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Prova della BMW S1000R 2022

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Questa prova della S1000R è ancora più approfondita del solito, perché per la prima volta ho rilevato i dati di accelerazione, ripresa e frenata, sfruttando la sua strumentazione digitale, una telecamera e la moviola di un programma di video editing. Per avere la massima accuratezza possibile ho tenuto conto dello scarto medio del tachimetro rispetto alla velocità GPS, in questo caso intorno al 3%. Da questi dati ho ricavato anche i relativi valori di g e gli spazi.

31-1-2023 Edit. Ho scoperto che il tachimetro delle strumentazioni digitali ha un ritardo, in questo caso di circa 0,3 secondi. Ho quindi corretto i dati, che quindi sono leggermente migliori di quanto avevo scritto in prima battuta.

Cavallo di razza

Introduzione

Correva l’aprile 2007 quando BMW, la Casa bavarese nota per per le sue moto da turismo spinte da motori boxer, comunicò che avrebbe partecipato al campionato Superbike. Sembrava più una battuta, ma i tedeschi che l’avevano pronunciata erano serissimi; se scherzavano, dovevano aver studiato da Buster Keaton.

A onor del vero, BMW non faceva solo tranquille bicilindriche; tra le altre cose, da vent’anni anni produceva anche eccellenti moto da turismo a quattro cilindri, le K, che dal 2004 avevano fatto un salto tecnologico e prestazionale notevole, allorché la pesante K1200RS aveva lasciato il posto a una gamma di moto decisamente più moderne e leggere, che comprendeva tra l’altro la K1200R, che al suo lancio era la naked più potente e veloce del mondo. Per questa moto BMW aveva anche messo su un campionato, la BMW Motorrad Power Cup.

Ma questa era l’unica attività agonistica di BMW, senza contare che le K erano rimaste un prodotto sostostanzialmente di nicchia nella gamma BMW, apprezzato solo ad un gruppo di appassionati. Per il grande pubblico dei motociclisti le moto tedesche avevano i cilindri sporgenti ai lati, il cardano che le sbilanciava e vivevano lontano dalle piste.

Finchè, nell’aprile del 2008, BMW diffuse questa foto.

Uno shock. Una roba del genere in BMW non si era mai vista, e per giunta sembrava giapponese. Si trattava della versione da pista della S1000RR, la belva che non vinse il campionato SBK – e continuò a non vincerlo anche in seguito – ma spostò talmente in alto l’asticella nella categoria supersport stradali, da diventarne regina indiscussa e da rimanere tale per molti anni a venire.

Con una base del genere, era ovvio ricavare una naked da sparo e fu così che la fine del 2013 vide il lancio della BMW S1000R, essenzialmente una RR spogliata della carena e con il motore depotenziato a “soli” 160 CV. Sulla carta il dato poteva sembrare ad alcuni deludente – era da poco apparsa la KTM 1290 Super Duke R che ne aveva 180 – ma in realtà la nuda bavarese si rivelò essere una belva dalle prestazioni notevoli, forte anche di una maggior coppia rispetto alla sorella da pista.

Nel 2019 fu lanciata la nuova S1000RR, completamente rinnovata e alleggerita rispetto alle serie precedenti e dotata di un nuovo motore con variatore di fase più potente ed elastico. Da questa nuova belva nacque alla fine del 2020 la nuova naked S1000R, oggetto di questa prova.

L’esemplare provato è un MY 2022, rimasto immutato anche per il 2023, ed era equipaggiato con cerchi standard e pneumatici Dunlop Sportsmart Mk3, decisamente adatti al genere di moto.

Com’è

Aspetto

La S1000R ricalca l’impostazione generale della serie precedente, della quale però non condivide praticamente alcun componente. Il gruppo ottico, diventato singolo e simmetrico, è lo stesso della F900R, ma per il resto la somiglianza tra le due moto non è molto spiccata; la S ha un’aria molto più cattiva, quasi postatomica, a causa del disegno di tutti i particolari, incluso il telaietto posteriore a traliccio. Interessante è la riduzione del peso rispetto alla vecchia serie da 207 a 199 kg in ordine di marcia e con il pieno, ottenuta principalmente nel motore – con l’aiutino della rimozione delle pedane e della sella del passeggero, che sono optional. Altrettanto interessante è il fatto che la S pesa 13 kg meno della F900R bicilindrica.

La scelta di fornire la moto di serie in configutrazione monoposto è coerente con la sua impostazione generale, chiaramente rivolta a motociclisti che intendono girare anche in pista; infatti, il portatarga e altri particolari sono smontabili facilmente.

Ciclistica

Telaio e sospensioni della S1000R sono quelle caratteristiche della nuova serie S. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm, è dotata di ammortizzatore di sterzo ed è regolabile nel precarico, in compressione (stelo sinistro) e in estensione (stelo destro), mentre al retrotreno c’è un forcellone bibraccio a capriate in alluminio con un cinematismo progressivo di tipo Full Floater Pro – per una spiegazione dettagliata della storia e del funzionamento di questo schema si veda il mio articolo Sospensioni full floater – e monoammortizzatore pure regolabile in precarico, compressione ed estensione. La particolare geometria della sospensione posteriore consente non solo di avere un assorbimento progressivo, ma anche di tenere il mono a notevole distanza dal motore e dal calore da esso emanato, in modo da assicurarne la massima costanza di funzionamento.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 120 mm (120 mm)
  • escursione posteriore 117 mm (120 mm)
  • interasse 1450 mm (1.439 mm)
  • avancorsa 96 mm (98,5 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,2° (24,6°)

Si nota lo sterzo dalle quote ancora più sportive.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”, ma con i cerchi forgiati M disponibili a richiesta viene fornito uno pneumatico 200/55 ZR 17.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero montato trasversalmente e con distribuzione a quattro valvole per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulle R e XR non solo al di sopra dei 10.000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5.000 e i 7.500, regimi importanti su una moto stradale.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000R, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1.000 cc. C’è da dire però che mentre sulla XR questa relativa fiacchezza ai medi si nota, sulla R la maggior leggerezza, la destinazione d’uso sportiva e il prezzo nettamente inferiore giustificano in pieno la scelta.

Trasmissione

Come sulla S1000XR – e a differenza che sulla S1000RR – il cambio su questa nuova serie presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5.900 a circa 5.500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione, sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia S1000R e delle S1000RR nuove e vecchie):

RapportoValore
Riduzione primaria1,652
1a2,647
2a2,091
3a1,727
4a1,476 (1,500)
5a1,304 (1,360)
6a1,167 (1,261)
Riduzione finale2,647

Le velocità risultanti alle quali il motore entra in coppia ed esprime la potenza massima sono le seguenti. Con lo pneumatico 200/55 ZR 17 optional i valori aumentano di un 2% scarso.

RapportoVelocità a 7.000 giri/’Velocità a 11.000 giri/’
1a73,0114,8
2a92,5145,3
3a112,0175,9
4a131,0205,9
5a148,3233,0
6a165,7260,4

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter BMW, funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000R è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Nonostante la destinazione d’uso spiccatamente sportiva, qui non c’è la pompa radiale che equipaggia la S1000RR, mentre i tubi sono come da tradizione BMW in treccia metallica. Se sono richiesti i cerchi forgiati M, i dischi anteriori sono quelli della S1000RR, con lo spessore maggiorato a 5 mm.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000R, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre di serie i seguenti accessori.

  • Riding mode – Comprende le modalità di guida Rain, Road e Dynamic.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva. Il suo comportamento cambia in base alle modalità di guida e può disattivato o limitato alla sola ruota anteriore.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • HSC (Hill Start Control) – Sistema che, tirando con forza la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.

A richiesta c’è quanto segue.

  • Modalità di guida Dynamic Pro – È completamente configurabile e include anche quanto segue.
    • Launch Control – Regolatore automatico dei giri in accelerazione per l’uso in pista. Si attiva tenendo premuto il tasto d’avviamento finché sul display appare il numero dei lanci ancora possibili senza surriscaldare la frizione, Una volta attivato, Si parte tenendo il gas spalancato e il sistema si incarica di tenere il motore a 9.000 giri fissi e scaricando a terra la quantità di coppia ideale. Si disattiva oltre i 70 km/h o se si chiude il gas o si frena o se l’inclinazione della moto diventa eccessiva.
    • Pit Lane Limiter – Limitatore dei giri in prima. Una volta attivato mediante il menù Impostazioni – Pista e fissatato il regime tra 3.500 e 8.000 giri, se si viaggia in prima con il gas spalancato e il tasto di avviamento premuto, il motore rimane al regime impostato finché si rilascia il tasto.
    • Wheelie Control – Controllo dell’impennata regolabile mediante il menù Impostazioni.
    • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che controlla automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
    • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che nelle frenate di emergenza aumenta la pressione sul freno posteriore e azzera eventualmente il gas erroneamente aperto, migliorando la stabilità della moto e gli spazi di frenata.
    • HSC Pro – Assistente alla partenza in salita avanzato, che può essere configurato anche per inserirsi automaticamente a moto ferma e frenata, senza dover tirare con forza la leva del freno.
  • DDC (Dynamic Damping Control) – Sistema di sospensioni autoadattive che agisce regolando automaticamente i freni in estensione delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. La particolarità di questo sistema rispetto al D-ESA che di solito equipaggia le BMW è che qui è possibile settare manualmente tutti i parametri di entrambe le sospensioni – precarico e freni in estensione e compressione – in modo da cucirsi il DDC su misura.
  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il DDC è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori (questo è quello che c’è scritto sul manuale d’uso, ma se è vero, la coppia è comunque nettamente superiore che in Rain)
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro

Modalità di guida completamente personalizzabile, in cui le impostazioni rimangono memorizzate anche dopo lo spegnimento del quadro.

  • Funzione cornering dell’ABS Pro disattivata
  • ABS disattivabile solo al posteriore o totalmente
  • DBC disattivabile
  • risposta dell’acceleratore normale o dolce
  • coppia massima o ridotta nelle marce inferiori
  • freno motore medio o minimo
  • DTC per ottenere prestazioni massime, regolabile
  • anti impennata che consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile e disattivabile

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1.000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Sorprendente il fatto che il gas non preveda una regolazione rapida neanche nella modalità Dynamic Pro. Probabilmente in BMW temono che, viste le notevoli prestazioni del motore e la leggerezza della moto, il comando diventi troppo brusco.

Inoltre, ho notato durante il test – piuttosto approfondito dal punto di vista delle prestazioni – che la limitazione della coppia nelle marce inferiore è netta in Rain, ma non in Road, che sembra come comprtamento molto più simile alla modalità Dynamic. Questo ha le sue conseguenze sulla guida d’attacco, come vedremo in seguito.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard e dispongono dello spegnimento automatico. La loro logica, analoga a quella già vista sulle F900 – ma non sulla K1600B – è molto sofisticata e particolarmente funzionale. La novità è che qui il comando si comporta diversamente se lo si aziona brevemente o se si prolunga la pressione.

Con un tocco veloce, le frecce si spengono:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

Con un tocco prolungato, le frecce si spengono sempre dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità. Da qualche prova fatta, emerge che a 130 km/h i lampeggi sono 14, mentre riducendo la velocità aumentano.

Questa logica è molto funzionale e risolve un antico problema di questo sistema, cioè la necessità di ripetere l’azionamento quando si vuole segnalare l’uscita da un tratto autostradale.

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando verso l’esterno la stessa leva.

Il clacson — una roba tristissima da scooter, come quasi sempre sulle moto — è azionato dal pulsante correttamente ubicato sotto al comando delle frecce – la presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto a bilanciere per disattivare il DTC, che con il sistema opzionale DDC consente di regolare anche sospensioni descritto più sopra e i, se presente, comandi del pratico cruise control BMW, pure in opzione.

Sul blocchetto di destra sono presenti il tasto per le modalità di marcia, descritte più sopra, quello per le manopole riscaldabili optional con tre opzioni – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza. Il tasto di accensione gestisce anche, se presenti, il Launch Control e il Pit Lane Limiter.

Di serie è attualmente disponibile il sistema Intelligent Emergency Call, per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. In tal caso è presente un blocchetto supplementare a destra con un grosso pulsante rosso protetto da un coperchio di sicurezza sollevabile facilmente e identificabile dalla scritta SOS, per evitare chiamate accidentali. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi funziona anche senza smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente – e in modo diverso in base alla sua gravità – il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati nel blocchetto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità. Interessante il fatto che la centralina del sistema può essere rimossa senza attrezzi per l’uso in pista.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema non agisce sul tappo del serbatoio, che deve essere sbloccato con la chiave. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, perché è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e soprattutto mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla routine – chiave che cade da una tasca aperta o dimenticata nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Per quanto riguarda i comandi a pedale, sono da segnalare le pedane sportive regolabili optional e, di serie, l’interessante possibilità di invertire la funzionalità della leva del cambio – cioè prima in alto e tutte le altre marce in basso – per l’uso in pista. La leva del cambio prevede due occhielli per il fissaggio dell’asta di rinvio, uno davanti e uno dietro al proprio perno. Per ottenere l’inversione, basta spostare il rinvio da un occhiello all’altro.

Strumentazione

La S1000R è dotata di serie della strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW, alloggiata come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore. Come di consueto, la strumentazione azionabile per mezzo del Multicontroller — la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra — e del tasto Menu posto sul blocchetto sinistro.

La strumentazione prevede diverse visualizzazioni di cui alcune dedicate alla guida e altre alle informazioni accessorie. Le informazioni di base — velocità, marcia inserita, ora e temperatura ambiente, eventuale attivazione della commutazione automatica dell’illuminazione diurna — sono presenti con qualsiasi visualizzazione mentre le altre appaiono solo in alcune modalità oppure sono alternative tra loro.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard, semplice ma di un certo effetto, che oltre alle informazioni di base mostra una grande e scenica barra del contagiri e uno solo dei dati presenti nelle schermate Il mio veicolo o Computer di bordo (per esempio, livello carburante, chilometraggio parziale ecc.).

La visualizzazione Sport è caratterizzata da un bel contagiri analogico semicircolare posto al centro dello schermo e da alcuni interessanti indicatori:

  • riduzione dei giri motore indotta dall’intervento del DTC, istantanea e massima, in %
  • inclinazione istantanea e massima per i due lati, in gradi
  • decelerazione istantanea e massima, in m/s2

La visualizzazione Sport 2 è esteticamente simile alla 1, ma è pensata per l’uso in pista e quindi mostra i seguenti indicatori:

  • riduzione dei giri indotta dal DTC istantanea e massima, in %
  • tempo sul giro attuale
  • tempo sul giro migliore — può essere scelto quello odierno o il migliore di sempre
  • distacco dell’ultimo giro concluso o di quello attuale rispetto al giro migliore scelto

I tempi sul giro vengono marcati mediante la levetta del devioluci, oppure automaticamente attraverso il GPS Laptrigger M, un registratore di dati della guida in pista realizzato dall’azienda tedesca 2D e disponibile in aftermarket a condizione che sia stata richiesta la relativa predisposizione. Il registratore tiene traccia dei principali paramentri della moto in tutti i momenti del giro e consente un’analisi approfondita di tutte le fasi della guida.

La visualizzazione Sport 3 ha un aspetto completamente diverso e mostra gli indicatori della Sport 2, più l’angolo istantaneo e massimo di piega.

BMW S1000RR 2019: rompiendo moldes
Schermata Sport 3 della S1000RR. Quella della R è uguale, ma ha il fondo scala a 12.000 giri.

La visualizzazione Mio veicolo permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
  • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
  • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
  • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
  • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
  • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control.

La schermata Navigazione funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display l’indicazione semplificata della rotta con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni. Inoltre, attraverso lo smartphone è possibile avere in qualsiasi schermata la visualizzazione del limite di velocità corrente, ricavato dalle mappe GPS.

La schermata Media funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica presente nel dispositivo, con un motore di ricerca particolarmente ben fatto.

La schermata Telefono funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

La navigazione GPS avviene attraverso le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); c’è ovviamente l’audio nel casco, non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

Tra gli optional non ho trovato la predisposizione per il navigatore, immagino comunque che sia disponibile in aftermarket.

Illuminazione

La S1000R dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Adaptive Light Control, un sistema di luci adattive che si attiva con l’inclinazione della moto e consente una più profonda illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico anteriore, di forma vagamente trapezoidale e uguale a quello della F900R, ed è diviso in tre parti, dall’alto in basso anabbagliante, luce di posizione/diurna e abbagliante, fiancheggiato dalle luci adattive in curva. Se è presente il sistema adattivo in curva, la R stilizzata al centro del gruppo ottico è retroilluminata.

Come sulla maggior parte delle naked, neanche sulla S1000R è previsto un sistema pratico di regolazione in altezza del faro in funzione del carico, ma è necessario allentare le viti di fissaggio. In questo caso, vista la scarsissima probabilità che questa moto vada in giro con un passeggero, questo è un non problema.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono ottime, mentre l’illuminazione adattiva non è niente di sconvolgente, perché all’esterno del fascio di luce del faro vero e proprio essa illumina solo in modo limitato la traiettoria lungo la curva, offrendo quindi un vantaggio tutto sommato marginale.

Posizione di guida

La posizione di guida è sportiva, con busto piuttosto inclinato in avanti e pedane abbastanze alte e arretrate, anche se non come sulla RR. Come in tutte le moto sportive del pianeta esclusa la S1000XR, la sella consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Il manubrio è regolabile in due posizioni.

Non è previsto alcun kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile la sella M dedicata all’uso in pista. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa 810 mm
  • sella M 824 mm
  • sella standard 830 mm
  • sella alta 850 mm

Gli specchi, sono quelli standard delle BMW non carenate, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

La moto è venduta come monoposto, ma è disponibile a richiesta un kit di sella e pedane per il passeggero, che comunque deve amare molto il pilota oppure essere un po’ masochista; se poi le due qualità convivono, meglio ancora.

Capacità di carico

Vista l’impostazione spiccatamente sportiva, per la S1000R non è ovviamente disponibile alcun tipo di valigia rigida, ma sono disponibili due borse da serbatoio, due per la sella del passeggero e un kit di borse morbide laterali specificamente dedicate al modello, anche se piuttosto piccole (21 litri totali). Quindi, volendo, ci si può viaggiare, rigorosamente da soli.

Un dato interessante: il peso totale consentito per la moto è di ben 407 kg, quindi con un carico utile di 208 kg; è un valore piuttosto alto per una naked da sparo e la dice lunga sulle capacità della ciclistica.

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Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1.300 giri, e sale intorno ai 2.500 giri a freddo. La rumorosità meccanica è elevata. Il suono allo scarico invece è piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime. Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti bruscamente.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1.700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea grossi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta decisa e regolare fino a 7.000 giri, che dopo tale soglia diventa impressionante, complice la rapportatura corta, e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto.

Nella modalità Rain la coppia nelle marce inferiori – nelle prime tre sicuramente, non mi è parso in quarta – è limitata, pur rimanendo in assoluto piuttosto elevata. Secondo il manuale d’uso la coppia dovrebbe essere limitata anche in Road, ma nella guida ho potuto constatare che in realtà la moto tira in modo nettamente superiore e simile alle mappature più sportive, anche se non posso dire se è esattamente uguale, perché le prestazioni in accelerazione massima sono brucianti ed è praticamente impossibile percepire certe differenze.

Accelerazione

L’esuberanza delle prestazioni è tale che la moto è gestibile solo grazie al DTC e comunque solo fino a un certo punto, perché già a partire dalla modalità Road la ruota anteriore non ne vuole sapere di restare a terra a qualsiasi regime nelle prime due marce e quindi occorre parzializzare il gas se si vuole mantenere una direzionalità accettabile. Il risultato paradossale di questa situazione è che nei test di accelerazione a velocità stradali ho spuntato i tempi migliori in modalità Rain. In particolare, in questa modalità, dove l’elettronica limita la coppia e tiene a bada l’impennata, ho segnato con relativa facilità uno 0-100 in 3,45 s, mentre già in Road in numerosi tentativi non sono mai riuscito a scendere sotto i 3,87 , perché sembra di stare su un cavallo imbizzarrito e si è costretti parzializzare il gas e ad anticipare un po’ la cambiata 1a-2a. Con ulteriori lanci avrei probabilmente fatto meglio, ma non penso che farei meglio che in Rain, e comunque aiuterebbe se la frizione fosse meno brusca – fa perdere parecchi decimi allo spunto – e anche la mappatura Road impedisse del tutto l’impennata.

Le potenzialità della S1000R emergono invece con evidenza sopra i 100 km/h; per toccare i 200 km/h da fermo ho impiegato solo 9,01 secondi – in questo caso il tempo migliore è stato in Road – e in 250 metri!

A titolo di paragone, la mia K1200GT del 2007 con 152 CV, che pure stacca tempi notevoli per una tourer e quasi uguali alle K1600, percorre lo 0-100 km/h in 3,85 s, cioè solo 0,4 s sopra la S1000R, ma per arrivare a 200 km/h impiega 12,46 s e 346 m.

L’andamento dei g mostra chiaramente perché la S1000R non riesce a fare meglio sullo scatto breve, nonostante l’ottimo rapporto peso/potenza; la curva infatti è sostanzialmente costante fino a circa 90 km/h, perché limitata appunto dalla tendenza della moto a impennare intorno a 0,9 g.

Tutto questo conferma quanto avevo scritto tempo fa nel mio articolo Potenza, velocità e accelerazione.

Ho provato a effettuare anche qualche lancio in Road senza usare il quickshifter, per vedere la differenza. Nello 0-100 ho perso 0,11 s, mentre nello 0-200 ho perso 0,74 s. La cambiata assistita fa effettivamente risparmiare un po’ di tempo, ma alle velocità stradali il vantaggio è minimo, ragione di più per non volerlo sulla mia moto.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida , è preciso nell’intervento e poco invasivo e sinceramente mi sembra veramente una stupidaggine disinserirlo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, mentre in caso di massima accelerazione nelle marce basse il sistema interviene – eccome! – anche su asfalto perfetto, vista l’esuberanza del motore.

Purtroppo non ho avuto modo di usare il Launch Control. Su strada non ha senso, ma sarei comunque curioso di vedere se otterrei tempi migliori, anche se non credo che possa fare miracoli.

Ripresa nel rapporto superiore

Nonostante i rapporti siano gli stessi della S1000XR, qui non si ha alcuna impressione di fiacchezza nella ripresa a bassi regimi, per il minor peso e forse anche per la diversa predisposizione mentale – su una crossover da viaggio ci si aspetta qualcosa in più. La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sulle S1000R e XR e, per ulteriore confronto, sulla F900R, in valore assoluto e in rapporto al peso.

S1000RS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm               393393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm1,971,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    480                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm2,41                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000R offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali decisamente superiore a quello della XR. Il passaggio da 40 a 120 km/h avviene in soli 7,43 secondi ed è uguale in tutte le modalità di guida. Non avevo preso i tempi con la XR, che sicuramente fa un po’ peggio, mentre la K1600B percorre la stessa distanza in 8,8 s.

La lieve esitazione intorno ai 150 km/h, ben visibile nel grafico dei g istantanei che segue, corrisponde esattamente al buco presente nella curva di coppia intorno ai 6.500 giri.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza. Però sull’esemplare provato, con circa 10.000 km all’attivo, doveva esserci qualche problema di stacco della frizione – ho provato anche a regolarla, senza miglioramento – perché era praticamente impossibile trovare il folle a moto ferma. Inoltre era presente l’assistenza alla cambiata, che rende la leva più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, e nella guida sportiva, ma è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Il caso che tipicamente mi fa smadonnare è quando sono in un rapporto corto in discesa e voglio passare a un rapporto superiore per evitare l’eccessivo freno motore: a gas chiuso non si può proprio fare. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché posso cambiare quando e come voglio.

Freni

La frenata è potente e resistente. Non ha il mordente quasi violento delle supersportive, il che potrà deludere alcuni, ma comunque è abbastanza pronta anche per un uso sportivo ed è sempre molto ben modulabile anche per chi ha meno esperienza. La forcella si comporta molto bene nelle frenate al limite anche in Road e la moto rimane sempre perfettamente stabile, a differenza della S1000XR, che invece accusa qualche lieve serpeggiamento.

La frenata a partire 120 km/h ha richiesto 3,95 s e 69,0 m.

Il relativo grafico della decelerazione mette bene in evidenza come l’ABS limiti mediamente la decelerazione intorno agli 0,9 g per evitare il ribaltamento.

È davvero interessante notare che la mia K1200GT, nonostante pesi 288 kg, ben 89 più della S, ottiene prestazioni pressoché identiche, visto che nella stessa situazione ha bisogno di 4,0 s e 68,3 m, a dimostrazione di quanto scrissi tempo fa nel mio articolo Si ferma prima una tourer o una race replica?.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000R è preciso e pronto, ma allo stesso tempo meno nervoso alle alte velocità rispetto a quello della serie precedente. Probabilmente il miglioramento è dovuto anche al maggior interasse e alla più efficace sospensione posteriore.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole, mentre il mono dell’esemplare in prova era piuttosto secco anche in modalità Road. Non ho avuto modo di mettere mano alle sospensioni, ma sono certo che le varie regolazioni, che sono mantenute anche se è presente il DDC optional, consentono di renderlo più morbido senza problemi.

In città

La S1000R è molto leggera e snella e consente un agevole controllo ai meno alti, che comunque hanno a disposizione una sella più bassa. Il motore è abbastanza ben gestibile – anche se a volte un pelo scorbutico – perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi regimi è da moto normale, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ brusca. È soprattutto per questo particolare, più che per la potenza, che la S non è molto adatta ai principianti.

Nei trasferimenti extraurbani

I trasferimenti non sono il massimo su una moto del genere, ma la S non è più scomoda della media delle naked, visto che ci si può regolare il molleggio su misura, la posizione non è estremamente caricata in avanti e la sella tutto sommato è accettabile. È anche possibile montare un parabrezza Sport, non presente sulla moto provata. L’ottima stabilità garantita dalla ciclistica, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5.500 giri — e l’assenza di vibrazioni particolarmente fastidiose completano un quadro tutto sommato soddisfacente.

Nel misto

Nel misto la S1000R è un’arma micidiale, specialmente in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto, l’eccellente luce a terra e la prontezza dello sterzo. La manovrabilità nello stretto non è da motard, ma la S si difende molto bene anche qui, grazie anche alla leggerezza. È una moto fatta per andare forte e lo si nota dal fatto che più si alza il ritmo, più la precisione di guida migliora e più ci si sente in sintonia, e una parte del merito va sicuramente anche alla sospensione posteriore progressiva full floater.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 20,4 km/l
  • a 130 15,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce, è stata di 15,0 km/l.

Il serbatoio da 16,5 litri consente percorrenze di 200-250 km.

Conclusioni

La S1000R è un cavallo di razza che mi piacerebbe davvero avere in garage. Non è una moto per principianti né per passisti, ma è fatta per regalare sensazioni che non molte altre moto possono dare, in un pacchetto equilibrato e davvero convincente.

Pagella

Pregi
  • Moto ben fatta dall’estetica aggressiva
  • Motore molto potente, elastico e ben gestibile
  • Freni adeguati
  • Molto efficace nella guida molto sportiva
Difetti
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti
  • Cambio gommoso se presente l’assistenza alla cambiata
  • Sull’esemplare provato (ma non su altri) era quasi impossibile trovare il folle da fermo.

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Come si fanno le curve in moto – Parte 2

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Premessa

Questo articolo è il seguito della Parte 1 – Sterzata e spostamento laterale del corpo, dove sono descritti i modi per far curvare la moto. Qui invece vedremo che cosa succede alle traiettorie quando si accelera e si frena in curva.

Anche questa parte parte inizia con un capitolo in cui sono trattate le nozioni di dinamica della moto necessarie per comprendere i comportamenti descritti nel seguito.

 

Variazioni di velocità in curva

 

1       Dinamica

 

1.1             Trasferimenti di carico

 

1.1.1        In accelerazione

In accelerazione, la forza impressa contro l’asfalto dalla ruota posteriore e l’inerzia applicata sul baricentro determinano un trasferimento di carico dalla ruota anteriore a quella posteriore, reso evidente dal fatto che la moto cabra, cioè solleva la parte anteriore e abbassa quella posteriore.

Per chiarire meglio questo fatto, immaginate di appoggiare la moto su due bilance, una per ruota, e che a moto ferma entrambe le bilance segnino lo stesso peso. Se si potesse continuare a pesare la moto anche in accelerazione, accadrebbe che il peso, pur restando complessivamente uguale [1], si sposterebbe dalla ruota anteriore a quella posteriore all’aumentare dell’accelerazione.

 

le curve in moto
Figura 1 – Trasferimento di carico in accelerazione

In conseguenza di quanto detto sopra, visto che tra i fattori che influiscono sull’aderenza vi è anche il carico gravante sullo pneumatico, l’aderenza disponibile alla ruota posteriore aumenta notevolmente, mentre diminuisce quella all’anteriore. Ciò consente di scaricare a terra una grande coppia motrice e quindi di accelerare molto rapidamente prima che la ruota motrice slitti.

Tutto ciò però avviene solo a patto che l’accelerata sia progressiva. Infatti, il trasferimento di carico non avviene istantaneamente, ma il suo completamento richiede qualche frazione di secondo, perché la sospensione e lo pneumatico posteriori devono avere il tempo di comprimersi. Un’azione troppo brusca sull’acceleratore, in caso di scarsa aderenza o di coppia motrice  molto elevata, porterebbe lo pneumatico posteriore a superare il limite di aderenza prima che il trasferimento di carico eserciti il suo effetto e quindi a slittare.

Il sistema di controllo della trazione evita lo slittamento in accelerazione. Quelli più semplici intervengono tagliando la potenza in caso di slittamento, mentre i più raffinati sono collegati a piattaforme inerziali – strumenti di controllo dei movimenti della moto nello spazio – e intervengono in modo più o meno incisivo in base all’inclinazione della moto e ad altri parametri.

Oltre a quanto detto sopra, in accelerazione:

 

  • lo sterzo si alleggerisce
  • l’angolo di sterzo e l’avancorsa aumentano, rendendo la moto meno maneggevole.

 

1.1.2        In frenata

In frenata la forza frenante impressa contro l’asfalto dalle due ruote determina un trasferimento di carico dalla ruota posteriore a quella anteriore, con la moto che picchia, cioè affonda la parte anteriore e solleva quella posteriore.

 

le curve in moto
Figura 2 – Trasferimento di carico in frenata

Di conseguenza, l’aderenza disponibile all’anteriore aumenta notevolmente e quella disponibile al posteriore diminuisce nella stessa misura, perciò è possibile frenare in modo molto più incisivo davanti che dietro. È per questo che i freni anteriori sono di solito molto più potenti di quelli posteriori.

Anche in questo caso è essenziale che l’azione sul freno anteriore sia progressiva, per consentire alla sospensione e allo pneumatico anteriori di comprimersi e realizzare compiutamente il trasferimento di carico. Se invece l’azione sul freno anteriore fosse brusca, il trasferimento di carico non avrebbe il tempo di esplicare i suoi effetti positivi sull’aderenza e quindi la ruota anteriore arriverebbe prematuramente al bloccaggio, con conseguente caduta, a meno di non rilasciare immediatamente il freno mantenendo lo sterzo rigorosamente in linea con la traiettoria.

L’ABS impedisce il bloccaggio delle ruote e quindi la conseguente sbandata. Nelle versioni dotate di funzione cornering esso agisce anche molto prima del bloccaggio al fine di rendere la frenata più progressiva e rendere più dolci le variazioni di assetto in curva.

Oltre a quanto detto sopra, in frenata:

 

  • la compressione della sospensione anteriore peggiora notevolmente l’assorbimento delle sconnessioni
  • l’angolo di sterzo e l’avancorsa diminuiscono, rendendo la moto più maneggevole e favorendo l’inserimento in curva.

 

1.2             Deriva

Quando si percorre una curva, il battistrada è deformato dalla forza centripeta generata dal contatto con l’asfalto, perciò la ruota percorre una traiettoria un po’ più larga rispetto a quella che dovrebbe essere se il battistrada fosse perfettamente rigido. Questo fenomeno si chiama deriva e l’angolo tra la traiettoria teorica – cioè la direzione del piano di mezzeria della ruota – e quella reale percorsa dalla ruota è detta angolo di deriva.

 

le curve in moto
Figura 3 – Deriva dello pneumatico

L’angolo di deriva di ciascuna ruota aumenta:

 

  • all’aumentare delle forze laterali
  • al diminuire del carico.

I grafici seguenti illustrano le relazioni fra forza laterale, carico e deriva con uno pneumatico standard, vale la pena di osservarli attentamente e di meditarci sopra.

 

le curve in moto
Figura 4 – Relazione tra forza laterale e angolo di deriva, per diversi carichi

 

le curve in moto
Figura 5 – Relazione tra forza laterale e carico, per diversi angoli di deriva

Si noti che in curva anche le forze longitudinali influiscono sulla deriva delle ruote, in quanto comprendono una componente laterale dovuta alla traiettoria curva.

In pratica, la deriva in curva si comporta nei vari casi come segue:

 

  1. maggiore è la velocità a parità di raggio della traiettoria, cioè maggiore è l’angolo di inclinazione del sistema moto + pilota, più la deriva aumenta (aumenta la forza laterale ma non il carico)
  2. più il carico si trasferisce dinamicamente su una ruota, più la sua deriva diminuisce (aumenta il carico, ma non la forza laterale)
  3. più si applica forza frenante o accelerante a una ruota, più la sua deriva aumenta (la forza è diretta longitudinalmente rispetto allo pneumatico, ma la sua componente trasversale dovuta alla traiettoria curva aumenta la forza laterale)

 

1.3             Momenti imbardanti dovuti alle variazioni di velocità

Come abbiamo visto nel paragrafo 1.5.2 della Parte 1 di questo articolo, durante la percorrenza della curva, le ruote percorrono una traiettoria più esterna rispetto a quella del baricentro. Per tale ragione, ogni variazione della velocità impressa alle ruote con il gas e i freni determina un momento imbardante che si somma o si sottrae a quello autoraddrizzante naturalmente presente in curva. In particolare:

 

  1. una decelerazione aumenta il momento imbardante ad allargare, cioè spinge la moto ad andare ancora più dritta.

 

le curve in moto
Figura 6 – Momento imbardante ad allargare

 

  • un’accelerazione aggiunge un momento imbardante a stringere, cioè riduce la tendenza della moto ad andare dritta e, se il baricentro è alto, può addirittura arrivare a spingerla a chiudere la curva.

 

le curve in moto
Figura 7 – Momento imbardante a stringere

Questa è la ragione per cui nelle gare si vedono moto che escono in impennata dalle curve senza partire per la tangente.

 

le curve in moto
Figura 8 – Impennata in curva in accelerazione

 

1.4             Effetti della diversa posizione del baricentro

La posizione del baricentro influenza profondamente il comportamento della moto.

 

1.4.1       Variazione della posizione longitudinale

Quando il baricentro si trova sulla verticale del centro dell’interasse, il carico statico (cioè il peso da fermo) della moto grava in misura uguale su entrambe le ruote. Via via che il baricentro viene spostato in avanti, aumenta il carico statico sulla ruota anteriore e diminuisce corrispondentemente quello sulla ruota posteriore, e viceversa.

A parità di altezza del baricentro, una moto con il baricentro avanzato:

 

  1. ha più aderenza usando il freno anteriore, anche sui fondi scivolosi
  2. impenna con maggior difficoltà
  3. ha meno trazione in accelerazione
  4. si ribalta in avanti più facilmente.

 

le curve in moto
Figura 9 – Baricentro avanzato e ribaltamento in frenata

Una moto con il baricentro arretrato invece:

 

  1. ha più trazione in accelerazione, anche sui fondi scivolosi
  2. si ribalta in avanti con maggior difficoltà
  3. ha meno aderenza usando il freno anteriore
  4. impenna più facilmente.

 

le curve in moto
Figura 10 – Baricentro arretrato e ribaltamento in accelerazione

Il pilota può modificare entro certi limiti a proprio vantaggio la posizione longitudinale del baricentro del sistema, per esempio spostandosi in avanti nelle forti accelerazioni e indietro nelle frenate decise, in modo da allontanare il limite di ribaltamento, oppure spostandosi indietro nelle forti accelerazioni, se è un amante delle impennate.

 

1.4.2        Variazione dell’altezza

In generale, una moto con il baricentro alto è più reattiva e maneggevole di una col baricentro basso, in quanto:

 

  • ha più trazione in accelerazione, perché il trasferimento di peso sulla ruota posteriore avviene più rapidamente
  • ha più aderenza usando il freno anteriore, perché il trasferimento di peso sulla ruota anteriore avviene più rapidamente

 

le curve in moto
Figura 11 – Altezza baricentro e reattività alle accelerazioni

 

  • è soggetta a una minor forza centrifuga a parità di velocità di percorrenza (cioè di velocità angolare) e raggio della traiettoria seguita dalle ruote, perché il baricentro percorre una traiettoria più vicina al centro geometrico della curva.

 

le curve in moto
Figura 14  – Altezza del baricentro in curva

Tutte i vantaggi descritti sopra rendono la moto con il baricentro alto particolarmente efficace nel misto stretto e negli slalom, perché:

 

  • la moto deve rollare per un angolo minore per passare da curva a controcurva
  • il baricentro segue una traiettoria più interna, con minor forza centrifuga da vincere
  • la moto chiude meglio la curva in accelerazione, grazie al maggior momento imbardante dovuto all’aumentata distanza tra la traiettoria della ruota posteriore e il baricentro.

Per contro, la stessa moto:

 

  • è limitata nell’accelerazione massima dal fatto che impenna più facilmente

 

le curve in moto
Figura 15 – Altezza baricentro e ribaltamento in accelerazione

 

  • è limitata nella frenata al limite dal fatto che si ribalta in avanti più facilmente

 

le curve in moto
Figura 16 – Altezza baricentro e ribaltamento in frenata

 

  • tende ad allargare di più la traiettoria in frenata, a causa del maggior momento imbardante dovuto all’aumentata distanza tra le traiettorie delle ruote e il baricentro.

Ho evitato finora di parlare della velocità di rollio, perché gli effetti della variazione di altezza del baricentro sono complessi. È vero che il baricentro alto aumenta l’inerzia e quindi riduce la velocità di rollio, ma è altrettanto vero che, a causa dello spessore degli pneumatici, una moto con il baricentro alto:

 

  • si deve inclinare di meno in curva a causa della larghezza degli pneumatici e questo riduce il tempo necessario per rollare da curva a controcurva. Il fenomeno è illustrato nella figura che segue:

 

le curve in moto
Figura 12  – Altezza del baricentro e angolo di piega

 

  • è facilitata nell’inserimento in curva dal fatto che il baricentro si sposta di lato più rapidamente all’inclinarsi della moto e perciò vince più facilmente la resistenza creata dallo spostamento verso l’interno del punto di contatto dello pneumatico a terra dovuto alla larghezza di questo – se il baricentro è molto basso e la ruota posteriore è molto larga e piatta, può addirittura diventare difficile o impossibile inclinare la moto [2], come nell’esempio a destra della figura che segue:

 

le curve in moto
Figura 13  – Altezza del baricentro e velocità di rollio

 

1.4.3       Variazione della posizione laterale

Il baricentro della moto si trova di solito nel piano di mezzeria della stessa [3]. Il pilota invece può spostarsi lateralmente e quindi modificare la posizione del baricentro del sistema moto + pilota per variare l’inclinazione e modificare la traiettoria, come abbiamo visto nella Parte 1 di questo articolo.

 

1.5             Sospensioni

Le sospensioni sono studiate con cura in sede di progetto per assicurare il miglior compromesso tra tenuta di strada e confort in rapporto all’uso per il quale la moto è destinata.

Sull’argomento si potrebbero scrivere libri, qui di seguito ci limiteremo a vedere le nozioni più importanti ai fini del controllo della moto in curva.

I parametri importanti delle sospensioni sono:

 

  1. l’escursione – o corsa – cioè la distanza che le ruote percorrono tra la massima compressione e la massima estensione
  2. la rigidità, cioè la forza con cui resistono alla compressione.

Sospensioni morbide e a corsa lunga:

 

  • favoriscono l’assorbimento delle sconnessioni
  • evitano le perdite di aderenza delle ruote sullo sconnesso

Sospensioni rigide e a corsa corta:

 

  • riducono le oscillazioni e quindi l’inerzia delle masse sospese – cioè di tutto quello che sta sopra alle molle delle sospensioni: telaio, motore, persone, bagagli ecc.
  • diminuiscono la compressione delle sospensioni in piega dovuta alla forza centrifuga, massimizzando l’angolo di inclinazione possibile.

 

le curve in moto
Figura 17 – Compressione delle sospensioni in curva

 

1.5.1        Escursione

L’escursione delle sospensioni è decisa dal progettista e non può essere modificata dal pilota. In linea di massima, a moto ferma e pilota di peso standard a bordo, le sospensioni risultano compresse per circa un terzo della loro escursione, in modo da potersi comprimere per altri due terzi o estendersi per un terzo in base ai trasferimenti di carico e alle sconnessioni della strada. Piloti più leggeri o pesanti della media richiedono la regolazione del precarico delle molle (e in casi estremi la loro sostituzione con altre più adatte) per compensare la variazione di peso e mantenere l’assetto conforme al progetto, e un adattamento ancora maggiore è richiesto quando si trasportano passeggero e bagagli. Perciò è indispensabile regolare almeno la sospensione posteriore – quella che sopporta la maggior parte del carico aggiuntivo – ogni volta che si cambia configurazione.

Mantenere un precarico insufficiente peggiora notevolmente il comportamento della moto sotto vari i punti di vista:

 

  • peggiora nettamente l’assorbimento delle sconnessioni
  • lo sterzo diventa:
    • meno preciso
    • meno rapido
    • più pesante
  • diminuisce la luce a terra in curva.

Ciò vale anche per i corti di gamba che riducono il precarico della sospensione posteriore per abbassare l’altezza della sella: è un errore da evitare. Se non toccate terra sulla moto dei vostri sogni:

 

  • adottate una sella più bassa
  • se ciò non basta, acquistate la versione ribassata del modello, se disponibile
  • se tale versione non è disponibile, cambiate i vostri sogni.

 

1.5.2        Rigidità

La rigidità della sospensione dipende dalla molla, che può essere più o meno rigida, e dall’ammortizzatore, che può essere più o meno frenato. Contrariamente a quanto molti credono, la regolazione del precarico non ha alcuna influenza sulla rigidità della sospensione, anche se essa può influenzare in peggio la capacità di assorbire le sconnessioni, se il precarico è eccessivo o troppo basso, perché la sospensione raggiunge più facilmente il fondo corsa in estensione o in compressione.

Sulle sospensioni più economiche, la rigidità non è regolabile e molla ed ammortizzatore sono scelti in base all’uso per cui la moto è progettata. Salendo di livello diventano disponibili regolazioni della frenatura idraulica dell’ammortizzatore più o meno sofisticate e ampie, in modo da cucirsi addosso l’assetto su misura o, più di frequente, combinare disastri dovuti all’incompetenza.

Le moto più sofisticate offrono sospensioni a controllo elettronico che adattano il proprio comportamento alle condizioni del fondo stradale e in base alle scelte effettuate dal pilota durante la guida.

 

1.5.3        Sospensioni pro-dive e anti-dive

La forcella tradizionale è inclinata in modo tale che quando essa si comprime, l’asse della ruota arretra; per tale ragione, l’uso del freno anteriore la fa comprimere più di quanto sia necessario a causa del trasferimento di carico. In altre parole, la forcella ha un comportamento pro-dive, tanto maggiore, quanto maggiore è il suo angolo rispetto alla verticale.

 

Figura 18 – Arretramento del perno ruota su una forcella tradizionale

Le sospensioni anti-dive evitano questo effetto grazie alla propria geometria, che rende pressoché verticale il movimento del perno ruota durante la compressione. In questo modo la forza frenante applicata alla ruota non influisce sull’affondamento, che è dovuto soltanto al trasferimento di carico.

 

Figura 19 – Comportamento del perno ruota con la sospensione Telelever

I vantaggi di questo tipo di sospensione sono:

 

  1. una maggior capacità di assorbimento delle sconnessioni dovuta all’adozione di molle e ammortizzatori più morbidi rispetto a quelli necessari con le forcelle tradizionali
  2. un aumento del comfort dovuto all’assetto piatto in frenata
  3. una maggior stabilità in frenata, dovuta al mancato accorciamento dell’interasse
  4. una ridotta tendenza a bloccare la ruota anteriore in frenata, grazie al minor tempo necessario per ottenere il trasferimento di carico sull’anteriore.

Per contro, una sospensione anti-dive mantiene il baricentro della moto più alto in frenata rispetto a una tradizionale, ma il conseguente maggior rischio di ribaltamento è mitigato dal fatto che l’interasse non si accorcia.

Sospensioni di questo genere sono piuttosto rare ed equipaggiano soltanto alcuni modelli di gamma alta della BMW e la versione più recente della Honda Gold Wing.

 

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Figura 20 – Sospensione anteriore anti-dive della Honda Gold Wing 2018

 

1.6             Momento sterzante dovuto alla frenata anteriore

A moto inclinata, il punto di contatto di una ruota a terra si sposta verso l’interno della curva, mentre l’asse di sterzo giace sempre nel piano di simmetria della moto. Per tale ragione, una frenata anteriore genera un momento che tende a chiudere lo sterzo e quindi a sbilanciare la moto verso l’esterno, allargando la traiettoria.

 

le curve in moto
Figura 21 – Momento sterzante indotto dal freno anteriore

Questo effetto può variare molto, da quasi nullo a decisamente evidente, ed aumenta se la ruota anteriore è larga, se il battistrada ha un profilo turistico (non a V) o se esso è spiattellato (usurato al centro) dall’uso in autostrada, perché in tali casi aumenta lo spostamento del punto di contatto a moto inclinata e quindi il braccio di leva tra questo e l’asse di sterzo.

 

2       Gestire la traiettoria con la variazione della velocità

Abbiamo visto nella Parte I di questo articolo che lo sterzo e lo spostamento del corpo del pilota consentono di inclinare e quindi far deviare la moto in qualsiasi situazione della guida, sia in rettilineo che a curva già impostata.

Freni e gas non consentono di impostare una curva, in quanto a sterzo e moto dritti ogni loro effetto si esplica nel piano verticale di simmetria della moto [4], però a moto inclinata hanno effetti sulla sua traiettoria e quindi possono essere usati a tale scopo.

Le variazioni di velocità in curva influiscono sull’inerzia della moto, sui carichi gravanti sulle ruote, sulle derive degli pneumatici e sulla direzione dello sterzo, perciò l’analisi dei loro effetti sul comportamento della moto deve tenere conto contemporaneamente di tutti questi aspetti.

Inoltre, gli effetti prodotti variazioni nella direzione degli pneumatici sulla traiettoria della moto in curva sono più complessi da analizzare che sulle auto, in quanto bisogna tenere presente che:

 

  1. ogni variazione nella direzione delle ruote non genera solo una variazione della traiettoria, ma anche una variazione dell’inclinazione e questo, come abbiamo visto nel paragrafo 1.4 della Parte I, influenza a sua volta la traiettoria
  2. ciascuna manovra produce effetti contrastanti fra loro, perciò il risultato complessivo può andare in una direzione o in quella opposta, secondo quali effetti prevalgono
  3. finché non si raggiunge il limite di aderenza, la traiettoria della moto è determinata dalle sue variazioni di inclinazione conseguenti alle variazioni nella direzione delle ruote, mentre all’approssimarsi del limite di aderenza, gli pneumatici non riescono più a stringere la traiettoria, che quindi in questi casi è decisa dalle derive e dalla forza centrifuga.

Facciamo l’esempio di un aumento della deriva della ruota anteriore, che quindi punterà più verso l’esterno della curva:

 

  • finché c’è aderenza, ciò sbilancerà la moto verso l’interno e quindi essa stringerà la traiettoria
  • una volta raggiunto il limite, la moto non riuscirà a stringere la traiettoria, anzi, la allargherà, perché l’avantreno scivolerà verso l’esterno, e insistendo, perderà l’aderenza e la moto finirà in una caduta low-side (cioè con il pilota sul lato interno della curva).

Nei prossimi paragrafi vedremo che cosa accade nei diversi casi, tenendo sempre presente che quando una moto curva, essa è sempre soggetta agli effetti autoraddrizzanti descritti nel paragrafo 1.5. della Parte 1.

 

2.1             Accelerazione

L’accelerazione della ruota posteriore causa i seguenti effetti sull’assetto della moto:

 

  1. sottrae aderenza disponibile alla ruota posteriore
  2. induce un momento imbardante che tende a far stringere la traiettoria
  3. aumenta la forza centrifuga, con tendenza ad allargare la traiettoria
  4. induce un trasferimento di carico dalla ruota anteriore a quella posteriore, che determina:
    • l’estensione della forcella, con conseguente riduzione della maneggevolezza
    • l’aumento della deriva della ruota anteriore
    • la diminuzione della deriva della ruota posteriore
  5. la componente laterale della forza accelerante impressa alla ruota posteriore ne aumenta la deriva, in contrasto con quanto visto al punto precedente, tanto più, quanto maggiore è l’accelerazione.

L’effetto complessivo risultante sulla traiettoria dipende:

 

  • dalla forza dell’accelerazione
  • dalla posizione del baricentro
  • dall’avvicinamento al limite di aderenza.

 

  1. se l’accelerazione è lieve, lo sbilanciamento verso l’interno dovuto al gioco delle derive compensa il momento raddrizzante dovuto all’inerzia e la moto tende a mantenere la traiettoria impostata
  2. all’aumentare dell’accelerazione, l’effetto complessivo dipende dalla posizione del baricentro della moto:
    • con un baricentro alto, prevale l’effetto imbardante a stringere e la moto continua a mantenere la traiettoria impostata senza alcuna difficoltà
    • con un baricentro basso, l’effetto imbardante a stringere non prevale e la moto tende ad andare dritta
  3. se l’accelerazione è eccessiva, la ruota posteriore supera il proprio limite di aderenza e derapa verso l’esterno e:
    • se il pilota riesce a controsterzare e a modulare l’accelerazione, controlla la sbandata
    • se il pilota non riesce, la moto cade in low-side avvitandosi verso l’interno

 

  1. se il pilota chiude il gas, la ruota posteriore riacquista bruscamente aderenza a moto sbandata, sbilanciandola con violenza verso l’esterno (high-side).

 

2.2             Frenata anteriore

 

2.2.1        Effetti sull’assetto

La frenata della ruota anteriore causa i seguenti effetti sull’assetto della moto:

 

  1. sottrae aderenza disponibile alla ruota anteriore
  2. induce un momento imbardante che tende a far allargare la traiettoria
  3. riduce notevolmente la forza centrifuga, con tendenza a stringere la traiettoria
  4. induce un trasferimento di carico dalla ruota posteriore a quella anteriore, che determina:
    • la compressione della forcella, con conseguente aumento della maneggevolezza
    • la diminuzione della deriva della ruota anteriore
    • l’aumento della deriva della ruota posteriore
  5. la componente trasversale della forza frenante dovuta alla traiettoria curva aumenta la deriva della ruota anteriore, in contrasto con quanto visto al punto precedente, tanto più, quanto più forte è la frenata
  6. determina un ulteriore affondamento della sospensione anteriore, se questa è pro-dive (forcella normale)
  7. induce un momento sterzante a chiudere che tende a raddrizzare la moto, allargando la traiettoria

L’effetto complessivo risultante sulla traiettoria dipende:

 

  • dalla forza della frenata
  • dalle caratteristiche dello pneumatico anteriore
  • dalla posizione del baricentro
  • dall’avvicinamento al limite di aderenza

In pratica, i casi possibili sono i seguenti:

 

  1. se lo pneumatico anteriore è largo e/o il suo battistrada ha un profilo turistico e/o è spiattellato, il momento sterzante diventa particolarmente evidente e la moto tende ad allargare la traiettoria, tanto più quanto più forte è la frenata – si noti che questo effetto influisce solo sulla forza esercitata dal manubrio sulle mani e non anche sulla tenuta di strada, per cui basta contrastarlo per mantenere la traiettoria
  2. all’aumentare della frenata, aumenta il momento imbardante ad allargare la traiettoria, tanto più, quanto più il baricentro è alto
  3. se la frenata è eccessiva, la ruota anteriore supera il proprio limite di aderenza, lo sterzo si chiude e la moto cade in low-side.

Si noti che con il freno anteriore è impossibile causare una caduta high-side, cosa invece sempre possibile in caso di errore nell’uso del gas e del freno posteriore, ovviamente in assenza di aiuti elettronici.

 

2.2.2        Quando si usa

Se l’effetto di chiusura dello sterzo presente sulla moto è elevato, l’uso del freno anteriore da solo può diventare controproducente, perché la moto raddrizza la traiettoria in modo eccessivo.

Se invece tale effetto è ridotto, l’uso del freno anteriore consente decelerazioni notevoli in curva e quindi permette di stringere la traiettoria efficacemente, almeno finché non ci si avvicina al limite dell’aderenza, allorché gli effetti sottosterzanti prevalgono e la moto allarga con sempre maggior decisione la traiettoria.

 

2.3             Frenata posteriore

 

2.3.1        Effetti sull’assetto

La frenata della ruota posteriore è molto più blanda di quella anteriore e quindi influisce assai meno sull’assetto. Tenendo presente tale premessa, essa causa i seguenti effetti sull’assetto della moto:

 

  1. sottrae aderenza disponibile alla ruota posteriore
  2. riduce sensibilmente la forza centrifuga, aumentando la tendenza a stringere la traiettoria
  3. induce un momento imbardante che tende a far allargare la traiettoria – più lieve di quello indotto dalla frenata anteriore, vista la traiettoria più stretta percorsa dalla ruota posteriore
  4. induce un trasferimento di carico dalla ruota posteriore a quella anteriore – più lieve di quello indotto dalla frenata anteriore, vista la minor decelerazione possibile – che determina:
    • una compressione della forcella trascurabile, perché essa è tirata indietro dal freno posteriore anziché essere compressa dall’effetto pro-dive indotto dalla frenata anteriore
    • la diminuzione della deriva della ruota anteriore
    • l’aumento della deriva della ruota posteriore
  5. la componente trasversale della forza frenante dovuta alla traiettoria curva – più lieve di quella generata dalla frenata anteriore, vista la minor decelerazione possibile – aumenta ulteriormente la deriva della ruota posteriore, tanto più, quanto più forte è la frenata.

L’effetto complessivo risultante sulla traiettoria è che la moto:

 

  1. tende in qualsiasi circostanza a mantenere la traiettoria impostata
  2. se la frenata è eccessiva, la ruota posteriore supera il proprio limite di aderenza, derapa verso l’esterno e:
    • se il pilota è bravo a controsterzare e a modulare la frenata, controlla la sbandata
    • se il pilota tiene il freno premuto, la moto cade in low-side avvitandosi verso l’interno
    • se il pilota molla il freno posteriore di scatto, la ruota posteriore riacquista bruscamente aderenza a moto sbandata, sbilanciandola con violenza verso l’esterno (caduta high-side).

 

2.3.2        Quando si usa

Il freno posteriore consente decelerazioni più blande rispetto a quello anteriore, ma non genera effetti negativi sulla traiettoria – almeno finché non si supera il limite di aderenza – né sullo sterzo né sulla compressione della forcella. Quindi esso è un ottimo strumento per correzioni di entità limitata, come:

 

  • stringere la traiettoria in caso di curva presa un po’ troppo velocemente
  • adattare la traiettoria nelle curve a stringere
  • non allargare la traiettoria nelle curve in discesa.

 

2.3.3        Freno posteriore o chiusura del gas?

Gli effetti dinamici prodotti dai due comandi sono gli stessi, ma il freno è più semplice e preciso da usare rispetto alla chiusura del gas, perché:

 

  • ha un comportamento costante e prevedibile, mentre l’effetto di una chiusura del gas varia moltissimo in base al rapporto inserito, al regime e al tipo di motore
  • consente di rallentare senza chiudere il gas, evitando ogni effetto on-off.

 

2.4             Frenata integrale

 

2.4.1        Effetti sull’assetto

La frenata integrale causa i seguenti effetti sull’assetto della moto:

 

  1. sottrae aderenza disponibile ad entrambe le ruote, ma in misura minore su ciascuna di esse a parità di decelerazione rispetto alla frenata su una sola ruota
  2. riduce notevolmente la forza centrifuga, aumentando la tendenza a stringere la traiettoria
  3. induce un momento imbardante che tende a far allargare la traiettoria, ma in misura minore rispetto alla sola frenata anteriore a parità di decelerazione, perché la ruota posteriore percorre una traiettoria più stretta rispetto a quella anteriore
  4. rispetto alla frenata anteriore determina un momento sterzante nettamente ridotto, perché a parità di decelerazione la frenata anteriore ha un effetto minore sulla sterzata, mentre la frenata posteriore fa decelerare anche l’asse di sterzo, riducendo l’effetto
  5. induce un trasferimento di carico dalla ruota posteriore a quella anteriore, che determina:
    • la compressione della forcella minore che nel caso della sola frenata anteriore
    • la diminuzione della deriva della ruota anteriore
    • l’aumento della deriva della ruota posteriore
  6. la componente trasversale della forza frenante dovuta alla traiettoria curva aumenta la deriva di entrambe le ruote e in particolare di quella anteriore
  7. nel complesso, gli effetti sulle derive non influiscono sensibilmente sulla traiettoria.

L’effetto complessivo risultante sulla traiettoria è che la moto:

 

  1. tende in qualsiasi circostanza a mantenere la traiettoria impostata
  2. se la frenata è eccessiva – cosa piuttosto difficile, visto che la decelerazione ottenibile prima di superare il limite di aderenza è piuttosto elevata – tende a partire per la tangente sulle due ruote e quindi consente il recupero semplicemente riducendo la frenata.

 

2.4.2        Quando si usa

L’uso combinato dei due freni in curva è sempre possibile ed è nel complesso assai più efficace rispetto agli altri modi di frenare, perché:

 

  • presenta in misura assai minore l’effetto negativo sulla sterzata possibile con sola la frenata anteriore
  • consente decelerazioni assai maggiori senza mettere in crisi l’aderenza rispetto alla sola frenata posteriore
  • riduce l’affondamento della sospensione anteriore, migliorando la frenata sullo sconnesso e rendendo la guida più comoda, specialmente per il passeggero.

Ecco perché alcune moto sono equipaggiate con sistemi di frenata integrale.

l’unico caso in cui può convenire usare il solo freno anteriore è l’ingresso in curva nella guida sportiva, perché la maggior compressione della forcella aumenta la rapidità di ingresso in curva, a patto che la moto non soffra di un eccessivo momento raddrizzante dello sterzo.

 


[1] Se la strada è pianeggiante. Sui dossi il peso totale diminuirebbe e sulle cunette aumenterebbe.

[2] Questo fatto si verifica normalmente sui dragster, che hanno baricentro bassissimo e gomma posteriore molto larga e squadrata.

[3] Una eccezione famosa è costituita dalle Vespa con cambio meccanico, sempre sbilanciate a sinistra per compensare il peso del motore posto a destra della ruota posteriore.

[4] Fanno eccezione alcune moto con albero motore longitudinale, come le vecchie BMW con motore boxer e le Moto Guzzi, dove le variazioni di regime del motore influiscono sensibilmente sull’inclinazione della moto.

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Potenza, velocità e accelerazione

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Noi motociclisti, si sa, siamo gente un po’ sborona e che chiacchiera molto, spesso per vantare competenze e capacità più o meno immaginarie. Naturalmente, tra i vari argomenti su cui accanirsi, le capacità velocistiche sono l’argomento principe, quello che sta veramente a cuore alle Femmine e ai Maschi Alfa e alle/agli aspiranti tali, cioè alla maggioranza degli esemplari di homo motociclans.

Il concetto di velocità è naturalmente collegato a quello della potenza; a parità di altre condizioni, più una moto è potente, più è veloce, e questo ha spinto e spinge schiere di motociclisti all’acquisto di moto sempre più potenti, tant’è vero che negli anni ’80 i 60 cavalli di una Yamaha RD350 erano considerati una potenza da strappare le braccia, mentre oggi si consiglia al (e alla) principiante di iniziare con una Honda Hornet da 100 cavalli, per poi passare in breve tempo ai 150 cavalli di una maxienduro o ai 200 e oltre di una supersportiva.

Immancabilmente, la prima domanda che fa un motociclista interessato a una moto è “quanti cavalli ha?” e i bar sono pieni di gente che si vanta di aver acquistato la moto più potente della categoria o comunque più potente di quella degli amici, beandosi della supposta automatica promozione a massimo velocista della comitiva. Illusi.

Il fatto è che non ha alcun senso misurare le capacità velocistiche di una moto su strada basandosi sulla velocità massima (in pista il discorso è un po’ diverso): una supersport attuale supera di slancio i 300, ma basta una qualunque 600 degli ultimi vent’anni per superare i 200, e già questa è una velocità eccessiva su strada, non solo perché è vietata, ma anche perché il traffico la rende spesso impossibile, e comunque tenerla per più di qualche minuto è una faccenda piuttosto scomoda, a causa delle turbolenze aerodinamiche.

Se si vuole scegliere una moto veloce su strada, è molto più utile ragionare in termini di accelerazione: se una moto impiega meno tempo di un’altra per arrivare, diciamo, a 100 km/h, allora posso dire che quella moto su strada – almeno nel misto, dove di solito non si riesce ad andare oltre tale velocità – è effettivamente più veloce.

E qui già sento il coro al bar che ulula: “ma una moto più potente è anche più scattante!” Sì e no. La dura verità è che una CBR1000RR da 213 CV e una CB650F da 95 CV impiegano, in mano a gente che sa guidare, pressappoco lo stesso tempo per raggiungere i 100 km/h, cioè circa 3,5 secondi. Giuro. Il fatto è che puoi metterci tutti i cavalli che vuoi, ma in pratica nessuna moto è in grado di impiegare meno di quel tempo per raggiungere quella velocità, perché se no impenna, a causa dell’interasse assai più corto che sulle automobili, rendendo necessario parzializzare il gas[1].

Certo, c’è comunque una bella differenza tra una 1000 e una 650: la prima viene sparata fuori dalle curve come con una fionda anche nelle marce alte, mentre con la seconda occorre lavorare di più con il cambio per ottenere lo stesso risultato. Senza contare che la supersportiva 1000 effettivamente diventa assai più scattante di tutte le altre moto all’aumentare della velocità, perché oltre una certa soglia queste non ce la fanno ad arrivare al limite del ribaltamento e quindi la potenza scaricata a terra dai loro motori è effettivamente l’unico loro limite all’accelerazione.

Ma quando si percorre un bel tratto di curve con il coltello fra i denti, la velocità massima che si riesce a raggiungere tra una curva e l’altra non è di molto superiore ai fatidici 100 km/h e può essere anche di parecchio inferiore se è un misto stretto.

Quindi, una potentissima 1000 supersportiva non ci rende più veloci su strada. Può avere senso per tante altre ragioni, ovviamente, quali il piacere personale e la maggior semplicità di guida, ma dal punto di vista della velocità pura diventa un’arma micidiale soltanto sulle piste e solo su quelle veloci.

Questo è uno dei motivi per cui le strade sono piene di gente a cavallo di belve da 150 o 200 CV che si fa sverniciare da gente in sella a una vecchia Ducati Multistrada 620 da 63 CV. Ogni riferimento è puramente casuale :)).


[1] Analogo di scorso è valido per la frenata, argomento trattato in un altro articolo: https://www.saferiders.it/si-ferma-prima-una-tourer-o-una-race-replica/

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