BMW è indissolubilmente legata al boxer a due cilindri, ma non molti sanno che questo tipo di motore in realtà era stato brevettato da Karl Benz – sì, proprio quello della Mercedes-Benz – nel 1896 ed era già piuttosto diffuso nel settore delle due ruote prima che BMW iniziasse a progettare motociclette. Esso però era disposto longitudinalmente, con un cilindro davanti e uno dietro, perché ciò consentiva di azionare la ruota posteriore attraverso una semplice catena, come avviene di solito sulle moto.
Bayerische Flugzeugwerke Helios del 1921 con motore boxer longitudinale
Come si può facilmente immaginare, tale configurazione dava problemi di raffreddamento al cilindro posteriore, perciò, quando la Casa, che fabbricava motori di tutti i generi – si chiamava appunto Bayerische Motoren Werke, cioè Fabbrica di Motori Bavarese – decise di realizzare una propria motocicletta, il responsabile del progetto, Max Fritz, scelse di installare il boxer trasversalmente. Nacque così nel 1923 la R32, la prima moto BMW, che inaugurò lo schema meccanico ancora usato nella serie R ai nostri giorni.
In effetti, questa architettura offre molti vantaggi rispetto agli altri bicilindrici: basso baricentro, poche vibrazioni, ottima regolarità anche ai bassi regimi, perfetto raffreddamento dinamico ed estrema facilità di accesso alle parti meccaniche di più frequente manutenzione, cioè le candele e le valvole. Il principale svantaggio è che la disposizione longitudinale dell’albero motore rende necessario inserire una coppia conica – cioè due ingranaggi angolati a 90° – all’uscita del cambio, per avere il pignone orientato correttamente, soluzione costosa sia in termini economici che di assorbimento della potenza. Una volta fatto questo passo, tanto vale eliminare la catena con tutto il suo strascico di seccature e adottare un albero di trasmissione. Ecco il perché dell’indissolubile legame tra boxer e cardano, un’accoppiata che ha fatto di BMW la scelta ideale per viaggiare con pochi problemi e in qualsiasi clima. Non a caso, pur avendo ottenuto numerosi successi nelle competizioni, con il passare del tempo la Casa di Monaco aveva acquistato una solida fama di costruttore di raffinate, comode, potenti e affidabili moto da turismo.
Nascita della serie K
Nel 1968 l’arrivo della straordinaria Honda CB750 Four scosse alle fondamenta il mondo della due ruote. Bella e ben fatta, sfoggiava un modernissimo quattro cilindri in linea potente, affidabile e in grado di offrire un livello di vibrazioni e una regolarità di funzionamento impossibili per i bicilindrici, ma soprattutto costava parecchio meno delle sue possibili concorrenti europee. BMW occupava una nicchia di mercato esclusiva e quindi non soffrì come altri costruttori per l’arrivo di questo modello, ma comunque decise di non stare con le mani in mano e cominciò a studiare nuovi schemi motoristici. Oltre a vari boxer bicilindrici perfezionati, studiò anche un boxer a 4 cilindri (https://www.motociclismo.it/bmw-k-100-1000-69926) e un sensazionale quattro cilindri a V di 168° (https://www.moto.it/news/massimo-clarke-i-boxer-sconosciuti-quarta-parte.html). Tuttavia, le BMW con il classico boxer continuavano a vendere, per cui questi progetti rimasero sulla carta.
Le cose però cambiarono verso fine degli anni ’70, allorché l’introduzione di regolamentazioni antinquinamento particolarmente stringenti negli USA e la sempre maggior diffusione delle pluricilindriche giapponesi, le cui schede tecniche diventavano sempre più irraggiungibili dalla concorrenza mondiale, spinsero la Casa Bavarese a decidere l’adozione di un motore a 4 cilindri. La scelta più naturale sarebbe stata quella di ripescare il boxer 4 cilindri o il 4V a 168° progettati qualche anno prima, ma il primo sarebbe sembrato una scopiazzatura della magnifica Honda GL1000 Gold Wing uscita del 1975, mentre il secondo fu giudicato troppo complesso. Inoltre, BMW non si sarebbe mai abbassata a imitare il quattro in linea trasversale delle altre giapponesi.
Per risolvere il problema, occorreva pensare fuori dagli schemi, e questo fu appunto ciò che Stefan Pachernegg e Josef Fritzenwenger – rispettivamente responsabile del nuovo progetto e della sua parte meccanica – fecero, quando decisero di realizzare un prototipo con il motore preso in prestito da una Peugeot 104.
Peugeot 104
La scelta cadde sull’utilitaria francese, perché il suo propulsore di alluminio a quattro cilindri raffreddato a liquido da 954 cc, oltre a essere compatto e leggero, era montato sotto il cofano con un angolo di ben 72° rispetto alla verticale e quindi era già praticamente pronto per l’uso che i progettisti avevano in mente. Infatti, esso fu montato sul prototipo longitudinalmente e con i cilindri orizzontali, in modo da avere la testata a sinistra e l’albero motore a destra. Questa disposizione, una prima assoluta, era geniale e perfetta per una BMW, perché manteneva il baricentro basso tipico dei boxer, ma in più consentiva una serie di altri vantaggi importanti: straordinaria accessibilità meccanica, regolarità di rotazione e possibilità di potenze elevate tipiche dei quattro cilindri, minor ingombro laterale e facilità di accoppiamento con la trasmissione ad albero. L’idea era assolutamente folle, ma piacque ai Grandi Capi BMW e così fu approvato lo sviluppo del nuovo progetto. Il prototipo Peugeot fu distrutto e di esso non esiste più neanche una fotografia.
Volendo realizzare un quattro cilindri in linea raffreddato a liquido, fu naturale cercare di avvalersi dell’aiuto della divisione auto della Casa. Addirittura, l’idea iniziale fu quella di sviluppare un motore da 1600 cc che potesse essere impiegato sia sulle due che sulle quattro ruote. La cosa però si rivelò non fattibile, perché la sua associazione con una trasmissione motociclistica avrebbe comportato ingombri incompatibili con la statura umana media. Si cominciò quindi a lavorare a un sistema integrato di motore e trasmissione di dimensioni compatte, in tedesco Kompakt, ed è per questo che la lettera K divenne identificativa della nuova serie.
Fin dall’inizio furono previste due varianti: un quattro cilindri 987 cc con 90 CV e un tre cilindri 740 cc con 75 CV, entrambi a corsa lunga con due valvole per cilindro e distribuzione bialbero in testa. Il loro schema presenta diverse particolarità interessanti. Innanzitutto, prima delle BMW K, tutti i motori motociclistici erano sempre stati sostanzialmente simmetrici rispetto al piano longitudinale della moto – con la notevolissima eccezione delle Vespa, che infatti dinamicamente era ed è tuttora un disastro – perché ciò risolve automaticamente qualsiasi problema di bilanciamento trasversale. Invece, il nuovo motore “a sogliola” – così chiamato appunto perché adagiato su un fianco – è fortemente asimmetrico ed è anche sbilanciato, in quanto l’albero motore pesa più di tutto il resto; ecco perché è montato in modo da sporgere un po’ di più a sinistra che a destra.
Sezione del motore K della BMW K100. La linea rossa è la mezzeria della moto
Un’altra caratteristica notevole dello schema meccanico K è il fatto che, diversamente dai motori boxer e V2 Moto Guzzi dell’epoca, la moto non tende a rollare in direzione opposta al senso di rotazione albero motore quando si accelera, grazie al fatto che l’alternatore e la frizione ruotano in senso contrario rispetto ad esso e quindi ne compensano la coppia di rovesciamento. Non si tratta però di una prima assoluta, perché uno schema analogo era già presente fin dal 1975 sulle Honda Gold Wing.
Manovellismi del motore della BMW K75. Si notino i contrappesi sull’albero della trasmissione primaria
Una volta risolto il problema della coppia di rovesciamento, questa disposizione offre un vantaggio interessante, in quanto aumenta la maneggevolezza della moto in curva. Infatti, sulle moto “normali” l’albero motore, che è posto trasversalmente e gira nello stesso verso delle ruote, determina in curva un particolare effetto di precessione giroscopica che impone alla moto di inclinarsi più di quanto dovrebbe a parità di velocità e raggio della traiettoria, riducendone la maneggevolezza (https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/28121/1/Marconi_Edoardo_tesi.pdf).
La nuova serie K introduceva diverse altre particolarità interessanti. Innanzitutto, il motore ha funzione portante, in quanto sostiene il forcellone monobraccio e costituisce l’elemento stressato inferiore di un originale telaio a traliccio. Inoltre, per la prima volta su una BMW venne adottato un impianto di iniezione elettronica, mutuato dai motori automobilistici della Casa.
Gruppo motore-trasmissione della BMW K100Telaio della BMW K100
Alla sua presentazione, avvenuta nel 1983, la nuova K100 lasciò tutti a bocca aperta. Diversissima dalle altre BMW, non somigliava neanche a qualsiasi moto della concorrenza. La sua meccanica inconfondibile fu lasciata bene in vista anche nelle versioni carenate e l’unione tra il motore dalla forma squadrata – da cui il soprannome inglese “flying brick”, cioè “mattone volante” – e le linee moderne ed eleganti era qualcosa di decisamente unico.
La nascita della serie K fu però vissuta come un vero shock dai clienti più tradizionalisti dell’Elica – cioè la stragrande maggioranza – presi dal terrore che essa avrebbe portato alla fine della serie R con motore boxer. BMW dovette perciò affrettarsi a precisare che la serie K non avrebbe mai soppiantato i modelli tradizionali e, in effetti, le R non sono mai scomparse dal listino e costituiscono ancora oggi il grosso delle vendite della Casa.
Fin da subito furono previsti diversi modelli con la stessa meccanica. La naked K100 fu la prima ad essere presentata, poi seguì la sport-tourer K100RS, che con la sua snella carenatura era la più veloce della serie – 220 km/h nonostante i soli 90 CV – ma offriva anche una protezione aerodinamica eccellente e non a caso fu la più venduta.
BMW K100RS
Seguirono nel 1984 la tourer K100RT, caratterizzata dalla carenatura grande e squadrata, e nel 1986 la sua versione di lusso K100LT.
BMW K100RT
Nel 1985 furono presentate le K75C e K 75S, equipaggiate con il motore a 3 cilindri da 740 cc con 75 CV. La prima era una naked con cupolino e freno posteriore a tamburo, mentre la seconda aveva una mezza carenatura sportiveggiante e il freno posteriore a disco della K100.
BMW K75S
Nel 1986 la K75C perse il cupolino e prese il nome di K75, mentre nel 1989 si aggiunse la tourer K75RT, con carenatura integrale simile a quella della K100RT. Questa serie rimase in listino fino al 1996 senza variazioni di rilievo ed è sempre stata molto apprezzata per le buone prestazioni, i consumi inferiori rispetto alle K100 e il minor livello di vibrazioni, efficacemente smorzate dagli appositi contrappesi posti sull’albero di trasmissione primario.
Evoluzione delle K a sogliola
Per oltre un decennio le K si sono evolute costantemente, ma senza stravolgimenti. Particolarmente importante fu il 1988, anno in cui il primo ABS motociclistico al mondo fu offerto come optional su tutta la gamma K e nacque la K1. Caratterizzata dalla carenatura estremamente aerodinamica comprendente un voluminoso codone smontabile e dalle colorazioni fin troppo vistose – sembrava più l’opera di un preparatore tedesco dai gusti pacchiani, che di un rinomato costruttore di moto di lusso – questa moto decisamente fuori dagli schemi era equipaggiata con freni più efficaci, gomme radiali, sospensione posteriore Paralever con braccio di reazione, mutuata dalle R80/100GS e in grado di evitare il sollevamento del retrotreno in accelerazione indotto della trasmissione a cardano, e un nuovo motore a 16 valvole da 100 CV che, grazie all’eccezionale profilatura aerodinamica, permetteva di raggiungere i 240 km/h. Tutte queste innovazioni vennero successivamente estese anche alle altre K100.
Nel 1991 apparve la luxury tourer K1100LT, seguita l’anno successivo dalla sport tourer K1100RS, entrambe riviste marginalmente nella carenatura e con motore portato a 1093 cc per una maggior coppia, ferma la potenza standard di 100 CV, la massima imposta all’epoca dal legislatore tedesco. In tale occasione scomparve dal listino la versione naked.
BMW K1100RS
Una svolta davvero importante avvenne nel 1996, quando la sport tourer K1100RS venne sostituita dalla K1200RS. Caratterizzata da una nuova carenatura integrale dalle fattezze giunoniche, essa conservava lo schema con motore a sogliola e forcellone monobraccio Paralever, ma per il resto era una bestia completamente nuova.
BMW K1200RS
Il motore, modificato in molte componenti, fu portato a 1171 cc con ben 130 CV. La velocità massima balzava quindi a 250 km/h e questo rese necessario abbandonare il telaio a traliccio in favore di un magnifico e particolarissimo telaio in lega leggera prodotto dall’italiana Verlicchi, con il quale il motore perdeva la sua funzione di elemento stressato e guadagnava il montaggio su silent block. Inoltre, faceva la sua comparsa la sospensione anteriore antiaffondamento Telelever, già introdotta dal 1993 sulla serie R.
Meccanica e telaio della BMWK1200RS
Grazie a queste innovazioni, la K divenne un velocissimo incrociatore da Autobahn, in grado di attraversare i continenti in poche ore con una precisione di guida ineguagliabile anche alle massime velocità e un confort di livello straordinario, al prezzo però di un peso di ben 285 kg in ordine di marcia, contro i soli 249 kg della K100RS.
Nel 1999 la luxury tourer K1100LT fu sostituita dalla K1200LT, basata sulla stessa meccanica della K1200RS, ma con potenza ridotta a 98 CV per ottenere una maggior coppia. Caratteristiche di questo modello erano l’enorme carenatura dalle linee eleganti e sinuose, una dotazione di accessori sterminata e la retromarcia elettrica, indispensabile per muovere in manovra i suoi 378 kg in ordine di marcia.
BMW K1200LT
Nel 2001 le K furono equipaggiate con il sistema frenante EVO con dischi da 320 mm e servofreni, in versione semintegrale sulla sport tourer K1200RS – che per l’occasione ricevette un leggero face lifting – e totalmente integrale sulla lussuosa K1200LT.
Nel 2003 la K1200RS fu affiancata da una versione leggermente più turistica, denominata K1200GT e caratterizzata da colorazioni più da cummenda, appendici aerodinamiche per proteggere meglio il pilota e una migliore dotazione di accessori di serie, comprendente anche due valigie laterali.
BMW K1200GT
Nello stesso periodo, la K1200LT fu aggiornata esteticamente, nella dotazione di accessori – tra i quali apparve addirittura un cavalletto centrale elettrico – e nella potenza del motore, aumentata a 116 CV.
La rivoluzione frontemarcia
Nel luglio 2004 fu presentata la K1200S. Nonostante la presenza della lettera K, questa sport tourer decisamente più snella e sportiva rispetto alla K1200RS inaugurava una serie completamente nuova. Essa è sempre caratterizzata da un quattro cilindri in linea e trasmissione finale ad albero, ma il nuovo motore da 1157 cc è disposto trasversalmente – da cui il soprannome “frontemarcia” – ha i cilindri inclinati in avanti di 55 gradi rispetto alla verticale, per mantenere basso il baricentro, ed eroga ben 167 CV. La nuova disposizione rende necessaria la presenza di una seconda coppia conica all’uscita del cambio, ma consente di aumentare l’alesaggio dei cilindri senza dover allungare eccessivamente l’interasse, in modo da ottenere un motore superquadro di caratteristiche sportive, e di adottare flussi di aspirazione e scarico più efficienti, indispensabili per arrivare alla potenza voluta.
Schema meccanico del motore della BMW K1200S
La ciclistica è basata su un telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, con il motore che funge da elemento stressato, e sfoggia una sospensione posteriore Paralever profondamente rivisitata e una nuova sospensione anteriore antiaffondamento a quadrilatero deformabile, denominata Duolever.
Trasparenza della BMW K1200S
Con un peso ridotto a 248 kg – praticamente uguale a quello della prima K100RS – la S supera i 275 km/h, consente di viaggiare con spazio e confort paragonabili alla K1200RS, ma allo stesso tempo offre una guida decisamente più dinamica e sportiva e permette di divertirsi senza troppi problemi anche in pista.
BMW K1200S
Alla S seguirono la K1200R, che per la sua aria post-apocalittica fu scelta come cavalcatura di Milla Jovovich nel film Resident Evil 3, e la tourer K1200GT da 152 CV, che nonostante l’omonimia con la precedente K1200GT a sogliola, si colloca parecchio al di sopra di essa quanto a dimensioni, spazio per passeggeri e bagagli, confort e prestazioni.
BMW K1200RBMW K1200GT Frontemarcia
Alla fine del 2006 tutte le K frontemarcia furono equipaggiate con un nuovo sistema frenante integrale privo di servofreni – il vecchio aveva dato problemi di affidabilità con potenziali risvolti negativi sulla sicurezza. Con l’occasione venne introdotta anche l’elegante K1200R Sport, basata sulla naked, ma munita di una semicarenatura snella ed efficace.
BMW K1200R Sport
Alla fine del 2008 un lieve restyling e un cambio di denominazione marcò l’introduzione di un nuovo motore da 1301 cc, con potenza accresciuta a 175 CV per le K1300R e K1300S – la R Sport non fu aggiornata e sparì dal listino – e a 160 CV per la K1300GT.
Le K a sei cilindri
Il 2010 vide la nascita della K1600. Basata essenzialmente sullo stesso schema meccanico delle K1300, ma con una veste più elegante, questa moto sfoggia un sensazionale sei cilindri in linea da 1649 cc con 160 CV e ben 175 Nm di coppia massima e una nuova e sofisticatissima elettronica di controllo della guida, derivata da quella della supersportiva S1000RR del 2009. Tutti si aspettavano che questa nuova ammiraglia avrebbe sostituito l’ormai obsoleta K1200LT a sogliola ancora in listino, perciò la sorpresa fu grande, quando si scoprì che la moto veniva offerta in due versioni piuttosto diverse tra loro, K1600GTL e K1600GT, di cui la seconda andava a sostituire la K1300GT, sul mercato da meno di due anni, provocando la più solenne incazzatura collettiva nella storia del motociclismo.
Entrambi i modelli sono stati aggiornati più volte nel corso degli anni e nel 2017 sono stati affiancati dalla K1600B, dalla linea più slanciata e americaneggiante.
Alla fine del 2021, le K 1600 sono state sottoposte a un face lifting particolarmente pronunciato, evidenziato dal nuovo gruppo ottico anteriore a led e dalla nuova strumentazione TFT. In tale occasione è stata introdotta la K1600 Grand America, una versione della K1600B con più accessori ed equipaggiata con topcase.
Delle altre K, la K1300R fu tolta dal listino nel 2015, di fatto sostituita da tempo dalla hypernaked della casa, la S1000R, mentre la sport tourer K1300S lasciò il campo nel 2016 senza eredi – anche fuori da BMW – gettando nello sconforto i suoi numerosi estimatori, me compreso. La verità è che i motociclisti avevano deciso da tempo che le crossover sono fichissime e che le sport tourer sono un arnese del passato; come la setta più conservatrice del mondo dopo il Ku-Klux-Klan abbia potuto partorire una scelta così stupidamente rivoluzionaria, per me rimane un mistero insolubile.
For those who don’t know me: I’ve never been a Guzzi lover. I have obviously known the Mandello manufacturer for a lifetime―I even drove past it last summer―and I have always vaguely known that it is a manufacturer with a great past and a present full of nostalgia. The first short test I did on the Mandello a few weeks ago (link to video―in Italian) really impressed me, so I organized a more in-depth test. In preparing the review, I dug into the history of this brand a bit and, I must say, I was fascinated by it. This road test has therefore turned into a veritable little monograph in which I not only describe how the V100 performs, but also how it was created, and what it means for Moto Guzzi.
A motorist in Mandello
A Bit of History
Carlo Guzzi, born in 1889, belonged to a wealthy Milanese family. A passionate motorcyclist with a sanguine character and not very suitable for educational institutions, he never even managed to graduate, but he had very clear ideas. When his father died prematurely in 1906, the family sold the apartment in the city and moved to the holiday villa in Mandello on Lake Como where the young man found work in a mechanical workshop. At the outbreak of the Great War, he was enlisted as an engine mechanic in what was then known as the Servizio Aeronautico della Regia Marina (Aeronautical Service of the Royal Navy) and, after discovering that aircraft engines were far more advanced, powerful and reliable than those used on land vehicles, he was struck by the idea of creating a motorcycle with a similar power unit. With his enthusiasm, he dragged two fellow pilots into the enterprise, Giorgio Parodi and Giovanni Ravelli, chosen not only as passionate motorcyclists, but also because the former was a member of a family of entrepreneurs, while the latter was a test pilot and successful motorcycle racer, known as the Italian Devil. After the war, Ravelli died during a test flight, but his friends continued with the motorcycle project. Parodi asked for funding from his father Emanuele Vittorio, a well-known Genoese shipowner, who immediately agreed to advance half of the requested sum but wanted to see the finished motorcycle with his own eyes before giving the other half. Guzzi immediately set to work with commitment, with calculations done by his elder brother Giuseppe, an engineer, and already in 1919 the G.P. 500 (Guzzi-Parodi) was born.
The G.P. 500. Note the horizontal shaft that drives the valves
This bike was so advanced―it featured a double spark, oversquare single cylinder engine with four valves and overhead camshaft driven by a bevel gear shaft!―that Parodi’s father, Emanuele Vittorio, agreed to finance its production, but only on condition that the mechanics were simplified to make it easier to produce and sell. Guzzi must have mulled it over a bit, but in the end he gave in. From the G.P. he drew the Normale―note the slight polemical vein―equipped with a standard two-valve timing with pushrod and rocker arm. In 1921 he set up the Società Anonima Moto Guzzi with the two Parodis―and two other partners wanted by them―who very chivalrously, as ‘merely financiers’ of the business, renounced the inclusion of their own name in the company name. In honor of their deceased friend Ravelli and to show their common military bond, the Eagle was chosen as the logo, it being on the coat of arms of the Navy aviators.
Speaking of the foundation, the official website of the House states that Moto Guzzi “is the oldest motorcycle manufacturer in Europe”; but, in reality, this is not entirely true. Triumph, born in 1884 as a bicycle factory, had already started building motorized bicycles in 1902 and built its first real motorcycle in 1915. However, the English brand went bankrupt in 1985, to reopen under new ownership and company name in 1990 while Moto Guzzi, which also went through various and even complicated corporate events in its long history, never went bankrupt or stopped production.
Giorgio Parodi, who would alternate the management of the company with his commitments as a military aviator until his death in 1955, wanted to spare no expense to achieve success in competitions. He realized its potential as an advertising tool, so much so that he destined the first two Normale for them. The successes soon became a distinctive element of the Mandello company which, between 1923 and 1957, collected over 3,300 victories in official sporting competitions. With such results, Moto Guzzi soon became the symbol par excellence of sportiness and modernity, and achieved ever greater success in Italy and abroad, so much so that in 1930 it became the largest motorcycle manufacturer in Europe. The drive for innovation was evident in everything: Just think, among other things, of the unforgettable racing GP500 with V8 engine and gear-driven camshafts from 1955, designed by Eng. Giulio Cesare Carcano; or the wind tunnel, strongly desired by the Guzzi brothers, built in 1950 and inaugurated in 1954―the first in the world by a motorcycle manufacturer and the first ever in Europe.
Moto Guzzi GP500 8VTesting the GP500 in the Moto Guzzi wind tunnel
This success story took a sudden and fundamental turn in 1957 when the main Italian motorcycle manufacturers―Moto Guzzi, Gilera, FB Mondial, and MV Agusta (which eventually changed its mind)―announced their agreement to jointly abstain from sporting competitions. The decision was taken on the basis of the launch of the Fiat 600 automobile in 1955 and the 500 in 1957, whose affordable prices kicked off the automobile boom in Italy. This would certainly have caused a strong contraction in the sales of motorcycles, which until then had been the only motor vehicles that Italian families had been able to afford; therefore the three manufacturers deemed it necessary to save the considerable costs associated with the races in order to reduce prices and improve retail competitiveness. Initially, thanks to this tactic, motorcycle registrations in Italy actually continued to grow from 251,000 units in 1957 to 283,000 in 1961; but from there, they began to fall inexorably to the dramatic minimum of 55,000 units in 1970. At the same time, however, the average income of the population was increasing, so a growing number of enthusiasts began to think of the motorcycle as a great toy to have fun with in their spare time. Motorcycle sales therefore began to recover; but this new audience favored even more models that won races, so Moto Guzzi found itself caught off guard, thus leaving the door open to increasingly fierce Japanese competition.
After the death of Carlo Guzzi in 1964, the House continued to innovate production and in 1965, the brand new V7 was launched, equipped with a 700 cc transverse 90° V2 with pushrod and rocker arms and cardan shaft designed by Carcano―already author of the V8―which over the years would become the basis for a myriad of variants with even much higher displacement and is still the quintessential symbol of Mandello motorcycles. But the accounts didn’t stop getting worse, so the company was sold in 1967 to the creditor banks, which set up the SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche) to manage it. During this period, Eng. Lino Tonti, coming from aeronautics and taking over from Carcano, modified the V7 to beat the speed record of its class on the track. The enterprise succeeded, but the bike was heavy and not suitable for racing, so Tonti made the much lighter V7 Sport out of it in 1971. This marked the return of Moto Guzzi to competitions, with good successes at the 500 km of Monza and at the Bol d’Or. This extraordinary and iconic motorcycle, with its particularly close-fitting and modular, straight-tubes frame, initially painted red to highlight its novelty, beat the 4-cylinder Japanese competitors for performance and outstanding chassis.
Moto Guzzi V7 Sport Red Frame
Unfortunately, however, the V7 Sport costed one-and-a-half times the price of a Honda 750, so it didn’t solve the company’s economic problems.
In 1973, Moto Guzzi suffered the setback of being taken over by its enemy Benelli, part of Alejandro De Tomaso’s industrial group. As was his habit, the Argentine entrepreneur immediately launched a bombastic renewal plan based on the rapid development―usually at the expense of reliability―of numerous new models; but, being convinced that it was necessary to imitate the Japanese models in order to relaunch the brand, he abandoned again racing and development of what would later become the 850 Le Mans, and placed the Eagle logo on the tank of in-line four-cylinder Benelli motorcycles. Unfortunately, this strategy was disastrous for sales, so De Tomaso returned to focus again on the V7 Sport, which among other things was updated with integral braking, and he restarted the Le Mans project, set new models, including the famous California cruiser, and launched a new V2 (called small block to distinguish it from its older brother) designed by Tonti and inaugurated with the 1977 V35 and V50.
Moto Guzzi 850 Le Mans III
However, the accounts continued to go badly. During this troubled period, Moto Guzzi went through various mergers and acquisitions until it was sold in 2000 to Ivano Beggio, owner of Aprilia. He was moved by love for Mandello’s creatures and had the best of intentions, but the purchase helped undermine his financial stability and, in the end, he was forced in 2004 to sell both brands to the Piaggio group.
With the new management that is still ongoing today, Moto Guzzi started a phase of recovery. The new Breva V1100, Norge, Griso, and the maxi-enduro Stelvio, although based on evolutions of the old Carcano big block, were basically modern bikes that were certainly equal to their direct competitors, i.e., the BMW R with boxer engine; and this was thanks to the new Ca.R.C. (Cardano Reattivo Compatto), a double wishbone rear suspension, especially in the version with the 1200 8V engine, 4 valves per cylinder with overhead camshaft. However, their good commercial career ended between 2011 and 2016 with no model ready to replace them. The imposing and splendid 2012 California 1400 cruiser was never rewarded by sales and disappeared from price lists in 2020, so Moto Guzzi’s fortunes rested for many years largely on the shoulders of only two models: the eternal Nevada medium cruiser, which left the scene in 2016; and above all the 2008 V7 Classic. Declaredly inspired by the 1971 V7 Sport, this naked was essentially a retro version of the first series Breva―set up in the Beggio era―and as such it lacked the Ca.R.C. suspension and had the same sleepy 750cc 48bhp small block. It was a bike suited more to a turn-ups and aperitif hipster clientele than to the hard core Eagle aficionados; but that audience liked it and still does, and so we must be grateful to it because, without it, Moto Guzzi would probably have become extinct.
Moto Guzzi V7 Classic
The 2017 V9 cruiser (equipped with a slightly modernized 850 cc and 55 HP small block that also had ride-by-wire) and especially the later and particularly well-made 2019 V85TT crossover (also with an 850 cc engine but further improved with titanium intake valves and 76 HP) won’t go down in history as signposts of technology, but they did help the V7 bring oxygen to Mandello’s coffers and allowed the technicians to work―in secret―on a new model to relaunch the Eagle, that was unveiled a few months after the centenary of the founding of Moto Guzzi with this September 2021 video.
After a gestation also delayed by the pandemic, the V100 Mandello was finally born―a totally new motorcycle with which Moto Guzzi has rediscovered its original DNA as a manufacturer of innovative sports motorcycles. I analyzed it thoroughly and I will tell you everything I discovered.
How It Is
Appearance
Moto Guzzi V100 Mandello
The look of the V100 is 100% Moto Guzzi because it clearly recalls some models from the past, reproducing the general look and various stylistic elements but, at the same time, it is very modern―to see it in the showroom next to the others models of the current range, it looks like an F35 in the midst of biplanes. It is characterized by a slim fairing culminating in a small windshield and therefore stands halfway between a naked and a sport tourer, a solution already seen in the past on, for example, the excellent Yamaha TDM. Obviously, the novelty of the line and the unconventional choice of the general setting did not fail to divide the most traditionalist category of mankind―yes, we motorcyclists―into total enthusiasts and perplexed critics. The comments of the latter range from “it’s too modern” to “they could have been more daring” passing through “it’s neither fish nor fowl” to “you can’t look at it”, and I really think that the design and marketing offices are doing a pretty tough job.
I like it a lot, both for the design itself, which is innovative and non-trivial, and because it immediately reminded me of models that I loved a lot when I was a boy, such as the 850 Le Mans III and the V35 Imola. Among the various details, I find very beautiful the horizontal full LED front light equipped with the by-now-classic running/daylight in the shape of a stylized eagle, the double-circle askew taillight similar to that of the V85TT, the short exhaust that leaves the beautiful rear rim in full view, the rounded and typically Moto Guzzi connection between the tank and saddle, and the passenger handles open at the rear. The refined design, the quality of the construction and the components, and the perfect integration of all the details are striking: Nothing is out of place and, on the whole, conveys a satisfying sensation of precision and solidity, even better than the already remarkable one of the California 1400s.
The bike is equipped as standard with a refined, electrically-controlled windscreen, of which a larger version is also available; and with the innovative adaptive aerodynamics consisting of two deflectors which, thanks to two electric motors, retract into the tank fairing when the ignition is off and emerge again upon ignition to increase protection of the legs. It is an absolute first which, not surprisingly, comes from a company that has 70 years of experience in aerodynamics. The only similar thing I know of are the flaps installed on the fairing sides of the BMW K1600 and the old K1200LT which, however, are manually adjustable.
Versions & Accessories
The bike is available in two versions, standard and S, which are distinguished by the equipment and color. The standard can be white―very beautiful in my opinion―or metallic red; while the S is supplied in two metallic two-tone pleasant liveries, one gray and green and the other in two shades of grey. There is also a special Aviazione Navale version, made in 1913 specimens―like the year of birth of the Corps in which the founders of Moto Guzzi served―and characterized by a beautiful gray livery with badges and details inspired by the fighters on board.
The S version includes all the standard version accessories and the following:
Öhlins Smart EC 2.0 adaptive suspension
tire pressure monitoring
heated grips
quickshifter with auto-blipper
Moto Guzzi MIA connectivity system, fully compatible with Android and iPhone.
The following accessories are available in aftermarket.
Only for the standard version:
tire pressure monitoring (standard on Naval Aviation)
heated grips (standard on Naval Aviation)
bidirectional quickshifter
Moto Guzzi MIA connectivity system
For all versions:
side cases
luggage rack
top case
central stand
Theft Protection
fog lights
Touring enlarged windshield
additional USB socket on the left of the dashboard
paramotor
headguard
comfort heated high-, medium-, or low-seat
passenger comfort seat.
The V100 is also ready to be equipped with the LCDAS system, i.e., the radar which signals the presence of objects in the rear blind spots by means of a danger symbol on the corresponding mirror and an orange area on the corresponding lower side of the instrument panel. This accessory cannot be ordered at the moment, but Guzzi promises that it will be available soon.
Rear radar warning
The sample tested was in the standard version which, in any case, already offers many accessories as standard.
Chassis
The V100 is all new and has practically no element in common with the other Guzzis. The frame is steel tubing, with the engine participating as a stressed member. The fork has upside-down stems, while at the rear there is a simple and elegant single-sided aluminum swingarm hinged directly to the engine with a lateral single shock absorber suitably inclined forward so as to ensure progressive springing without having to resort to kinematic mechanisms. The cardan shaft is housed in the single arm which, unlike on the other Moto Guzzis, is on the left and with characteristics―as we will see in the paragraph on the transmission―that have made it possible to eliminate the need for the Ca.R.C. double wishbone.
The standard version mounts Kayaba suspension, with a 41 mm fork adjustable in preload and rebound and mono as well adjustable in preload―by means of a particularly soft and well positioned knob―and in rebound. The S, on the other hand, is equipped with Öhlins adaptive suspension―43 mm Smart EC 2.0 fork and Smart TTX EC 2.0 shock absorber. Both are electrically adjustable in compression and rebound, while rear preload adjustment is always done manually with a knob. Some might not like this feature, but it offers the advantage of being able to fine-tune the adjustment based on the weight of the rider and passenger, rather than having to endure the limits of the predefined presets that the electrically-adjustable systems usually offer. In reality, it is also possible to adjust the front one, but the manufacturer recommends not touching it.
The bike has a kerb weigh of 233 kg with a full tank of 17 liters, and its main chassis dimensions are as follows:
front travel 130 mm
rear travel 130 mm
wheelbase 1,475 mm
trail 104 mm
rake 24.7°.
The measures are those that one would expect from a tourist with sporting ambitions. The value of the wheelbase is interesting, on average shorter than most other Moto Guzzis.
The wheels are alloy with tubeless tires in the usual sizes: 120/70 ZR 17 on a 3.5 x 17″ rim at the front and 190/55 ZR 17 on a 6 x 17″ rim. The specimen tested was equipped with Pirelli Angel GT II tires, perfect for this kind of bike.
Engine
The V100 engine retains the classic transverse 90° V-cylinder layout, but otherwise has nothing to do with what was seen previously in Mandello. Characterized by a particularly modern design, it is liquid-cooled and controlled by a ride-by-wire system, has four valves per cylinder distribution with double overhead camshaft and small finger rocker arms, and has the heads rotated 90° with respect to its predecessors. Intake and exhaust are now located respectively above and below the cylinders instead of behind and in front―similar to what BMW did on the liquid-cooled boxers―to improve intake flows and increase the room available to the driver. It is equipped with a counter-rotating shaft to reduce the typical overturning torque of longitudinal shaft engines to almost zero; while the lubrication, defined as wet sump in the technical data sheet, is actually a semi-dry sump―a solution already seen on the V85TT―because the oil sump, placed in the crankcase anyway, communicates with the crank chamber only through a reed valve. In this way, lubrication on strong accelerations is improved and the formation of foam in the engine is reduced, creating a slight advantage in efficiency and therefore in consumption. The very rational design has made it possible to obtain a crankcase about 10 cm shorter than the V85TT’s small block despite the larger engine capacity, and this ensures greater roominess with the heads well away from the drover’s knees, and allows for the simplification of the swingarm seen above.
With a displacement of 1,043 cc―bore and stroke are 96 and 72 mm respectively―maximum power is 115 HP at 8,700 rpm with the limiter set at 9,500 rpm, making the Mandello the most powerful production bike in the history of Moto Guzzi; while the maximum torque, which has a peak of 105 Nm at 6,750 rpm, is high above all at medium-low revs―at 3,500 rpm 86 Nm are already available and at 5,500 there are 100―and in any case it has a very regular trend along the whole arc of use.
Trasmission
The gearbox, while using some features introduced on the V85TT to improve maneuverability, is all new and for the first time at Moto Guzzi―only on the S version and as standard―a quickshifter with auto-blipper is available. The latter can be deactivated via the menus, which is a very good thing because it allows the pilot to have fun blipping the gas when downshifting, which would be prevented by the somewhat obtuse logic of these systems.
The gear ratios are as follows:
Gear
Ratio
Primary reduction
1.548
1st
2.642
2nd
1.941
3rd
1.550
4th
1.272
5th
1.083
6th
0.960
Final reduction
3.166
The speeds at 1,000 rpm and when the engine begins to pull vigorously and express maximum power are as follows.
Gear
Speed @ 1,000 rpm
Speed @ 4,000 rpm
Speed @ 8,700 rpm
1st
9.3
37.3
81.2
2nd
12.7
50.8
110.5
3rd
15.9
63.6
138.3
4th
19.4
77.5
168.6
5th
22.8
91.0
198.0
6th
25.7
102.7
223.4
The very wide range of use and the relatively short ratios―the maximum speed practically coincides with the maximum power regime―make it possible to travel almost always in sixth gear with great smoothness, also with lower consumption.
The wet multi-plate slip clutch is also outside the classic Moto Guzzi schemes and is operated by a highly refined radial pump symmetrical to that of the front brake.
The transmission shaft has a single cardan joint at the gearbox outlet, as per the tradition of the House; and it is hinged lower than usual and is particularly long, possible only because of the remarkable compactness of the new engine. Thanks to these features, and despite the absence of the Ca.R.C double swingarm, the Moto Guzzi technicians have obtained a behavior similar to that of motorcycles with chain transmission―i.e., without extension of the suspension under acceleration.
Brakes
The V100 is equipped with two 320 mm front rotors with Brembo four-piston radial calipers actuated by a radial pump through steel braided pipes; while at the rear, there is a 280 mm rotor with Brembo two-piston floating caliper. The braking system is a standard two channel and ABS with cornering function that is standard on both versions.
Advanced Driver Assistance Systems (ADAS)
From the point of view of electronic driving aids, the Mandello is equipped as standard with a 6-axis inertial platform and offers the following functions in both versions:
Cornering ABS―anti-lock braking system with rear wheel lift control and Cornering function which reduces the initial braking power at the front when the motorcycle is leaning, and serves to limit as much as possible the effects of too abrupt an operation of the front brake when cornering
TPMS (Tire Pressure Monitoring System)― available only on the S version
MGQS (Moto Guzzi Quick Shifter)―quickshifter with auto-blipper, with the particularity[?peculiarity?] that the auto-blipper intervention can be deactivated from the menu
Cruise control
Riding modes―the four are: Sport, Road, Touring, and Rain; and they act on the following four systems:
MGCM (Moto Guzzi EngineControl)―system that varies engine delivery in relation to the position of the throttle
MGCT (Moto Guzzi TractionControl)―anti-skid system that takes into account the lean angle of the motorcycle
MGCA (Moto Guzzi Aerodynamics Control)―sets the operation of the flaps located on the sides of the tank, which can remain always closed or always open, or can swing open when a set speed is exceeded
MGCS (Moto Guzzi SuspensionControl)―only on the S version; it acts on the semi-active Öhlins suspension which provides the following modes:
Automatic Dynamic―the suspension automatically adapts to the route and driving style
Automatic Comfort―like the previous one, but softer
Manual Dynamic―suspension behaves as if it were non-adaptive
Manual Comfort―like the previous one, but softer.
Controls
The handlebar controls are classic, well made, and offer a nice feeling.
On the left block there are:
on the front side, the light switch, of the type that you pull to flash and push out to switch to high beam
the traditional-type control of the turning lights, equipped with automatic shut-off on movement, which occurs after 500 m or 40 s.
The button for the horn―the usual scooter-like sad thing, unfortunately almost universally widespread―placed correctly under the command of the turning lights (I hope they read me in Honda)
the four classic keys for navigating the menus, the left of which (Mode Set) is used only to confirm and the others to scroll through the menus
above, the standard cruise control slider which, after reading the manual―not because it’s complicated, but it’s different from the BMW system I’m used to―turns out to be very functional. Note that, unlike on other bikes, here it is not possible to interrupt the automatic adjustment by blipping the clutch because, to do this, you really have to pull it all the way. Always used to doing this (badly), I risked the sin of sodomy with a truck.
When cruise control is off, the same command can be used to change traction control settings on the fly from any screen.
The Mode Set key on the keypad also provides quick access to power windshield adjustment using the up and down navigation keys.
On the right block are:
the rational rocker button for engine start and kill switch
at the bottom, the key to change the riding mode
at the top, the button for switching between day and night lights―which in any case can be set as automatic using the menu―and, with a long press, to activate any optional fog lights.
The keyless system is not foreseen on the S either, which considerably increases my already high esteem for the Mandello, given that, as my readers know by now, I consider this system only a source of useless complications. On the other hand, the button for the hazard lights is missing; but it is possible to set them to automatically switch on during emergency braking, and their activation is always triggered in any case of serious failure which involves the risk of the motorbike suddenly slowing down.
Display
The V100 is equipped as standard with a beautiful 5″ color TFT display housed in a frame containing various basic warning lights: immobilizer/gear shift RPM, direction indicators, ABS, cruise control, high beam, engine failure, traction control, reserve, and neutral. Navigation is carried out using the four keys on the left block with the following screens available.
Standard View
Dedicated to driving, it is pleasant and shows everything you need to know in a single glance:
digital speedometer
analog tachometer
fuel level
water temperature
gear engaged
riding mode active
Now
ambient temperature
when cruise control is active, the set speed
when the fuel reserve is reached, the remaining autonomy
open side stand light
a myriad of other warning lights and indicators for all the various standard and optional accessories
The lower area is intended to house alarm messages and indications of various kinds, while a large area on the left is dedicated to the following tabs, which can be accessed by pressing the right key:
two travel diaries separately resettable
heated grips setting (if present)
heated rider seat setting (if present)
tire pressure (if the MIA system is present)
Information relating to telephone calls (if the MIA system is present)
Information relating to music tracks (if the MIA system is present)
Different information relating to the multimedia system (if the MIA system is present)
In turn, the travel diaries allow, by pressing the up and down keys, to alternatively view the following data:
total odometer
trip odometer
travel time
full speed
average speed
average consumption
instant consumption
distance traveled in reserve (only with reserve warning light on)
setting of the MGCT (Moto Guzzi Traction Control)
Navi View
The Navi screen, available only if the MIA multimedia system is present, is similar to the standard one and includes all the important information and the lower and left information areas of the standard screen, but has smaller digital speedometer and gear position indicator to make room for graphical indications of the next turn, the current speed limit, and the next turn—info taken from the GPS app of the smartphone. Other information appears in the lower bar―name of the road traveled and north direction, while the destination address can be retrieved from the tabs in the left area.
Launcher Menu
From this view it is possible to access the various menus available:
Vehicle
Service
Dashboards
Riding Modes
Multimedia (only if the MIA system is present)
MGCS (Moto Guzzi Suspension Control), only on the S version.
Each menu has personalized graphics with an image of the system to which each item is dedicated, and everything is really pleasant and well done.
Vehicle
It includes:
Headlamp mode―sets automatic or manual switching from daytime to night lights
Shift light―selects the speed at which the gear shift warning light comes on
MGQS down (only if the quickshifter is present)―activates or deactivates the auto-blipper
Emergency brake―sets the automatic activation of the hazard lights on or off in emergency braking
Calibration―allows you to recalibrate the traction control if different types of tires are installed
Rear radar―turns the radar on or off, if equipped
Service
It includes:
Change user code―sets the personalized unlock code in case of immobilizer failure
Code recovery―restores the factory code if the code has been forgotten
Windshield―selects the maximum operating speed of the electric windshield (130 km/h for the standard windshield and 110 km/h for the Touring)
other items relating to the software and reserved for assistance
Dashboard
It includes:
Backlight―adjusts the backlight of the display
Clock―adjusts the time and select the format
Units―sets the units of measure for speed, consumption, temperature, and pressure separately
Language―sets the dashboard language to Italian, French, English, German, or Spanish
Riding modes language―sets the language of the riding mode names to either Italian or English
Riding Mode
It allows you to customize the four systems included in each of the four riding modes, choosing from the following settings:
The factory settings of these systems are as follows.
Riding Mode
MGCM (e-gas)
MGCT (traction control)
MGCA (retractable flaps)
MGCS (suspension)
Sport
aggressive
minimum
closed
Automatic Dynamic
Strada
normal
medium
closed
Automatic Dynamic
Turismo
normal
maximum
open from 60 km/h
Automatic Comfort
Pioggia
smooth
medium
open
Automatic Comfort
The decision to set the traction control of the Rain mode to the medium level rather than the maximum appears curious.
Multimedia
Present only if the bike is equipped with the Moto Guzzi MIA system, it includes:
Device status―list of associated devices
Device pairing―pair a device
Reset pairing―reset all device pairings.
MGCS
Present only on the S version, it allows you to set the different parameters of each of the four modes available for the suspension.
In Automatic Dynamic and Automatic Comfort―the adaptive modes―three parameters are available: front damping, rear damping, and fork support under braking, adjustable on a scale from -5 (soft) to +5 (firm)
In Manual Dynamic and Manual Comfort, the non-adaptive modes, it is possible to electrically adjust the front and back hydraulic brakes in compression and rebound on a scale of 1 (hard) to 31 (soft).
The factory settings of the suspension parameters are as follows:
Parametro
Automatic Dynamic
Automatic Comfort
Manual Dynamic
Manual Comfort
Front damping
0
-5
–
–
Rear damping
0
-5
–
–
Fork support under braking
0
-5
–
–
Front hydraulic compression brake
–
–
28
31
Front hydraulic rebound brake
–
–
5
20
Rear hydraulic compression brake
–
–
30
31
Rear hydraulic reboundbrake
–
–
10
15
Lighting
The V100 features a full LED lighting system with cornering lights as standard to improve visibility along curves. They work with a different logic from what I’ve seen on other brands because they have only one spotlight on each side instead of the usual three, and they come on only when the bike leans more than 25° rather than almost immediately. Given that these lights are usually quite dim, it makes me think that Moto Guzzi has paid attention to the point and has foreseen this as a more effective aid only when it is really needed, and that is precisely when you lean a lot and the headlight points too much towards the external edge of the road. Unfortunately, I didn’t have the opportunity to check it because I rode in the city in the evening where public lighting doesn’t allow you to check; and, while in the garage, I had no chance to reach the necessary inclination. Anyway, the low beam and high beam work very well.
As with many motorcycles, the V100 does not feature a quick system for adjusting the height of the headlight beam according to the load. The low beams are adjusted individually using two screws located under the dashboard, while the high beam is adjusted with a screw located under the fairing. It is therefore important to adjust the preload when riding with a passenger, an operation made very simple by the presence of the handy wheel.
Driving position
The riding position is comfortable and much more for a naked than a sport tourer, with the handlebars wide and open enough, the torso slightly leaned forward, and the footrests well distanced from the saddle and moderately back. The saddle is quite comfortable and allows the greatest freedom of movement for the rider.
There is no lowering kit, nor is there a seat height adjustment. The heated comfort saddle, available only in the aftermarket, can be activated through the menus and is available in three different sizes. The possible seat heights are as follows:
low comfort saddle 800 mm
standard saddle and medium comfort saddle 815 mm
high comfort saddle 835 mm
The mirrors are good and well spaced, at a height that does not interfere too much with those of the cars; they do not vibrate noticeably; and they allow a good view. If the rear radar is present, they show
the danger indicator, besides the one appearing on the LCD display.
Passenger
The passenger sits on a separate saddle that is sufficiently wide and comfortable – but not heated; has a nice pair of comfortable handlebars and footrests that are a little higher than those of the rider, but which nonetheless allow for a comfortable position.
Load Capacity
The V100 is also designed to travel two up and can be equipped on request with dedicated two-tone light and dark gray 30- and 29-liter rigid panniers, beautiful and well integrated with the line of the bike, which can bel installed directly without the need for frames, and they are locked with the ignition key. Also available is a 37-liter two-tone top box that requires the purchase of a specific luggage rack. This is certainly robust―the homologation is for 12 kg―but not beautiful or up to par with the rest of the bike; and it also causes a top case position that is slightly too raised.
There is also a (very) small storage compartment under the passenger seat, which is equipped as standard with a USB charging socket.
The new DOHC starts promptly and without the usual transverse shaking typical of the other Moto Guzzis, with a very regular idle around 1400 rpm. When the throttle is opened, it revs rather rapidly and has almost no overturning torque, thanks to the anti-torque countershaft and the general work of reducing inertia. Furthermore, it is completely devoid of parasitic noises due to pushrods and rockers or other; while the exhaust is civil, it always lets you hear the beautiful note typical of the V2. In short, this twin-cylinder definitely sounds like a Moto Guzzi, but it seems to be made by Honda—and when speaking of engines, I couldn’t come up with a better compliment.
On the move, the V2 easily accepts turning at very low revs, so much so that it is possible to accelerate in 6th from 40 km/h (corresponding to approximately 1,550 rpm) at full throttle, of course with many vibrations; and already from[up around] 50-60 km/h (around 2,000 rpm), it becomes smooth and starts pulling satisfactorily.
In acceleration, the engine offers a consistent and regular thrust starting from 2,000 rpm, increases progressively without leaps, becomes noticeable already at 4,000 rpm, and remains so up to the maximum power regime beyond which it is decidedly not advisable to go because the torque fades immediately, even though the engine would continue to rev without any increase in vibration. We are not talking about an arm-stretching motorcycle, but there is enough power to have a lot of fun and not suffer from an inferiority complex towards anyone else on the road.
The throttle response varies significantly between the different modes, from gentle in Rain to quick in Sport, and is always perfectly suited to the situation. The different driving modes do not affect the engine torque.
The test took place in January with temperatures at or below 10 degrees Centigrade, so I could not detect any heat problems.
Acceleration
The V100 surprises because, in terms of sensation, it clicks much better than any other production Moto Guzzi I’ve tried before. I am certainly not referring to the V85TT, and much less to the V7 and V9 (the comparison would be merciless), but to the Griso 1200 8v, which was the lightest of the bikes equipped with the most powerful big block ever (110 HP), but despite this, it gave that sensation of inertia from large flywheel masses typical of the company’s V2s, which is completely absent in the V100.
The start is immediate, thanks to the short first gear, the smooth clutch, and the well-distributed torque; and the bike continues to accelerate vigorously in all gears, which are spaced perfectly evenly. Obviously, we are not at the levels of a super sports bike―the power-to-weight ratio is about half that of a 1000 cc race replica―but the V100 behaves very well against competitors of equal, and even higher, displacements because, when you open the throttle wide, you get enough response to have a lot of fun while experiencing the gratifying sensation of not having to survive by being hung up on electronics which, in any case, are discreetly present to prevent wheelies in first gear.
I did the acceleration tests in Sport, but I think the results would have been almost equivalent in the other modes as well.
The V100 reaches 100 km/h from a standstill after 4.28 s and 63.1 m and 200 km/h after 15.07 s and 554.5 m. The absence of the quickshifter does not worsen too much the shifting―around 0.3 seconds, given the promptness of the gearbox; but it has an impact on 0-100 time because the shift into second takes place at around 80 km/h. I am therefore sure that even better figures can be achieved with the S. On paper, these times might not seem particularly exciting to someone since you can generally read calculated numbers that have no basis in reality; but I guarantee that they are definitely adequate―the sensation is that of a very lively bike.
Pick-up in 6th Gear
The relatively short 6th gear of the V100 (25.7 km/h at 1,000 rpm) and the regularity of the torque allow the V100’s top notch pick-up capability. Furthermore, the engine’s ability to turn even at very low revs allowed me to carry out the test in the higher ratio, opening the throttle even from 40 km/h, corresponding to 1,560 revs/min, i.e., slightly above idling speed, a performance worthy of a 4 cylinder. In this case the vibrations are obviously evident, but the engine picks up again without any hesitation and, already starting from 50 km/h, it starts to turn nicely round and to push with increasing determination.
The passage from 40 to 120 km/h in 6th takes place in 9.63 s, an excellent time for a tourer, not only with respect to the engine capacity, but in absolute terms, practically identical to the already excellent one achieved by my K1200GT and close to the 8.8 s obtained with the 6-cylinder K1600. In practice, all this means that the V100 moves on the road with the smoothness of the big tourers―that is, it travels well even when fully loaded, and allows most passing to be done without having to downshift.
Trasmission
The wet clutch is relatively soft, perfectly modulable, and resistant to overwork―with the radial master cylinder making a big splash, but not bringing obvious advantages.
The stock gearbox is perfect: very precise and with a short stroke. The sample tested did not have a quickshifter, so I can’t comment on that. The very regular spacing between the gears allows you to always have the right gear for every need. In particular, when you’re in 6th gear and you want to overtake very quickly, you just need to downshift one gear to get a lot more thrust, which is not entirely obvious on other bikes. For example, on the mighty 6-cylinder K1600, which has very closely spaced 5th and 6th gears, if you want to overtake particularly fast, you had better downshift to 4th.
The final shaft drive has no noticeable backlash, is perfectly silent and works flawlessly. I can confirm that it behaves like a Ca.R.C. or a BMW Paralever double wishbones, but with a disarming constructive simplicity, really well done.
Brakes
The braking of the V100 is prompt, powerful, resistant, perfectly modular, and above all, extremely effective, also thanks to the certainly rather low center of gravity and the not particularly short wheelbase –features that reduce the tendency of the rear wheel to lift. The figures are record-breaking: the Mandello stops from 120 km/h in 3.63 s and 64.40 m, leaving even a naked shooter like the BMW S1000R, which needs 3.95 s and 69.0 m respectively.
However, the ABS is calibrated in a rather aggressive way because it allows an impressive maximum possible deceleration―on average around 1 g!―and only in emergency braking does some slight fishtailing of the rear wheel occur which, in any case, does not cause worry.
The ABS works very well and there is no forward motion feeling. The cornering function minimizes imbalances in the set-up when braking hard along a curve. If the front brake is applied decisively when cornering, the ABS intervenes well in advance of the actual loss of grip, drastically limiting the front braking power in the very first moments, and then gradually makes greater deceleration possible. In this way the start of braking when cornering is always made very progressive, as if the lever were pulled slowly rather than abruptly, all to the advantage of stability.
Steering & Attitude
The steering of the V100 is impeccable: precise and prompt as one could wish for, and never fatiguing.
The Kayaba upside-down fork of this standard version is very smooth and well supported even under the most violent braking, while the shock absorber in the standard setting is perhaps a little stiff―at least for the back of this splendid 57-year-old!―but it improves by acting on the adjusting screw. If you live in a bumpy roads area, you better choose the S version with Öhlins adaptive shock absorbers, In any case, the bike moves homogeneously, without imbalances between front and rear, and the excellent control of the suspended masses makes the Mandello very effective and reactive in sports riding.
Downtown
The V100 is not very light on the scales, but the low center of gravity, the relatively short wheelbase (compared to the average Moto Guzzi), the fairly wide handlebar, and its compact dimensions make it very agile and easy to handle in town. It is also quite slim and this facilitates the vertically challenged, who still have the option of buying the lower seat. The highly manageable engine―even in Sport mode―and the smooth clutch complete a great picture, which would be excellent if the suspension better absorbed the deep bumps.
On Highways
The V100 is a rather comfortable bike, thanks to the relaxed engine speed―at 130 km/h in 6th the engine is at 5,000 rpm―to the absence of annoying vibrations, to the very natural riding position, to the comfortable seat, and to the suspension―a little stiff on this standard version, but satisfying nonetheless. The aerodynamic protection offered by the slim fairing is good. Raising the windshield obviously increases it, and the air flow that reaches the helmet always remains perfectly smooth. For those who still want more, it is also possible to mount the larger Touring windshield. The adaptive flaps have no effect on the chest and head and therefore their action is less conspicuous, but once open they protect the upper part of the legs well and are particularly useful in wet weather.
On Twisty Roads
Relatively short wheelbase, strong and always available torque at the wheel, ready and easily manageable throttle, effective gearbox, superb brakes, prompt and precise steering, and excellent control of the suspended masses give the V100 a rather sporty behavior even on very twisty roads, a particularly interesting result, because combined with a good level of comfort. The guide is really tasty and makes even the most savvy riders smile in their helmets.
Fuel Consumption
Consumption at constant speed measured by the on-board instrument are as follows:
at 90 km/h 21.5 km/l
at 130 16.5 km/l
The overall average from top to top, including some downtown, some highway, a lot of highways and much fast pace―including acceleration tests―was 16.2 km/l.
Conclusions
The V100 Mandello is an excellent sport tourer that offers a lively engine with flawless operation and a more than reasonable fuel consumption, very interesting performance for the category and in particular an excellent pick-up in 6th gear, great maneuverability on all kinds of roads, stunning braking ability, space on board adequate for two and for luggage, good comfort even at highway speeds, and well made electronics that are easy to use.
But the thing that impressed me the most is the build quality of the whole and of all the details. On the Mandello there is not a cable or screw out of place, an imprecise joint between panels, a less than excellent finish; all the components are perfectly integrated and everything conveys a gratifying sensation of precision and solidity in use, even in particular insignificant ways, such as the feel of the various buttons and plastics or the flawless opening of the fuel cap or the ease of removing and, above all reassembling, the saddles. In a nutshell, the V100 offers, even in this standard version, the refined components and charm of Italian motorcycles combined with construction worthy of the best Hondas―and I really couldn’t wish for anything better.
Ever since I was a boy, I have always seen Moto Guzzi scrambling to pursue the competition and maintain the greatness of its past. Here, with the V100, the House of the Eagle has finally achieved both objectives with impetus because, in my opinion, this is one of the best sport tourers on the market and makes an epochal leap compared to the rest of the Mandello production. To find an equally innovative motorcycle in the history of the House, you have to go back at least as far as the 1965 V7. Hats off to the Mandello technicians for this masterpiece! I wish them every success in sales, and I look forward to seeing and testing future models with the same engine.
Pros
Beautiful, solid, and well finished bike
Space for passengers and luggage
Pleasant, powerful, and very elastic engine
Excellent brakes
Flawless gearbox and clutch
Nice drive on all the routes, even raising the pace
TFT dashboard that offers all the necessary information at a glance
Cons
I really struggled to find one, but in the end I succeeded: The design of the optional tubular luggage rack is not up to par with everything else on the bike
Many thanks to the Moto Guzzi―Aprilia―Piaggio dealership “Che Moto!“of Rome for having made the bike available for the test.
Il termine bagger viene dall’America e identifica quel genere di moto da viaggio caratterizzato da borse laterali fisse, parte posteriore rastremata verso il basso e ampia carenatura con parabrezza basso, di cui la Harley-Davidson Road Glide è forse l’esempio più tipico.
La K1600B (la “B” sta appunto per “bagger”), presentata alla fine del 2017, è un esempio di come BMW si muove quando approccia un genere tradizionalmente non suo: identifica gli elementi tipici – quelli elencati sopra – ma poi realizza un oggetto assolutamente diverso dalla norma e dotato di uno schema meccanico e in generale tecnico decisamente BMW.
Nel passato, questa stessa filosofia operativa aveva ispirato la creazione della splendida serie cruiser R1200C, basata sul tradizionale bicilindrico boxer. Nel nostro caso, la scelta invece è caduta sorprendentemente sul 6 cilindri 1649 cc della Serie K, che, cilindrata a parte, è quanto di più distante si possa immaginare dal V-Twin americano per design e caratteristiche di funzionamento.
Il risultato di questa operazione è un oggetto sicuramente fuori dagli schemi, ma a quanto pare non ha completamente soddisfatto la voglia di BMW di espandersi in questo settore, visto che nel 2020 ha lanciato anche la R18B con meccanica basata sul nuovo e gigantesco bicilindrico Big Boxer da 1802 cc, assai più vicino alla filosofia americana, e forme decisamente più classiche.
La moto provata è un Model Year 2023. A partire dal MY 2022 sono state introdotte alcune migliorie, quali la strumentazione TFT e, soprattutto, la versione Euro 5 del motore 6 in linea.
Le K1600 nacquero nel 2010 con un motore Euro 3 e quella è appunto la versione che provai nel 2013. Ho sentito qualcuno lamentarsi della successiva serie Euro 4, uscita nel 2016, che sembra aver perso un po’ di smalto in accelerazione, perciò sono curioso di vedere come si comporta l’attuale motore Euro 5, la cui scheda tecnica mostra dati sensibilmente migliori rispetto a quelli delle serie precedenti, sulla carta identici tra loro.
La K1600B condivide l’intera meccanica con le altre K1600, salvo lievi variazioni relative alle sospensioni, per cui tutte le considerazioni che verranno fatte nel seguito valgono per qualsiasi K Euro 5, a meno che non sia specificato diversamente.
Com’è
Aspetto
La linea della K1600B ha sicuramente una personalità diversa da quella delle classiche GT e GTL, ma a mio parere non convince completamente per coerenza. La vista frontale è quella solita, moderna, imponente ed efficiente, solo con un parabrezza più corto, mentre tutta la parte posteriore, ovviamente rastremata verso il basso come il genere vuole, con le sue borse integrate dal disegno affusolato, il codino dal sapore retrò, i due grossi scarichi tagliati a fetta di salame e le luci perimetrali dal disegno molto raffinato, è improntata a un’eleganza leziosa, che a mio parere non si armonizza perfettamente con la parte anteriore.
Le borse laterali, dal disegno più affusolato rispetto a quello delle altre K1600GT e GTL, sono fisse e questo fatto ha reso necessario rendere smontabile il parafango posteriore, per consentire la sostituzione della ruota.
Rispetto alle K tradizionali cambiano un po’ anche le selle e in particolare quella del passeggero, piatta e più ampia del solito, la parte inferiore della carenatura, che è meno estesa e lascia in vista anche il gruppo cambio-frizione e non solo il blocco motore, e il manubrio, che qui è tubolare e nero, ma può essere sostituito a richiesta da un più classico manubrio in alluminio, analogo a quello presente sulla GTL.
Ciclistica
La ciclistica si basa su un robusto telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, concettualmente simile – ma senz’altro più bello a vedersi – di quello delle K a 4 cilindri, al quale è ancorato inferiormente il motore, cosa che permette di limitare la distanza delle travi e quindi la larghezza complessiva della moto. Il motore sporge lateralmente rispetto al telaio ed è lasciato in bella vista da apposite aperture dei pannelli laterali.
Telaio completo delle K1600GT e GTL
Anteriormente è imbullonato uno scatolato in magnesio che sostiene la sezione superiore della carena, il gruppo ottico, il cruscotto e gli specchietti, mentre dietro c’è un telaietto in alluminio estruso, che sulle K1600B e Grand America è più corto rispetto a quello presente sulle GT e GTL e comprende tubolari specifici per sostenere le borse laterali fisse.
Telaietto posteriore specifico della K1600B
Completano la ciclistica il classico monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.
La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante e ereditata dalle K1200/1300, è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo analogo al sistema Honda Pro-Link.
Sospensione Paralever delle K1600. È visibile sopra alla pedalina il triangolo del leveraggio progressivo.
La sospensione Duolever – nome commerciale adottato da BMW per la forcella Hossack – è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio pressofuso che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:
una rigidità torsionale nettamente superiore, che dona un’mpressionante precisione alla guida, specialmente alle alte velocità.
quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove pressoché verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti interessanti:
l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un ammortizzatore sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.
Sospensione Duolever
Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.
escursione anteriore 115 mm
escursione posteriore 125 mm
interasse 1618 mm
avancorsa 106,4 mm
angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 27,8°
L’unica differenza nelle quote con le K6 GT e GTL è data dall’escursione posteriore ridotta di 10 mm, coerente con l’abbassamento visivo del retrotreno.
Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo. Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – per favorire maneggevolezza e assetto in frenata, mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di una maggiore stabilità.
Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, un po’ per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, ma soprattutto perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi particolari remore al riguardo. Basti pensare che la sport tourer K1300S, capace di oltre 275 km/h, ha un angolo di sterzo di ben 29,6°, simile a quello di una Harley-Davidson Sportster 883 (!).
Inquadrato in questo contesto, l’angolo di 27,8° adottato su tutte le K1600 è piuttosto sportiveggiante. Basti pensare, per fare un confronto con la concorrenza, che l’attuale Honda Gold Wing, del tutto paragonabile alle K inclusa la sospensione anteriore a quadrilatero, presenta un ben più turistico 30,5°.
L’avancorsa invece influisce direttamente sulla pesantezza dello sterzo, perché più essa è lunga, più l’avantreno si muove verso l’interno della curva quando si sterza, opponendo maggior resistenza. Ovviamente, anche il peso gravante sull’avantreno influisce su tale caratteristica. Appare dunque chiaro che la riduzione dell’avancorsa dai 115 mm della K1300GT ai 106,4 mm delle K1600 è stata decisa per favorire la maneggevolezza in considerazione del maggior peso che grava sulla ruota anteriore. Non a caso, sulle 6 cilindri la pressione prescritta è 2,9 bar su entrambi gli assi, contro i canonici 2,5 anteriore e 2,9 posteriore delle K1300.
Le ruote sono in lega – a richiesta sono disponibili i bei cerchi forgiati Classic – con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore.
Motore
A distanza ormai di tredici anni dalla sua prima commercializzazione, il sei cilindri in linea da 1649 cm3 con distribuzione bialbero a 24 valvole e bancata inclinata in avanti di 55° – come sulle K1300 – è ancora un gran bel pezzo d’ingegneria, che assicura a BMW un posto imperituro nell’Olimpo delle moto da Gran Turismo accanto all’altrettanto sensazionale boxer della Honda Gold Wing 1800.
Com’è noto, questa configurazione dei cilindri assicura la quasi totale assenza di vibrazioni – quindi non serve adottare contralberi di smorzamento – e una fantastica fluidità di funzionamento soprattutto ai bassissimi regimi, al prezzo però di un peso piuttosto elevato e di una larghezza notevole, normalmente di circa un 20-25% superiore a quella già importante di un 4 in linea a parità di cilindrata.
Per contenere la dimensione trasversale, gli ingegneri BMW hanno optato per un motore a corsa relativamente lunga (67,5 mm), in modo da limitare l’alesaggio (72 mm) e quindi ottenere un monoblocco più stretto. Ancora più interessanti al riguardo sono la riduzione della distanza tra le canne dei cilindri, limitata a soli 5 mm contro i circa 10 mm generalmente in uso, e il posizionamento degli accessori elettrici accanto al monoblocco e non alle estremità dell’albero motore come di consueto. Tutti questi accorgimenti consentono di limitare la larghezza totale del propulsore a soli 56 cm. Per fare un paragone, il 4 in linea da 1301 cc delle BMW K1300 misura 50 cm. Se immaginassimo di pantografarlo fino ai 1649 cc del 6 cilindri*, la misura salirebbe a 54,1 cm, quindi possiamo dire che BMW è riuscita, a parità di condizioni, a contenere l’incremento della larghezza in un sensazionale 3,5%. Altrettanto significativo è il confronto con il 6 in linea della Kawasaki Z1300 del 1979, che nonostante i “soli” 1286 cc, è largo 63,5 cm, un buon risultato per l’epoca, ma che comunque è il 27% più del BMW 4 cilindri di cubatura analoga.
Pur limitato nella potenza massima possibile da queste scelte, il 6 cilindri BMW è comunque capace di 160 CV, più che abbondanti per una moto da turismo, che per giunta in questa nuova versione Euro 5 sono erogati a soli 6.750 giri al minuto, contro i 7.750 dichiarati delle versioni precedenti. La coppia è ancora più interessante, con un picco massimo di 180 Nm a 5.750 giri al minuto, 5 Nm in più rispetto alle versioni Euro 3 e 4. Il lavoro fatto dai tecnici BMW nell’adattare questo motore alle più stringenti normative antinquinamento è davvero impressionante.
Il grafico, tratto dalla cartella stampa BMW delle K1600 MY 2022, evidenzia, oltre al fatto che ci sono quasi 120 Nm a 1.000 giri (!), un sensibile aumento della coppia massima tra i 3.000 e i 7.000 giri a favore della versione Euro 5 (celeste) rispetto alla Euro 4 (blu), con corrispondente diminuzione del regime di potenza massima.
Per quanto invece riguarda il peso, la bilancia raggiunge i 102,6 kg, che sono decisamente pochi per un 6 cilindri di questa cilindrata, ma tanti rispetto agli 81 kg del 4 cilindri 1300, che offre la stessa potenza massima. Non a caso, la K1600GT prima serie pesava 319 kg, contro i 288 della K1300GT a parità di equipaggiamento.
Trasmissione
Il cambio delle K6 è caratterizzato dalla costruzione su tre alberi – di solito se ne usano due – per ridurne la larghezza all’altezza delle pedane.
Le marce sono nel complesso spaziate normalmente, ma la 2a e la 3a sono relativamente vicine tra loro e lo stesso vale per 5a e 6a. I rapporti sono piuttosto lunghi, con la 6a che consente di viaggiare a 130 km/h a circa 4200 giri, un regime decisamente di riposo.
La frizione è idraulica antisaltellamento e con uno speciale meccanismo di servoassistenza. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW, funzionante anche in scalata.
I rapporti di trasmissione, uguali per tutte le K1600 presenti e passate, sono i seguenti:
primaria 1,617
finale 2,75
2,230
1,641
1,319
1,101
0,926
0,788
Le velocità risultanti ai regimi più significativi alla guida sono le seguenti:
Marcia
Velocità all’ingresso in coppia (5.000 giri)
Velocità al regime di potenza massima (6.750 giri)
Velocità al limitatore (8.500 giri)
1a
60,9
82,2
103,5
2a
82,7
111,7
140,7
3a
103,0
139,0
175,0
4a
123,4
166,5
(teorica) 209,7
5a
146,7
198,0
(teorica) 249,3
6a
172,4
(teorica) 232,7
(teorica) 293,0
La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.
Freni
La K1600GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un grosso disco pure da 320 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.
L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.
Elettronica di aiuto alla guida
Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la K1600B è ovviamente equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre praticamente tutto di serie.
ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
Tre riding mode – Rain, Road e Dynamic.
MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate, in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso, regola automaticamente il precarico in funzione del peso a bordo e consente di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Cruise più rigida. Si noti che sulla K1600B è assente la possibilità di abbassare al minimo l’altezza, presente su altri modelli, perché vista la sella più bassa non avrebbe molto senso.
HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che permette di mantenere automaticamente la moto frenata quando è ferma, con il vantaggio di avere le mani libere con entrambi i piedi a terra e di semplificare le partenze in salita. Il sistema può essere impostato per essere attivato manualmente, tirando con forza la leva del freno, oppure per inserirsi automaticamente se si tengono i freni tirati a moto ferma in pendenza per almeno un secondo.
RDC (controllo pressione pneumatici) – Sistema che permette di visualizzare la visualizzazione della pressione dei pneumatici e che dà l’allarme in caso di perdita di pressione.
Sulle K1600 è assente il sistema DBC (Dynamic Brake Control), la funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, presente su altri modelli della Casa. Probabilmente si è dato per scontato che un principiante, cui è tipicamente rivolto un aiuto del genere, non si metterebbe mai alla guida di un mostro simile.
La scelta dei riding mode influisce sul comportamento del gas, del DTC e della relativa funzione anti impennata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road e Cruise sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste nei vari casi.
Rain:
risposta dolce dell’acceleratore
DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
anti impennata al massimo.
Road:
risposta normale dell’acceleratore
DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta con intervento ritardato rispetto alla modalità RAIN
anti impennata al massimo
Dynamic:
risposta diretta dell’acceleratore
DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto con intervento ritardato rispetto alla modalità ROAD. in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
anti impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore.
Accessori
Di serie
Oltre a quanto indicato nel paragrafo Aiuti elettronici alla guida, sono presenti i seguenti accessori:
strumentazione TFT da 10,25 pollici con opzione Connectivity e navigazione cartografica integrata mediante la app BMW Motorrad Connected
illuminazione full led con faro adattivo
retromarcia elettrica
cruise control
manopole riscaldabili
selle pilota e passeggero riscaldabili separatamente
sistema Intelligent Emergency Call
borse laterali
vano di ricarica portaoggetti con USB-C
parabrezza basso regolabile elettricamente
alette retrattili manualmente per ventilazione dinamica
trombe bitonali.
A richiesta
Gli optional disponibili di fabbrica sono i seguenti:
Pacchetto Comfort:
Keyless Ride
chiusura centralizzata dei bauletti e degli eventuali vani portaoggetti
assistente al cambio
sistema di allarme antifurto (DWA))
Pacchetto Tour:
sistema radio Audio 2.0 con altoparlanti anteriori e predisposizione per il navigatore
fari supplementari a LED
paramotore
pedane avanzate
vani portaoggetti
illuminazione a terra
sella alta (senza sovrapprezzo)
Sella Option 719
Cerchi forgiati Classic Option 719
manubrio in alluminio forgiato
cavalletto centrale
parabrezza corto brunito
Cerchio Classic Option 719
Sono inoltre disponibili in aftermarket quattro tipi di borse da montare sulla sella del passeggero, diversi particolari cromati e un set di borse interne per le valigie laterali.
Comandi
I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, ma con alcune differenze rispetto agli altri modelli dovute alla diversa dotazione di bordo. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione. Inoltre, la diversa funzione attribuita ad alcuni tasti crea in alcuni casi complicazioni evidenti, che vedremo nel seguito.
Le frecce dispongono dello spegnimento automatico, che però può curiosamente essere disattivato attraverso il menu Impostazioni. La loro durata dipende dalla situazione di guida. Non ho provato in dettaglio tutte le situazioni, né il manuale d’uso riporta una spiegazione esaustiva del loro funzionamento, però alla guida non mi sono mai trovato nella necessità di dover reinserire una freccia troppo breve. Se a quadro appena spento si inserisce l’indicatore sinistro, si accendono le luci di posizione in parcheggio, che si disinseriscono automaticamente alla successiva accensione del quadro.
Il tasto del clacson è esattamente dove dovrebbe essere e attiva una coppia di bitonali tali da inchiodare per la sorpresa il traffico circostante, evviva!
Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato spingendo verso l’esterno la stessa leva.
Il blocchetto di sinistra alloggia inoltre:
il Multi-Controller, cioè il rotellone per navigare e selezionare le diverse opzioni via via presenti sullo schermo
il tasto a bilanciere Menu per scorrere tra le diverse visualizzazioni sul cruscotto TFT e i menu
il tasto pure a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza, che prende il posto del consueto tasto per disinserire il DTC e selezionare la modalità delle sospensioni D-ESA
Il tasto rosso per il lampeggio di emergenza
I comandi del pratico cruise control BMW, che è di serie.
Come di consueto, questo viene azionato da una levetta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (ma non se si sale di rapporto usando il quickshifter opzionale) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme brevemente la levetta in avanti o all’indietro, la velocità cresce o descresce di un km/h per volta – o di un mph, in base a come è impostata l’unità di misura nel menù Impostazioni – se invece la si tiene premuta, la velocità impostata aumenta o diminuisce a passi di 10 km/h – o 5 mph – e la moto oto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre quando la regolazione è disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.
In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto sinistro trovano posto:
Il tasto R per inserire la retromarcia elettrica
Il tasto per l’accensione dei faretti supplementari.
Sul blocchetto di destra sono presenti invece:
Il tasto per la chiusura centralizzata optional, che prende il posto del comando delle manopole riscaldate
Il tasto per la selezione dei riding mode
Il tasto a bilanciere per l’avviamento e lo spegnimento d’emergenza del motore.
La chiusura centralizzata chiude le valigie laterali e, se presenti, i vani portaoggetti supplementari. Ciascuna valigia e ciascun vano è comunque dotato anche di serratura a chiave, che se viene bloccata, impedisce l’apertura con la chiusura centralizzata.
Il tasto di avviamento serve anche a muovere la moto in retromarcia. Con motore acceso, cambio in folle, freno tirato e dopo aver premuto il tasto R sul blocchetto sinistro, mantenendo il tasto di avviamento premuto si attiva la retromarcia elettrica, che muove la moto con buona progressione e a velocità facilmente controllabile, mentre il regime del motore sale automaticamente per compensare l’alto assorbimento elettrico del motorino.
Retromarcia elettrica
In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto destro, sotto un coperchio ben evidenziato dalla scritta SOS, è alloggiato di serie il tasto del sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi non richiede il possesso di uno smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente, il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati sulla moto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità.
La diversa funzione assegnata ad alcuni tasti comporta il difetto che per gestire molte funzioni – sospensioni D-ESA, manopole e sella riscaldabile anteriore, radio e altre ancora – è necessario accedere ai relativi settaggi nel vasto menù Impostazioni. A dirlo sembra solo un dettaglio da poco, ma spesso la cosa si fa davvero seccante. Per esempio, per accendere le manopole riscaldate al massimo, operazione che di solito richiede la pressione di un tasto dedicato, sulle K1600 – e sulle R1250RT – occorre prima premere il tasto Menu varie volte (dipende dalla schermata in cui ci si trova) per raggiungere il menù Impostazioni, dopodiché bisogna compiere cinque distinte operazioni con il rotellone, ciascuna comprendente uno o più impulsi:
in basso fino a Riscaldamento
a destra per entrare in Riscaldamento
in basso fino a Riscaldamento manopola
a destra per entrare in Riscaldamento manopola
in alto per selezionare l’intensità da 0 a 5.
E boi bisogna tornare alla schermata iniziale, ovviamente. Tutta questa solfa richiede un dispendio di tempo ed energia mentale sproporzionato rispetto all’azione richiesta. Per giunta, essa deve essere ripetuta ogni volta che si vuole aggiustare la temperatura o spegnere il riscaldamento. Capisco come la complessità delle dotazioni richieda uno sforzo di semplificazione dei comandi, ma qui si rasenta il sadismo.
Nell’evidente tentativo di ovviare a questo problema, BMW ha inserito sulla versione Euro 5 quattro tasti personalizzabili nella carenatura sinistra, a ciascuno dei quali può essere assegnata una funzione specifica. L’intento è lodevole, ma questo da un lato costringe l’utente a un lavoro di programmazione che non tutti hanno voglia di fare – sempre ammesso poi che leggano il manuale d’uso – dall’altro il tasto è in posizione davvero scomoda, e cominque bisonga ricordare quale tasto è dedicato a cosa, o consultare il menù per avere la lista. A mio parere, sarebbe molto più logico restituire al tastino della chiusura centralizzata – la cui funzione peraltro è già svolta dalla chiave! – l’azionamento delle manopole riscaldate, che è il comando che si usa di più, e aggiungere un paio di tasti sopra ai blocchetti della retromarcia e della chiamata di emergenza.
A richiesta è disponibile anche il sistemaKeyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo aquadro spento e entro un paio di minuti dallo spegnimento. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, che è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e – soprattutto – mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla norma – chiave che cade nella tasca dei pantaloni con le pinces o nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.
Strumentazione
La strumentazione è costituita da un enorme display da 10,25″, esclusivo delle K1600 e della R1250RT, alloggiato come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, fari fendinebbia, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore.
La grande larghezza del display offre la possibilità di dividere lo schermo in due, con la schermata selezionata che si restringe per fare posto a una schermata supplementare più piccola sul lato destro, che può essere scelta tra Computer di viaggio, Computer di bordo, Navigazione e Media. Questa funzionalità elimina l’unico vero difetto delle normali strumentazioni TFT BMW, cioè l’impossibilità di vedere contemporaneamente più di un’informazione del computer di bordo insieme a tachimetro e contagiri.
La visualizzazionePure Ride è quella standard e comprende una grande barra del contagiri, il cui settore rosso è più esteso a motore freddo e e si restringe man mano che la temperatura sale, tachimetro digitale, indicatore del limite di velocità (con connessione allo smartphone), indicatore di attivazione del cruise control con la velocità impostata, indicatore della marcia inserita, riding mode corrente, orologio digitale, temperatura ambiente, autonomia residua, e uno solo dei dati presenti nelle schermate Mio veicolo o Computer di bordo – livello carburante, chilometraggio parziale, consumo medio ecc. – e numerose spie secondarie.
La visualizzazione Menu permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:
Mio veicolo – sistema di informazioni comprendente varie schede selezionabili alternativamente:
Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control
Radio – Gestisce la radio digitale di bordo, che può essere ascoltata attraverso gli altoparlanti di bordo – anche con regolazione automatica del volume in funzione della velocità – oppure nel sistema vivavoce del casco
Media – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica prsente lnel dispositivo
Navigazione – Funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display la mappa con le indicazioni del navigatore impostato sullo smartphone o un’indicazione semplificata con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni
Telefono – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.
Illuminazione
La K1600B dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led particolarmente sofisticato e decisamente unico nel suo genere. Un unico grande gruppo ottico include ai lati due coppie di proiettori abbaglianti, ciascuna contornata inferiormente dal profilo sottile delle luci di posizione/diurne, mentre il centro è occupato da una coppia di proiettori anabbaglianti collegati alla piattaforma inerziale che governa gli aiuti elettronici alla guida e, ruotando opportunamente su tre assi, seguono la curva della strada e compensano qualsiasi movimento di beccheggio e rollio della moto, in modo da mantenere il fascio luminoso sempre all’altezza corretta e con il bordo superiore perfettamente orizzontale, anche in curva: stupendo!
Il mio test si è svolto di giorno. L’unico modo che ho trovato per vericare il funzionamento del faro era andare in garage. Il video mostra chiaramente il fascio luminoso che rimane orizzontale durante le curve.
Fari adattivi
Sulle K1600 era sempre stato disponibile un sistema funzionalmente simile, ma realizzato diversamente – lì l’anabbagliante era uno solo, lenticolare e fisso, e puntava in alto ad intercettare uno specchio orientabile. Questo sistema però aveva il difetto che l’anabbagliante era un po’ fiacco rispetto ai due potenti abbaglianti allo xeno, mentre qui l’illumunazione a led è abbondantissima in ogni circostanza.
Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna, che commuta ad anabbagliante automaticamente in caso di riduzione della luminosità ambiente, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso il pulsante posto sul blocchetto sinistro.
Posizione di guida
La posizione di guida è ottima, come spesso avviene sulle BMW, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura turistica, ma non sbracata, analoga a quella che si ha sulla K1600GTL. La sella è a 75 cm da terra e non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella alta (78 cm), oltre che con la sella Option 719 trapuntata, disponibile con sovrapprezzo.
Le pedane supplementari comprese nel pacchetto Comfort sono piazzate al posto giusto, né troppo alte né troppo avanzate, e consentono una posizione davvero confortevole. Inltre sono incernierate e dotate di piolino inferiore, come le pedaline, e quindi non creano problemi in piega.
Gli specchi, sono grandi – più di quelli della prima serie – e ben piazzati, ovviamente non vibrano e consentono una visuale molto ampia.
Passeggero
Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una sella molto ampia e confortevole, con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due ampie e comode maniglie. Ne risulta una postura molto comoda.
Capacità di carico
A differenza di tutte le altre K1600, la Bagger non prevede il montaggio del topcase, che comunque si può avere optando per il modello Grand America.
Le valigie laterali fisse dovrebbero avere una capacità di 37 litri l’una, per un totale di 74 litri. Difficilmente questa moto sarà usata per viaggi di coppia, per cui la capacità è sufficiente. Inoltre, nel catalogo aftermarket sono presenti quattro tipi diversi di borse per la sella del passeggero.
La moto è equipaggiata anche con un vano portaoggetti con ricarica USB-C e ventola di raffreddamento, dedicato allo smartphone e posto sopra al display TFT. Per aprire il vano è necessario alzare il parabrezza, che peraltro si abbassa sempre al minimo ogni volta che si spegne il quadro, per evitare furti, e ritorna alla posizione precedente alla riaccensione.
Compresi nel pacchetto opzionale Tour ci sono anche due piccoli portoggetti alloggiati nelle carenature davanti alle ginocchia del pilota, bloccabili con chiave e collegati alla chiusura centralizzata.
Come va
Motore e prestazioni
Il motore delle K1600 ha un carattere unico, diverso anche da quello del 6 cilindri Honda, da cui si differenzia per il sound e il comportamento generale assai più sportivo.
L’avviamento è prontissimo, anche perché ci sono alzavalvole automatici che rducono lo sforzo del motorino di avviamento. Il timbro, cupo e possente, e la rapidità rabbiosa con cui il motore prende i giri all’apertura del gas sono davvero esaltanti e unici.
Una volta partiti il sei cilindri gira etremamente rotondo e fluido, con vibrazioni pressoché inesistenti in tutto, ma proprio tutto l’arco di funzionamento. La coppia disponibile è davvero impressionante anche a bassissimo regime, basti pensare che è possibile spalancare il gas in 6a anche dal regime di minimo, fissato a 900 giri – che corrispondono a 31 km/h – e la moto accelera immediatamente senza che il motore abbia la minima esitazione o sussulto.
La coppia del 6 cilindri è strabordante a qualsiasi regime. La curva ha un andamento quasi semicircolare, che cresce dai quasi 120 Nm al minimo fino ai 180 Nm a 5.750 giri, per poi riscendere poco sotto i 120 Nm in prossimità del limitatore a 8.500 giri. L’allungo non è esaltante, ma l’accelerazione tirando le marce – che sicuramente non è inferiore a quella della prima serie – è comunque di livello decisamente sportivo e impressiona particolarmente quando si mette in conto la stazza della moto. Ancora più che con le versioni precedenti, con questa versione Euro 5 conviene cambiare molto prima del limitatore – in questo caso intorno ai 7.000 giri – per ottenere la massima spinta, perché oltre tale regime si affievolisce parecchio. Nonostante la prima lunga, che richiede un po’ di gioco di frizione, nella mia prova ho staccato il classico 0-100 km/h in 3,8″ e lo 0-140 km/h in 5,9″, tempi che forse potrebbero essere leggermente ridotti maltrattando la frizione. Fino a 100 km/h nessuna moto, neanche una supersportiva, può sognarsi di seminare la K1600 e il suo pilota deve fare fatica per spuntare gli stessi tempi, che sulla sei cilindri invece sono alla portata di qualsiasi motociclista con un minimo di sangue nelle vene.
ÈAccelerazione
La coppia mostruosa consente senz’altro di tirare rapporti più lunghi del solito, a vantaggio del confort e dei consumi. BMW però si è forse fatta prendere un po’ troppo la mano: la 5a e la 6a marcia sono davvero molto lunghe e piuttosto ravvicinate tra loro, perciò finiscono per mortificare la ripresa, complice anche il peso molto elevato. Il risultato, paradossale, è che la K1600 riprende in 6a meno di quanto istintivamente ci si aspetti e, dati alla mano, si comporta peggio rispetto ai vari modelli boxer 1250 e anche rispetto alla S1000XR, che pure alle velocità normali dispone solo di metà della coppia all’albero garantita dal 6 cilindri, ma pesa molto meno e ha rapporti molto più corti. Il passaggio da 40 a 100 km/h in 6a avviene con una souplesse davvero impareggiabile, ma richiede 6,6″, un dato in assoluto molto buono, ma simile a quello della K1300GT con “soli” 135 Nm. Di fatto, per fare un sorpasso davvero veloce conviene scalare un paio di marce, perché anche la 5a è particolarmente lunga, e tutto questo vale anche per questa versione Euro 5, dove l’aumento della coppia ai medi aiuta, ma si limita in media a un 4% in più, che non cambia la sostanza. BIsogna però marcare un punto a favore della K1600, quando si considera che la situazione diventa più favorevole alla sei cilindri se a bordo ci sono anche passeggero e bagagli, perché il loro peso è meno rilevante in rapporto alla massa della moto.
La tabella seguente mette a confronto la coppia disponibile al motore e alla ruota in 6a a 90 e a 120 km/h nei diversi modelli della gamma alta BMW. Come si vede, i valori all’albero sono inarrivabili, ma quello che conta davvero per la ripresa è la coppia alla ruota in rapporto al peso, e in questo caso la K1600 sfigura in 6a rispetto alle sue sorelle a entrambe le velocità.
K16B
R1250RT
K13GT
R1250GS
S-XR
Regime corrispondente a 90 km/h in 6a
2.600
3.100
3.400
3.300
3.800
Coppia all’albero a 90 km/h in 6a Nm
153
118
112
118
77
Coppia alla ruota a 90 km/h in 6a Nm
489
482
500
510
393
Coppia alla ruota per kg a 90 km/h in 6a Nm
1,42
1,73
1,73
2,05
1,74
Regime corrispondente a 130 km/h in 6a
3.800
4.500
4.900
4.700
5.900
Coppia all’albero a 130 km/h in 6a Nm
161
130
118
136
94
Coppia alla ruota a 130 km/h in 6a Nm
515
531
526
588
480
Coppia alla ruota per kg a 130 km/h in 6a Nm
1,50
1,90
1,83
2,36
2,12
Tutti i valori sono desunti a partire dai dati e dai grafici di coppia pubblicati da BMW.
Non è una tragedia, sia chiaro, ché già in 4a la K1600 diventa inarrivabile a qualsiasi velocità stradale. Evidentemente, BMW ha inteso creare una moto dalla doppia personalità, estremamente confortevole da un lato e molto sportiva dall’altro, ed è appunto mediante il cambio che il pilota può decidere se essere Dr. Jeckyll o Mr. Hyde.
Il comando elettronico del gas si comporta molto bene, non ha alcun effetto apri-chiudi e ha perso quell’incoerenza tra posizione e risultato che a volte caratterizzava la prima serie. La prontezza del comando cresce passando da Rain a Road a Dynamic, mentre non mi pare di aver riscontrato evidenti variazioni nell’accelerazione a gas spalancato tra le la Rain e le altre mappature. In effetti, nè la cartella stampa né il manuale parlano diuzione della coppia, che però era presente sulle K1600 Euro 3 e, in misura meno accentuata, sulle Euro 4. Probabilmente sulle Euro 5 hanno ritenuto che il il comando del gas progressivo e l’ottimo controllo di trazione DTC fossero sufficienti ad assicurare la sicurezza sul bagnato.
Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), è preciso nell’intervento e poco invasivo. Può essere disinserito anche durante la guida tramite il menù Impostazioni (ma ci vuole tempo…) e si riattiva ad ogni riaccensione del motore.
Nella modalità Dynamic il propulsore esprime appieno il suo potenziale; la risposta al gas è immediata e il DTC interviene con un certo ritardo, in modo da rendere possibile un certo margine di deriva, piuttosto divertente e mai eccessivo. Il passaggio alle modalità Road e Rain offre una risposta sempre più progressiva del gas e un intervento sempre più conservativo del DTC, fino a impedire qualsiasi accenno di deriva.
Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 10 e i 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore. Immagino che la Bagger Euro 5 si comporti abbastanza bene, come in genere avviene sulle K.
Trasmissione
Il cambio di serie è leggermente meno piacevole della media BMW, in quanto è sì preciso, ma presenta una corsa leggermente più lunga ed è più rumoroso negli innesti. La frizione è morbida e sicuramente migliore rispetto a quella della prima serie, perché è leggermente meno brusca e non presenta più quei movimenti della leva che si verificavano nel passaggo tra tiro e rilascio.
Come sempre avviene, se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa brusco nella guida sportiva, è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune circostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata o la sensazione di ingranaggi che non si amano. Personalmente, preferisco il cambio tradizionale, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dal comportamento dell’assistente.
La trasmissione ad albero è sicuramente più silenziosa rispetto alla prima serie, che era affetta da sonori “clac” nei passaggi tra tiro e rilascio, ora non proprio assenti, ma senz’altro meno evidenti.
Freni
La frenata è molto pronta per essere una moto da turismo ed è potente, resistente e ben modulabile, alla faccia del peso e delle pinze datate. L’assetto durante le staccate violente rimane irreprensibile, grazie soprattutto all’interasse molto lungo e alla sospensione anteriore antiaffondamento Duolever, che mantiene l’assetto quasi piatto e impedisce l’accorciamento dell’interasse in frenata.
L’ABS non è invasivo ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti in caso di suo intervento. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.
ABS Pro in curva
Sterzo e assetto
Lo sterzo è estremamente preciso, abbastanza pronto, leggero quanto basta per rendere la guida agevole, ma allo stesso tempo permette comunque di affrontare una guida anche molto sportiva senza alcuna apprensione.
L’assorbimento garantito delle sospensioni semiattive è ottimo in Road e moto buono anche in Cruise e permette di manenere un bel controllo delle masse sospese e la linea impostata anche sullo sconnesso marcato.
Il comportamento della forcella Duolever è davvero superbo in ogni circostanza, impressionano la precisione di guida fuori dal comune e l’assetto della moto quasi piatto anche nelle frenate decise, e anche la sospensione posteriore Telelever, pur meno originale, contribuisce all’assoluta imperturbabilità dell’assetto. Gli anziani ricordano bene che le BMW e le Guzzi di una volta “canguravano”, cioè si alzavano sulle due ruote in accelerazione e si accucciavano in frenata; quindi non stupisce più di tanto il fatto che ancora oggi incontro persone che, come vedono una BMW, commentano pensose che “il cardano è duro e sbilancia la moto”. Il fatto che il Telelever sia in giro, concettualmente immutato, dal 1988 e che sistemi analoghi siano stati introdotti da tempo anche da altri produttori come Moto Guzzi e Honda non sembra aver intaccato minimamente le loro convinzioni.
In città
La notevole maneggevolezza della moto rende relativamente agevole anche la guida a bassa velocità e nel traffico, bisogna solo fare attenzione agli ingombri e tenere presente la lunghezza della moto quando si svicola tra le auto. Il notevole peso della Bagger, 344 kg con il pieno, si gestisce abbastanza bene in condizioni normali, grazie alla sella a 75 cm da terra, ma in particolari circostanze – per esempio, quanto ci si ferma a uno stop in salita e si deve ripartire curvando a destra – occore prestare molta attenzione a quello che si fa, perché i margini di correzione di un eventuale sbilanciamento sono decisamente più ridotti del solito. Insomma, come con tutte le moto molto pesanti, è indispensabile pianificare con molta cura le manovre.
Nei trasferimenti extraurbani
La Bagger è una mangiachilometri di razza, che garantisce una souplesse di marcia inarrivabile. Il molleggio di ottimo livello – anche se, a essere pignoli, si nota un lieve peggioramento sulle sconnessioni decise, dovuto alla riduzione della corsa posteriore – la granitica stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida molto confortevole, il regime di assoluto riposo garantito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a circa 4.200 giri — l’assenza pressoché totale di vibrazioni e l’ottima protezione aerodinamica concorrono a garantire la pace della mente e quindi un confort di livello superiore. Il parabrezza corto protegge più di quanto si possa credere e ha il grande vantggio di non ostacolare la visuale neanche quando è tutto alzato. In tal caso, flusso d’aria, appena disturbato, colpisce il casco più o meno al centro della visiera, mentre abbassandolo, la protezione diminuisce solo marginalmente – c’è pur sempre una carenatura enorme – ma il flusso d’aria si fa più pulito, quindi le diverse posizioni si equivalgono sostanzialmente e sono più una questione di gusti.
Data la relativa morbidezza delle sospensioni, BMW ha deciso di limitare elettronicamente la velocità massima a 200 km/h, che in teoria (ahem…) dovrebbero essere ridotti ulteriormente a 180 km/h se sono installate le pedane optional. Il limitatore (ri-ahem…) non mantiene la velocità costante, ma produce un fastidioso rimbalzo continuo. Chi intende viaggiare in Germania è avvisato.
Nel misto
La Bagger è una bomba anche nella guida sportiva sul misto stretto. Capisco che leggere una cosa del genere di un mostro da quasi tre quintali e mezzo faccia sorridere, ma posso davvero assicurare che la Bagger non soffre del benché minimo complesso di inferiorità rispetto a qualsiasi altra moto da turismo su qualsiasi percorso e, se guidata con competenza e fiducia nella propria capacità di non fare danni costosissimi, è in grado di lasciare a bocca aperta tanta gente anche navigata su moto molto più leggere. La magia è data dalla perfetta armonizzazione di tutti gli elementi: la coppia straordinaria e l’allungo del motore assicurano accelerazioni fulminee in uscita di curva, ma con tutta la dolcezza che si può desiderare a centro curva, l’avantreno Duolever assicura una precisione assoluta delle traiettorie e consente di entrare fortemente pinzati in piega senza alcuno scompenso, i freni potenti e infaticabili garantiscono decelerazioni da supersportiva, la sella consente di muoversi in ogni direzione senza problemi (si capisce che è una frecciata contro la S1000XR?) e perfino la luce a terra in piega, pur inferiore a quella della K1600GT, ma migliore rispetto alla K1600GTL (almeno per quanto riguarda la prima serie), non delude anche a ritmi piuttosto elevati.
Nel misto
Consumi
Bello il sei cilindri, bello il confort, bello tutto, ma la K1600 beve più delle altre BMW. La media complessiva della prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, un po’ di statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 14,8 km/l. Andando a passeggio si può fare sicuramente molto meglio, ma d’altronde questo vale per tutte le moto.
Conclusioni
A distanza di tredici anni dal suo debutto e nonostante i vari aggiornamenti apportati nel tempo non abbiano stravolto il progetto, le K1600 costituiscono ancora un gran bel pezzo d’ingegneria e un riferimento assoluto per confort e caratteristiche di guida. Lo straordinario equilibrio generale della moto e il sound strepitoso del suo magnifico sei cilindri in linea sono qualcosa che tutti dovrebbero provare almeno una volta, a rischio di innamorarsene perdutamente.
Però, quando al termine della prova sono tornato alla mia K1200GT del 2007, ho ritrovato una moto altrettanto comoda, protettiva e dalle prestazioni velocistiche e dinamiche almeno altrettanto esaltanti sotto tutti i punti di vista, ma più leggera di ben 56 chili, e ho pensato ancora una volta che, BMW non avrebbe mai dovuto abbandonare il quattro cilindri K.
Pagella
Pregi
Moto molto ben fatta
Motore potente, estremamente elastico e dal sound unico
Freni potenti, ben modulabili e resistenti
maneggevolezza inaspettata
Guida molto efficace anche nel misto
Confort di alto livello
Dotazione di accessori adeguata
Cruscotto TFT molto ben fatto
Difetti
Ripresa nelle marce alte mortificata dalla rapportatura molto lunga
Peso piuttosto elevato
Attivazione macchinosa di parecchi comandi mediante il sistema dei menù
Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.
* È un’operazione un po’ grossolana, ma aiuta a capire. Per calcolare l’aumento teorico ho moltiplicato la larghezza del 4 cilindri per la radice cubica dell’incremento percentuale di cilindrata tra questo e il 6 cilindri.
** Sì, lo so che in realtà le curve sono color acquamarina e azzurro, ma noi maschetti di solito conosciamo sì e no 10 colori, tra i quali l’acquamarina non c’è, e non sappiamo esattamente dove si pone lazzurro rispetto al celeste e al blu. Così sono sicuro che tutti capiscono.
Mettiamoci nei panni di un motociclista incallito (tipo me), che sia anche appassionato delle BMW (come me), che apprezzi quando possibile la velocità (come me) che viaggi spesso con il passeggero (come me), non ami particolarmente le GS, la S1000XR e in generale tutte le crossover (come me) e che voglia acquistare una grossa tourer da viaggio potente, comoda, con carenatura integrale e un bel tris di grandi valigie.
Assumendo che il nostro motociclista non abbia problemi di budget (non come me), egli ha oggi ben tre possibilità, la R1250RT, la K1600GT e la K1600GTL, moto che hanno molti punti in comune, tra cui il confort superlativo e la grande capacità di carico, ma anche alcune differenze sostanziali e connaturate all’architettura dei loro motori. Il boxer a fasatura variabile della R1250RT ha molti pregi, ma vibra sempre e comunque e certamente più di qualsiasi concorrente. Le K1600 all’opposto non vibrano praticamente mai grazie al loro magnifico 6 cilindri dalla coppia superlativa e dall’allungo esaltante, ma pesano , anche se la GTL è notevolmente avvantaggiata nella manovrabilità dalla sella nettamente più bassa, al prezzo però di un angolo di inclinazione massima limitato dalle pedane ribassate.
Insomma, o ci si beccano le vibrazioni della RT, che per alcuni (come me) sono inaccettabili su una moto del genere, o si è costretti a girare con un pachiderma che mette a dura prova le capacità del conducente nelle manovre da fermo e a bassissima velocità – la K1600GT – oppure si sceglie un pachiderma ben gestibile – la GTL – ma rinunciando a qualsiasi velleità di guida sportiva in curva.
Fra le tre, sinceramente non saprei davvero quale scegliere, ognuna ha difetti che ai miei occhi sono importanti.
Se però si allarga il campo anche all’usato, il nostro motociclista potrebbe prendere in considerazione la K1300GT, una moto che è stata dismessa nel 2010 con l’arrivo della K1600GT, ma che ha ancora parecchie frecce al suo arco e, soprattutto, col suo notevolissimo 4 cilindri costituisce un’eccellente via di mezzo tra il boxer e il 6 cilindri.
È ovvio che se il nostro desidera fare bella figura al Vinnico Wine Bar (ogni riferimento è puramente casuale) e ritiene indispensabile avere un cruscotto TFT e tutto l’infotainment e l’assistenza elettronica di una moto attuale, non prenderà mai in considerazione un fossile del genere, ma se se ne frega (come me), la faccenda si fa interessante.
Andiamo allora a confrontare queste quattro moto, tenendo conto di tutti gli aspetti che contano nell’uso.
Manovre da fermo
La RT è la più leggera (si fa per dire) del gruppo con i suoi 279 kg, seguita a breve distanta dalla K1300GT a 288 kg. Quest’ultima ha la sella sensibilmente più alta, ma anche più stretta, tanto che l’arco del cavallo – la distanza tra un tallone e l’altro misurata con un nastro flessibile passante sopra alla sella – è più corto che sulla bicilindrica.
Le 6 cilindri sono aiutate molto dalla presenza della retromarcia, ma sono anche nettamente più pesanti – 334 kg senza topcase. Ciò rende piuttosto delicata la manovrabilità sulla GT, mentre la GTL ha la sella nettamente più in basso delle altre e questo la rende decisamente più gestibile.
Vivibilità a bordo
Tutti e quattro i modelli offrono spazio in abbondanza, ma sono diversi quanto a postura. La K1300GT è relativamente sportiva, con pedane relativamente alte e arretrate e manubrio un po’ più avanzato e basso delle altre e regolabile attraverso un non bello, ma pratico sistema. Via via più turistiche, quindi con pedane più basse e avanzate e manubri più alti e arretrati, sono nell’ordine la K1600GT, la R1250RT e la K1600GTL.
Anche la capacità di carico offerta dalle tre grandi valigie – il topcase è di serie solo sulla GTL – buona in assoluto, ma non paragonabile a quella offerta dalle maxienduro con il tris di portattrezzi di alluminio, è praticamente la stessa per tutti i modelli, come pure la praticità di utilizzo.
Dal punto di vista degli accessori, la versione 2021 della RT è imbattibile, perché offre un sistema di sospensioni D-ESA particolarmente avanzato, comprende la regolazione automatica del precarico in funzione del peso imbarcato – una chicca assente perfino sulle K1600 – l’enorme strumentazione TFT collegabile allo smartphone – il quale dispone a richiesta anche di un vano stagno con ricarica a induzione – il cruise control adattivo, che varia automaticamente la velocità in funzione della velocità del veicolo che precede, e – finalmente, gli RT-isti lo attendevano da anni – un tecnologicissimo gruppo ottico anteriore, che è orientabile come quello delle 6 cilindri in modo da compensare l’inclinazione della moto e seguire lqualsiasi traiettoria curva, ma lo migliora ulteriormente in funzionalità e potenza.
Seguono le K1600, che tra l’altro sono le uniche ad offrire la retromarcia elettrica (quasi indispensabile su moto così pesanti).
Più distanziata la K1300GT, che è l’unica a non offrire le mappature motore e la radio e ad essere dotata di ESA e sistemi di controllo elettronici meno recenti, ma comunque efficaci. Resta comunque una moto ben accessoriata anche rispetto agli standard attuali: sospensioni regolabili, cruise control e faro allo xeno fanno ancora la loro porca figura.
Prestazioni velocistiche
La K1300GT e le K1600 offrono la stessa potenza, 160 CV. Le sei cilindri dispongono di una coppia nettamente maggiore, però la 1300 è decisamente più leggera, ha una sezione frontale inferiore e ha rapporti molto più corti – basti pensare che a 130 km/h in 6a il suo motore frulla a circa 4900 giri, contro i 3800 delle 6 cilindri. Il risultato è che la K1300GT risulta almeno altrettanto scattante e veloce della K1600GT, ma ha una ripresa in 6a marcia ancora migliore.
La K1600 GTL ha prestazioni analoghe a quelle della sorella GT, ma velocità autolimitata elettronicamente a 220 km/h; una scelta saggia, vista la postura decisamente più rilassata e il topcase più arretrato.
La R1250RT con i suoi onorevolissimi 136 CV risulta un po’ più distanziata in accelerazione massima e in velocità, ma la poderosa coppia del boxer a fasatura variabile, superiore a quella già eccellente del 4 cilindri, unita a una rapportatura piuttosto corta per una bicilindrica – 4470 giri a 130 km/h in 6a – rendono questa moto imbattibile in ripresa, cioè nella capacità di accelerare senza scalare marcia.
Un’indicazione interessante delle caratteristiche di ripresa è data dalla coppia massima disponibile su ciascun modello alla ruota in 6a marcia a 130 km/h – cioè dalla quantità di spinta di cui si dispone effettivamente a quella velocità spalancando il gas – e dal rapporto tra questa coppia e il peso di ciascuna moto, cui è strettamente correlata l’accelerazione effettiva risultante. I dati indicati nella tabella seguente confermano l’efficacia della R1250RT e la relativa, sorprendente minor ripresa delle 6 cilindri.
R1250RT
K1300GT
K1600GT
K1600GTL
Coppia massima disponibile alla ruota in 6° a 130 km/h in Nm
530,73
526,40
508,67
508,67
Coppia massima disponibile alla ruota in 6° a 130 km/h per kg di peso in Nm
1,90
1,83
1,52
1,45
Discorso opposto vale per la capacità del motore di riprendere dai bassissimi regimi, dove il sei cilindri è imbattibile, potendo riprendere a gas spalancato praticamente dal minimo senza fare una piega, il quattro cilindri se la cava ancora piuttosto bene, potendo ripartire benone da 1500 giri, mentre il boxer è ottimo per essere un bicilindrico, ma più di tanto non può fare; farlo scendere sotto i 2500-3000 giri in 6a è davvero una cattiveria, che viene punita con vibrazioni che scuotono tutta la moto.
Dinamica
L’RT e la K 1600GT sono moto stabili, decisamente maneggevoli nonostante la mole, ben frenate e in grado di piegare forte in curva.
La K1300GT è un po’ meno maneggevole, ma grazie alle pedane più alte è capace di inclinazioni ancora maggiori.
Discorso a parte va fatto per la K1600GTL, dove a una sella molto bassa corrispondono pedane altrettanto basse, che limitano l’angolo di inclinazione a soli 37° circa, un buon valore per una grande moto da crociera – è paragonabile a quello offerto dalla Honda Gold Wing – ma che la taglia inesorabilmente fuori dal novero delle sport-tourer.
Confort
Tutti e quattro i modelli sono ovviamente comodissimi e adatti ai lunghi viaggi, ma ciascuno con le proprie peculiarità.
Dal punto di vista del molleggio, sono tutte moto molto valide, anche se non raggiungono l’eccellenza delle maxi enduro con sospensioni a corsa lunga. Le due GT offrono un molleggio un po’ più fermo e sportivo, mentre la GTL e la RT dispongono di sospensioni più soffici, anche se mai tali da mettere in crisi l’assetto.
L’RT eccelle per protezione aerodinamica, ineguagliata perfino dalla K1600GTL, il cui parabrezza è sì molto protettivo, ma ostacola più o meno sempre la vista, almeno se si è alti fino a 180 cm. Meno protettive la K1300GT, che lascia sostanzialmente scoperte mani e braccia e non arriva mai ad evitare del tutto il flusso d’aria sul casco, e la K1600GT, che può azzerare l’aria sul casco, ma crenado problemi di visuale. Molto interessanti le alette laterali presenti sulle K1600, che consentono di aumentare il flusso di aria sul corpo del pilota nella stagione estiva.
Quanto a vibrazioni, il boxer della R1250RT ne fornisce un bel po’ a qualsiasi regime, più che in qualsiasi altra tourer anche della concorrenza. Da questo punto di vista le K1600 sono ovviamente ottime, anche se non raggiungono la vellutata eccellenza propria della Honda Gold Wing. Molto buono il comportamento della K1300GT, che vibra poco e solo a certi regimi.
Per quanto riguarda infine la rumorosità, a partire dal 2010 BMW ha abbracciato una filosofia che premia la sboronaggine e ha dotato tutte le sue moto di scarichi decisamente più rumorosi che in passato. Ecco perché da questo punto di vista la K1300GT batte nettamente tutte le altre – almeno dal punto di vista di un non-sborone – garantendo una marcia di crociera decisamente silenziosa, tanto che a partire dai 120 km/h il rumore del motore non è avvertibile neanche chinandosi in avanti per azzerare il fruscio del vento. Ben più rumorose le K1600, che però almeno possono vantare il nobile sound del 6 cilindri, e ancora peggio fa la RT, la cui rumorosità di scarico è resa ancora più evidente dalla quiete aerodinamica quasi assoluta offerta dalla sua carenatura.
Consumi
La palma di moto più risparmiosa va alla RT, che dispone anche dell’autonomia maggiore, grazie ai 25 litri di capienza del suo serbatoio. Leggermente più indietro da entrambi i punti di vista la K1300GT, che comunque consuma decisamente poco per le prestazioni che offre e nonostante i rapporti piuttosto corti. Mediamente un po’ più assetate, ma comunque non molto in assoluto viste le caratteristiche, le K1600, che sono seppur di poco ultime anche per autonomia nonostante i 26,5 litri del loro capiente serbatoio.
Considerazioni finali
La R1250RT è una moto dalle grandi qualità, che ottiene in questa comparativa il piazzamento più alto. In pratica, i sui unici veri difetti sono la rumorosità dello scarico e le vibrazioni. Se viaggiare su una comodissima e velocissima tagliaerba non rappresenta per voi un problema, sceglietela tranquillamente e sarete motociclisti felici.
La K1300GT offre un’alternativa eccellente e più raffinata alla RT e non a caso si piazza nella nostra classifica immediatamente a ridosso di quella. Meno efficace sotto alcuni aspetti, ma decisamente migliore sotto altri, è una moto assai equilibrata e priva di difetti e la sua anzianità non ha minimamente appannato le sue eccellenti caratteristiche.
La K1600GTL è un oggetto fuori dal coro in questa comparativa, perché la posizione di guida da custom e il limitato angolo di inclinazione massima la pongono in un altro universo, quello delle luxury tourer non sportive. Vista in quest’ottica ha decisamente senso, e nonostante l’anzianità di progetto – le K1600 sono sostanzialmente immutate da dieci anni – costituisce tuttora una vincente alternativa alla sua unica vera concorrente, la Gold Wing. Non a caso, nell’ultima versione Honda è dovuta correre ai ripari, riducendo il peso del suo mastodonte a un valore comparabile con la tedesca e perfino adottando la sua stessa particolarissima sospensione anteriore.
La K1600GT si piazza ultima, seppur di pochissimo, tra le moto del nostro test, perché è sostanzialmente equivalente a una K1300GT sotto quasi ogni aspetto, ma è molto più pesante nelle manovre da fermo, ha meno ripresa e consuma un po’ di più. Certo, il suono e la levigatezza del 6 cilindri sono magnifici, ma ha senso fare un passo indietro sotto punti di vista anche importanti, pur di averli? BMW ha sicuramente avuto le sue ragioni per sostituire la K1300GT con la K1600GT – semplificazione della gamma, appeal del 6 cilindri in linea, che è anche ben noto sulle sue auto, miglior ammortamento dei costi di sviluppo del nuovo motore – ma gli amanti delle tourer hanno perso una moto magnifica.