiore — e l’assenza di vibrazioni fastidiose consentono un buon confort nei trasferimenti extraurbani.

La tranquillità alla guida è ulteriormente aumentata dalla buona ripresa disponibile anche in 6a — a 130 km/h è già praticamente disponibile la coppia massima — e dalla presenza del cruise control, che assicura la pace della mente nei tratti sottoposti al Tutor.

Un neo è la sella di serie, un po’ troppo rigida, chi viaggia molto tenderà a preferire la sella confort, un po’ più alta di quella standard.

Un discorso a parte merita la protezione aerodinamica in autostrada. Con il mio metro e 78, a 130 km/h indicati il cupolino standard invia l’aria all’altezza della fronte nella posizione alta e del mento in quella bassa, assicurando una discreta protezione dalle intemperie e dalla pressione del vento.

Però in entrambi i casi il flusso d’aria che arriva al casco è molto disturbato e questo produce parecchio rumore e una lieve vibrazione della testa, che alla lunga è sgradevole. Naturalmente, statura e casco — nel mio caso uno Shark Evoline S3 — possono modificare anche parecchio gli effetti dell’aerodinamica, ma nella mia esperienza preferisco paradossalmente il cupolino Sport, perché è vero che protegge meno, ma rende la guida più comoda e silenziosa, almeno fino a 160 km/h.

Nel misto

La F900XR è una moto facile e divertente nel misto, anche in quello più stretto. Concorrono a questo risultato il motore brioso, i freni potenti, la ciclistica a punto (soprattutto in Road) la notevole luce a terra e la prontezza dello sterzo, e il tutto non delude neanche alzando parecchio il ritmo.

Rispetto alle serie R e K qui manca una sospensione antidive e ovviamente ci sono maggiori trasferimenti di carico nell’apri/chiudi, ma il molleggio sportiveggiante li rende comunque ben controllabili, nonostante la corsa relativamente lunga delle sospensioni.

Consumi

Il motore 900 consuma di più rispetto all’850.

Se si guida tranquilli si superano  tranquillamente i 20 km/h in media, ma ad alta velocità e se ci si fa prendere la mano sul misto — cosa facilissima, viste le caratteristiche di guida — le cose possono peggiorare parecchio.

La media della nostra prova, condotta con il solito piglio battagliero, è stata di 17,2 km/l

Il serbatoio da 15,5 litri della F900XR assicura comunque percorrenze accettabili, tra i 250 e i 300 km.

Come va la F900R

Motore

Per il motore valgono in teoria le stesse considerazioni già fatte per la F900XR, l’unica vera differenza è il minor peso, cui corrispondono accelerazioni marginalmente migliori — BMW dichiara 0,1 s in meno nello scatto da 0 a 100 km/h.

Alla guida però il feeling restituito dalla F900R è talmente diverso, che viene da pensare che essa sia rapportata più corta rispetto alla F900XR. Eppure, come abbiamo visto sopra, la trasmissione è identica sui due modelli. Nel dubbio ho controllato i regimi sul contagiri e in effetti sono esattamente gli stessi a pari velocità e marcia.

Cambio

Per il cambio valgono le stesse considerazioni fatte per la F900XR.

Freni

Anche i freni si comportano come sulla F900XR, ma qui il baricentro è leggermente più basso e la forcella ha una corsa minore e quindi affonda meno, con un avvertibile vantaggio nella prontezza in frenata. Per contro, la minor corsa negativa della sospensione posteriore rispetto alla XR determina qualche lieve serpeggiamento nelle frenate più estreme.

Sterzo e assetto

Pur essendo uguali sotto quasi tutti i punti di vista, F900XR e F900R differiscono enormemente nella guida, e passare dalla prima alla seconda è un vero e proprio shock. La differenza è dovuta, più che alla minor corsa delle sospensioni sulla R, all’avancorsa nettamente maggiore e alla diversa posizione di guida, ed è stupefacente come pochi dettagli possano fare tutta questa differenza.

Abituati alla facilità di guida delle moto attuali, sulla F900R il comportamento alle bassissime velocità è quasi sconcertante, a causa dello sterzo nettamente più contrastato e della tendenza della moto a cadere maggiormente verso l’interno della curva, ma appena la velocità aumenta, emerge uno sterzo davvero molto preciso e piantato a terra, del tutto anomalo non solo su una BMW, ma anche su qualsiasi concorrente attuale.

A differenza della F900XR, che è facile e immediata in ogni circostanza e curva quasi con il pensiero, la F900R domanda a gran voce una guida attiva e impegnata, in cui si sposta il baricentro e si spinge sulle pedane, e se è guidata in questo modo, regala soddisfazioni davvero inaspettate su una moto di questa categoria e non solo.

In città

La F900R è più leggera della XR e ferma la bilancia a 211 kg ma il suo comportamento nel traffico è reso un po’ meno gradevole dallo sterzo più pesante e del comportamento meno immediato dell’avantreno alle bassissime velocità.

Nei trasferimenti extraurbani

Fermo restando quanto detto per la F900XR circa i rapporti e l’assetto, qui cambia ovviamente parecchio la protezione contro il vento.

Le F900R che abbiamo provato erano entrambe equipaggiate con il minuscolo cupolino Pure, che non fa miracoli, ma comunque toglie un po’ di spinta sul torace e consente una guida rilassata fino a circa 130 km/h.

A richiesta è disponibile un parabrezza alto (relativamente, è pur sempre adatto a una naked sportiva) che non ho potuto provare, ma che a occhio e croce dovrebbe alleggerire di parecchio la pressione del vento senza comunque arrivare a inviare flussi d’aria contro il casco.

Nel misto

Alle ottime caratteristiche della F900XR si somma lo straordinario comportamento dell’avantreno e una generale maggior reattività nel comportamento. Tutto l’insieme rende la guida F900R nel misto una delle cose più divertenti che mi siano capitate ultimamente. La serie F si rivolge a tutti i motociclisti e la presenza delle versioni depotenziate A2 sta lì a dimostrarlo, ma in mani esperte questa R è parecchi gradi sopra a tutte le altre F quanto a piacere di guida.

Chiudendo per un attimo gli occhi, tra postura sportiva, vento in faccia, avantreno granitico e sound da 2V, ho pensato che non era possibile che stessi guidando una BMW, pareva piuttosto di stare su una Monster, ma con l’avantreno di una Kawasaki. Bello!

Non è un caso che sulla cartella stampa BMW, la F900R sia sempre definita Dynamic Roadster. La F900XR se lo sogna, un appellativo del genere.

Consumi

Ferme restando le considerazioni fatte per la F900XR, lo striminzito serbatoio da soli 13 litri installato sulla F900R limita l’autonomia pratica a 200, massimo 250 km.

Non capisco se questa scelta, tecnicamente del tutto immotivata, è dovuta a puro sadismo o a desiderio di spostare la clientela turistica verso la F900XR — e questo spiegherebbe anche il dentino malefico del telaietto portavaligie.

Conoscendo i tedeschi, non mi stupirebbe scoprire che la ridotta capacità è dovuta esclusivamente alla necessità di mantenere il peso entro specifiche di progetto particolarmente restrittive.

Value for money

A mio parere, la F900R offre un rapporto tra dotazione, prestazioni e prezzo imbattibile per la categoria. Ci sono altre moto che offrono feeling di guida eccellenti — scontato il paragone con la Triumph Street Triple 765 — ma la concorrenza non offre la stessa dotazione di serie della F900R, né la stessa sterminata gamma di accessori a richiesta, né consente il montaggio di valigie e topcase, se non le solite aftermarket dall’aspetto sempre un po’ posticcio. Senza contare che questo feeling non si trova da nessun’altra parte.

La stessa cosa non si può dire della F900XR, che a parità di dotazione, costa ben 2.400 Euro in più. È vero che si rivolge a una clientela diversa, tendenzialmente più matura, ma è altrettanto vero che essa non si piazza altrettanto bene nei confronti della migliore concorrenza. La nuova Yamaha Tracer 9, con un prezzo d’attacco leggermente inferiore, offre una dotazione paragonabile, ma con un eccellente tre cilindri da 119 CV.

Per quanto riguarda la scelta tra le due F900, il serbatoio di dimensioni umane e la maggior protezione aerodinamica sono le uniche ragioni per cui a mio avviso potrebbe valere la pena optare per la F900XR. Ma con questa differenza nel prezzo, scelgo volentieri i difetti della F900R, con il suo fantastico feeling di guida.

Pagella F900XR

Pregi

  • Moto bella e ben fatta
  • Posizione di guida rilassante
  • Motore potente, elastico e dotato di un bel sound
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • Sospensioni con D-ESA di ottimo livello
  • Guida precisa e piacevole anche ad alta velocità
  • Dotazione di accessori ottima per la categoria

Difetti

  • Sella troppo rigida
  • Cupolino standard che crea turbolenze

Pagella F900R

Pregi

  • Moto bella e ben fatta
  • Motore potente, elastico e dotato di un bel sound
  • Avantreno molto comunicativo
  • Guida sportiva e coinvolgente
  • Sospensioni con D-ESA molto efficaci
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • Dotazione di accessori eccellente per la categoria

Difetti

  • Serbatoio piccolo

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Prova della BMW F850GS

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La super F

Introduzione

La nuova BMW F850GS prende il posto della F800GS, la media enduro stradale sul mercato dal 2008, ma discende da un progetto completamente nuovo e diverso sotto molti punti di vista e si colloca su un gradino più alto. È evidente lo sforzo della Casa bavarese di alzare il tiro, nel tentativo di sottrarre clienti alla Honda Africa Twin, che pur avendo una cilindrata superiore, offre la stessa potenza e caratteristiche per molti versi analoghe, ma a un prezzo di attacco superiore di circa 1000 Euro. La cosa traspare dalle finiture, senz’altro migliori che sulla F800GS, dalle maggiori prestazioni e dalla possibilità di montare praticamente tutta sterminata la gamma di accessori già disponibili da tempo sulle serie maggiori della Casa tedesca, cosa che rende la nuova F unica nel suo segmento.

Com’è

Aspetto

La moto è una tipica BMW GS: costruzione solida e design molto sofisticato e asciutto, ma con finiture sicuramente migliori che nei modelli del recente passato e in particolare rispetto alla F800GS, si vedano in particolare i bei supporti delle pedane del passeggero, in lega pressofusa e – finalmente! – imbullonati al telaio reggisella anziché ricavati da semplici tubi e saldati ad esso.

La F850GS non somiglia alla F800GS, non solo per il design, più mosso e raffinato, ma anche per il diverso layout del telaio e del motore, completamente riprogettati, dello scarico, ora a destra, e del serbatoio, tornato nella posizione tradizionale, mentre in precedenza si trovava sotto la sella del passeggero. Quest’ultimo cambiamento ha permesso un design assai più filante della parte posteriore e un vano sottosella di dimensioni insolite per una BMW moderna, in grado di alloggiare un antipioggia di emergenza o un kit di pronto soccorso oltre a documenti e attrezzi. Lo spostamento del serbatoio ha contribuito anche a spostare il baricentro più in avanti, alla ricerca di una maggiore sportività.

Ciclistica

Il telaio a traliccio in acciaio della F800GS è stato completamente sostituito da una monoscocca sempre in acciaio, più rigida, che mantiene il motore come elemento strutturale.

Le sospensioni non sono state rivoluzionate, ma riviste in parecchi dettagli. Sono sempre presenti la forcella a steli rovesciati da 43 mm con ammortizzatore di sterzo e il forcellone in alluminio a doppio braccio con ammortizzatore a smorzamento progressivo WAD, ancorato senza leveraggi e ora dotato di serbatoio separato, ma l’escursione della sospensione anteriore è scesa da 230 a 204 mm, quella della sospensione posteriore è salita da 215 a 219 mm, il passo è cresciuto da 1573 a 1593 mm e l’angolo di sterzo è sceso da 28° a 26°.

A richiesta è disponibile il sistema Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment), già presente sulle serie S, K ed R e assai più avanzato del vecchio ESA disponibile sulla serie F800. Da fermo consente di regolare la taratura in funzione del carico (solo pilota, pilota con bagagli, con passeggero), mentre in qualsiasi momento è possibile scegliere un settaggio tra Road e Dynamic – mentre con i riding mode Enduro ed Enduro Pro è disponibile il settggio Enduro – nell’ambito dei quali il sistema adatta automaticamente la rigidità delle sospensioni in funzione dello stile di guida e delle manovre del pilota. La taratura Road è quella standard per tutti i riding mode stradali (compreso il Dynamic), buona sulle asperità, ma non cedevole, mentre la Dynamic rende la guida più precisa con conseguente maggior rigidità sullo sconnesso, comunque non eccessiva. Si noti che i settaggi definiscono solo l’impostazione dell’assorbimento delle sospensioni, perché come vedremo in seguito, la scelta dei mode di guida influisce anche sull’assetto.

Immutate le dimensioni delle ruote, con cerchi da 2,15×21” anteriore e 4,25×17” posteriore e pneumatici rispettivamente di misura 90/90 21 e 150/70 R 17, ma la nuova struttura a raggi incrociati, adottata per la prima volta sulla serie F, ha consentito l’eliminazione delle camere d’aria e dona alla moto una maggiore precisione di guida rispetto ai cerchi a raggi tradizionali, più flessibili in curva.

Motore

Il motore della F850GS, progettato da BMW, prodotto dalla cinese Loncin e controllato esemplare per esemplare dalla Casa tedesca – che evidentemente vuole essere sicura di non avere problemi dovuti all’outsourcing – è sempre un bicilindrico in linea bialbero a quattro valvole per cilindro montato trasversalmente, ma per il resto si tratta di un’unità profondamente diversa dal propulsore della serie F800, progettato e realizzato dall’austriaca Rotax.

La cilindrata è passata da 798 a 853 cc, con alesaggio e corsa di 84 e 77 mm e rapporto di compressione salito da 12:1 a 12,7:1, e sono disponibili tre diversi livelli di potenza:

  • 95 CV a 8250 giri e 92 Nm a 6250 giri sulla F850GS
  • 77 CV a 7500 giri e 83 Nm a 6000 giri sulla F750GS
  • 48 CV a 6500 giri e 63 Nm a 4500 giri su entrambi i modelli in versione A2.

Il balzo in avanti rispetto al Rotax – che sviluppava nella versione più potente 85 CV e 83 Nm – è evidente.

Ma le prestazioni maggiorate non sono la novità più appariscente, quello che più colpisce del nuovo motore sono le caratteristiche – in primis il sound – che derivano dal nuovo imbiellaggio. Nel motore della F800 i due pistoni sono collegati a due gomiti posti a 0° l’uno dall’altro e quindi si muovono affiancati. Per ottenere la regolarità degli scoppi, le fasi dei due cilindri sono distanziate di un giro, cioè 360° (come è noto, le fasi del ciclo di un motore a 4 tempi si sviluppano lungo due giri), per cui quando un pistone scende per effettuare l’aspirazione, l’altro scende in conseguenza dello scoppio, e così via per le altre fasi. Questo schema assicura la perfetta regolarità degli scoppi, che si susseguono a ogni giro dell’albero motore – e infatti il suono del Rotax è stretto parente di quello dei bicilindrici boxer, che hanno la stessa caratteristica – ma crea notevoli problemi di bilanciamento, che richiedono un sistema di smorzamento delle vibrazioni pesante, senza il quale il motore sussulterebbe più o meno come un monocilindrico (ricordate le vecchie Fiat 500 al minimo? Ecco, così). In questo caso il sistema adottato prevede un battente posto sotto all’albero motore e azionato da un terzo gomito situato tra i due gomiti “veri”, che funziona bene ai bassi regimi, ma tende a perdere efficacia agli alti, e infatti tutte le F800 vibrano in modo un po’ fastidioso in velocità e tirando il collo al motore.

Sulla BMW F850GS invece i gomiti sono posti a 90° uno dall’altro – l’albero visto dal lato ha la forma di una L anziché essere piatto come sul Rotax. I pistoni si muovono quindi uno in ritardo di mezza corsa rispetto all’altro, mentre le rispettive fasi sono state opportunamente distanziate, in modo da avere una sequenza degli scoppi 270° – 450°, irregolare ma non troppo, che è la stessa dei bicilindrici a V di 90°, con la differenza che in questi lo sfasamento dei pistoni, imbiellati su uno stesso gomito dell’albero motore, è dovuto all’angolo fra i cilindri.

Il risultato di tutto questo è che il motore vibra, si comporta e soprattutto suona in modo simile a un bicilindrico a V, pur con la compattezza tipica dei motori in linea.

Questo schema non è rivoluzionario in sé, in quanto è stato già adottato da altri costruttori – per esempio da Yamaha sulla TDM900 e da Honda sulla serie NC e, guarda caso, sull’Africa Twin attuale – ma lo è su una BMW, perché non si era mai sentita una moto con il logo dell’Elica suonare in questo modo. Il nuovo sound è senza dubbio assai più bello di quello prodotto dal vecchio propulsore, tanto che nella cartella stampa e nella documentazione pubblicitaria della F850GS si magnifica ripetutamente tale caratteristica. Dato che non avevo mai sopportato il suono del Rotax – lo consideravo il maggior difetto della F800GS – non posso che essere felice di questa scelta.

La distribuzione è a quattro valvole radiali per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese, mentre lo smorzamento delle vibrazioni è affidato a due contralberi di equilibratura, posti davanti e dietro all’albero motore e leggermente più in basso e azionati da ingranaggi.

Da notare anche la presenza di un decompressore su ogni cilindro, che si apre automaticamente un po’ sotto i 1000 giri al minuto, come avviene sui motori boxer LC e K1600. Esso riduce lo sforzo necessario per far ruotare il motore spento e quindi consente un avviamento particolarmente pronto.

Nuovo rispetto al modello precedente è anche l’uso massiccio dell’elettronica per variare il comportamento del motore (e non solo) nelle varie situazioni di guida, similmente a quanto avviene già da tempo sulle serie S, K ed R della Casa bavarese.

Di serie sono disponibili due mode, Rain e Road, che impattano sulla risposta al comando del gas, sull’assetto delle sospensioni e sulla regolazione del sistema antipattinamento ASC (Automatic Stability Control) e dell’ABS: Road va bene in generale per l’uso su strada, con risposta al gas standard, ASC regolato per superfici ad alta aderenza e ABS per guida stradale, mentre Rain offre una risposta più dolce al gas e una regolazione più conservativa del sistema antipattinamento ASC.

A richiesta poi è possibile avere la Modalità di guida Plus, che comprende:

  • i mode Dynamic, Enduro e Enduro Pro
  • il sistema DTC (Dynamic Traction Control), più sofisticato dell’ASC e basato su una piattaforma inerziale
  • l’ABS Pro con luce di stop dinamica, di cui si parlerà nel paragrafo sui freni
  • la luce di stop dinamica, che lampeggia in caso di frenata di emergenza e alle basse velocità è affiancata automaticamente dal lampeggio di emergenza.

Dynamic serve per la guida su strada come Road, ma rende tutto più scattante: la risposta del gas è immediata, ABS e ASC intervengono solo poco prima di combinare guai seri e in più il retrotreno si solleva, rendendo la guida più caricata sull’avantreno e quindi più pronta. Enduro è utile per una guida in fuoristrada non troppo impegnativa; addolcisce il gas un po’ come in Rain, ma adatta ABS e DTC all’uso su fondi a bassa aderenza e solleva il retrotreno come in Dynamic per avere maggior escursione. Enduro Pro, accessibile solo dopo aver inserito una chiavetta in un apposito alloggiamento sotto alla sella, serve per il fuoristrada più duro e prevede, oltre all’assetto rialzato, regolazioni di DTC e ABS specifiche per l’uso di gomme tassellate su fondi a bassa aderenza e ABS sempre disinserito sulla ruota posteriore, che così può derapare in frenata a piacimento.

Trasmissione

Il cambio è anch’esso stato riprogettato e a richiesta è dotato di quickshifter funzionante anche in scalata.

Queste sono le velocità massime reali raggiungibili al regime di potenza massima (8250 giri):

1a 74,8 km/h
2a 102,5 km/h
3a 132,4 km/h
4a 162,0 km/h
5a 192,1 km/h
6a 218,9 km/h

Interessante il fatto che rispetto alla F800GS i rapporti sono meno ravvicinati, con la 1° sensibilmente più corta (in effetti era un po’ troppo lunga per una enduro stradale) e la 6° più lunga. Nel seguito le velocità a 1000 giri a confronto:

  F800GS F850GS
1a 9,6 km/h 9,1 km/h
2a 13,6 km/h 12,4 km/h
3a 17,2 km/h 16,1 km/h
4a 20,2 km/h 19,6 km/h
5a 22,8 km/h 23,3 km/h
6a 24,7 km/h 26,5 km/h

La frizione è antisaltellamento.

Freni

La moto è equipaggiata con due dischi anteriori da 305 mm morsi da pinze flottanti Brembo con due pistoncini e con un disco posteriore da 265 mm e pinza flottante a 1 pistoncino, ed è presente di serie un impianto ABS a due canali separati.

Il pacchetto optional Modalità di guida Plus, comprende il sistema ABS Pro, denominazione adottata da BMW per il proprio sistema di cornering ABS, che avvalendosi della piattaforma inerziale, riesce a evitare il bloccaggio delle ruote anche in caso di forte frenata in curva, principalmente rendendo meno brusca la frenata sulla ruota anteriore.

Abbinata all’ABS Pro è la luce di stop dinamica, che lampeggia in caso di frenata di emergenza e alle basse velocità è affiancata automaticamente dal lampeggio di emergenza.

Comandi e accessori

I comandi sono quelli del nuovo corso BMW, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta; sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza della retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard, ma con lo spegnimento automatico, che avviene in modo differenziato in base alla velocità:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

La logica adottata vorrebbe migliorare quella precedente, più semplice, ma a mio parere non ci riesce, perché i 5 lampeggi sono pensati per il caso del sorpasso, che però può avvenire anche sotto i 100 km/h, ma non vanno bene quando ci si avvicina a un’uscita autostradale, perché di solito ciò avviene a più di 100 km/h.

Secondo me, al pari di quanto avviene sulle auto, dovrebbe essere permessa una duplice modalità di azionamento delle frecce:

  • tocco veloce = funzione sorpasso (3-5 lampeggi pre-impostabili dal conducente)
  • tocco trattenuto = funzione svolta (lampeggio prolungato di durata pre-impostabile dal conducente)

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando in fuori la stessa leva.

Il clacson è azionato dal consueto pulsante sotto al comando delle frecce – l’eventuale presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto del sistema opzionale Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) descritto più sopra, e i comandi del pratico ed efficace cruise control opzionale che già equipaggia da tempo i modelli S, K ed R della casa bavarese. Come di consueto, esso viene azionato da una levetta posta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (se la moto è dotata di quickshifter) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme la levetta in avanti o all’indietro, la moto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre se la regolazione è stata disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.

Sul blocchetto di destra sono presenti invece il tasto per il riscaldamento delle manopole con tre scelte – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – quello per i mode di marcia, descritti più sopra, e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento e lo spegnimento di emergenza del motore.

L’esemplare in prova era dotato di sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Il manuale d’uso prevede tutta una serie di modalità alternative di accensione/spegnimento del quadro e di inserimento/disinserimento del bloccasterzo. In soldoni, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre premendolo per alcuni secondi inserisce o disinserisce il bloccasterzo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo entro un paio di minuti dallo spegnimento del quadro.

Strumentazione

La moto in prova era dotata in opzione della stessa strumentazione TFT a colori con display da 6,5” della R1250GS, azionabile per mezzo del Multicontroller – la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra, che funge da mouse ed equipaggia diversi modelli BMW – e del tasto “Menu” posto sul blocchetto sinistro.

La strumentazione prevede una visualizzazione di base semplice ma di un certo effetto – denominata “Pure Ride” – che mostra una grande barra del contagiri, il tachimetro in cifre e poche altre informazioni: mode di guida, orologio digitale, marcia inserita, temperatura esterna e poco altro. È evidente lo sforzo di BMW di evitare complicazioni eccessive, ma nonostante tale attenzione, anche questa strumentazione più semplice di altre richiede un certo impegno da parte del conducente per ottenere le informazioni volute e scegliere tra le numerose funzioni possibili, a rischio di distrarsi più del dovuto per ottenere informazioni che dovrebbero essere sempre disponibili o comunque facilmente accessibili.

Alcune informazioni sono presenti con qualsiasi visualizzazione, ma altre appaiono solo in alternativa tra loro. La visualizzazione “Computer di bordo”, per esempio, consente di vedere contemporaneamente parecchie informazioni sul viaggio – velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta ecc. – ma a scapito del contagiri. Se si torna alla schermata base – denominata “Pure Ride” – l’unica che appunto prevede il contagiri, è possibile vedere solo una delle informazioni del computer di bordo, selezionabile mediante il tasto “Menu”. Peraltro, la selezione di tale informazione avviene secondo una sequenza circolare in una sola direzione, e se si sbaglia e si salta ciò che si vuole, occorre fare tutto il giro della dozzina di dati disponibili, con altrettante pressioni del tasto dedicato.

La strumentazione può essere abbinata via bluetooth allo smartphone e all’interfono del casco – di qualsiasi marca. Una volta stabilito il collegamento, è possibile accedere a diverse funzionalità: telefonate e rubrica, ascolto della musica – con un motore di ricerca particolarmente ben fatto – e navigazione, tutte governabili direttamente tramite il Multicontroller e il tasto Menu. Molto interessante è la possibilità di avere sul display TFT le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

A richiesta è possibile avere la predisposizione per il BMW Navigator VI (credo che vadano bene anche le versioni IV e V, perché forma e attacco dovrebbero essere sempre gli stessi, e così pure il Garmin 660) alloggiato su una staffa di fissaggio che a differenza che in altri casi non copre nemmeno parzialmente la strumentazione ed è dotata di un sistema di chiusura con la chiave della moto il cui azionamento però è abbastanza macchinoso. Il navigatore è anch’esso azionabile tramite il Multicontroller e si interfaccia con la strumentazione, della quale può mostrare alcune informazioni e alla quale cede l’ora esatta.

Illuminazione

La moto provata era dotata dell’impianto d’illuminazione a led opzionale. Il gruppo ottico anteriore, completamente nuovo e piuttosto bello, ha abbagliante e anabbagliante di potenza, ampiezza e omogeneità eccellenti ed è dotato di una pratica manopola per la regolazione fine dell’altezza posta a destra della strumentazione e azionabile anche con i guanti.

Come sugli altri modelli della Casa equipaggiati con fari a led è prevista una luce diurna, che è disponibile anche in abbinamento al normale faro a lampade alogene. In quest’ultimo caso si ha il vantaggio di una luce ad assorbimento nettamente più basso e con una durata assai maggiore rispetto all’anabbagliante, ma nel caso del faro full led mi sfugge l’utilità della cosa, visto che la visibilità della moto dal davanti diminuisce senza vantaggi apprezzabili rispetto all’anabbagliante a led, che ha comunque un assorbimento molto basso. Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre possibile scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Con la modalità di guida Pro la moto è inoltre presente la luce di stop dinamica, descritta più sopra.

Posizione di guida

La sella, in un pezzo unico per pilota e passeggero, è sufficientemente imbottita – più rigida che soffice – abbastanza comoda e consente parecchio agio a pilota e passeggero. Non è molto larga, e se questo non favorisce il confort, di sicuro facilita gli spostamenti tipici della guida sportiva o in fuoristrada. Non è prevista alcuna regolazione in altezza, ma sono disponibili diverse selle:

  • bassa 835 mm
  • standard 860 mm
  • comfort 875 mm
  • rallye 890 mm

È anche disponibile un assetto delle sospensioni ribassato di 20 mm, che porta l’altezza minima disponibile a 815 mm, comunque fuori dalla portata dei più bassi, che dovranno quindi accontentarsi della F750GS.

A proposito di altezza, BMW dice che l’altezza della sella sulla F850GS è stata ridotta di 20 mm. In effetti con la sella standard la F800GS raggiungeva ben 880 mm, ma proprio per questo la Casa aveva presto optato per equipaggiarla di serie con la sella bassa, posta a 850 mm dal suolo. Quindi, se paragoniamo i due modelli in assetto standard, la F850GS è più alta.

Le pedane sono giustamente distanziate dalla seduta e poste sulla verticale della parte anteriore della sella e consentono una posizione molto comoda delle gambe, non troppo turistica, con un angolo del ginocchio ampio. Non so perché, ma in questo caso intralciano assai meno che su altri modelli del genere quando si poggiano i piedi a terra, forse a causa della snellezza della moto. Il manubrio è abbastanza largo, alto e arretrato, come si usa sulle enduro stradali. Da tutto ciò risulta una posizione di guida naturale e comoda, abbastanza simile a quella della serie precedente, con il busto quasi dritto – forse un filo più inclinato in avanti – ma comunque tale da poter anche caricare un po’ le pedane nella guida sportiva. Altro discorso va fatto per la guida in piedi: le gambe hanno buona presa sul serbatoio, ma il manubrio a mio parere è un po’ troppo basso.

Gli specchi, sono un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

Il passeggero siede leggermente più in alto del pilota, su una porzione di sella non troppo larga ma lunga e sufficientemente imbottita e con pedane abbastanza distanti e avanzate, e ha a disposizione due ampie maniglie. Ne risulta una posizione abbastanza comoda e adatta ai viaggi.

Capacità di carico

Le valigie somigliano a quelle del modello precedente, ma sono interamente nuove e non sono intercambiabili con esse. Il sistema di aggancio è stato modificato sul modello della R1200/1250GS e reso più robusto e più pratico, ed è stata conservata la possibilità di variare il volume interno attraverso un maniglione posto all’interno di ogni valigia, topcase compreso. La capacità delle valigie laterali Vario è tra i 30 e i 39 litri per la valigia sinistra, e tra i 20 e i 29 litri per la destra, mentre il topcase ha una capienza variabile tra i 25 e i 35 litri e può contenere un casco integrale. A valigie montate la larghezza della moto diventa come al solito notevole, specie con il loro volume regolato al massimo.

Come va

Manovre da fermo

La moto pesa sensibilmente più della F800GS, 229 kg contro 217 (che già erano lievitati rispetto ai 207 kg della prima versione del 2008), e la cosa, insieme alla notevole altezza della sella, rende un po’ più problematica del previsto la movimentazione della moto nelle manovre, almeno per chi non arriva a 1,80. Il cavalletto centrale è ben fatto e non richiede particolare sforzo, mentre quello laterale si trova facilmente.

Partenza

L’avviamento è prontissimo, grazie alla presenza dei decompressori, e il nuovo sound stampa fin da subito un bel sorriso in faccia. Il comando del gas elettronico è perfetto e praticamente privo di on-off, mentre la frizione è morbidissima, più che sulle F800, ma rimane non molto modulabile, anche perché, come sempre con questo tipo di frizione, la leva si muove un po’ nel passaggio dal tiro al rilascio e viceversa.

Motore

Il nuovo motore imprime alla moto un dinamismo senza dubbio maggiore, e questo è particolarmente evidente in partenza, grazie anche alla prima più corta. BMW dichiara uno spunto 0-100 km/h in 3,8” contro i 4,3” della F800GS, una differenza rilevante. Non parliamo di una moto strappabraccia, ma le prestazioni sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle della R1200GS raffreddata ad aria e quindi comincia a essere un bell’andare.

La coppia è leggermente inferiore rispetto alla F800GS ai bassissimi regimi, sostanzialmente uguale dai 3000 ai 5000 giri e poi superiore, con un picco abbastanza evidente poco oltre i 6000 giri e un allungo maggiore, che permette di superare gli 8250 giri del regime di potenza massima (7500 sulla F800GS) fino ai 9000 giri circa del limitatore.

Il diverso imbiellaggio rende il motore meno propenso a girare ai bassissimi regimi. È sempre possibile viaggiare in 6a a 2000 giri a un filo di gas, ma come si apre, il motore scalcia un po’, pur senza raggiungere il livello di un tipico bicilindrico a V, e smette di farlo solo passati i 3000 giri. Oltre tale regime le vibrazioni sono senz’altro molto ridotte – e nettamente inferiori rispetto alla F800GS – e rimangono più che accettabili fino alla linea rossa posta a 8500 giri, oltre i quali il contagiri diventa tutto rosso e comincia a lampeggiare; impossibile non rendersi conto dell’approssimarsi del limitatore, posto circa 500 giri più in alto.

I riding mode cambiano sensibilmente la reattività del motore in rapporto alla rotazione della manopola dell’e-gas. In particolare, in Dynamic la risposta è secca e precisa, in Road è più tranquilla, ma comunque abbastanza pronta, mentre in Rain e in Enduro la reazione è molto addolcita, tanto da poter creare qualche problema nel caso di guida su asfalto asciutto, dove alla riapertura secca del gas in uscita da una curva presa alla garibaldina la risposta è talmente ritardata da spiazzare il pilota, che per un lungo istante sente la moto cadere verso l’interno senza sufficiente accelerazione.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control) è preciso nell’intervento e poco invasivo, soprattutto in Dynamic, e non è nemmeno troppo brusco, cosa non scontata su un bicilindrico.

Cambio

Il cambio è molto piacevole, preciso, dalla corsa corta e più morbido che sulla F800, e anche il quickshifter fa il suo dovere, anche se al prezzo di una leva un po’ più contrastata. Il sistema secondo me ha la sua ragion d’essere principalmente nella rapidità di cambiata nella guida sportiva, davvero fulminea, mentre per il resto trovo molto più piacevole cambiare in modo tradizionale, perché in tal modo la leva del cambio è più morbida e si riducono sensibilmente gli scossoni a pilota e passeggero – a patto ovviamente di saper cambiare come si deve.

Freni

La frenata è potente, resistente e ben modulabile con entrambi i comandi, e la moto rimane molto stabile anche nelle frenate assassine, grazie soprattutto al ridotto affondamento della forcella – in particolare con le sospensioni regolate su Dynamic – e all’avancorsa e all’interasse particolarmente lunghi.

L’ABS Pro funziona piuttosto bene. In particolare, risulta assai meno invasivo rispetto a quello della F800GS, dove entrava spesso al posteriore, mentre all’anteriore causava un effetto moto-che-scappa-avanti molto evidente, assente sulla F850GS provata. Non ne ho la certezza, ma sospetto che in caso di intervento antibloccaggio sulla ruota anteriore, il nuovo sistema accentui la frenata sulla ruota posteriore. Sulla sua capacità di evitare i bloccaggi in curva non so cosa dire, perché il mio istinto di autoconservazione li evitava anche prima. Probabilmente la sua utilità emerge nel caso di panic-stop, che non si è verificato durante il test – lo considererei un fallimento della mia strategia preventiva – e non è simulabile per definizione.

Alla guida

Nel misto

A seguito delle modifiche alle quote ciclistiche descritte più sopra, la moto ha un comportamento più adatto alla guida veloce su strada, senza intaccare sensibilmente il confort sui fondi sconnessi grazie alla maggiore escursione posteriore. Unitamente alla maggior rigidità del nuovo telaio e dei cerchi a raggi incrociati, ne risulta una guida sensibilmente più precisa, che resta di ottimo livello anche quando si alza il ritmo, principalmente grazie al Dynamic ESA, che sostiene meglio l’assetto nella guida sportiva e in piega. La ruota da 21’ non sembra influire negativamente sulla maneggevolezza né tanto meno sulla precisione di guida, pur offrendo i consueti vantaggi sullo sconnesso e in fuoristrada.

La moto è lunga e tendenzialmente più stabile che maneggevole, ma nel misto risulta comunque efficace e divertente, grazie al brio e al sound del motore, alla rapportatura particolarmente azzeccata, alla prontezza dello sterzo, all’ampia luce a terra e alla precisione di guida offerta dalla nuova ciclistica e dal Dynamic ESA. Eventuali sconnessioni non mettono in crisi l’assetto, solo lo sporcano un po’ quando l’assetto è regolato su Dynamic.

In autostrada

In 6a a 130 km/h il motore gira esattamente a 4900 giri, un regime di tutto riposo, cui corrispondono consumi bassi e una rumorosità contenuta – il vento risulta più forte della rumorosità meccanica e di scarico. Il piccolo parabrezza non regolabile assicura una protezione aerodinamica superiore alle aspettative e rende la marcia piacevole fino a circa 130 km/h, oltre i quali subentrano un po’ di turbolenze.

In città

In città la moto è abbastanza maneggevole, ma un po’ impegnativa nelle manovre, specie per i più bassi, a causa del peso importante e dell’altezza della sella. D’estate il collettore di scarico scalda un po’ il piede destro.

In fuoristrada

La ruota anteriore da 21’ consente una guida efficace su sterrati e sconnesso e l’elettronica opzionale rende il motore pastoso e il molleggio e i freni adeguati, ma il peso non indifferente della moto rende il fuoristrada impegnativo un affare per pochi. A mio avviso occorrerebbe inoltre alzare un po’ il manubrio per consentire una guida in piedi più comoda ed efficace.

Consumi

Il consumo medio rilevato nel corso di tutta la prova, condotta con il solito passo da hooligan lungo ogni tipo di percorso, è stato di 21,7 km/litro effettivi e si possono raggiungere i 25 km/l con poco impegno. Il consumo massimo che sono riuscito a ottenere è stato di circa 16,5 km/l. A velocità costante il computer di bordo indica circa 31 km con un litro a 90 km/h (!) e 21 km/l a 130. Il serbatoio da 15 litri (uno in meno che sulla F800) consente di percorrere almeno 300-350 km con un pieno.

Pagella

Pregi

  • Motore potente, elastico e dotato di un sound nettamente migliore del suo predecessore
  • Consumi molto bassi
  • Frenata efficace
  • Guida precisa e piacevole anche nella guida sportiva e ad alta velocità
  • Dotazione di accessori straordinaria per la categoria

Difetti

  • Peso elevato per la categoria
  • Strumentazione digitale TFT che richiede un po’ troppo impegno
  • Frizione non molto modulabile
  • Collettore di scarico che scalda un po’ il piede destro in estate

Si ringrazia BMW Italia per aver messo a disposizione la moto della prova.

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