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Prova della BMW R1300GS 2024

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Sempre una GS, ma più sportiva

I costruttori tedeschi sanno fare egregiamente parecchie cose. Una di queste consiste nell’evolvere un modello per decenni, conservando intatte le caratteristiche archetipiche del modello capostipite. Una Golf del 2024 è indubbiamente parente della prima Golf del 1971, pur essendo molto diversa da essa sotto molti aspetti. Per contro, FIAT nello stesso periodo lanciò la 127, poi la Uno, poi la Punto e oggi in Europa non ha un modello che ne abbia preso il posto (ce l’ha in Sudamerica e si chiama Argo. Non lo sapevate, eh?). E lo stesso vale per qualsiasi altro modello di questa casa, come di tante altre.

La serie R-GS è l’esatto equivalente motociclistico della Golf. La sua storia iniziò nel 1980 con la R80 G/S (Gelände/Strasse, cioè terreno/strada) e la R1300GS del 2023 non è che l’ultima incarnazione di tale concetto.

Tuttavia, nel corso di questa evoluzione, non tutti i nuovi modelli hanno avuto la stessa importanza; alcuni sono stati semplici restyling o evoluzioni tutto sommato marginali. I modelli che hanno davvero comportato innovazioni sostanziali sono stati i seguenti.

  • Le R80GS e R100GS del 1987. Molto simili alla capostipite, furono le prime a essere dotate di sospensione posteriore Paralever, che eliminava il tipico “canguramento” delle moto con trasmissione ad albero, cioè la tendenza della sospensione a distendersi in accelerazione e a comprimersi in frenata.
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  • La R1100GS del 1994, la più rivoluzionaria di tutte. Fu la prima a essere equipaggiata con l’innovativo boxer a 4 valvole raffreddato a aria/olio e sospensione anteriore Telelever, ma soprattutto era molto più grande e potente dei modelli precedenti: il primo SUV della storia del motociclismo.
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  • La R1200GS del 2004. Sempre grande, ma decisamente più leggera, potente ed efficace rispetto alla precedente R1150GS, fu anche la prima ad essere equipaggiata con il sistema CAN-BUS, con notevole semplificazione della circuiteria elettrica.
Bmw R 1200 GS (2004 - 07), prezzo e scheda tecnica - Moto.it
  • La R1200GS del 2013. Pur mantenendo lo stesso nome, era una moto completamente diversa dalla precedente R1200GS bialbero e fu la prima ad essere equipaggiata con motore raffreddato a liquido con cilindri ad immissione verticale, nettamente più potente, e frizione multidisco in bagno d’olio.

La nuova R1300GS merita in pieno di far parte di questo elenco, perché è senza dubbio fortemente innovativa rispetto alla precedente R1250GS. Le principali novità tecniche stanno nel gruppo motore-trasmissione completamente riprogettato e nell’introduzione degli ADAS basati su radar, ma quello che più colpisce di questa moto è la svolta impressa alla filosofia generale del modello, più slanciato, compatto e sportiveggiante rispetto a tutte le serie precedenti.

Per essere chiari, la R1300GS non è una moto piccola, rimane sempre una degna erede della R1100GS. Però è innegabile che essa non segua in pieno la linea seguita dalla casa bavarese fino alla R1250GS.

Com’è

Aspetto

Della R1300GS colpiscono immediatamente la maggior snellezza visiva dell’insieme, cui contribuisce parecchio la parte posteriore più leggera e affusolata con telaio reggisella più corto e portatarga a sbalzo e privo di gruppo ottico centrale – tutte le luci si trovano concentrate insieme agli indicatori di direzione – il serbatoio più rastremato (e dalla capienza scesa da 20 a 19 litri), il nuovo faro anteriore a forma di X, che rompe una tradizione di sguardi asimmetrici iniziata nel 1999 con la R1150GS, e la continuità tra sella e serbatoio, rafforzata da una copertura imbottita che arriva fino al tappo del serbatoio. Altri elementi di rottura con il passato sono il parabrezza, più piccolo, che nella versione base non regolabile elettricamente è ancora più piccolo, e il nuovo telaio, che si distacca radicalmente per concezione ed estetica dai modelli precedenti. Il risultato è a mio avviso più elegante, meno teutonico e più dinamico rispetto alla serie 1250.

Per inciso, la F900GS, lanciata di recente mostra un’evoluzione filosofica simile, nel senso che il nuovo modello è decisamente più leggero nelle linee e orientato al fuoristrada rispetto alla precedente F850GS. Al contrario, la F900GS Adventure ha mantenuto il classico aspetto pachidermico del genere. Sembrerebbe chiara la volontà di BMW di differenziare maggiormente le versioni standard dalle Adventure. Tutto lascia credere che la nuova R1300GS Adventure confermerà tale tendenza.

Versioni e dotazioni

La R1300GS in versione base (20.850 Euro) è bianca con scritte blu e cerchi in lega e comprende di serie una dotazione piuttosto completa di accessori:

  • display TFT con BMW Motorrad Connectivity
  • faro a matrice di LED
  • anabbagliante diurno
  • controllo dinamico della trazione (DTC)
  • ABS Pro completamente integrale
  • 4 modalità di marcia (Eco, Rain, Road, Enduro)
  • Hill Start Control (HSC)
  • Dynamic Brake Control (DBC)
  • cruise control (normale, non adattivo)
  • regolazione della coppia motore frenante in scalata (MSR)
  • controllo pressione pneumatici (RDC)
  • Keyless Ride
  • manopole riscaldabili
  • vano di ricarica per smartphone con presa di carica USB
  • paramani con indicatori di direzione integrati
  • E-Call (Sistema di chiamata d’emergenza intelligente)
  • Teleservice

Esistono inoltre le seguenti tre versioni speciali, che in aggiunta includono di serie quanto segue:

  • Trophy (21.700 Euro), dedicata al fuoristrada, blu bianca e rossa, comprendente:
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • cerchi a raggi
  • Triple Black (21.700 Euro) nera, comprendente:
    • cerchi in lega
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • cavalletto centrale
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
  • Option 719 Tramuntana (23.650 Euro. Dio solo sa dove hanno pescato questa parola; da quello che so, il vento del nord si chiama così solo in Corso), verde metallizzato con scritte e decorazioni oro, comprendente:
    • cerchi a raggi con canale color oro
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • sella del pilota confort in tre differenti altezze
    • kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
    • cavalletto centrale
    • pacchetto estetico Option 719 Shadow comprendente leve e coperchi vari in metallo fresato scuro.

Come sempre in BMW, è possibile avere dalla fabbrica alcuni pacchetti standard e una serie di accessori acquistabili singolarmente.

I pacchetti sono i seguenti.

  • Dynamic Pack comprendente:
    • Cambio elettroassistito Pro
    • DSA – Dynamic Suspension Adjustement (assetto elettronico con compensazione del carico e adattamento dell’escursione elastica)
    • Modalità di marcia Pro
    • Sport Brake (pinze freno speciali alleggerite con scritta rossa e maggior efficacia, solo con Dynamic Pack)
  • Innovation Pack comprendente:
    • Riding Assistant
    • Headlight Pro (faro adattivo a matrice di led)
  • Pacchetto Confort (di serie su Triple Black e Option 719 Tramuntana) comprendente:
    • parabrezza maggiorato a regolazione elettrica con deflettori supplementari
    • cavalletto centrale
  • Pacchetto Touring comprendente:
    • chiusura centralizzata di valigie e topcase abbinata al Keyless Ride
    • estensione paramani
    • supporti valigie laterali
    • predisposizione navigatore GPS
    • cromatura collettori di scarico.

Non ho capito bene perché alcuni siano “pacchetti” e altri “pack”. Misteri del marketing.

Gli accessori acquistabili singolarmente, pur se presenti in alcune versioni e pacchetti, sono i seguenti.

  • Antifurto
  • Cavalletto centrale
  • Cerchi a raggi incrociati con canale in alluminio nero
  • Cerchi a raggi incrociati con canale in alluminio oro
  • cerchi da enduro forgiati
  • Controllo adattivo dell’altezza (solo con Dynamic Pack)
  • Enduro Package Pro:
    • manubrio rialzato
    • barre paramotore
    • leva freno anteriore corta
    • poggiapiedi conducente GS Vario regolabili su due altezze
    • leve cambio e freno regolabili
    • indicatori di direzione tradizionali ad astina anziché nei paramani
    • Faretti supplementari a LED
  • Headlight Pro
  • Kit passeggero (sella confort, pedane confort e portapacchi)
  • Manubrio rialzato
  • Parabrezza elettrico
  • Pneumatici tassellati
  • Predisposizione navigatore GPS
  • Riding assistant
  • Sella del pilota confort in tre differenti altezze
  • Sella riscaldata per pilota e passeggero
  • Sospensioni Sport a corsa allungata (solo con Dynamic Pack)
  • Supporti per valigie laterali
  • Supporto per topcase

Inoltre, BMW fornisce in aftermarket, come di consueto, una vasta gamma di accessori che includono le valigie, borse serbatoio, protezioni di vario tipo ecc.

Ciclistica

La ciclistica si basa sempre sull’accoppiata Telelever anteriore e Paralever posteriore, ma il tutto è stato profondamente rivisitato.

In precedenza, il telaio era essenzialmente composto da tubi di alluminio dritti a sezione circolare, il cui traliccio caratterizzava fortemente l’estetica della moto. Sulla R1300GS invece c’è un telaio in lamiera d’acciaio, formato in parte da una struttura a guscio e in parte da elementi a sezione quadrangolare, che sostiene il motore, l’avantreno e un telaio posteriore reggisella in alluminio pressofuso, più corto del precedente, ma robusto a sufficienza per consentire l’installazione di un grande portapacchi e del tris di valigie.

Secondo la Casa bavarese, il nuovo sistema è più rigido e consente di alloggiare più facilmente tutti gli accessori e i sensori disponibili sulla moto.

La sospensione posteriore è un classico parallelogramma Paralever a un braccio oscillante sul lato sinistro della moto, cui è sovrapposta una leggera barra cava di reazione. I due elementi collegano il telaio al gruppo mozzo/coppia conica. Nel braccio oscillante ruota l’albero di trasmissione a due giunti cardanici e il tutto è controllato da un gruppo molla-ammortizzatore ad assorbimento progressivo WAD posto quasi verticalmente sotto la sella, che collega il braccio al telaio senza alcun cinematismo. Il parallelogramma è dimensionato in modo da comportarsi come una trasmissione normale, incluso il tiro catena ed è stato rivisitato nella posizione degli snodi e nella rigidità.

La sospensione anteriore si basa sulla ormai classica geometria Telelever. La forcella, i cui steli sono privi di molle e ammortizzatori, è infulcrata superiormente al telaio e inferiormente a un triangolo oscillante a sua volta incernierato al telaio, e il tutto è controllato da un gruppo molla-ammortizzatore a vista che collega il triangolo al telaio. Con questo schema, quando la sospensione si comprime, l’inclinazione della forcella rispetto alla verticale aumenta, in modo tale che l’asse della ruota si muova pressoché verticalmente, anziché seguire l’inclinazione di una forcella tradizionale.

BMW, telelever, suspension, fork, motorcycle dynamics ...

I vantaggi di tale geometria rispetto a una forcella tradizionale sono i seguenti:

  • marcato effetto antiaffondamento in frenata, senza alcuna necessità di frenare l’idraulica o irrigidire la molla
  • maggior confort in frenata, soprattutto per il passeggero, dovuto all’assetto più stabile e al miglior assorbimento delle sconnessioni
  • maggior stabilità in frenata, dovuta al fatto che l’interasse non si accorcia al comprimersi della forcella
  • trasferimento di carico sullo pneumatico anteriore più rapido in frenata, con minor propensione al bloccaggio della ruota
  • possibilità di entrare in curva fortemente pinzati

Per contro, una forcella tradizionale di qualità assicura una maggior maneggevolezza in ingresso curva, dovuta:

  • all’accorciamento dell’interasse
  • all’effetto molla che, quando si rilascia il freno anteriore, “spara” l’avantreno dentro la curva.

Sulla R1300GS è presente un nuovo tipo di Telelever, ribattezzato “Telelever EVO”. In effetti, esso incorpora una novità assoluta molto interessante, che rende pienamente merito al suffisso.

Non molti sanno che sui precedenti modelli BMW il Telelever era declinato in due tipi diversi, in base all’altezza del manubrio. Come abbiamo visto sopra, una caratteristica tipica di questa geometria è il fatto che, al comprimersi della forcella, questa aumenta la propria inclinazione rispetto alla verticale e ciò si ripercuote ovviamente anche sul manubrio. Ciò non è un problema sui modelli dotati di semimanubri, dove le manopole rimangono praticamente ferme al variare dell’inclinazione, ma potrebbe diventarlo sulle moto a manubrio alto come le GS, perché, in assenza di accorgimenti di qualche tipo, le manopole si sposterebbero indietro e in basso in modo evidente a ogni sconnessione, rendendo la guida sgradevole. Ecco perché su modelli come la R1200S e la K1200RS la piastra superiore di sterzo (e quindi il manubrio) è fissata rigidamente agli steli ed è collegata al telaio mediante un giunto sferico, mentre sulle R1250 RT e R1250GS la piastra superiore di sterzo è infulcrata rigidamente al telaio, mentre il collegamento con gli steli avviene mediante due giunti elastici, in modo da favorire il confort, ma con una perdita sensibile in termini di precisione di sterzata.

Nel Telelever EVO della R1300GS la piastra superiore della forcella è fissata al telaio con un cuscinetto sferico, è solidale con gli steli e si inclina insieme ad essi, come sulla R1200S, mentre il manubrio è montato su una piccola piastra separata fissata a un asse infulcrato rigidamente al telaio, che attraversa il cuscinetto sferico della forcella. La funzione sterzante è assicurata da una geniale piastra d’acciaio flessibile a forma di U, denominata “flex element”, che è fissata agli estremi alla piastra superiore di sterzo e al centro alla piastra del manubrio, rendendoli rigidamente solidali in sterzata, pur lasciandogli la libertà di assumere inclinazioni diverse tra loro.

Telelever Evo. Si notano il “flex element” e il soffietto tra la piastra di sterzo e quella della forcella

Questo video mostra chiaramente il funzionamento del nuovo sistema.

Secondo BMW, questa soluzione dovrebbe coniugare la precisione di guida delle versioni sportive al comfort sullo sconnesso delle versioni turistiche. Come vedremo nel seguito, direi che ci sono riusciti in pieno. L’unico inconveniente di questa geometria è che non c’è più spazio per il blocchetto di avviamento. Ecco perché la R1300GS ha di serie il sistema Keyless, con il tasto di accensione spostato sul manubrio destro.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della R1250GS).

  • escursione anteriore 190 mm (190 mm)
  • escursione posteriore 200 mm (200 mm)
  • interasse 1518 mm (1514 mm)
  • avancorsa 112 mm (100,6 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 26,2° (25,7°)

Interessanti l’aumento dell’avancorsa, che comporta una maggiore stabilità, anche considerando l’aumento della velocità massima, e l’aumento dell’inclinazione dell’asse di sterzo, che di per sé aumenta la leggerezza dello sterzo a scapito di una minor prontezza, probabilmente più che compensata dalla maggior precisione consentita dal Telelever EVO e dalla concentrazione delle masse.

I cerchi di serie sono in lega, ma sono disponibili anche cerchi a raggi incrociati e cerchi forgiati da fuoristrada, sempre con pneumatici tubeless e nelle misure 120/70 R 19 su cerchio da 3,00 x 19” all’anteriore e 170/60 R 17 su cerchio da 4,50 x 17” al posteriore. I cerchi forgiati consentono in totale di risparmiare 1,8 kg rispetto a quelli a raggi.

A richiesta è disponibile il sistema DSA (Dynamic Suspension Adjustment), cioè un nuovo sistema sospensioni semiattive, che variano automaticamente e istantaneamente la taratura in funzione della dinamica di guida e della situazione del fondo stradale. La novità sta nel fatto che la regolazione semiattiva non agisce soltanto sui freni idraulici, ma anche sul coefficiente elastico della molla posteriore, chiamando in causa una molla supplementare posta nel serbatoio dell’olio del mono posteriore.

Il DSA comprende la regolazione automatica del precarico in base al peso presente a bordo e prevede tre settaggi: Road, Dynamic e Enduro. I primi due possono essere selezionati indifferentemente con tutte le modalità di guida stradali, mentre in Enduro e Enduro Pro è disponibile il settaggio Enduro. Il cambiamento da un settaggio all’altro può avvenire anche in marcia. In più, a moto ferma, ciascuno dei settaggi può essere impostato su cinque diverse posizioni, per personalizzare al massimo il comportamento. A richiesta e solo in abbinamento con il DSA è disponibile anche il controllo adattivo dell’altezza. Il sistema consente di impostare l’altezza della moto come segue:

  • In modalità di marcia ECO, Rain, Road Dynamic e Dynamic Pro, impostazione automatica dell’altezza oppure sempre alta
  • In modalità di marcia Enduro e Enduro Pro, sempre alta o sempre bassa.

In ogni caso:

  • all’arresto la moto si porta nella posizione bassa, per facilitare l’appoggio a terra
  • all’apertura del cavalletto centrale, la moto si porta nella posizione alta, per favorire la manovra, e torna in posizione bassa una volta issata sul cavalletto.

Motore e trasmissione

Il motore della R1300GS somiglia per parecchi aspetti a quello delle 1250, ma in realtà è un’unità completamente nuova.

Si tratta sempre di un bicilindrico boxer, cioè con i cilindri opposti e bielle collegate a due diversi gomiti dell’albero motore distanti 180° l’uno dall’altro, cosicché i pistoni si muovono in opposizione tra loro, come i pugni di due pugili (boxers in inglese). Il motore è sempre disposto con i cilindri trasversali e l’albero motore longitudinale, cosa che ai nostri giorni si riscontra solo sulle BMW Boxer e relativi cloni est europei, sulle Moto Guzzi e sulle Triumph Rocket a tre cilindri.

Il raffreddamento è sempre misto ad aria e liquido, con due radiatori posti lateralmente. La distribuzione è sempre bialbero a camme in testa a quattro valvole per cilindro, e anche qui è presente il sistema di variazione di fase ShiftCam introdotto a partire dal motore 1250. In tale sistema, gli alberi a camme lato aspirazione (cioè quelli superiori) sono dotati di due camme per valvola, una per i carichi parziali e una per il pieno carico, con alzata e durata maggiori.

L’elettronica di bordo fa scorrere longitudinalmente ciascun albero di aspirazione mediante un tamburo desmodromico in funzione del regime, della richiesta di potenza e della modalità di marcia selezionata, in modo da selezionare la camma più adatte alle necessità.

Questo video illustra chiaramente il funzionamento del sistema.

Andiamo ora a vedere le novità, che sono parecchie.

La maggiore cilindrata (1.300 cc esatti contro 1.254) è ottenuta con un aumento dell’alesaggio da 102,5 a 106,5 mm, ma con corsa ridotta da 76 a 73 mm. Il rapporto di compressione è salito da 12,5:1 a 13,3:1, mentre le valvole sono cresciute da 40 a 44 mm all’aspirazione e da 34 a 35,6 mm allo scarico. L’insieme di queste modifiche ha consentito di raggiungere i 107 kW (145,5 CV) contro i 100 kW (136 CV) allo stesso regime di 7.750 giri e una coppia di ben 149 Nm a 6.500 giri contro i 143 Nm a 6.250 giri del vecchio motore.

Impressiona particolarmente la curva di coppia, dall’andamento davvero inarrivabile e sempre superiore a 110 Nm da 2.000 giri fino al regime di potenza massima. Il leggero buco di coppia visibile nel grafico intorno ai 5.500 giri è del tutto inavvertibile nella guida.

Il cambio è sempre contenuto nel carter motore, ma adesso è posto sotto all’albero motore anziché arretrato rispetto ad esso. Ne risultano una maggior centralizzazione delle masse, vantaggiosa in termini di maneggevolezza, e, da quel che dice BMW, un angolo di lavoro migliore dei giunti cardanici dell’albero di trasmissione. È da notare il fatto che il cambio è stato spostato in avanti, ma non in basso, perché già sulle R1200/1250 si trovava a un livello inferiore rispetto all’albero motore e ai cilindri. Per tale ragione, l’altezza del motore da terra non sembra essere stata variata.

Abbiamo sottoposto a pesatura la R1300GS (entrambi gli esemplari provati, una Trophy e una Option 719 Tramuntana, a questo link è disponibile la tabella delle moto da noi messe sulla bilancia fino ad oggi). e possiamo confermare che la nuova disposizione della meccanica – tra l’altro, ora il blocco motore è spostato più avanti, vicinissimo alla ruota anteriore – ha modificato sensibilmente la distribuzione del peso, che ora grava per il 52% circa sull’avantreno, contro il 50,6% circa della R1250GS. Inoltre, il baricentro è intorno ai 5 cm più alto rispetto alla R1250GS, probabilmente anche a causa del maggior peso della doppia piastra di sterzo del Telelever Evo. Lo spostamento del peso in alto e in avanti e la sua riduzione complessiva sono tutti elementi che favoriscono la guida sportiva.

Pesatura della R1300GS Option 719 per determinare la posizione del baricentro

I pesi, rilevati con il serbatoio pieno e senza valigie, sono stati i seguenti:

  • R1300GS Trophy 246,9 kg
  • R1300GS Option 719 255,2 kg

Una R1250 GS standard da noi pesata due anni totalizzò 259,2 kg. Possiamo dire quindi che, a parità di dotazioni, la R1300GS pesa effettivamente circa una dozzina di chili meno della R1250GS. Il fatto è che la dotazione di accessori è ancora più sterminata che sul modello precedente – basti pensare al parabrezza ad azionamento elettrico, ai radar e al sistema di abbassamento delle sospensioni – perciò la differenza tra un modello strettamente base e un full optional è particolarmente marcata.

Sempre a questo proposito, è da segnalare anche il fatto che adesso la catena cinematica comprende un albero in meno rispetto a prima, perché la frizione è montata sull’albero primario del cambio anziché su un albero dedicato.  Per tale ragione, adesso l’albero motore ruota in senso orario (visto dalla parte anteriore), mentre nelle precedenti R raffreddate a liquido girava al contrario. Ecco perché sulla R1300GS una brusca sgasata a moto ferma provoca un leggero spostamento verso destra della moto anziché verso sinistra. In entrambi i casi la spinta è veramente minima e quasi non si nota, ma chi scende da una R1200-1250 si accorge facilmente della differenza.

Schema della meccanica del motore 1250
Schema della meccanica del motore 1300

Parlando di alberi, sembrerebbe assente qualsiasi albero supplementare di smorzamento delle vibrazioni. Uso il condizionale, perché BMW dichiara che un albero c’è, ma ho passato in rassegna l’intero catalogo dei ricambi motore senza trovarlo. Probabilmente, si riferiscono all’albero motore e dell’alternatore, l’unico contrappesato tra quelli a mia conoscenza. Ciò nonostante, questa GS vibra decisamente poco. Come sui precedenti modelli raffreddati a liquido, la coppia di rovesciamento è quasi annullata dalla frizione.

Come sulle precedenti R raffreddate a liquido, la trasmissione della R1300 GS comprende una frizione antisaltellamento a 10 dischi in bagno d’olio azionata idraulicamente, posta nella parte anteriore del carter motore e accessibile tramite un coperchio – sui boxer raffreddati ad aria era necessario staccare l’intero gruppo cambio/trasmissione – un cambio a sei rapporti sempre in presa e un albero con due giunti cardanici integrato nella sospensione Paralever.

A richiesta (solo con il Dynamic Pack) è disponibile il Cambio elettroassistito Pro, cioè il quickshifter di BMW, funzionante anche in scalata e dotato di un nuovo tipo di sensore che dovrebbe (uso volutamente il condizionale) migliorarne la prontezza di funzionamento.

Per quanto concerne la rapportatura, per capirla mi è toccato risolvere un piccolo mistero, una di quelle cose che mi intriga parecchio. La trasmissione di una moto comprende di solito i seguenti elementi:

  • la riduzione primaria, cioè quella tra albero motore e albero primario del cambio
  • i rapporti del cambio
  • la riduzione finale, che sulle moto con trasmissione a catena è data dal rapporto tra corona e pignone, mentre sulle moto con trasmissione ad albero è data dal rapporto della coppia conica posteriore, cioè tra la corona della ruota e il pignone dell’albero motore.

Però in questo caso – come su altre moto con albero cardanico – esiste un’ulteriore riduzione tra l’albero secondario del cambio e l’albero di trasmissione. Di solito il suo valore è riportato tra le specifiche tecniche nel manuale di uso e manutenzione, ma in quello della R1300GS non c’è, né esso si trova nella cartella stampa.

I rapporti pubblicati da BMW sono i seguenti:

riduzione primaria 1,479

  1. 2,438
  2. 1,714
  3. 1,296
  4. 1,059
  5. 0,906
  6. 0,794

riduzione finale 2,910.

Se andiamo a calcolare le velocità effettive della moto a partire dai soli dati pubblicati, tenendo ovviamente conto del diametro della ruota posteriore, i risultati non tornano. Per esempio, la velocità in sesta marcia a 4.000 giri dovrebbe essere leggermente superiore a 140 km/h, mentre in realtà è di circa 116 km/h effettivi (119 km/h indicati).

Nello spaccato della trasmissione pubblicato dalla casa, la riduzione è chiaramente visibile.

Quest’altra immagine, proveniente dal catalogo delle parti di ricambio, consente di capire facilmente che l’ingranaggio più grande, quello collegato al cardano (n. 3), ha 45 denti. Più difficile contare i denti dell’ingranaggio inferiore (n. 6, munito di parastrappi), che dalla vista in assonometria potrebbero essere 37, 38 o 39.

Per fare quadrare i conti, l’ingranaggio n. 6 deve avere 37 denti. In tal modo, il rapporto di riduzione risulterebbe pari a 45/37 = 1,21621 e le velocità risultanti nelle varie marce coinciderebbero con quelle rilevate durante la guida.

Fatta questa premessa, la tabella seguente mostra le velocità nei singoli rapporti:

  • a 1.000 giri
  • al regime in cui il motore inizia a spingere forte
  • al regime di potenza massima
  • al limitatore.
MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 2.500 giri/’Velocità a 7.750 giri/’Velocità a 9.000 giri/’
1a9,423,572,884,6
2a13,433,4103,5120,2
3a17,744,2136,9159,0
4a21,654,1167,6194,7
5a25,363,2195,9227,5
6a28,872,1223,5259,6 (teorica)

Rispetto alla R1250GS, le velocità nelle prima quattro marce sono praticamente le stesse, mentre quinta e sesta sono state sensibilmente allungate. Il limitatore è fissato a 9.000 giri e il motore ci arriva con una certa facilità, mostrando un allungo piuttosto interessante.

ADAS (aiuti elettronici alla guida)

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la R1300GS offre di serie quanto segue.

  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento. Può essere disinserito e si riattiva a ogni spegnimento del quadro.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • Modalità di marcia:
    • ECO per la massima economia di carburante,privilegial’uso delle camme di carico parziale del sistema ShiftCam e comprende una barra verde sul cruscotto che mostra la quantità di coppia disponibile prima che il sistema sia costretto a passare alle camme di pieno carico
    • Rain per la guida su fondi bagnati e sdrucciolevoli
    • Road per la guida su strada asciutta
    • Enduro per l’uso in fuoristrada con gomme stradali.
  • HSC (Hill Start Control) – Assistente alla partenza in salita, permette di inserire e mantenere automaticamente il freno a moto ferma tirando con forza la leva del freno anteriore, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.
  • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione attiva in caso di frenate di emergenza, che agisce in due modi:
    • rileva se il gas è erroneamente aperto durante la frenata e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata
    • nel caso di frenata di emergenza poco decisa, aumenta la pressione nel circuito frenante posteriore, accorciando gli spazi di frenata senza compromettere la stabilità.
  • Cruise control – Sul sito web il ACC (Active Cruise Control) è elencato tra gli accessori di serie, ma è un errore: è presente solo il cruise control normale, che diventa Active solo se si acquista il Riding Assistant (vedi spiegazione nel seguito),
  • MSR (Motor Schleppmoment Regelung, chissà perché l’acronimo è in tedesco) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè, dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare il pattinamento della ruota posteriore.

A richiesta è disponibile quanto segue.

  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.
  • DSA (Dynamic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, descritto nel paragrafo dedicato alle sospensioni.
  • Controllo adattivo altezza – Sistema di regolazione automatica dell’altezza della moto. È disponibile solo se è presente il DSA ed è descritto nel paragrafo dedicato alle sospensioni.
  • Modalità di marcia Pro – Sono le seguenti: Dynamic per la guida sportiva, Dynamic Pro per la guida sportiva, personalizzabile, e Enduro Pro per la guida in fuoristrada con gomme tassellate, personalizzabile. In presenza delle modalità di marcia Pro è attivo anche l’HSC Pro, funzione dell’assistente alla partenza in salita che ne consente l’inserimento automatico nelle circostanze in cui è utile, senza necessità di tirare la leva del freno con forza, disinseribile da menù.
  • Riding Assistant – Sistema di aiuti alla guida basato sulla presenza di due radar, anteriore e posteriore, che comprende le seguenti funzioni.
    • ACC (Active Cruise Control) – Controllo della velocità attivo. Se il veicolo che precede è più lento della velocità impostata, il sistema rallenta la moto in modo da mantenere una distanza di sicurezza scelta tra tre diverse opzioni, per poi riaccelerare fino alla velocità impostata qualora il veicolo antistante acceleri o una volta cambiata corsia. L’accensione della freccia prima di iniziare il sorpasso fa accelerare automaticamente la moto prima del cambio di corsia. Il sistema può essere disattivato e in tal caso rimangono tutte le funzioni del cruise control normale. L’impostazione memorizzata viene mantenuta alla riaccensione del quadro.
    • FCW (Frontal Collision Warning) – Sistema di avviso di collisione frontale che, nel caso che ci si avvicini a un veicolo più lento antistante, fornisce due livelli di avvertimento: preallarme, con un avviso sul cruscotto e una leggera pinzatina del freno per attirare l’attenzione, e allarme acuto, con un avviso sul cruscotto più evidente e il supporto alla frenata, che avvia una leggera frenata eliminando il tempo di reazione del pilota, ma non si sostituisce al pilota nell’esecuzione della frenata di emergenza. Il FCW monitora l’attenzione del pilota in base al comportamento alla guida e il suo intervento può essere impostato su tre livelli: anticipato, medio e tardivo. Può essere disattivato in blocco, oppure è possibile mantenere gli avvisi sul cruscotto ed escludere gli interventi sulla frenata. Le impostazioni scelte vengono mantenute alla riaccensione del quadro.
    • SWW (Spurwechselwarnung, altro acronimo in tedesco) – Sistema di avviso di cambio corsia, informa se ci sono veicoli negli angoli ciechi latero-posteriori e prevede due livelli di allarme: avvertenza informativa, che accende un triangolo giallo nello specchietto in presenza di veicoli nell’angolo cieco corrispondente, e allarme acuto che fa lampeggiare il triangolo nello specchietto se, in presenza di un veicolo, il pilota inserisce l’indicatore di direzione dallo stesso lato. Il sistema può essere disattivato in blocco, oppure è possibile mantenere il solo allarme acuto. Le impostazioni vengono mantenute alla riaccensione del quadro.

La scelta dei riding mode influisce su tutti gli aiuti elettronici, inclusa la ripartizione della frenata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Eco

  • risposta moderata dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Rain

  • risposta morbida dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento immediato per garantire la massima stabilità di marcia
  •  anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • ABS in modalità Road tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolato al massimo
  • ABS Pro (funzione cornering) pienamente attivo
  • Ripartizione della forza frenante massima tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo

Dynamic

  • risposta diretta dell’acceleratore
  • ABS in modalità Dynamic tarato per l’uso su strada
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali posticipato rispetto alle modalità di marcia Eco, Road e Dynamic Pro, in modo da consentire leggeri drifting all’uscita delle curve
  • anti-sollevamento della ruota anteriore che consente brevi impennate in uscita di curva

Dynamic Pro

  • risposta diretta dell’acceleratore, personalizzabile nel menù Setup
  • ABS in modalità Dynamic tarato per l’uso su strada e personalizzabile nel menù Setup
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote
  • DTC tarato per l’uso su strada con pneumatici stradali con intervento ritardato rispetto a Rain, ma che comunque impedisce per quanto possibile lo slittamento della ruota posteriore
  • anti-sollevamento della ruota anteriore attivo, il tutto personalizzabile nel menù Setup

Enduro

  • risposta morbida dell’acceleratore
  • ABS in modalità Enduro tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici stradali
  • anti-sollevamento della ruota posteriore che consente un leggero sollevamento
  • ABS Pro (funzione cornering) a funzionalità ridotta
  • Ripartizione della forza frenante ridotta tra le due ruote e tarata per l’uso in fuoristrada
  • DTC tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici stradali
  • anti-sollevamento della ruota anteriore che consente brevi impennate in uscita di curva

Enduro Pro

  • risposta normale dell’acceleratore, personalizzabile nel menù Setup
  • ABS in modalità Enduro Pro tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici tassellati, disinserito sulla ruota posteriore e personalizzabile nel menù Setup
  • anti-sollevamento della ruota posteriore disattivato
  • ABS Pro (funzione cornering) disattivato
  • Ripartizione della forza frenante sbilanciata al massimo verso il posteriore usando la leva al manubrio e frenata esclusivamente sul posteriore usando il pedale
  • DTC tarato per l’uso in fuoristrada con pneumatici tassellati
  • anti-sollevamento della ruota anteriore disattivato, il tutto personalizzabile nel menù Setup

Freni

La R1300GS è equipaggiata con i tradizionali due dischi anteriori da 310 mm con pinze radiali fisse Brembo a quattro pistoncini (l’esperienza con Hayes sembra essere conclusa).

Al posteriore c’è un disco da 285 mm con pinza flottante a due pistoncini. Entrambi i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS di serie è di tipo completamente integrale. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono idraulicamente indipendenti, mentre la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso. La ripartizione della frenata non è fissa, ma in funzione del carico, del comando utilizzato e anche della modalità di marcia selezionata, come spiegato nel paragrafo dedicato agli ADAS.

Comandi

I blocchetti dei comandi della R1300S sono esteticamente simili a quelli precedenti, ma il layout dei tasti è stato rivisto. Sono sempre privi di retroilluminazione, ma sono tutto sommato pochi e dopo un minimo di apprendistato si trovano subito anche al buio senza difficoltà.

Il blocchetto destro contiene quanto segue.

  • Il tasto di gestione del quadro e del bloccasterzo, che non può più essere alloggiato sulla piastra di sterzo, a causa della particolare geometria del Telelever EVO. Ha preso il posto del tasto per gestire le manopole riscaldabili – che quindi devono essere controllate attraverso il menù oppure eventualmente mediante l’interruttore multifunzione – e funziona come di consueto: una pressione breve accende o spegne solo il quadro, mentre pressione lunga inserisce o disinserisce anche il bloccasterzo.
  • Il tasto per la selezione dei Riding Mode. Consente di scegliere rapidamente fra un massimo di quattro riding mode, che possono essere preselezionati tra quelli disponibili mediante il menu Impostazioni.
  • Il tasto rosso a bilanciere per l’accensione e lo spegnimento del motore.

Un blocchetto separato più interno alloggia il sistema di chiamata d’emergenza E-Call, il cui tasto è coperto da un coperchio con la scritta SOS in campo rosso. Come sempre, il sistema comprende un microfono, un altoparlante e una SIM dedicata, e si attiva in automatico in caso di caduta o collisione importante, oppure può essere attivato premendo il pulsante.

Il blocchetto sinistro contiene quanto segue.

  • La ghiera del Multi-Controller. Ruotandola, si sceglie una voce da una lista, premendola verso destra si conferma la scelta, premendola verso sinistra si esce dalla selezione.
  • Il comando delle frecce. Il menù Impostazioni consente di attivare o disattivare la funzione Comfort, cioè lo spegnimento automatico in base al percorso. Una pressione prolungata del tasto verso sinistra dopo aver spento il quadro accende le luci di parcheggio, che poi si spengono alla riaccensione del quadro.
  • Il tasto del clacson.
  • Il tasto rosso per le quattro frecce.
  • Il tasto a bilanciere di selezione dei menu. Premendolo verso il basso si accede al menu delle schermate e, dopo aver selezionato la schermata voluta con il Multi-Controller, si scende nei vari sottomenù, mentre premendolo verso l’alto si risale di livello. Da qualsiasi schermata o menù, una pressione prolungata verso l’alto riporta immediatamente alla schermata di base Pure Ride.
  • Il tasto di elenco delle funzioni (tasto piccolo bordato bianco), con cui è possibile assegnare all’interruttore multifunzione (descritto qui di seguito) due funzioni a scelta tra le seguenti
    • regolazione della distanza di sicurezza dell’ ACC
    • regolazione del riscaldamento di manopole e sella del pilota (la sella del passeggero è dotata di un comando azionabile dal passeggero)
    • regolazione in altezza del parabrezza optional
    • regolazione del DTC
    • regolazione del molleggio
  • L’interruttore a bilanciere multifunzione (bordato bianco con due frecce), attraverso il quale è possibile gestire la funzione primaria assegnata con il tasto elenco delle funzioni e, tenendo premuto quest’ultimo, la funzione secondaria.
  • Il comando del cruise control. Funziona come segue:
    • lo spostamento del cursore a destra e a sinistra comanda l’accensione e lo spegnimento del sistema
    • una pressione breve sulla levetta in avanti imposta la velocità corrente
    • a velocità impostata:
      • una pressione breve sulla levetta in avanti aumenta la velocità di 1 km/h, mentre una pressione prolungata la aumenta a salti di 10 km/h.
      • una pressione breve sulla levetta all’indietro diminuisce la velocità di 1 km/h, mentre una pressione prolungata la diminuisce a salti di 10 km/h.
      • se si accelera, la velocità impostata viene tenuta in memoria e viene ripristinata quando si rilascia il gas
      • se si frena oppure si forza la chiusura del gas oppure si tira la frizione per più di un secondo e mezzo, la regolazione della velocità viene disinserita
    • tirando brevemente la levetta si ripristina la velocità precedentemente memorizzata.

A differenza che sui modelli precedenti, il cruise control mantiene la velocità impostata anche quando si cambia marcia.

Se è presente l’ACC, i comandi restano gli stessi, ma il cruise control riduce la velocità in presenza di un veicolo più lento che precede. La regolazione della distanza di sicurezza viene effettuata attraverso il Menù impostazioni oppure eventualmente attraverso il tasto multifunzione.

Il nuovo sistema basato sull’accoppiata tasto elenco delle funzioni + interruttore multifunzione, che consente l’accesso rapido a due funzioni a scelta, costituisce una novità interessante, che compensa in parte l’assenza di tasti dedicati ad alcune singole funzioni.

Strumentazione

La R1300GS monta di serie la strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW. La visualizzazione di base, chiamata Pure Ride, comprendente il contagiri analogico perimetrale, la velocità in cifre e le principali informazioni, e ad essa si torna rapidamente da qualsiasi altra visualizzazione, tenendo premuto in alto il tasto Menu.

Premendo in basso lo stesso tasto si accede alle seguenti schermate:

  • Sport, in cui il contagiri è centrale e semicircolare, con al centro l’indicatore degli angoli di piega istantanea e massima sui due lati, e ai lati quelli della decelerazione massima in frenata in metri al secondo quadrato e della percentuale di coppia massima tagliata dal sistema di antipattinamento ASC
  • Mio Veicolo, che comprende le schede:
    • Il mio veicolo
    • Computer di bordo
    • Computer di viaggio
    • Pressione gonfiaggio pneumatici
    • Necessità di manutenzione
  • Impostazioni, in cui si impostano i parametri di tutte le funzioni di bordo.

VI sono inoltre altre tre visualizzazioni, accessibili quando è stato effettuato il collegamento a uno smartphone con installata la app BMW Connect:

  • Navigazione
  • Telefono (richiede che sia collegato anche un casco)
  • Media (idem).

Illuminazione

La R1300GS dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Headligh Pro, cioè le luci adattive che si accendono a moto inclinata e consentono una migliore illuminazione della traiettoria in curva.

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Il gruppo ottico è nuovo e originale, a forma di X e composto da un elemento centrale per abbagliante e anabbagliante e da quattro elementi radiali, dedicati alle luci diurne e di svolta. La regolazione in altezza avviene attraverso una vite. BMW ha perso la buona abitudine di installare una levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che consente di non toccare la regolazione base nel caso che si ospiti un passeggero al volo senza regolare il precarico della sospensione posteriore. Fortunatamente, la maggior parte delle GS vendute ha le sospensioni autolivellanti DSA.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica. Il pulsante per scegliere manualmente tra le due modalità è stato eliminato e non credo che se ne sentirà la mancanza.

Potenza, ampiezza e omogeneità del nuovo faro sono eccellenti, inclusa l’illuminazione adattiva, molto ampia e potente.

Gruppo ottico posteriore della versione con radar

Al posteriore spicca l’assenza di un gruppo ottico centrale, tutte le luci sono integrate negli indicatori di direzione. La loro visibilità è comunque buona anche di giorno, ma preferirei comunque avere uno stop grande, come avviene sulla R1250GS.

Gruppo ottico posteriore della versione senza radar

Posizione di guida

La posizione di guida è ovviamente ottima, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura rilassata, anche se non eccessivamente turistica. Non ho effettuato misurazioni precise, ma penso che la posizione non sia molto diversa da quella che si ha sulla R1250GS.

La sella standard non è morbida, ma neanche scomoda, è piatta e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.  Non è prevista alcuna regolazione in altezza, ma a richiesta con 50 Euro è possibile avere la sella confort alta, standard o bassa. Le altezze della seduta possibili nelle varie configurazioni sono le seguenti:

  • sella bassa 830 mm
  • sella standard 850 mm
  • sella alta 870 mm.

Con il controllo adattivo dell’altezza la seduta si abbassa a moto ferma di 30 mm, quindi fino a un minimo di 800mm. Per tale ragione, non è più disponibile un assetto delle sospensioni ribassato.

Al contrario, con le sospensioni Sport, pensate per il fuoristrada più duro e disponibili solo in abbinamento con le sospensioni adattive DSA e senza controllo adattivo dell’altezza, l’altezza cresce di 25 mm.

Particolare interessante: se è presente il riscaldamento optional, tutte le selle sono più alte di 10 mm.

Gli specchi sono quelli standard BMW, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale sufficiente.

Passeggero

Per quanto riguarda il passeggero, di base la R1300GS prevede una sistemazione piuttosto spartana, più da naked che da crossover, con una sella piuttosto dura e sottile, pedane di alluminio non troppo distanti dalla seduta e maniglie molto ravvicinate, quasi sotto al sedere.

È anche disponibile una piastra portabagagli da montare al posto della sella posteriore.

R 1300 GS Luggage Rack - Bahnstormer BMW

In alternativa è disponibile il kit passeggero (di serie sulle varianti Triple Black e Option 719 Tramuntana), che con 100 Euro prevede una sella molto più alta e comoda e regolabile longitudinalmente, il portapacchi con ampie maniglie e pedane con rivestimento in gomma smontabile, che vista la maggior altezza della sella, risultano ben più distanti e comode.

Rispetto alla R1250GS, la sella del passeggero è in ogni caso un po’ più stretta e corta.

Capacità di carico

Le nuove valigie Vario sono completamente diverse dalle precedenti e, ovviamente, non compatibili con esse. Sono trapezoidali e non ad angoli retti e hanno perso in parte il caratteristico look Bosch che le aveva sempre caratterizzate fin dalla prima R1200GS del 2004. Sono sempre regolabili, non più in due posizioni mediante una leva perimetrale, ma in modo continuo con un pomello, e sono dotate di chiusura centralizzata – che si apre all’accensione del quadro e può essere chiusa a scelta in automatico allo spegnimento del quadro o con il telecomando della chiave keyless – di illuminazione interna e di prese USB poste nel topcase e nella valigia sinistra.

Per quanto riguarda la capienza delle valigie, quasi tutti i siti specializzati scrivono che le esse variano da 49 a 55 litri l’una (!) e il top case da 28 a 36 litri, per un totale massimo di 98 litri (sic). A parte lo svarione di aritmetica, non so da dove abbiano pescato questi dati. In realtà, BMW dichiara da 24 a 30 litri per la valigia sinistra e da 25 a 32 litri per la valigia destra. Tutti sono concordi comunque sul top case, che contiene da 28 a 36 litri, e sulla capienza massima complessiva, che effettivamente è pari a 98 litri. È interessante notare che sulle R1200/1250GS la capienza totale massima delle Vario è 103 litri, di cui 35 nel topcase.

Sono inoltre disponibili varie serie di borse morbide e il mercato dell’aftermarket offre già numerosi tipi di valigie di alluminio.

Oltre alle valigie, sulla R1300 GS è presente un comodo e ben fatto vano per lo smartphone, dotato di un tappetino morbido in gomma e di una presa USB retrattile per la ricarica. Non c’è serratura, ma il manubrio nella posizione di bloccasterzo ne impedisce l’apertura.

Come va

Motore

L’avviamento è particolarmente pronto, come su tutti i motori BMW più recenti. La rumorosità meccanica è messa in evidenza dallo scarico molto silenzioso, ma a mio avviso il nuovo boxer non produce più quello sferragliamento che in particolare si notava nel motore 1200 raffreddato a liquido e, in misura minore, nel 1250.

L’erogazione è perfetta, non ho mai avuto rifiuti né sussulti di alcun genere, la risposta al gas è sempre esattamente quella che ci si aspetta.

L’accelerazione tirando le marce è davvero esaltante. La ruota anteriore tende ad alzarsi con veemenza in prima e seconda perfino in modalità ECO, nonostante la lieve riduzione della coppia che essa dovrebbe comportare – a ulteriore dimostrazione del fatto che le moto di questa categoria hanno molta più potenza di quella che veramente serve – e la spinta rimane impressionante fino ad almeno 200 km/h.

Facendo qualche confronto in casa BMW, l’accelerazione fino a circa 120 km/h è grosso modo la stessa che si può ottenere con la R1250GS e la S1000XR, mentre man mano che si sale oltre la 1300 è più scattante della 1250 e meno della S1000. Il paragone con la mia K1200GT è altrettanto interessante: la R1300GS è sensibilmente più rapida della K fino a 180 km/h, dopodiché cede il passo alla migliore aerodinamica della grossa tourer. Non ho mai preso i dati di accelerazione delle Ducati Multistrada né delle KTM 1290, ma sono certissimo che fino a 140 km/h non sono migliori della GS, stanti la coppia prepotente e la rapportatura corta delle marce basse di quest’ultima, e che la loro maggior cavalleria emerge solo al di sopra di tali velocità.

Il motore gira piuttosto bene anche i bassi, tanto che è possibile spalancare il gas da 50 km/h in 6a – corrispondenti a soli 1700 giri. A partire da tale velocità, la spinta è inizialmente regolare e potente, ma non potentissima, ma già tra i 60 e i 70 km/h diventa davvero poderosa. Da lì in poi, la coppia cresce parallelamente all’aumento della resistenza e quindi produce una spinta praticamente costante fino ai 200 km/h. Con questa moto, a partire dai 70 km/h si può ingranare la 6a e dimenticarsi completamente dell’uso del cambio, anche per effettuare un sorpasso impegnativo.

Per fare qualche confronto, la R1300GS passa da 50 a 180 km/h in 6a in 13,15 s, contro 16,75 s della K1200GT e 15,57 s della Moto Guzzi V100 Mandello.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è dolce in Rain e in Eco, un po’ più pronta in Road e ancora un po’ più pronta in Dynamic e Dynamic Pro. Comunque, la differenza di comportamento del gas tra le diverse mappature non è abissale e si può guidare piuttosto sportivamente anche con la Eco o andare a passeggio con la Dynamic senza particolari difficoltà.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control) è preciso nell’intervento e poco invasivo. È disinseribile, ma non vedo perché su strada dovrei farlo.

Il test si è svolto a febbraio con temperature fra i 5 e i 15 gradi; quindi, non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Trasmissione

Come al solito sulle grandi BMW recenti, la frizione antisaltellamento è morbidissima. In questo caso è anche piuttosto progressiva.

Non ho avuto modo di provare la moto con il cambio di serie. Con l’assistente alla cambiata la manovra del cambio è sempre un po’ contrastata. Il sistema funziona abbastanza bene nella guida normale, dove consente di scalare anche in curva senza problemi, ma se nella guida sportiva si agisce sulla leva con poca decisione, il taglio dell’accensione diventa inaspettatamente lungo e sgradevole, perché interrompe l’accelerazione per più tempo del necessario. Perciò, anche sulla R1300GS continuo a preferire la cambiata tradizionale, che viene sempre esattamente come voglio io. Il problema è che l’assistente alla cambiata è obbligatoriamente compreso nel Dynamic Pack, quindi per evitarlo, bisogna per forza rinunciare a varie altre cose, tra cui le sospensioni adattive DSA, il che sarebbe un peccato.

Freni

La frenata è pronta, potentissima, resistente e ben modulabile e la stabilità rimane irreprensibile anche nelle staccate più violente.

Per fermarsi da 100 km/h la R1300GS impiega 40,67 m con una decelerazione media di circa 1 g, un risultato eccellente e addirittura lievemente migliore di quello segnato dalla Moto Guzzi V100 Mandello (40,75 m),

Il nuovo impianto frenante completamente integrale, analogo a quello già presente sulla versione restyling della R1250RT, è davvero interessante, perché come abbiamo visto nel paragrafo relativo agli ADAS, in esso la frenata non è ripartita tra le due ruote in modo fisso, ma variabile in base al carico, al comando utilizzato e alla modalità di guida. Grazie a questa caratteristica, è possibile ottenere una frenata bilanciata con entrambi i comandi (in Eco, Rain e Road), oppure una forte differenziazione tra leva e pedale (in Dynamic), che quindi consente di timonare efficacemente per impostare e correggere la traiettoria in curva.

L’ABS funziona molto bene e la sua funzione Pro, attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva.  Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, e questo evita il brusco cambiamento nella direzione dello sterzo tipico di una pinzata maldestra in curva, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della R1300GS è superbo, perché elimina qualsiasi problema di feeling con l’avantreno. La nuova geometria Telelever Evo, descritta sopra nel paragrafo dedicato, coniuga davvero il confort della vecchia soluzione con una precisione di guida eccelsa, unita a una disarmante facilità di correzione della traiettoria, per la quale non deve essere estranea la maggior centralizzazione delle masse.

La sospensione posteriore Paralever è anch’essa di altissimo livello. La sensazione è quella di una trazione sensibilmente superiore rispetto ai precedenti modelli. Non sono in grado di dire se ciò sia dovuto a un braccio di diversa lunghezza (potrebbe darsi, stante il blocco motore più compatto) o a una diversa posizione del fulcro, perché sulla R1300GS questo è coperto dal telaio.

Il molleggio è ottimo sia in Road che in Dynamic. Nel primo caso è ovviamente più confortevole, ma mai dondolante, nel secondo è più sportivo, ma non secco, e le regolazione fine su 5 livelli tramite il menù Impostazioni permette di personalizzare finemente entrambe le modalità. Non posso dire nulla circa la modalità Enduro, perché ho testato entrambe le moto solo su strada, lascio il giudizio a chi in fuoristrada ci sa andare veramente.

ADAS

Gli assistenti alla guida della R1300GS costituiscono una delle grandi novità rispetto al modello precedente.

Cruise control adattivo (ACC)

Funziona piuttosto bene, a patto di usarlo fuori città e di guidare in modo corretto, mantenendo il centro della corsia. Di seguito alcune sue particolarità.

  • Se si incontra un veicolo più lento e lo si vuole sorpassare, inserendo la freccia sinistra la moto accelera prima di spostarsi sulla corsia di sorpasso, velocizzando la manovra.
  • Se ci si imbatte in un veicolo più lento in una corsia a sinistra della nostra – tipicamente, sulle autostrade e tre o più corsie – l’ACC rallenta e impedisce il sorpasso; per procedere è necessario dare gas manualmente o inserire la freccia destra.
  • In curva il sistema riduce la velocità e impedisce accelerazioni e decelerazioni forti.
  • Se il veicolo che precede si ferma e poi riparte, la moto si ferma, ma ovviamente non riparte.
  • Il sistema è in grado di frenare, ma non esegue frenate di emergenza, per cui se il veicolo che precede rallenta bruscamente, occorre intervenire manualmente.

Avviso di collisione frontale (FCW)

È la funzione che capisco di meno, credo che abbia senso soltanto se chi guida… non guida, ma fa altro, cosa di per sé poco intelligente. Gli avvisi sul cruscotto sono ben visibili, ma bisogna guardare il cruscotto, che peraltro è molto più piccolo del veicolo cui si rischia di andare addosso. La pinzatina di avvertimento è senza dubbio più utile, perché richiama infallibilmente l’attenzione se si sta facendo altro, ma se il sistema è regolato sull’intervento anticipato o normale e si guida allegri nel traffico urbano congestionato, le pinzatine diventano la regola e la cosa è piuttosto seccante, mentre se è regolato su tardivo non interviene quasi mai. In Svizzera questo è un non problema, perché la moto va guidata come se fosse un’auto, ma nel traffico caotico delle città italiane tutto ciò ostacola la guida spigliata e”fra le righe”. Sulla mia moto, questo sistema resterà probabilmente spento.

Sistema di avviso di cambio corsia (SWW)

Il sistema funziona molto bene e, a differenza dell’FCW, è molto utile anche a chi guida con attenzione. Se non ci vuole cambiare corsia, l’accensione del triangolino è molto discreta, mentre quando si butta l’occhio sullo specchio, diventa piuttosto evidente. Se poi si mette la freccia, il triangolino lampeggia in caso di pericolo (allarme acuto) e diventa particolarmente visibile. Volendo, è possibile mantenere la sola funzione di allarme acuto, per evitare le continue accensioni del triangolino quando si viene sorpassati e non si vuole cambiare corsia, ma personalmente terrei tutto acceso.

Comportamento alla guida

In città

L’erogazione perfettamente fluida e la frizione morbidissima consentono un controllo molto facile in rapporto alla potenza della moto, che comunque rimane sempre non adatta ai principianti.

La riduzione del peso compensa l’innalzamento del baricentro (vedere il paragrafo su Motore e trasmissione), che comunque in assoluto rimane piuttosto basso, perciò la R1300 GS è sempre una moto relativamente facile da maneggiare da fermo e in mezzo al traffico.

Le due moto provate non disponevano del controllo adattivo dell’altezza, ma si tratta senz’altro di un accessorio estremamente interessante, perché abbassa la moto più o meno della stessa misura consentita dal precedente assetto ribassato optional, ma con il vantaggio di un’altezza normale durante la guida, che favorisce la manovrabilità e aumenta la luce a terra in curva e sullo sconnesso. Un sistema del genere è raccomandabile non solo ai più corti di gamba, ma anche a chiunque altro non sia davvero uno spilungone, perché il vantaggio di un miglior appoggio a terra è impagabile in ogni situazione su una moto di queste dimensioni, e per averlo non si è più costretti a pagare dazio sulla luce a terra, come avveniva prima.

Nei trasferimenti extraurbani

Il molleggio è sensibilmente irrigidito rispetto alla R1250GS, ma le maggiori possibilità di personalizzazione possono renderlo simile a quello della serie precedente o parecchio più sportivo, secondo i gusti.

La protezione aerodinamica con il parabrezza a regolazione elettrica è nettamente superiore rispetto a quella offerta dalla R1250GS standard. A parabrezza tutto su, io che sono alto 1,78 m vedo la strada sopra al bordo superiore, ma la testa risulta in larga parte protetta dal flusso d’aria e, soprattutto, questo è privo di qualsiasi turbolenza. Ovviamente, con il parabrezza piccolo l’aria aumenta, ma rimane sempre piacevolmente priva di turbolenze.

Le vibrazioni sono davvero molto contenute per essere un bicilindrico. Di solito, dopo un’oretta di guida su un boxer mi formicolano le mani, mentre sulla R1300GS questa cosa non mi è mai successa. Con questo motore forse potrei iniziare perfino ad accettare una RT.

La 6a marcia allungata consente di viaggiare a 130 km/h effettivi a esattamente 4.500 giri, un regime abbastanza tranquillo, inferiore di circa il 10% rispetto alla R1250GS, e questo fatto, unito allo scarico nettamente più silenzioso e all’efficacia dell’aerodinamica, garantisce viaggi autostradali decisamente più silenziosi di quelli possibili con il precedente modello.

Insomma, pur essendo più sportiva nel comportamento, la R1300GS rimane senza dubbio una moto estremamente comoda per i lunghi viaggi, a mio parere nel complesso superiore alle altre R-GS standard raffreddate a liquido, almeno per il pilota. Se è presente il kit passeggero, anche questo viaggia molto comodo, pur con una sella più piccola rispetto al passato.

Nel misto sportivo

Le R-GS sono sempre state dei begli animali da misto, grazie alla sezione degli pneumatici non eccessiva, all’ottima luce a terra, al manubrio largo, al motore ricco di coppia e a un interasse non troppo lungo. In particolare, la R1200GS LC, più leggera e dal baricentro più alto rispetto alla R1250GS, è sempre stata un osso piuttosto duro, che in buone mani è in grado di dare filo da torcere a modelli nettamente più sportivi.

La R1300GS sposta l’asticella parecchio più in alto, perché oltre ai vantaggi sopra citati, può contare su un motore ancora più potente di quello già notevolissimo della R1250GS, su una frenata migliore, su una minore inerzia rotazionale dovuta alla maggior centralizzazione delle masse e, dulcis in fundo, sull’eccellente precisione dell’avantreno garantita dal nuovo Telelever Evo. Le ultime due caratteristiche in particolare sono responsabili di una caratteristica evidente di questa moto, cioè la capacità di viaggiare con scioltezza disarmante a velocità sensibilmente più alte rispetto ai modelli precedenti.

Come tutte le grandi moto da turismo, anche la R1300GS risente in misura marginale della presenza di passeggero e bagagli, a patto che il molleggio sia adattato corrispondentemente. Per tale ragione, raccomando caldamente di acquistarla con le sospensioni DSA, che eliminano ogni necessità di regolazione e consentono una guida molto sportiva e disinvolta anche a pieno carico.

Nella guida all’attacco è senz’altro preferibile impostare le sospensioni su Dynamic, non tanto per il molleggio, che non diventa mai troppo dondolante neanche in Road, ma soprattutto perché in questo modo la diversa ripartizione della frenata consente di timonare efficacemente in curva.

Per quanto invece riguarda la risposta del gas, la mappatura Rain va senz’altro riservata alle sole condizioni di bassa aderenza, perché con essa il taglio della coppia accelerando in curva è particolarmente evidente e tale da limitare fortemente l’efficacia e il piacere di guida nella guida sportiva. La Eco invece è a mio avviso particolarmente convincente anche da questo punto di vista, perché a fronte di un miglioramento nei consumi dichiarato dalla Casa, in pratica non toglie nulla rispetto alla Road, che a sua volta è solo marginalmente meno pronta della Dynamic. Insomma, se volete fare una sparata sul misto, non state a perdere troppo tempo con le mappature e pensate piuttosto a divertirvi, ovviamente sempre con la testa sulle spalle.

Consumi

La R1300GS consuma più o meno come la R1250GS, cioè poco e nettamente meno di qualsiasi Ducati Multistrada, KTM Adventure e BMW S1000XR. Ad andatura turistica è abbastanza facile viaggiare intorno ai 21 km/litro, ed è difficile scendere sotto i 17 anche andando molto forte.

La media complessiva della nostra prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e molti tratti fatti a passo di carica, è stata di circa 18 km/l.

Il serbatoio da 19 litri consente percorrenze tra i 300 e i 380 km.

Conclusioni

Come è noto, sono kappista da sempre, amo le sport tourer vecchio stile e posseggo una K1200GT, per me la migliore moto della categoria. Eppure, l’efficacia della guida della R1300GS mi ha stregato, al punto di decidere di acquistarla. Non potrei fare un complimento più grande a una moto.

Pregi

  • Guida molto precisa ed efficace anche nella guida sportiva
  • Motore molto equilibrato e dalla coppia eccezionale
  • Freni molto potenti, ben modulabili e resistenti
  • Confort di alto livello
  • Consumi contenuti per la categoria
  • Dotazione di accessori adeguata

Difetti

  • Leva del cambio un po’ contrastata in presenza dell’assistente alla cambiata
  • Assistente alla cambiata a volte lento

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

Prova della BMW K1200GT 2007

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Gran Turismo DOCG

Premessa

Anche se la nuova V100 Mandello sta rischiando seriamente di farmi diventare un Guzzista, al momento sono ancora a cavallo di una BMW, il marchio che ha avuto la parte del leone nella mia passione motociclistica. In effetti, delle 17 moto che ho posseduto personalmente, 12 hanno il logo dell’Elica e tra queste ci sono ben otto K (e una sola GS!). È evidente che queste moto hanno un fascino speciale per me, tant’è vero che sono protagoniste di diversi miei articoli:

Nel seguito vi presento la mia moto attuale, la K1200GT del 2007. È una vecchia signora, ma la considero tuttora una delle migliori sport-tourer mai costruite e quindi penso che valga la pena parlarne.

Com’è

Aspetto

La BMW K1200GT fu introdotta nel 2006 in sostituzione della precedente K1200GT con motore “a sogliola”, ma mentre questa è un adattamento in chiave leggermente più turistica della la K1200RS, una grossa sport tourer con i semimanubri, la nuova nasce fin dall’origine come progetto votato al gran turismo e quindi offre, oltre alle maggiori prestazioni dovute alla meccanica più moderna, parecchio più spazio per passeri e bagagli e una posizione di guida più rilassata, il tutto con un peso inferiore, 282 kg contro 300.

BMW K1200GT

Le linee, frutto della matita del designer americano David Robb, sono severe ed elaborate allo stesso tempo. Caratteristici sono il trave del telaio basso e quasi orizzontale, che spezza la fiancata in modo inconsueto e tipico della serie K frontemarcia, l’ampio parabrezza regolabile elettricamente, il grande gruppo ottico appuntito, le fiancate grandi, piatte e squadrate che nascondono interamente il motore, lasciando parzialmente scoperto solo il comparto cambio-frizione, il finto serbatoio bicolore – come di consueto in BMW è una carenatura che alloggia anche la batteria – con la parte superiore in tinta con la carenatura e quella inferiore disponibile in due diverse tonalità di grigio insieme ai fianchetti, lo scarico cilindrico, montato più orizzontale che sugli altri modelli della serie, per lasciare spazio alle grandi valigie Touring – le stesse presenti sulla contemporanea R1200RT – l’elegante forcellone monobraccio a quadrilatero Paralever e le belle ruote in lega a dieci razze. La riuscita estetica complessiva è a mio parere inferiore a quella della K1200S, più pulita ed essenziale, ma è comunque una moto che attira molti sguardi per l’originalità e anche perché è assai meno diffusa di altri modelli della Casa bavarese.

BMW K1200GT

Dotazione

La K1200GT è caratterizzata da una dotazione di accessori sterminata per l’epoca. In particolare, il Model Year 2007 oggetto della prova disponeva della seguente dotazione di serie:

  • sistema frenante semintegrale con ABS
  • impianto elettrico Single-Wire-System con tecnologia CAN-bus
  • parabrezza regolabile elettricamente in altezza
  • immobilizer EWS
  • presa elettrica DIN
  • sella del pilota regolabile in altezza in due posizioni
  • manubrio regolabile in altezza
  • valigie laterali Touring in tinta con la moto
  • portapacchi

A richiesta era possibile avere i seguenti accessori:

  • controllo elettronico della trazione ASC (Automatic Stability Control)
  • sospensioni regolabili elettricamente ESA (Electronic Suspension Adjustment)
  • sistema per il controllo della pressione degli pneumatici RDC
  • cruise control
  • faro anabbagliante allo xeno
  • computer di bordo
  • manopole riscaldabili
  • sella bassa
  • selle riscaldabili separatamente, quella posteriore con un comando azionabile direttamente dal passeggero
  • parabrezza alto
  • antifurto
  • predisposizione per il montaggio del navigatore Garmin BMW Navigator II
  • topcase grande color alluminio e nero
  • topcase piccolo nero
  • borsa serbatoio
  • presa elettrica DIN supplementare

Ciclistica

La K 1200GT ha l’intera meccanica in comune con le K1200S ed R, con i lievi adattamenti dovuti alla diversa destinazione d’uso.

La ciclistica si basa su un telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, al quale è ancorato inferiormente il motore con funzione di irrigidimento, ma non portante. Una sua evidente particolarità è la presenza di una specie di collo d’oca anteriore, che serve ad alloggiare il corto cannotto di sterzo tipico dell’avantreno Duolever, descritto più avanti. La posizione particolarmente bassa del propulsore consente alle travi di essere basse, orizzontali e vicine tra loro, a vantaggio della snellezza della moto. Posteriormente è imbullonato un telaietto reggisella di alluminio estruso, mentre una struttura in materiale plastico sostiene la carenatura anteriore. Completano la ciclistica il monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.

BMW K1200GT chassis

La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo dell’ammortizzatore, del tutto analogo al sistema Honda Pro-Link e assente sulle BMW diverse dalle K frontemarcia.

BMW K1200GT Paralever
Sospensione Paralever della BMW K1200GT. Si noti a sinistra il triangolo del leveraggio progressivo

La sospensione Duolever costituisce il perfezionamento di uno schema inventato dall’inglese Norman Hossack alla fine degli anni ’70. Essa è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a due bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. In sostanza, si tratta di una sospensione a quadrilateri deformabili simile a quelle che si vedono sulle Formula 1, ma disposta longitudinalmente e in grado di sterzare.

BMW K1200S Duolever
Sospensione Duolever, qui sulla BMW K1200S

Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:

  • una rigidità torsionale nettamente superiore
  • quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove quasi verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti positivi per la stabilità:
    • l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
    • mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
  • in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un molleggio sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.

  • escursione anteriore 115 mm
  • escursione posteriore 125 mm
  • interasse 1571 mm
  • avancorsa 112 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 29,4°

Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo, simile a quella di una Harley-Davidson Sportster 883 (!). Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità e dallo sterzo più pesante – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di maggiori confort e stabilità. Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, per rendere lo sterzo più leggero alle basse velocità e perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi troppe remore al riguardo.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 180/55 ZR 17 su cerchio da 5,5 x 17” al posteriore.

La moto pesa 288 kg in ordine di marcia, con il pieno di benzina e senza valigie.

Motore

La K1200GT adotta lo stesso motore delle K1200S ed R, ma con una diversa fasatura dell’albero a camme, per favorire la coppia in basso. Si tratta di un 4 cilindri in linea bialbero a 16 valvole montato trasversalmente e inclinato di 55° in avanti rispetto alla verticale, per abbassare il baricentro. La lubrificazione è a carter secco, sistema che consente una lubrificazione ottimale anche nelle accelerazioni più estreme ed elimina la necessità della coppa dell’olio, consentendo di montare il motore molto in basso. La distribuzione è mossa da una catena che collega l’albero motore al solo albero a camme dello scarico, che a sua volta muove quello dell’aspirazione mediante una coppia di ingranaggi, mentre le valvole, con un angolo tra aspirazione e scarico di 23°, sono azionate mediante l’interposizione di bilancieri a dito. Due contrappesi realizzati come ingranaggi muovono la trasmissione primaria al cambio e due alberi di equilibratura posti più in basso dell’albero motore, uno davanti e uno dietro.

BMW K1200 engine

L’alesaggio di 79 mm e la corsa di 59 mm determinano una cilindrata totale di 1.157 cc con un rapporto di compressione record di 13:1. La potenza massima è di 152 CV a 9.500 giri/min con il limitatore fissato a 10.000 giri, mentre la curva di coppia massima, che ha il picco di 130 Nm a 7.750 giri/min, presenta un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo e sfiora i 100 Nm già a 2500 giri. Questi valori facevano della K1200GT la più potente tourer in commercio e rimangono di assoluto rilievo anche oggi.

BMW K1200GT power torque

Le K sono equipaggiate con un impianto d’iniezione sequenziale particolarmente avanzato per l’epoca, ma non dispone di mappature differenziate e il comando del gas agisce via cavo. La moto però è dotata di un limitatore della coppia, costituito da un pistoncino governato elettronicamente, che nelle prime tre marce modula l’apertura delle valvole a farfalla in caso di apertura brusca o eccessiva del gas.

Trasmissione

Il cambio è estraibile, soluzione di solito presente sui motori da competizione, ha due alberi e presenta la particolarità di avere una coppia conica sull’albero secondario, resa necessaria dal posizionamento trasversale del motore. Per compensare la perdita di rendimento dovuta a questa, gli ingranaggi della trasmissione primaria e del cambio sono tutti a denti dritti e ciò produce il caratteristico sibilo delle K frontemarcia, avvertibile alle velocità di crociera.

BMW K1200 engine

I rapporti di trasmissione sono i seguenti:

MARCIARAPPORTO
Riduzione primaria1,559
1a2,294
2a1,789
3a1,458
4a1,240
5a1,094
6a0,971
Coppia conica cambio1,045
Riduzione finale2,820

Si noti che la coppia conica citata induce una leggera demoltiplicazione, di cui bisogna tenere conto per calcolare la rapportatura finale alla ruota.

Le marce sono abbastanza ravvicinate e con sesta di potenza e sono spaziate tra loro in modo perfettamente uniforme. Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore esprime la potenza massima e raggiunge il limitatore sono le seguenti.

MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 9.500 giri/’Velocità a 10.000 giri/’
1a11,3107,0112,6
2a14,4137,2144,4
3a17,7168,4177,2
4a20,8198,0208,4
5a23,6224,4236,2
6a26,6252,8266,1 (teorica)

Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura rendono possibile viaggiare praticamente sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.

La frizione è multidisco in bagno d’olio ed è azionata da una pompa idraulica.

La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.

Freni

La K1200GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 294 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica. Come tradizione sulle BMW, ciascun disco è montato senza flangia, direttamente su supporti presenti nel cerchio.

BMW K1200GT front brake
BMW K1200GT rear brake

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva al manubrio che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre sulle BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)

Parlare di ADAS su una moto del 2007 è un bell’anacronismo, però la K1200GT poteva essere equipaggiata in modo già molto moderno e ben più completo delle sue concorrenti dell’epoca. Manca una piattaforma inerziale, ancora non utilizzata all’epoca, e per tale motivo tutti gli aiuti elettronici non tengono conto dell’inclinazione della moto e quindi non funzionano in curva con l’accuratezza di intervento dei sistemi attuali.

  • Integral ABS – sistema frenante antibloccaggio semintegrale con controllo del sollevamento della ruota posteriore e bilanciamento automatico della frenata sui due assi in funzione del carico
  • ASC (Automatic Stability Control) – controllo automatico della trazione (a richiesta)
  • RDC – monitoraggio della pressione degli pneumatici (a richiesta)
  • Cruise Control (a richiesta)
  • ESA (Electronic Suspension Adjustment, a richiesta) – Permette di regolare le sospensioni in funzione del carico su tre posizioni predeterminate – solo pilota, pilota con bagagli, pilota con passeggero e bagagli – e di scegliere fra tre diverse tarature della frenatura idraulica – Comfort, Normal e Sport.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli fuori standard delle BMW dell’epoca. I comandi standard sarebbero comparsi solo sulla K1300GT del 2009.

BMW K1200GT commands left

Il blocchetto di sinistra alloggia:

  • In alto:
    • i comandi del cruise control optional, che come di consueto permette di impostare la velocità, di accelerare o decelerare continuamente o a salti di 1,6 km/h e di richiamare l’ultima velocità memorizzata in precedenza
    • il tasto per la regolazione delle sospensioni ESA
  • davanti:
    • il tasto a bilanciere per la commutazione abbaglianti/anabbagliante e per il lampeggio
    • il tasto a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza
    • il pulsante del clacson (un po’ meglio della media che si sente in giro adesso, ma sempre deludente)
    • il pulsante per l’inserimento dell’indicatore di direzione sinistro
  • in un elemento supplementare posto a destra del blocchetto, il tasto per inserire o disinserire l’ASC optional
BMW K1200GT commands right

Il blocchetto di destra alloggia:

  • in alto:
    • il tasto per la selezione del computer di bordo
    • il tasto per l’accensione con la tradizionale levetta anulare per lo spegnimento d’emergenza
  • davanti:
    • il cursore per il riscaldamento della sella del pilota su due livelli
    • il tasto a bilanciere per il riscaldamento delle manopole su due livelli
    • il tasto per lo spegnimento degli indicatori di direzione
    • il tasto per l’inserimento dell’indicatore di direzione destro

Gli indicatori di direzione si spengono comunque da soli dopo 10 secondi o 200 metri. La scelta è corretta se si guida da soli, ma se si è in gruppo e si vuole segnalare in anticipo l’uscita dall’autostrada, bisogna ripetere l’inserimento. Premendo insieme i due comandi degli indicatori di direzione si attiva il lampeggio di emergenza, che è disattivato dal pulsante di spegnimento a destra, mentre se si tiene premuto per due secondi il comando sinistro dopo aver spento il quadro, si attivano le luci di parcheggio. Inoltre, sono presenti due pulsanti sotto alla strumentazione, di cui il sinistro serve a selezionare e azzerare i due contachilometri parziali, mentre il destro regola l’illuminazione degli strumenti e l’ora.

Nonostante la stranezza di alcuni comandi e in particolare di quello delle frecce, il tutto è abbastanza pratico, ma richiede ai non BMWisti un bel po’ per farci l’abitudine.

Strumentazione

Nel 2006 si era ancora lontani dall’usare i cruscotti TFT sulle moto. Esistevano però i display LCD monocolore, il primo dei quali era stato adottato sulla Yamaha R1 del 1998. Mostrava la velocità in cifre, ma conservava un grande contagiri a lancetta, considerato a ragione più preciso dei rozzi indicatori a barre disponibili all’epoca. Il layout della R1 divenne molto diffuso tra le moto e lo era ancora nel 2010, quando uscì la supersportiva S1000RR dotata appunto di un cruscotto del genere. Ma fino a quell’anno – e per un po’ anche oltre – BMW, marchio snob per definizione, aveva continuato imperterrita a utilizzare anche la lancetta del tachimetro su tutti i suoi modelli – solo sulle HP2 Sport e sulle K1300S ed R era disponibile a richiesta dal 2008 una strumentazione completamente digitale.

BMW K1200GT dashboard

La strumentazione della K1200GT è analoga a quella della coeva R1200RT, ma impreziosita da una mascherina che incornicia le varie sezioni ed è dotata di palpebre che eliminano l’irraggiamento solare, ma non i riflessi. Il disegno a mio parere non è esaltante, però fornisce una quantità di informazioni maggiore della media dell’epoca. Il cruscotto comprende:

  • ai lati, due strumenti analogici per il tachimetro e il contagiri
  • al centro in alto, un pannello contenente le seguenti spie di controllo:
    • indicatori di direzione destro e sinistro
    • fari abbaglianti
    • folle
    • ABS
    • ASC
    • usura pastiglie freni anteriori
    • triangolo di avvertimento generale, giallo per gli avvisi meno importanti (riserva ecc.) e rosso per quelli critici
  • al centro in basso, un display che mostra:
    • gli eventuali testi di avviso che accompagnano l’accensione del triangolo di avvertimento generale
    • un dato del computer di bordo (a richiesta), selezionabile con il pulsante sul blocchetto destro tra temperatura ambiente, autonomia residua, velocità media, consumo medio, livello olio e, se l’RDC è presente, la pressione degli pneumatici
    • uno dei due contachilometri parziali, selezionabili mediante il pulsante sinistro della strumentazione
    • il contachilometri totale
    • l’orologio
    • l’indicatore del riscaldamento delle selle (a richiesta)
    • l’indicatore della regolazione delle sospensioni ESA (a richiesta)
    • due indicatori digitali per livello carburante e temperatura liquido di raffreddamento.

La retroilluminazione, di un piacevole color ambra, è attivata da un sensore crepuscolare.

Illuminazione

BMW K1200GT headlight

Il grande gruppo ottico anteriore comprende due fari abbaglianti, un anabbagliante e gli indicatori di direzione. In un’epoca in cui le luci LED ancora non erano state introdotte nell’automotive, la K1200GT era l’unica moto al mondo – insieme alla K1200LT – che poteva essere equipaggiata a richiesta con il faro anabbagliante allo xeno, senza dubbio più potente e bianco di quello standard, anche se ancora abbastanza lontano dai livelli radiografici raggiunti dai sistemi attuali. Il fascio luminoso è uniforme e la portata del doppio abbagliante è notevole e nettamente superiore a quella di tutte le altre BMW dell’epoca, con l’eccezione della K1200S che ha un gruppo ottico analogo, anche se privo dello xeno.

Il gruppo ottico posteriore, simile come impostazione a quello della R1200RT, ma più raccolto, incorpora anche gli indicatori di direzione.

Posizione di guida

La sella, rastremata nella parte anteriore e molto ben imbottita, anche se non cedevole, è regolabile in altezza in due posizioni (80 e 82 cm) senza bisogno di attrezzi, semplicemente spostandola su attacchi di diversa altezza dopo aver smontato la sella posteriore. È anche disponibile una sella più alta di due cm, quindi con un’altezza massima di 84 cm, sicuramente raccomandabile per gli alti.

BMW K1200GT seats

Il manubrio, meno distante dalla sella che sulla precedente K1200GT, è ampio e abbastanza aperto e dispone di un originale sistema per la regolazione in altezza e distanza dal pilota su quattro posizioni per un totale di 40 mm in verticale e circa 30 in orizzontale, agendo su due bulloni con una chiave torx in dotazione.

BMW K1200GT handlebar adjustment

Le pedane sono abbastanza rialzate e arretrate, quasi a livello di una naked sportiva, e non sono regolabili. La posizione di guida che ne risulta è molto particolare e diversa da quella delle altre tourer, con il busto un po’ inclinato in avanti, i piedi arretrati e le ginocchia piuttosto flesse.

BMW K1200GT

Gli specchi sono ben fatti e molto ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono un’ottima visuale.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella separata piuttosto ampia e comoda, dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane correttamente distanziate e con un angolo del ginocchio più favorevole rispetto al pilota. Se è presente il riscaldamento optional, può impostare il proprio su due livelli con un pulsante a bilanciere posto dietro alla sella, in posizione facilmente raggiungibile. Un indicatore sul cruscotto ricorda al pilota di spegnere il riscaldamento posteriore una volta che il passeggero è sceso e lo ha lasciato invariabilmente acceso.

Capacità di carico

La K1200GT è equipaggiata di serie le valigie Touring in tinta con la carenatura. Perfettamente simmetriche tra loro e ciascuna in grado di contenere comodamente qualsiasi casco integrale. Inoltre, ci sono un vano relativamente ampio con serratura, posto sulla carena a destra del manubrio e un po’ di spazio sotto la sella del passeggero. Tutte le serrature di bordo si aprono con la chiave di accensione.

BMW K1200GT side case
Valigia Touring

Nel catalogo aftermarket sono tuttora disponibili due topcase, uno nero da 28 litri in grado di contenere un casco e uno argento e nero 49 litri in grado di accoglierne due, e le relative borse interne. I topcase hanno le serrature ricodificabili presso le concessionarie BMW, in modo da poter essere gestite con la chiave della moto.

BMW K1200GT topcase small
Topcase piccolo

Tutte le valigie sono pratiche, molto solide e si smontano e rimontano molto facilmente sugli attacchi dedicati, ma sono molto grandi in rapporto al volume interno, perché hanno una doppia parete che, tra l’altro, contiene i meccanismi di aggancio e chiusura. Per tale ragione sono anche particolarmente pesanti, 6 kg ciascuna le valigie e 11 kg il topcase grande. Ecco perché sulla mia K1200GT c’è un Givi V47, che ha pressoché la stessa capienza, ma pesa solo 3 kg.

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Come va

Motore

Il motore si avvia prontamente, ha un minimo leggermente irregolare intorno ai 1100 giri/min e all’apertura del gas prende i giri molto rapidamente. La rumorosità meccanica è evidente, l’aspirazione è inavvertibile e inferiore alle altre K mentre il tono di scarico non è eccessivo. In movimento, il quattro in linea accetta ovviamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile riprendere in 6° dal regime minimo (circa 30 km/h!) senza sussulti e con un livello di vibrazioni decisamente ridotto. Da lì in poi la spinta è potente e regolare, cresce progressivamente senza il minimo salto e non si affievolisce praticamente fino ai 10.000 giri del limitatore.

Non ci sono mappature, ma il motore molto regolare e pastoso – qui le irregolarità a basso regime tipiche delle altre K1200 frontemarcia sono pressoché assenti – e il gas abbastanza diretto consentono un controllo perfetto in ogni situazione. La mia K non ha il controllo di trazione, ma la gestibilità del motore non ne fa sentire la mancanza nonostante la coppia elevata. Ovviamente, sul bagnato occore fare attenzione ad evitare brusche aperture del gas, altrimenti è possibile innescare derapate anche con le marce alte. Questo fatto e il peso sono le uniche cose che rendono la guida di questa moto sconsigliata ai principianti.

Il sistema di raffreddamento è ben studiato, perché a ventola accesa non ci sono flussi d’aria calda diretti verso le gambe o i piedi e anche il calore emanato dal motore attraverso il telaio è praticamente nullo – specie se si tiene conto della potenza disponibile – e si nota solo quando fa veramente caldo.

Accelerazione

La K1200GT è relativamente pesante e ha la prima abbastanza lunga, perciò quando si cerca la massima accelerazione, lo spunto iniziale, pur aiutato da una frizione ben modulabile, non è mozzafiato come sulle K1600, che a fronte di un peso maggiore ha la prima corta e una coppia massima decisamente superiore a qualsiasi regime. La quattro cilindri però ha molto più allungo e quindi riesce comunque a ottenere tempi di accelerazione impressionanti per una tourer, specialmente al crescere della velocità. Credo davvero che buona parte degli esemplari prodotti trascorra l’intera esistenza senza mai superare i 7.000 giri.

Nel corso della prova ho raggiunto i 100 km/h con partenza da fermo in 3,87 s e 52,6 m – in prima! – e i 200 km/h con partenza da fermo in 12,46 s e 437,8 m. Per fare un paragone, nella mia recente prova della K1600B sono riuscito a spuntare lo 0-100 in 3,8 s. Per migliorare tempi del genere, ci vuole una hypernaked o una supersportiva, ma con queste bisogna combattere la tendenza all’impennata, mentre sulla K l’accelerazione è resa facile dal baricentro basso e dall’interasse lungo, che insieme congiurano contro il sollevamento della ruota anteriore.

Ripresa nel rapporto superiore

La 6a relativamente corta della K1200GT (26,6 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla K1200GT prestazioni in ripresa notevoli nonostante il peso.

Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,73 s e ciò consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare. Inoltre, il livello di vibrazioni davvero basso consente di tenere la 6a praticamente sempre

Trasmissione

La frizione è abbastanza morbida – anche se non come quelle delle BMW attuali – e perfettamente modulabile. Sul mio esemplare non ho riscontrato i problemi di rumorosità e vibrazioni che affliggevano le mie K1200R ed S. Dato che rispetto al 2007 la frizione è stata modificata due volte, sospetto che il precedente proprietario l’abbia aggiornata.

Il cambio è preciso e dalla corsa abbastanza corta, ma è rumoroso. In particolare, l’innesto della prima da fermo produce un “clonk” decisamente evidente, che non scompare nemmeno tirando la frizione con largo anticipo, mentre con le altre marce si riescono a ottenere innesti silenziosi solo se si ha mestiere. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto, come ad esempio la K1600 a sei cilindri, che ha la 5a molto lunga e vicina alla 6a.

La trasmissione finale a cardano ha giochi ridotti, è perfettamente silenziosa – non produce i “clak” si sentono sulla K1600 – e in generale funziona in modo da non fare mai rimpiangere mai la catena.

Freni

La frenata della K1200GT è abbastanza pronta, molto potente, perfettamente modulabile ed estremamente resistente. Il baricentro molto basso e l’interasse lungo riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore, comunque tenuto a bada dall’ABS. Per fermarsi dai 120 km/h le occorrono 4,00 s e 68,33 m, cioè praticamente come la S1000R e non siamo molto lontani dai valori eccezionali rilevati con la Guzzi V100 Mandello.

La decelerazione media è intorno agli 0,9g e l’assetto in frenata è assolutamente irreprensibile, grazie all’interasse lungo, alla sospensione Duolever e in generale all’ottimo assetto. La frenata integrale è molto ben fatta, perché consente di avere un comportamento perfettamente bilanciato dei freni usando solo la leva al manubrio, mentre il pedale consente di timonare efficacemente in curva. L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering all’epoca non era disponibile, quindi è interessante notare la differenza: qui se si pinza violentemente con l’anteriore in piega la moto si scompone eccome; sull’asfalto asciutto non si rischia più di tanto, spavento a parte, ma sul bagnato è un accessorio che sicuramente fa la differenza per un principiante e comiunque per chi non è allenato alla guida sportiva.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della K1200GT è relativamente leggero anche alle bassissime velocità – il trucco sta nella forte inclinazione dell’asse di sterzo – pronto quanto serve ed estremamente preciso anche alle alte velocità. La sospensione Duolever ammette un po’ di affondamento e consente di sentire l’avantreno piuttosto bene, più che con il Telelever delle R e della vecchia K1200GT a sogliola.

Il molleggio, che ovviamente è di tipo non adattivo, realizza un compromesso di livello eccellente. La moto è tendenzialmente un po’ più rigida delle GS e delle RT dell’epoca, ma l’assorbimento delle sconnessioni rimane di livello superiore per una stradale, anche se non raggiunge i livelli delle maxienduro, la le cui sospensioni dispongono di escursioni nettamente più ampie. Sullo sconnesso duro si nota l’azione del leveraggio progressivo, che impedisce al mono posteriore di andare a pacco brutalmente.

Se è presente il sistema ESA, le differenze tra una regolazione e l’altra non sono estreme. In Comfort la moto è morbida, ma è comunque assente qualsiasi sensazione di galleggiamento, e diventa leggermente più ferma in Road e ancora un po’ più rigida in Sport, ma comunque senza mai diventare veramente scomoda. Con le sospensioni standard, la regolazione del freno idraulico posteriore consente praticamente di ottenere uno qualsiasi dei comportamenti sopra descritti.

In città

La K1600GT è pesante e lunga, ma in città si muove sorprendentemente bene, grazie alla sella non troppo alta e piuttosto stretta anteriormente, al baricentro molto basso – ho misurato personalmente 54,1 cm da terra – allo sterzo sempre abbastanza leggero, all’ampio angolo di sterzata e alla facilità di gestione di gas e frizione e, in assenza di valigie, alla snellezza della carenatura, che è assai più stretta di quella delle RT e, in misura minore, anche delle K1600. Occorre naturalmente un po’ di mestiere per evitare di sbilanciare la moto nelle situazioni più critiche, ma tutto è parecchio più semplice che sulle sei cilindri, che nel 2010 pesavano fra i 31 e i 60 kg in più, e poi sono state ulteriormente accessoriate e appesantite.

Nei trasferimenti extraurbani

A 130 km/h in 6a si viaggia a 4.900 giri/min, un valore non particolarmente contenuto, ma a tale velocità il motore praticamente non si sente, grazie alla relativa silenziosità dello carico, sensibilmente inferiore a quella delle BMW successive, R1200/1250RT e K1600 incluse. Grazie a questo fatto, alla disponibilità di spazio a bordo, alla qualità delle selle e del molleggio, alla protezione dall’aria di ottimo livello, alle vibrazioni sempre piuttosto contenute – senz’altro molto più vicine alle sei cilindri che a qualsiasi boxer – e all’abbondanza di accessori che semplificano la vita a bordo, la K1200GT è senz’altro una delle moto più comode mai costruite, ivi compresi mostri sacri come le K1600 e le Honda Gold Wing. Tutte queste qualità, unite alla potenza esuberante del motore e al rigore assoluto della ciclistica, consentono velocità di crociera impressionanti e difficilmente eguagliabili. L’unico neo in tanta perfezione è la posizione relativamente relativamente alta e arretrata delle pedane, che costringe le ginocchia ad un angolo più chiuso rispetto a tutte le concorrenti, anche se la regolazione in altezza della seduta e la disponibilità di una sella alta consentono di evitare che ciò diventi un problema per i più alti.

Nel misto

So che è difficile crederlo, ma posso garantire che la K1200GT è una belva molto efficace anche nella guida sportiva sul misto. È ovvio che essa dia il meglio di sé nel misto veloce, ma le sue caratteristiche la rendono insospettabilente efficace anche nello stretto, grazie alla precisione di guida, allo sterzo leggero, all’ottimo controllo delle masse sospese, alla possibilità di entrare fortemente pinzati in piega senza problemi garantita dall’avantreno Duolever, a motore e freni di prim’ordine e all’elevata luce a terra garantita dalla carenatura relativamente snella e dalle pedane piuttosto alte. A tale riguardo, se la posizione di queste può limitare un po’ il confort dei più lunghi di gamba, esse ripagano con gli interessi nella guida sportiva, perché il pilota può caricare il proprio peso con particolare efficacia in curva.

BMW K1200GT

Consumi

Nonostante la 6a di potenza, la K1200GT consuma poco rispetto alle concorrenti dell’epoca e si difende bene anche contro la concorrenza attuale. A parabrezza alzato i consumi peggiorano leggermente. Questi i valori a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo, che è di un buon 10% ottimista:

  • a 90 km/h e parabrezza basso 4,0 l/100 km (25 km/l)
  • 90 km/h e parabrezza alto 4,1 l/100 km (24,4 km/l)
  • a 130 km/h con il parabrezza basso 5,1 l/100 km (19,6 km/l)
  • a 130 km/h con il parabrezza alto 5,3 l/100 km (18,9 km/l)

Il consumo tipico nella guida di tutti i giorni è intorno ai 19 km/l su statale, 17 km/l in autostrada e 13-14 km/l in città, con una media nell’uso misto tra i 16 e i 18 km/l. Il serbatoio da 24 litri consente percorrenze medie sui 400 km.

Conclusioni

GT significa Gran Turismo e questo è esattamente quello che questa moto sa fare: viaggiare alla grande. L’insieme che essa offre di prestazioni di assoluto rilievo, confort eccellente, posizione di guida sportiveggiante, vibrazioni molto limitate e comportamento irreprensibile in tutte le situazioni della guida è a mio parere imbattibile. L’unica moto che offre tutte le stesse qualità è la K1300GT, che le è subentrata alla fine del 2008, sostanzialmente uguale, ma con qualche cavallo e kgm in più. La K1600GT, che ha sostituito la K1300GT dopo soli due anni dal suo lancio, ha una dotazione elettronica più moderna – che comunque sarebbe stata ugualmente adottata sulla K1300GT, se fosse rimasta in listino – si guida altrettanto bene e ha un magnifico e vellutato sei cilindri in linea, ma è più assetata e pesa parecchio di più, tanto da richiedere molta più attenzione nelle manovre. Capisco il prestigio di avere un motore del genere nella gamma, ma togliere le quattro cilindri fu un atto di ingratitudine nei confronti dei loro neoproprietari e una perdita per il motociclismo in generale.

Oggi le sport tourer non sono più di moda, il mercato delle moto da viaggio vuole solo maxienduro e crossover. La gente sogna la libertà di andare dove vuole e le case costruttrici si adeguano, anche se poi la maggior parte di queste fabbriche di sogni non lasciano mai l’asfalto. È un po’ come per le auto, dove SUV e fuoristrada vendono più dei modelli normali, che però tengono molto meglio la strada e consumano nettamente di meno. Ma il mercato delle quattro ruote ha comunque volumi enormi e consente comunque a tutti di trovare modelli adatti ai propri gusti, mentre nelle due ruote, dove i numeri sono al confronto esigui, gli amanti delle Gran Turismo sono condannati ad attaccarsi al passato o a turarsi il naso e comprare mezzi che fanno un sacco di scena, ma non offrono lo stesso piacere alla guida.

Pregi

  • Moto solida e ben costruita
  • Motore potente ed elastico
  • Frenata integrale potente, equilibrata, ben modulabile e resistente
  • Eccellente maneggevolezza in rapporto al peso
  • Guida molto efficace anche nel misto
  • Confort superiore
  • Dotazione di accessori notevole per l’epoca e ancora valida oggi

Difetti

  • Comandi elettrici non standard
  • Indicatori di direzione che si disinseriscono un po’ troppo presto in alcune circostanze
  • Innesto della prima rumoroso.

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Una riflessione su TFT e infotainment

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Nello scrivere la recensione della mia BMW K1200GT del 2007, dotata della sua brava strumentazione a lancette, mi è venuto spontaneo fare una riflessione sull’uso dell’infotainment nei veicoli moderni, e dato che l’argomento è di interesse generale e non riguarda solo chi è interessato alle K, ho preferito ricavarne un articolo a parte.

Cruscotto della K1200GT 2007

All’epoca il digitale era entrato da qualche anno nelle strumentazioni, però si trattava di LCD monocromatici, che di solito affiancavano soltanto il tradizionale contagiri a lancetta e, soprattutto, non era prevista la possibilità di connessione con lo smartphone, tipica della produzione attuale. Certo, al paragone con i display TFT attuali, le strumentazioni degli anni 2000 sembrano residuati della Grande Guerra. Però mi chiedo: con questi fantastici schermi che mostrano tutto in Technicolor, la vita a bordo è davvero migliore? Fuffa a parte, secondo me no, per diverse ragioni, e il discorso vale sia sulle moto che sulle auto.

Innanzitutto, grafica a parte, la quantità di informazioni utili alla guida a disposizione su una strumentazione moderna è la stessa identica che ho sulla mia K e su qualsiasi altra buona strumentazione dell’epoca. Ciò che cambia veramente è l’aggiunta di informazioni accessorie, cioè l’infotainment e la navigazione GPS, ma la loro introduzione è proprio la causa principale dei problemi che sorgono nell’uso dei moderni display. Infatti, la necessità di gestire una mole enorme di informazioni ha costretto i costruttori ad implementare complicati menù per la loro gestione, e per quanto si siano sforzati per semplificarne l’uso, introducendo rotelloni, joystick e simili, la navigazione rimane un fatto che richiede tanto tempo e attenzione, distraendo dalla guida, senza contare il tempo perso a studiarsi almeno a grandi linee le decine di pagine (46 sulla BMW R1200GS e oltre 60 sulla Moto Guzzi V100 Mandello!) che ogni manuale ormai dedica all’argomento.

Inoltre, l’infotainment e la navigazione GPS fanno affidamento sullo smartphone e quindi richiedono il suo accoppiamento con il sistema bluetooth alla strumentazione, oltre che al sistema vivavoce installato nel casco del pilota. Ora, di tecnologia ne mastico un po’, ma fino ad oggi non ho trovato una sola moto o auto dove la connessione tra smartphone e strumentazione di bordo non mi abbia dato problemi, non solo in fase di prima installazione, ma anche nell’uso normale. Innanitutto, occorre studiare il manuale e perdere tempo per capire come si fa. Poi bisogna ralizzare la connessione, e alzi la mano chi ci è riuscito la prima volta. Poi ci sono le mancate riconnessioni alla ripartenza, con conseguente, macchinoso disaccoppiamento e ripetizione della procedura, un problema che non dovrebbe nemmeno esistere, ma è esperienza frequente. Inoltre, la manovra delle funzioni dello smartphone attraverso la strumentazione è molto più macchinosa di quella possibile sullo smartphone stesso.

Come se tutto questo non bastasse, la visualizzazione della mappa del navigatore sul display TFT avviene spesso solo sotto forma di pittogrammi e indicazioni scritte, ma anche nei casi in cui è riprodotta una mappa, questa non è la stessa che si vede in Google Maps o in Waze e di solito manca di alcune informazioni importanti e in particolare di quelle relative agli autovelox.

Schermata del navigatore su una BMW R1250GS

Ma allora, non è meglio lasciare alla strumentazione i suoi compiti tradizionali, e usare direttamente lo smartphone per tutto il resto? È esattamente ciò che faccio sulla mia K e mi trovo benissimo, molto meglio che su una moto attuale. L’ho installato sul manubrio in posizione perfetta, utilizzando la basetta del navigatore originale BMW, sulla quale ho montato un supporto della Quad Lock, con un innesto a baionetta che si aggancia a una robustissima cover dedicata e non può sganciarsi accidentalmente in alcun modo. Inolte ho montato una presa USB stagna per la ricarica, che comunque sugli smartphone più moderni può essere fatta anche con il sistema wireless.

Supporto Quad Lock
Lo smartphone montato sul supporto

Il montaggio all’aria aperta fa sì che il telefono non vada in surriscaldamento. Una cover di gomma trasparente protegge il telefono in caso di pioggia battente, anche se a dire il vero non l’ho mai usata, perché sulle grandi tourer è quasi impossibile che si bagni. La maggior parte dei guanti tecnici attuali consente l’uso del display senza grossi problemi. Scrivere non è possibile, ma di solito la destinazione si imposta prima della partenza, e comunque Waze e Google Maps accettano i comandi vocali e hanno pulsanti grandi e azionabili anche con i guanti, e lo stesso vale per i comandi principali dei migliori lettori di musica.

Di recente, BMW ha iniziato ad offrire in aftermarket un supporto per smartphone che ne consente l’uso tramite il rotellone Multicontroller. Potrebbe essere l’inizio di un ripensamento? Lo spero proprio.

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Breve storia delle BMW K

Antefatti

BMW è indissolubilmente legata al boxer a due cilindri, ma non molti sanno che questo tipo di motore in realtà era stato brevettato da Karl Benz – sì, proprio quello della Mercedes-Benz – nel 1896 ed era già piuttosto diffuso nel settore delle due ruote prima che BMW iniziasse a progettare motociclette. Esso però era disposto longitudinalmente, con un cilindro davanti e uno dietro, perché ciò consentiva di azionare la ruota posteriore attraverso una semplice catena, come avviene di solito sulle moto.

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Bayerische Flugzeugwerke Helios del 1921 con motore boxer longitudinale

Come si può facilmente immaginare, tale configurazione dava problemi di raffreddamento al cilindro posteriore, perciò, quando la Casa, che fabbricava motori di tutti i generi – si chiamava appunto Bayerische Motoren Werke, cioè Fabbrica di Motori Bavarese – decise di realizzare una propria motocicletta, il responsabile del progetto, Max Fritz, scelse di installare il boxer trasversalmente. Nacque così nel 1923 la R32, la prima moto BMW, che inaugurò lo schema meccanico ancora usato nella serie R ai nostri giorni.

In effetti, questa architettura offre molti vantaggi rispetto agli altri bicilindrici: basso baricentro, poche vibrazioni, ottima regolarità anche ai bassi regimi, perfetto raffreddamento dinamico ed estrema facilità di accesso alle parti meccaniche di più frequente manutenzione, cioè le candele e le valvole. Il principale svantaggio è che la disposizione longitudinale dell’albero motore rende necessario inserire una coppia conica – cioè due ingranaggi angolati a 90° – all’uscita del cambio, per avere il pignone orientato correttamente, soluzione costosa sia in termini economici che di assorbimento della potenza. Una volta fatto questo passo, tanto vale eliminare la catena con tutto il suo strascico di seccature e adottare un albero di trasmissione. Ecco il perché dell’indissolubile legame tra boxer e cardano, un’accoppiata che ha fatto di BMW la scelta ideale per viaggiare con pochi problemi e in qualsiasi clima. Non a caso, pur avendo ottenuto numerosi successi nelle competizioni, con il passare del tempo la Casa di Monaco aveva acquistato una solida fama di costruttore di raffinate, comode, potenti e affidabili moto da turismo.

Nascita della serie K

Nel 1968 l’arrivo della straordinaria Honda CB750 Four scosse alle fondamenta il mondo della due ruote. Bella e ben fatta, sfoggiava un modernissimo quattro cilindri in linea potente, affidabile e in grado di offrire un livello di vibrazioni e una regolarità di funzionamento impossibili per i bicilindrici, ma soprattutto costava parecchio meno delle sue possibili concorrenti europee. BMW occupava una nicchia di mercato esclusiva e quindi non soffrì come altri costruttori per l’arrivo di questo modello, ma comunque decise di non stare con le mani in mano e cominciò a studiare nuovi schemi motoristici. Oltre a vari boxer bicilindrici perfezionati, studiò anche un boxer a 4 cilindri (https://www.motociclismo.it/bmw-k-100-1000-69926) e un sensazionale quattro cilindri a V di 168° (https://www.moto.it/news/massimo-clarke-i-boxer-sconosciuti-quarta-parte.html). Tuttavia, le BMW con il classico boxer continuavano a vendere, per cui questi progetti rimasero sulla carta.

Le cose però cambiarono verso fine degli anni ’70, allorché l’introduzione di regolamentazioni antinquinamento particolarmente stringenti negli USA e la sempre maggior diffusione delle pluricilindriche giapponesi, le cui schede tecniche diventavano sempre più irraggiungibili dalla concorrenza mondiale, spinsero la Casa Bavarese a decidere l’adozione di un motore a 4 cilindri. La scelta più naturale sarebbe stata quella di ripescare il boxer 4 cilindri o il 4V a 168° progettati qualche anno prima, ma il primo sarebbe sembrato una scopiazzatura della magnifica Honda GL1000 Gold Wing uscita del 1975, mentre il secondo fu giudicato troppo complesso. Inoltre, BMW non si sarebbe mai abbassata a imitare il quattro in linea trasversale delle altre giapponesi.

Per risolvere il problema, occorreva pensare fuori dagli schemi, e questo fu appunto ciò che Stefan Pachernegg e Josef Fritzenwenger – rispettivamente responsabile del nuovo progetto e della sua parte meccanica – fecero, quando decisero di realizzare un prototipo con il motore preso in prestito da una Peugeot 104.

Peugeot 104

La scelta cadde sull’utilitaria francese, perché il suo propulsore di alluminio a quattro cilindri raffreddato a liquido da 954 cc, oltre a essere compatto e leggero, era montato sotto il cofano con un angolo di ben 72° rispetto alla verticale e quindi era già praticamente pronto per l’uso che i progettisti avevano in mente. Infatti, esso fu montato sul prototipo longitudinalmente e con i cilindri orizzontali, in modo da avere la testata a sinistra e l’albero motore a destra. Questa disposizione, una prima assoluta, era geniale e perfetta per una BMW, perché manteneva il baricentro basso tipico dei boxer, ma in più consentiva una serie di altri vantaggi importanti: straordinaria accessibilità meccanica, regolarità di rotazione e possibilità di potenze elevate tipiche dei quattro cilindri, minor ingombro laterale e facilità di accoppiamento con la trasmissione ad albero. L’idea era assolutamente folle, ma piacque ai Grandi Capi BMW e così fu approvato lo sviluppo del nuovo progetto. Il prototipo Peugeot fu distrutto e di esso non esiste più neanche una fotografia.

Volendo realizzare un quattro cilindri in linea raffreddato a liquido, fu naturale cercare di avvalersi dell’aiuto della divisione auto della Casa. Addirittura, l’idea iniziale fu quella di sviluppare un motore da 1600 cc che potesse essere impiegato sia sulle due che sulle quattro ruote. La cosa però si rivelò non fattibile, perché la sua associazione con una trasmissione motociclistica avrebbe comportato ingombri incompatibili con la statura umana media. Si cominciò quindi a lavorare a un sistema integrato di motore e trasmissione di dimensioni compatte, in tedesco Kompakt, ed è per questo che la lettera K divenne identificativa della nuova serie.

Fin dall’inizio furono previste due varianti: un quattro cilindri 987 cc con 90 CV e un tre cilindri 740 cc con 75 CV, entrambi a corsa lunga con due valvole per cilindro e distribuzione bialbero in testa. Il loro schema presenta diverse particolarità interessanti. Innanzitutto, prima delle BMW K, tutti i motori motociclistici erano sempre stati sostanzialmente simmetrici rispetto al piano longitudinale della moto – con la notevolissima eccezione delle Vespa, che infatti dinamicamente era ed è tuttora un disastro – perché ciò risolve automaticamente qualsiasi problema di bilanciamento trasversale. Invece, il nuovo motore “a sogliola” – così chiamato appunto perché adagiato su un fianco – è fortemente asimmetrico ed è anche sbilanciato, in quanto l’albero motore pesa più di tutto il resto; ecco perché è montato in modo da sporgere un po’ di più a sinistra che a destra.

Sezione del motore K della BMW K100. La linea rossa è la mezzeria della moto

Un’altra caratteristica notevole dello schema meccanico K è il fatto che, diversamente dai motori boxer e V2 Moto Guzzi dell’epoca, la moto non tende a rollare in direzione opposta al senso di rotazione albero motore quando si accelera, grazie al fatto che l’alternatore e la frizione ruotano in senso contrario rispetto ad esso e quindi ne compensano la coppia di rovesciamento. Non si tratta però di una prima assoluta, perché uno schema analogo era già presente fin dal 1975 sulle Honda Gold Wing.

Manovellismi del motore della BMW K75. Si notino i contrappesi sull’albero della trasmissione primaria

Una volta risolto il problema della coppia di rovesciamento, questa disposizione offre un vantaggio interessante, in quanto aumenta la maneggevolezza della moto in curva. Infatti, sulle moto “normali” l’albero motore, che è posto trasversalmente e gira nello stesso verso delle ruote, determina in curva un particolare effetto di precessione giroscopica che impone alla moto di inclinarsi più di quanto dovrebbe a parità di velocità e raggio della traiettoria, riducendone la maneggevolezza (https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/28121/1/Marconi_Edoardo_tesi.pdf).

La nuova serie K introduceva diverse altre particolarità interessanti. Innanzitutto, il motore ha funzione portante, in quanto sostiene il forcellone monobraccio e costituisce l’elemento stressato inferiore di un originale telaio a traliccio. Inoltre, per la prima volta su una BMW venne adottato un impianto di iniezione elettronica, mutuato dai motori automobilistici della Casa.

Gruppo motore-trasmissione della BMW K100
Telaio della BMW K100

Alla sua presentazione, avvenuta nel 1983, la nuova K100 lasciò tutti a bocca aperta. Diversissima dalle altre BMW, non somigliava neanche a qualsiasi moto della concorrenza. La sua meccanica inconfondibile fu lasciata bene in vista anche nelle versioni carenate e l’unione tra il motore dalla forma squadrata – da cui il soprannome inglese “flying brick”, cioè “mattone volante” – e le linee moderne ed eleganti era qualcosa di decisamente unico.

La nascita della serie K fu però vissuta come un vero shock dai clienti più tradizionalisti dell’Elica – cioè la stragrande maggioranza – presi dal terrore che essa avrebbe portato alla fine della serie R con motore boxer. BMW dovette perciò affrettarsi a precisare che la serie K non avrebbe mai soppiantato i modelli tradizionali e, in effetti, le R non sono mai scomparse dal listino e costituiscono ancora oggi il grosso delle vendite della Casa.

Fin da subito furono previsti diversi modelli con la stessa meccanica. La naked K100 fu la prima ad essere presentata, poi seguì la sport-tourer K100RS, che con la sua snella carenatura era la più veloce della serie – 220 km/h nonostante i soli 90 CV – ma offriva anche una protezione aerodinamica eccellente e non a caso fu la più venduta.

BMW K100RS

Seguirono nel 1984 la tourer K100RT, caratterizzata dalla carenatura grande e squadrata, e nel 1986 la sua versione di lusso K100LT.

BMW K100RT

Nel 1985 furono presentate le K75C e K 75S, equipaggiate con il motore a 3 cilindri da 740 cc con 75 CV. La prima era una naked con cupolino e freno posteriore a tamburo, mentre la seconda aveva una mezza carenatura sportiveggiante e il freno posteriore a disco della K100.

BMW K75S

Nel 1986 la K75C perse il cupolino e prese il nome di K75, mentre nel 1989 si aggiunse la tourer K75RT, con carenatura integrale simile a quella della K100RT. Questa serie rimase in listino fino al 1996 senza variazioni di rilievo ed è sempre stata molto apprezzata per le buone prestazioni, i consumi inferiori rispetto alle K100 e il minor livello di vibrazioni, efficacemente smorzate dagli appositi contrappesi posti sull’albero di trasmissione primario.

Evoluzione delle K a sogliola

Per oltre un decennio le K si sono evolute costantemente, ma senza stravolgimenti. Particolarmente importante fu il 1988, anno in cui il primo ABS motociclistico al mondo fu offerto come optional su tutta la gamma K e nacque la K1. Caratterizzata dalla carenatura estremamente aerodinamica comprendente un voluminoso codone smontabile e dalle colorazioni fin troppo vistose – sembrava più l’opera di un preparatore tedesco dai gusti pacchiani, che di un rinomato costruttore di moto di lusso – questa moto decisamente fuori dagli schemi era equipaggiata con freni più efficaci, gomme radiali, sospensione posteriore Paralever con braccio di reazione, mutuata dalle R80/100GS e in grado di evitare il sollevamento del retrotreno in accelerazione indotto della trasmissione a cardano, e un nuovo motore a 16 valvole da 100 CV che, grazie all’eccezionale profilatura aerodinamica, permetteva di raggiungere i 240 km/h. Tutte queste innovazioni vennero successivamente estese anche alle altre K100.

Nel 1991 apparve la luxury tourer K1100LT, seguita l’anno successivo dalla sport tourer K1100RS, entrambe riviste marginalmente nella carenatura e con motore portato a 1093 cc per una maggior coppia, ferma la potenza standard di 100 CV, la massima imposta all’epoca dal legislatore tedesco. In tale occasione scomparve dal listino la versione naked.

BMW K1100RS

Una svolta davvero importante avvenne nel 1996, quando la sport tourer K1100RS venne sostituita dalla K1200RS. Caratterizzata da una nuova carenatura integrale dalle fattezze giunoniche, essa conservava lo schema con motore a sogliola e forcellone monobraccio Paralever, ma per il resto era una bestia completamente nuova.

BMW K1200RS

Il motore, modificato in molte componenti, fu portato a 1171 cc con ben 130 CV. La velocità massima balzava quindi a 250 km/h e questo rese necessario abbandonare il telaio a traliccio in favore di un magnifico e particolarissimo telaio in lega leggera prodotto dall’italiana Verlicchi, con il quale il motore perdeva la sua funzione di elemento stressato e guadagnava il montaggio su silent block. Inoltre, faceva la sua comparsa la sospensione anteriore antiaffondamento Telelever, già introdotta dal 1993 sulla serie R.

Meccanica e telaio della BMWK1200RS

Grazie a queste innovazioni, la K divenne un velocissimo incrociatore da Autobahn, in grado di attraversare i continenti in poche ore con una precisione di guida ineguagliabile anche alle massime velocità e un confort di livello straordinario, al prezzo però di un peso di ben 285 kg in ordine di marcia, contro i soli 249 kg della K100RS.

Nel 1999 la luxury tourer K1100LT fu sostituita dalla K1200LT, basata sulla stessa meccanica della K1200RS, ma con potenza ridotta a 98 CV per ottenere una maggior coppia. Caratteristiche di questo modello erano l’enorme carenatura dalle linee eleganti e sinuose, una dotazione di accessori sterminata e la retromarcia elettrica, indispensabile per muovere in manovra i suoi 378 kg in ordine di marcia.

BMW K1200LT

Nel 2001 le K furono equipaggiate con il sistema frenante EVO con dischi da 320 mm e servofreni, in versione semintegrale sulla sport tourer K1200RS – che per l’occasione ricevette un leggero face lifting – e totalmente integrale sulla lussuosa K1200LT.

Nel 2003 la K1200RS fu affiancata da una versione leggermente più turistica, denominata K1200GT e caratterizzata da colorazioni più da cummenda, appendici aerodinamiche per proteggere meglio il pilota e una migliore dotazione di accessori di serie, comprendente anche due valigie laterali.

BMW K1200GT

Nello stesso periodo, la K1200LT fu aggiornata esteticamente, nella dotazione di accessori – tra i quali apparve addirittura un cavalletto centrale elettrico – e nella potenza del motore, aumentata a 116 CV.

La rivoluzione frontemarcia

Nel luglio 2004 fu presentata la K1200S. Nonostante la presenza della lettera K, questa sport tourer decisamente più snella e sportiva rispetto alla K1200RS inaugurava una serie completamente nuova. Essa è sempre caratterizzata da un quattro cilindri in linea e trasmissione finale ad albero, ma il nuovo motore da 1157 cc è disposto trasversalmente – da cui il soprannome “frontemarcia” – ha i cilindri inclinati in avanti di 55 gradi rispetto alla verticale, per mantenere basso il baricentro, ed eroga ben 167 CV. La nuova disposizione rende necessaria la presenza di una seconda coppia conica all’uscita del cambio, ma consente di aumentare l’alesaggio dei cilindri senza dover allungare eccessivamente l’interasse, in modo da ottenere un motore superquadro di caratteristiche sportive, e di adottare flussi di aspirazione e scarico più efficienti, indispensabili per arrivare alla potenza voluta.

Schema meccanico del motore della BMW K1200S

La ciclistica è basata su un telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, con il motore che funge da elemento stressato, e sfoggia una sospensione posteriore Paralever profondamente rivisitata e una nuova sospensione anteriore antiaffondamento a quadrilatero deformabile, denominata Duolever.

Trasparenza della BMW K1200S

Con un peso ridotto a 248 kg – praticamente uguale a quello della prima K100RS – la S supera i 275 km/h, consente di viaggiare con spazio e confort paragonabili alla K1200RS, ma allo stesso tempo offre una guida decisamente più dinamica e sportiva e permette di divertirsi senza troppi problemi anche in pista.

BMW K1200S

Alla S seguirono la K1200R, che per la sua aria post-apocalittica fu scelta come cavalcatura di Milla Jovovich nel film Resident Evil 3, e la tourer K1200GT da 152 CV, che nonostante l’omonimia con la precedente K1200GT a sogliola, si colloca parecchio al di sopra di essa quanto a dimensioni, spazio per passeggeri e bagagli, confort e prestazioni.

BMW K1200R
BMW K1200GT Frontemarcia

Alla fine del 2006 tutte le K frontemarcia furono equipaggiate con un nuovo sistema frenante integrale privo di servofreni – il vecchio aveva dato problemi di affidabilità con potenziali risvolti negativi sulla sicurezza. Con l’occasione venne introdotta anche l’elegante K1200R Sport, basata sulla naked, ma munita di una semicarenatura snella ed efficace.

BMW K1200R Sport

Alla fine del 2008 un lieve restyling e un cambio di denominazione marcò l’introduzione di un nuovo motore da 1301 cc, con potenza accresciuta a 175 CV per le K1300R e K1300S – la R Sport non fu aggiornata e sparì dal listino – e a 160 CV per la K1300GT.

Le K a sei cilindri

Il 2010 vide la nascita della K1600. Basata essenzialmente sullo stesso schema meccanico delle K1300, ma con una veste più elegante, questa moto sfoggia un sensazionale sei cilindri in linea da 1649 cc con 160 CV e ben 175 Nm di coppia massima e una nuova e sofisticatissima elettronica di controllo della guida, derivata da quella della supersportiva S1000RR del 2009. Tutti si aspettavano che questa nuova ammiraglia avrebbe sostituito l’ormai obsoleta K1200LT a sogliola ancora in listino, perciò la sorpresa fu grande, quando si scoprì che la moto veniva offerta in due versioni piuttosto diverse tra loro, K1600GTL e K1600GT, di cui la seconda andava a sostituire la K1300GT, sul mercato da meno di due anni, provocando la più solenne incazzatura collettiva nella storia del motociclismo.

Entrambi i modelli sono stati aggiornati più volte nel corso degli anni e nel 2017 sono stati affiancati dalla K1600B, dalla linea più slanciata e americaneggiante.

Alla fine del 2021, le K 1600 sono state sottoposte a un face lifting particolarmente pronunciato, evidenziato dal nuovo gruppo ottico anteriore a led e dalla nuova strumentazione TFT. In tale occasione è stata introdotta la K1600 Grand America, una versione della K1600B con più accessori ed equipaggiata con topcase.

Delle altre K, la K1300R fu tolta dal listino nel 2015, di fatto sostituita da tempo dalla hypernaked della casa, la S1000R, mentre la sport tourer K1300S lasciò il campo nel 2016 senza eredi – anche fuori da BMW – gettando nello sconforto i suoi numerosi estimatori, me compreso. La verità è che i motociclisti avevano deciso da tempo che le crossover sono fichissime e che le sport tourer sono un arnese del passato; come la setta più conservatrice del mondo dopo il Ku-Klux-Klan abbia potuto partorire una scelta così stupidamente rivoluzionaria, per me rimane un mistero insolubile.

Prova della Moto Guzzi V100 Mandello 2023

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Il DNA ritrovato

Premessa

Per chi non mi conosce: non sono mai stato un Guzzista. Conosco ovviamente la Casa di Mandello da una vita – ci sono anche passato davanti l’estate scorsa – e ho sempre saputo vagamente che si tratta di una costruttore con un grande passato e un presente pieno di nostalgia. Il primo breve test che ho effettuato in sella alla Mandello qualche settimana fa (link al video) mi ha molto colpito in positivo, perciò ho organizzato una prova più approfondita. Nel preparare la recensione, mi sono messo a scavare un po’ nella storia di questo marchio e, devo dire, ne sono rimasto affascinato. Questa prova su strada si è quindi trasformata in una vera e propria piccola monografia, in cui non descrivo solo come va la V100, ma anche come si è arrivati a crearla e che cosa essa significa per Moto Guzzi.

Un automobilista a Mandello

Un po’ di storia

Carlo Guzzi, classe 1889, apparteneva a una famiglia milanese benestante. Appassionato motociclista, di carattere sanguigno e poco adatto alle istituzioni scolastiche, non arrivò mai neanche a diplomarsi, ma aveva le idee molto chiare. Alla scomparsa prematura del padre, nel 1906, la famiglia vendette l’appartamento in città e si trasferì nella casa di villeggiatura a Mandello, sul Lago di Como, dove il giovane trovò occupazione presso un’officina meccanica. Allo scoppio della Grande Guerra fu arruolato come motorista nel Servizio Aeronautico della Regia Marina e, dopo aver scoperto che i motori degli aerei erano di gran lunga più avanzati, potenti e affidabili di quelli in uso sui veicoli terrestri, fu folgorato dall’idea di realizzare una motocicletta con un propulsore dalle caratteristiche simili. Con il suo entusiasmo trascinò nell’impresa due commilitoni piloti, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, scelti non solo in quanto appassionati motociclisti. ma anche perché il primo era membro di una famiglia di imprenditori, mentre il secondo era un collaudatore e affermato corridore. Finita la guerra, Ravelli morì durante un volo di collaudo, ma i suoi amici proseguirono. Parodi andò a battere cassa presso il padre Emanuele Vittorio, noto armatore genovese, che acconsentì ad anticipare subito metà della somma richiesta, ma voleva vedere con i propri occhi la moto finita prima di elargire l’altra metà. Guzzi si mise subito al lavoro con impegno, avvalendosi per i calcoli del fratello maggiore Giuseppe, ingegnere, e già nel 1919 sfornò la G.P. 500 (Guzzi-Parodi).

La G.P. 500. Si noti l’albero orizzontale che aziona la distribuzione

Questa moto era talmente avanzata – aveva un monocilindrico orizzontale superquadro a doppia accensione e quattro valvole con albero a camme in testa azionato da un albero a coppie coniche! – che il padre del Parodi, Emanuele Vittorio, acconsentì a finanziarne la costruzione in serie, ma solo a patto che la meccanica fosse semplificata, per renderla più facile da produrre e da vendere. Guzzi deve averci rimuginato un po’, ma alla fine si piegò; dalla G.P. trasse la Normale – si noti la leggera vena polemica – a due valvole con asta e bilanciere, e nel 1921 costituì la Società Anonima Moto Guzzi con i due Parodi – e altri due soci voluti da questi – che molto cavallerescamente rinunciarono a far apparire il proprio nome, in quanto meri finanziatori della sua attività. Come logo fu scelta l’Aquila, cioè lo stemma degli aviatori della Marina, adottato per la comune militanza e in memoria dell’amico scomparso.

A proposito della fondazione, il sito ufficiale della Casa afferma che Moto Guzzi “è la più antica casa costruttrice di motociclette in Europa”, ma in realtà non è del tutto vero. Triumph, nata nel 1884 come fabbrica di biciclette, aveva iniziato a costruire bicicli a motore già nel 1902 e realizzò la sua prima vera motocicletta nel 1915. Però il marchio inglese fallì nel 1985, per riaprire con una nuova proprietà e ragione sociale nel 1990, mentre Moto Guzzi, che pure attraversò varie e anche complicate vicende societarie nella sua lunga storia, non arrivò mai al fallimento né interruppe la produzione.

Giorgio Parodi (qui una sua biografia a cura dell’associazione Giorgio Parodi), che avrebbe alternato la direzione dell’azienda ai suoi impegni come aviatore militare fino alla sua scomparsa nel 1955, voleva a tutti i costi il successo nelle competizioni come veicolo pubblicitario, tanto che vi destinò le prime due Normale, e i successi non tardarono a diventare un elemento distintivo della Casa di Mandello, che tra il 1923 e il 1957 collezionò oltre 3.300 vittorie in competizioni sportive ufficiali. Con simili risultati, Moto Guzzi divenne presto simbolo per eccellenza di sportività e modernità e raggiunse un sempre maggior successo in Italia e all’estero, tanto da diventare nel 1930 il più grande costruttore di moto d’Europa. La spinta all’innovazione era evidente in ogni cosa; basti pensare, tra l’altro, all’indimenticabile GP500 da corsa con motore V8 e distribuzione a cascata d’ingranaggi del 1955, progettata dall’ing. Giulio Cesare Carcano, o alla galleria del vento, fortemente voluta dai fratelli Guzzi, costruita nel 1950 e inaugurata nel 1954, la prima al mondo di un costruttore di motociclette e la prima in assoluto in Europa.

La Moto Guzzi GP500 8V
Test della GP500 nella galleria del vento Moto Guzzi

Questa storia di successo ebbe una svolta improvvisa e fondamentale nel 1957, allorchè i principali costruttori motociclistici italiani – Moto Guzzi, Gilera, FB Mondial e MV Agusta, che all’ultimo cambiò idea – resero noto il loro patto per astenersi congiuntamente dalle competizioni sportive. La decisione fu presa sulla scorta del lancio delle Fiat 600 nel 1955 e 500 nel 1957, i cui prezzi finalmente accessibili dettero il via al boom dell’automobile in Italia. Ciò avrebbe sicuramente provocato una forte contrazione nelle vendite di motociclette, che fino ad allora erano state gli unici mezzi a motore che le famiglie italiane si erano potute permettere, perciò I tre costruttori ritennero necessario risparmiare i notevoli costi legati alle gare, in modo da ridurre i prezzi e migliorare la competitività. Grazie a questa tattica, in un primo periodo le immatricolazioni dei motocicli in Italia continuarono effettivamente a crescere, dalle 251.000 unità del 1957 fino alle 283.000 del 1961, ma da lì presero a scendere inesorabilmente fino al minimo drammatico di 55.000 pezzi nel 1970 (fonte: http://www.ancma.it/wp-content/uploads/2021/11/Immatricolazioni-serie-storica-1.pdf). Allo stesso tempo, però, il reddito medio della popolazione stava aumentando, perciò un crescente numero di appassionati iniziò a pensare alla moto come a un fantastico giocattolo con cui divertirsi nel tempo libero. Le vendite di motocicli cominciarono quindi a risalire, ma questo nuovo pubblico privilegiava i modelli che vincevano le gare, perciò Moto Guzzi si trovò spiazzata, lasciando così la porta aperta alla sempre più agguerrita concorrenza giapponese.

Dopo la morte di Carlo Guzzi nel 1964, la Casa continuò a innovare la produzione e nel 1965 fu lanciata la nuovissima V7, equipaggiata con un 700 cc V2 a 90° trasversale ad aste e bilancieri con trasmissione finale ad albero cardanico progettato da Carcano – già autore della V8 – che sarebbe diventato negli anni la base per una miriade di varianti di cilindrata anche molto superiore ed è tuttora il simbolo per antonomasia delle moto di Mandello. Ma i conti non smisero di peggiorare, perciò l’azienda fu ceduta nel 1967 alle banche creditrici, che per gestirla costituirono la SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche). In questo periodo l’ing. Lino Tonti, proveniente dall’aeronautica e subentrato a Carcano, modificò la V7 per battere il record di velocità della propria classe in pista. L’impresa riuscì, ma la moto era pesante e non adatta alle gare, perciò Tonti ne trasse la ben più leggera V7 Sport nel 1971, che segnò il ritorno di Moto Guzzi nelle competizioni, con buoni successi alla 500 km di Monza e al Bol d’Or. Moto straordinaria e iconica, con il suo particolare telaio attillato e scomponibile in tubi dritti, inizialmente verniciati di rosso per metterne in risalto la novità, batteva le concorrenti giapponesi a 4 cilindri per le prestazioni e la ciclistica di assoluto rilievo.

La Moto Guzzi V7 Sport Telaio Rosso

Purtroppo però costava una volta e mezzo la Honda 750, per cui non risolse i problemi economici dell’azienda.

Nel 1973 Moto Guzzi visse lo smacco di farsi rilevare dalla nemica Benelli, facente parte del gruppo De Tomaso Industries di Alejandro De Tomaso. Come sua abitudine, l’imprenditore argentino lanciò subito un piano di rinnovamento roboante basato sullo sviluppo rapido – di solito a discapito dell’affidabilità – di numerosi nuovi modelli, ma convinto che per rilanciare il marchio bisognasse imitare i giapponesi, abbandonò le corse e lo sviluppo di quella che in seguito sarebbe diventata la 850 Le Mans e piazzò il logo dell’Aquila sul serbatoio di moto Benelli a quattro cilindri in linea. Questa strategia però fu disastrosa per le vendite, perciò De Tomaso tornò a puntare di nuovo sulla V7 Sport, che tra l’altro fu aggiornata con la frenata integrale, riavviò il progetto della Le Mans, impostò nuovi modelli, tra cui la famosa cruiser California, e lanciò un nuovo V2 – denominato small block per distinguerlo dal fratello maggiore – progettato da Tonti e inaugurato con le V35 e V50 del 1977.

La Moto Guzzi 850 Le Mans III

I conti però continuarono ad andare male. In questo travagliato periodo Moto Guzzi passò attraverso varie fusioni e acquisizioni, finché nel 2000 fu ceduta a Ivano Beggio, proprietario di Aprilia. Questi era mosso dall’amore per le creature di Mandello e aveva le migliori intenzioni, ma l’acquisto contribuì a minare la sua stabilità finanziaria e alla fine fu costretto nel 2004 a cedere entrambi i marchi al gruppo Piaggio.

Con la nuova gestione, tuttora in corso, Moto Guzzi avviò una fase di ripresa. Le nuove Breva V1100, Norge, Griso e la maxienduro Stelvio, pur basate su evoluzioni del vecchio big block di Carcano, erano nel complesso moto moderne, grazie anche alla nuova sospensione posteriore a quadrilatero antidive Ca.R.C. (Cardano Reattivo Compatto), e soprattutto nella versione con motore 1200 8V, a 4 valvole per clindro con albero a camme in testa, erano senz’altro all’altezza delle loro concorrenti dirette, cioè le BMW R con motore boxer. Tuttavia, la loro buona carriera commerciale terminò tra il 2011 e il 2016 senza che fosse pronto alcun modello a sostituirle. L’imponente e splendida cruiser California 1400 del 2012 non fu mai premiata dalle vendite e scomparve dai listini nel 2020, per cui le fortune di Moto Guzzi gravarono per lunghi anni in larga parte sulle spalle di due soli modelli, l’eterna cruiser media Nevada, uscita di scena nel 2016, e soprattutto la V7 Classic del 2008. Dichiaratamente ispirata alla V7 Sport del 1971, questa naked era sostanzialmente una versione retrò della Breva prima serie – impostata nell’era Beggio – e come tale era priva della sospensione a quadrilatero Ca.R.C. e montava lo stesso, sonnacchioso 750 cc small block da 48 CV. Si trattava di una moto adatta più a una clientela risvoltini e apericena che allo zoccolo duro degli affezionati dell’Aquila, ma piacque e continua a piacere tuttora a quel pubblico e quindi dobbiamo esserle riconoscenti, perché senza di lei, Moto Guzzi si sarebbe probabilmente estinta.

Moto Guzzi V7 Classic (2008 - 12), prezzo e scheda tecnica - Moto.it
La Moto Guzzi V7 Classic

La cruiser V9 del 2017, equipaggiata con uno small block da 850 cc e 55 CV un po’ ammodernato – aveva anche il ride-by-wire – e soprattutto la successiva e particolarmente ben riuscita crossover V85TT del 2019, con motore sempre da 850 cc ma ulteriormente migliorato – valvole di aspirazione in titanio e ben 76 CV – non passeranno alla storia come avamposti della tecnologia, ma hanno aiutato la V7 a portare ossigeno nelle casse di Mandello e questo ha permesso ai tecnici di lavorare in gran segreto a un nuovo modello che rilanciasse l’Aquila. Il risultato di questo sforzo è stato svelato nel settembre 2021, pochi mesi dopo il centenario dalla fondazione, con questo video.

Dopo una gestazione ritardata anche dalla pandemia, era finalmente nata la V100 Mandello, la moto totalmente inedita con cui Moto Guzzi ha ritrovato il proprio DNA originario di costruttore di moto sportive e innovative. L’ho analizzata a fondo e di seguito vi racconto tutto quello che ho scoperto.

Com’è

Aspetto

Moto Guzzi V100 Mandello

L’aspetto della V100 è Moto Guzzi al 100%, perché richiama in modo evidente alcuni modelli del passato, di cui ripropone l’aspetto generale e diversi elementi stilistici, ma allo stesso tempo è molto moderna e a vederla nel salone in concessionaria accanto agli altri modelli della gamma attuale fa la figura di un F35 in mezzo ai biplani. È caratterizzata da una snella carenatura culminante in un piccolo parabrezza e quindi si pone a metà tra una naked e una sport tourer, una soluzione già vista in passato, per esempio sull’ottima Yamaha TDM. Ovviamente, la novità della linea e la scelta non convenzionale dell’impostazione generale non hanno mancato di dividere la categoria più tradizionalista del genere umano – sì, proprio noi motociclisti – in entusiasti totali e critici perplessi. I commenti di questi ultimi spaziano da “è troppo moderna” a “potevano osare di più” passando per “non è né carne né pesce” a “non si può guardare”, e penso davvero che gli uffici design e marketing facciano un gran brutto mestiere.

A me piace molto, sia per il design in sé, innovativo e non banale, sia perché mi ha fatto subito venire in mente modelli che ho amato molto quando ero ragazzo, come la 850 Le Mans III e la V35 Imola. Tra i vari dettagli, trovo molto belli il faro anteriore full led a sviluppo orizzontale e dotato della ormai classica luce di posizione/diurna a forma di aquila stilizzata, il fanalino a doppia fetta di salame, simile a quello della V85TT, lo scarico corto che lascia in piena vista il bel cerchio posteriore, il raccordo smussato e tipicamente Moto Guzzi tra serbatoio e sella e le maniglie del passeggero aperte posteriormente. Colpiscono il disegno ricercato, la qualità della costruzione e della componentistica e la perfetta integrazione di tutti i particolari; niente è fuori posto e l’insieme trasmette una appagante sensazione di precisione e solidità, ancora migliore di quella già notevole delle California 1400.

La moto è equipaggiata di serie con un raffinato parabrezza a comando elettrico, di cui è disponibile anche una versione maggiorata, e dell’innovativa aerodinamica adattiva, costituita da due deflettori, che a quadro spento sono inseriti nella carenatura del serbatoio, ma possono aprirsi automaticamente grazie a due motorini elettrici, per aumentare la protezione alle gambe e alla parte bassa del corpo. Si tratta di una prima assoluta, che non a caso proviene da un’azienda che ha 70 anni di esperienza in aerodinamica. Le uniche cose simili che conosco sono le alette presenti ai lati della carenatura delle BMW K1600 e delle vecchie K1200LT, che però sono regolabili manualmente.

Versioni e dotazione

La moto è disponibile in due livelli di allestimento, base ed S, che si distinguono per la dotazione di serie e la colorazione. La base può essere bianca – a mio parere molto riuscita – o rossa metallizzata, mentre la S è fornita in due livree bicolori metallizzate di un certo effetto, una grigia e verde e l’altra su due toni di grigio. C’è anche una versione speciale Aviazione Navale, realizzata in 1913 esemplari – come l’anno di nascita del Corpo in cui militarono i fondatori di Moto Guzzi – e caratterizzata da una bella livrea grigia con stemmi e particolari ispirati ai caccia imbarcati.

Moto Guzzi V100 Mandello S
Moto Guzzi V100 Mandello Aviazione Navale

La versione base è equipaggiata come segue:

  • impianto luci full LED con luce diurna
  • cornering lights
  • cornering ABS
  • traction control
  • cruise control
  • riding modes
  • strumentazione TFT da 5″ a colori
  • aerodinamica adattiva
  • parabrezza regolabile elettricamente
  • presa USB sotto la sella del passeggero

La versione speciale Aviazione Navale in più comprende:

  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • numero di serie inciso al laser sul riser del manubrio
  • targa celebrativa
  • telo coprimoto dedicato.

La versione S in più della base offre quanto segue:

  • sospensioni adattive Öhlins Smart EC 2.0
  • monitoraggio pressione pneumatici
  • manopole riscaldate
  • quickshifter bidirezionale
  • sistema di connettività con lo smartphone Moto Guzzi MIA, pienamente compatibile con Android e iPhone.

In afermarket sono disponibili i seguenti accessori.

  • Solo per la versione base:
    • monitoraggio pressione pneumatici (di serie sulla Aviazione Navale)
    • manopole riscaldabili (di serie sulla Aviazione Navale)
    • quickshifter bidirezionale
    • sistema di connettività Moto Guzzi MIA
  • Per tutte le versioni:
    • valigie laterali
    • portapacchi
    • topcase
    • cavalletto centrale
    • antifurto
    • faretti fendinebbia
    • parabrezza maggiorato Touring
    • presa USB supplementare a sinistra del cruscotto
    • paramotore
    • parateste
    • sella confort riscaldabile alta, media o bassa
    • sella confort passeggero.

La V100 è inoltre predisposta per essere equipaggiata con il sistema LCDAS, cioè il radar che segnala la presenza di oggetti negli angoli morti posteriori mediante un simbolo di pericolo sullo specchietto corrispondente e un’area arancione sul corrispondente lato inferiore della strumentazione. Questo accessorio non è al momento ordinabile, ma in Guzzi promettono che sarà disponibile presto.

Avviso del radar posteriore

L’esemplare provato era nella versione base, che comunque offre già una dotazione piuttosto completa.

Ciclistica

La V100 è tutta nuova e non ha praticamente alcun elemento in comune con le altre Guzzi. Il telaio è in tubi di acciaio, con il motore che partecipa come elemento stressato. La forcella è a steli rovesciati, mentre al retrotreno c’è un semplice ed elegante forcellone monobraccio in alluminio incernierato direttamente al motore, con un monoammortizzatore laterale opportunamente inclinato in avanti, in modo da assicurare la progressività del molleggio senza dover ricorrere a cinematismi. Nel monobraccio, che a differenza che sulle altre Moto Guzzi si trova a sinistra, è alloggiato il cardano, le cui caratteristiche – che vedremo nel paragrafo sulla trasmissione – hanno consentito di eliminare la necessità del Ca.R.C., a tutto vantaggio della semplicità e della pulizia estetica.

La versione base monta sospensioni Kayaba, con forcella da 41 mm regolabile nel precarico e in estensione e mono pure regolabile nel precarico – mediante un pomello particolarmente morbido e ben posizionato – e in estensione. La S invece è equipaggiata con sospensioni adattive Öhlins – forcella Smart EC 2.0 da 43 mm e mono Smart TTX EC 2.0 – entrambe regolabili elettricamente in compressione ed estensione, mentre la regolazione del precarico posteriore – in realtà è possibile regolare anche quello anteriore, ma la Casa raccomanda di non toccarlo – è sempre con pomello manuale, scelta che potrebbe non piacere ad alcuni, ma offre il vantaggio di poter personalizzare la regolazione in modo fine in base al peso di pilota e passeggero, anziché dover subire le posizioni predefinite che i sistemi a regolazione elettrica di solito offrono.

La moto pesa 233 kg in ordine di marcia con il pieno di 17 litri e le sue principali quote ciclistiche sono le seguenti:

  • escursione anteriore 130 mm
  • escursione posteriore 130 mm
  • interasse 1.475 mm
  • avancorsa 104 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,7°.

Le misure sono quelle che ci si aspetterebbe da una turistica con velleità sportive. Interessante il valore dell’interasse, mediamente più corto rispetto alla maggior parte delle altre Moto Guzzi.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”. L’esemplare provato era equipaggiato con pneumatici Pirelli Angel GT II, adatti al genere di moto.

Motore

Il motore della V100 conserva lo schema a due cilindri a V di 90° disposti trasversalmente, ma per il resto non ha niente a che spartire con quanto visto in precedenza a Mandello. Caratterizzato da un design particolarmente moderno, è raffreddato a liquido e controllato da un sistema ride-by-wire, ha distribuzione a quattro valvole per cilindro con doppio albero a camme in testa e bilancieri a dito e presenta le teste ruotate di 90° rispetto ai suoi predecessori – aspirazione e scarico ora si trovano rispettivamente sopra e sotto i cilindri anziché dietro e davanti, similmente a quanto fatto in BMW sui boxer raffreddati a liquido – per migliorare i flussi di alimentazione e aumentare lo spazio a disposizione del pilota. È dotato di un albero controrotante, per ridurre quasi a zero la coppia di rovesciamento tipica dei motori ad albero longitudinale, mentre la lubrificazione, definita a carter secco nella scheda tecnica, in realtà è a carter semi-secco – soluzione già vista sulla V85TT – perché la coppa dell’olio, posta comunque nel basamento, comunica con la camera di manovella solo attraverso una valvola lamellare. In questo modo migliora la lubrificazione in presenza di forti accelerazioni e si riduce la formazione di schiume nel motore, con lieve vantaggio nel rendimento e quindi dei consumi. La progettazione molto razionale ha consentito di ottenere un basamento di circa 10 cm più corto dello small block che equipaggia la V85TT, nonostante la maggior cilindrata, e questo assicura una maggiore abitabilità – le teste sono ben lontane dalle ginocchia – e consente la semplificazione del forcellone vista sopra.

Con una cilindrata di 1.043 cc – alesaggio e corsa sono rispettivamente 96 e 72 mm – la potenza massima è di 115 CV a 8700 giri/min con il limitatore fissato a 9.500 giri – e ciò rende la Mandello la moto di serie più potente della storia di Moto Guzzi – mentre la coppia massima, che ha un picco di 105 Nm a 6.750 giri/min, è elevata soprattutto ai regimi medio-bassi – a 3.500 giri sono già disponibili 86 Nm e a 5.500 ce ne sono 100 – e ha comunque un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo.

Trasmissione

Il cambio, pur utilizzando alcuni accorgimenti introdotti sulla V85TT per migliorare la manovrabilità, è tutto nuovo e per la prima volta in Moto Guzzi è disponibile – solo sulla versione S e di serie – l’assistenza alla cambiata sia a salire che a scalare, quest’ultima disinseribile mediante i menù, il che è un’ottima cosa, perché consente al pilota di divertirsi a pizzicare il gas in scalata, cosa che sarebbe impedita dalla logica un po’ ottusa di questi sistemi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti:

MarciaRapporto
Riduzione primaria1,548
1a2,642
2a1,941
3a1,550
4a1,272
5a1,083
6a0,960
Riduzione finale3,166

Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore comincia a tirare con vigore ed esprime la potenza massima sono le seguenti.

MarciaVelocità a 1.000 giri/’Velocità a 4.000 giri/’Velocità a 8.700 giri/’
1a9,337,381,2
2a12,750,8110,5
3a15,963,6138,3
4a19,477,5168,6
5a22,891,0198,0
6a25,7102,7223,4

Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura relativamente corta – la velocità massima coincide praticamente con il regime di potenza massima – rendono possibile viaggiare quasi sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.

La frizione, anch’essa al di fuori dagli schemi classici Moto Guzzi, è multidisco in bagno d’olio e antisaltellamento ed è azionata da una raffinatissima pompa radiale simmetrica a quella del freno anteriore.

L’albero di trasmissione ha un solo giunto cardanico all’uscita del cambio, come tradizione della Casa, è incernierato più in basso del solito ed è particolarmente lungo, grazie alla notevole compattezza del nuovo motore. Grazie a tali caratteristiche, i tecnici Moto Guzzi affermano di aver ottenuto un comportamento analogo a quello delle moto con trasmissione a catena – cioè senza estensione della sospensione in accelerazione – nonostante l’assenza del parallelogramma Ca.R.C.

Freni

La V100 è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini azionate da una pompa radiale attraverso tubi in treccia metallica, mentre al posteriore c’è un disco da 280 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. L’impianto frenante è di tipo tradizionale a canali separati e su entrambe le versioni è presente di serie l’ABS con funzione cornering.

Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la Mandello è equipaggiata di serie con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre in entrambe le versioni le seguenti funzionalità:

  • Cornering ABS – sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva
  • TPMS (Tyre Pressure Monitoring System) – monitoraggio della pressione degli pneumatici, presente solo sulla S
  • MGQS (Moto Guzzi Quick Shifter) – assistente alla cambiate funzionante a salire e a scalare, con la particolarità che si può disattivare da menù l’intervento in scalata
  • Cruise Control
  • Riding mode – sono quattro, Sport, Strada, Turismo e Pioggia e agiscono sui quattro sistemi che seguono:
    • MGCM (Moto Guzzi Controllo Motore) – sistema che varia l’erogazione del motore in rapporto alla posizione del gas
    • MGCT (Moto Guzzi Controllo di Trazione) – sistema antipattinamento che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto
    • MGCA (Moto Guzzi Controllo Aerodinamica) – imposta il funzionamento delle alette poste ai lati del serbatoio, che possono restare sempre chiuse o sempre aperte o si possono aprire al superamento di una certa velocità
    • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni)solo sulla versione S, agisce sulle sospensioni semiattive Öhlins, che mettono a disposizione le seguenti modalità:
      • Automatic Dynamic – le sospensioni si adattano automaticamente al percorso e allo stile di guida
      • Automatic Confort – come il precedente, ma più morbido
      • Manual Dynamic – le sospensioni si comportano come se fossero non adattive
      • Manual Confort– come il precedente, ma più morbido.

Comandi

I comandi al manubrio sono classici, ben fatti e gradevoli anche al tatto.

Nel blocchetto di sinistra sono presenti:

  • sul lato anteriore, la levetta per il devioluci, del tipo che si tira per lampeggiare e si spinge in fuori per commutare in abbagliante
  • il comando di tipo tradizionale delle frecce, dotate in movimento dello spegnimento automatico, che avviene dopo 500 m o 40 s.
  • Il tasto del clacson — la solita robaccia da scooter purtroppo quasi universalmente diffusa — posto correttamente sotto al comando delle frecce (spero che in Honda mi leggano)
  • i quattro tasti classici per la navigazione nei menù, di cui il sinistro (Mode Set) serve solo per confermare e gli altri per spostarsi
  • in alto, il cursore del cruise control di serie che, dopo aver letto il manuale – non perché sia complicato, ma è diverso dal sistema BMW a cui sono abituato – si rivela molto funzionale. Si noti che a differenza che su altre moto, qui non è possibile interrompere la regolazione automatica pizzicando al volo la frizione, perché per riuscirci bisogna proprio tirarla tutta. Abituato (male) a fare così da sempre, ho rischiato di peccare di sodomia con un camion (il primo che coglie la dottissima citazione vince una birra presso il Vinnico Wine Bar a Roma).

Quando il cruise control è spento, lo stesso comando può essere usato per cambiare al volo il settaggio del controllo di trazione con qualsiasi schermata.

Il tasto Mode set del tastierino consente anche di accedere rapidamente alla regolazione elettrica del parabrezza mediante i tasti di navigazione su e giù.

Sul blocchetto di destra ci sono:

  • il razionale tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza
  • in basso, il tasto per cambiare riding mode
  • in alto, il tasto per la commutazione tra luci diurne e notturne – che comunque può essere impostata come automatica mediante il menù – e, con una pressione prolungata, per l’attivazione degli eventuali fendinebbia optional.

Neanche sulla S è previsto il sistema keyless, cosa che aumenta notevolmente la mia già alta stima per la Mandello, visto che, come è ormai noto a chi mi legge, considero questo sistema solo fonte di inutili complicazioni. Per contro è assente il tasto delle quattro frecce, però è possibile impostare la loro accensione automatica durante una frenata di emergenza ed è sempre prevista la loro attivazione negli eventuali casi di avaria grave che comportano il rischio di rallentamento della moto.

Display

La V100 è dotata di serie di una bel display TFT a colori con display da 5″ alloggiato in una cornice contenente varie spie di base: immobilizer/cambio marcia, indicatori di direzione, ABS, cruise control, abbaglianti, avaria motore, traction control, riserva e folle. La navigazione si effettua attraverso i quattro tasti sul blocchetto sinistro e sono disponibili le seguenti schermate.

Schermata base

Dedicata alla guida, è gradevole e mostra in un’unico colpo d’occhio tutto quello che c’è da sapere:

  • tachimetro digitale
  • contagiri analogico
  • livello carburante
  • temperatura acqua
  • marcia inserita
  • riding mode attivo
  • ora
  • temperatura ambiente
  • quando il cruise control è attivo, la velocità impostata
  • quando la moto entra in riserva, l’autonomia residua
  • spia del cavalletto aperto
  • una miriade di altre spie e indicatori di tutti i vari accessori di serie e a richiesta

L’area inferiore è destinata ad ospitare messaggi di allarme e indicazioni di vario genere, mentre un’ampia area a sinistra è dedicata alle seguenti schede, accessibili premendo il tasto destro:

  • due diari di viaggio, uguali tra loro e ovviamente azzerabili separatamente
  • settaggio manopole riscaldate (se presenti)
  • settaggio sella pilota riscaldata (se presente)
  • pressione pneumatici (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative alle chiamate telefoniche (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni relative a brani musicali (se è presente il sistema MIA)
  • Informazioni diverse relative al sistema multimediale (se è presente il sistema MIA)

A loro volta, i diari di viaggio permettono, premendo i tasti su e giù, di visualizzare in alternativa i seguenti dati:

  • contachilometri totale
  • contachilometri parziale
  • tempo di percorrenza
  • velocita’ massima
  • velocita’ media
  • consumo medio
  • consumo istantaneo
  • percorrenza in riserva (solo con spia riserva accesa)
  • settaggio del MGCT (Moto Guzzi Controllo Trazione)

Schermata Navi

La schermata Navi, disponibile solo se è presente il sistema multimediale MIA, è analoga a quella base e comprende tutte le informazioni importanti e le aree informative inferiore e sinistra già presenti in essa, ma presenta un tachimetro digitale e un indicatore della marcia inserita più piccoli per fare spazio alle indicazioni grafiche relative alla prossima svolta, al limite di velocità corrente e alla svolta successiva, tratte dal programma di navigazione GPS dello smartphone. Altre informazioni appaiono nella barra inferiore – nome della strada percorsa e direzione del nord, mentre l’indirizzo di destinazione è richiamabile tra le schede nell’area sinistra.

Schermata Launcher Menu

Da questa schermata è possibile accedere ai diversi menù disponibili:

  • Vehicle
  • Service
  • Dashboard
  • Riding Mode
  • Multimedia (solo se è presente il sistema MIA)
  • MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni, solo sulla versione S).

Ogni menù ha una grafica personalizzata con un’immagine del sistema al quale ogni voce è dedicata, e il tutto è davvero gradevole e ben fatto.

Vehicle

Comprende:

  • Headlamp mode – imposta in automatico o manuale il passaggio da luci diurne a notturne
  • Shift light – seleziona il regime al quale si deve accendere la spia del cambio marcia
  • MGQS down (solo se è presente il quick shifter) – attiva o disattiva il quickcshifter in scalata
  • Emergency brake – attiva o disattiva le quattro frecce nelle frenate di emergenza
  • Calibration – permette di ricalibrare il controllo di trazione nel caso che vengano installati pneumatici di tipo diverso
  • Radar posteriore – attiva o disattiva il radar, se presente
Service

Comprende:

  • Change user code – imposta il codice personalizzato di sblocco in caso di guasto dell’immobilizer
  • Code recovery – ripristina il codice di fabbrica qualora sisia dimenticato il codice
  • Windshield (Parabrezza) – seziona la velocità massima di funzionamento del parabrezza elettrico (130 km/h per il parabrezza standard e 110 km/h per il Touring)
  • altre voci riguardanti il software e riservate all’assistenza
Dashboard

Comprende:

  • Backlight – regola la retroilluminazione del display
  • Clock – regola l’ora e seleziona il formato
  • Units – imposta separatamente le unità di misura di velocità, consumo, temperatura e pressione
  • Language – imposta la lingua del cruscotto tra italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo
  • Riding modes language – imposta la lingua dei nomi dei riding mode tra italiano e inglese
Riding Mode

Permette di personalizzare i quattro sistemi compresi in ciascuno dei quattro riding mode, scegliendo tra i seguenti settaggi:

  • MGCM (e-gas) – 1 = aggressivo 2 = medio 3 = dolce
  • MGCT (controllo trazione) – 1 = spento 2 = minimo 3 = medio 4 = massimo
  • MGCA (alette retrattili) – Off = sempre chiuse On = sempre aperte On-km/h apribili a una velocità impostata a piacere
  • MGCS (sospensioni adattive) – A1 = Automatic Dynamic A2 = Automatic Confort M1 = Manual Dynamic M2 = Manual Confort

I settaggi di fabbrica di tali sistemi sono i seguenti.

Riding ModeMGCM
(e-gas)
MGCT
(controllo trazione)
MGCA
(alette)
MGCS
(sospensioni)
SportaggressivominimochiuseAutomatic Dynamic
StradanormalemediochiuseAutomatic Dynamic
Turismonormalemassimoaperto da 60 km/hAutomatic Comfort
PioggiadolcemedioaperteAutomatic Comfort

Appare curiosa la scelta di impostare il controllo trazione del mode Pioggia sul livello medio anziché massimo.

Multimedia

Presente solo se nel caso che la moto sia equipaggiata con il sistema Moto Guzzi MIA, comprende:

  • Device status – lista dei dispositivi associati
  • Device pairing – associa un dispositivo
  • Reset pairing – resetta tutte le associazioni a dispositivi.
MGCS

Presente solo sulla versione S, permette di impostare i diversi parametri di ciascuna delle quattro modalità disponibili per le sospensioni.

  • In Automatic Dynamic e Automatic Comfort – le modalità adattive – sono disponibili tre parametri: smorzamento anteriore, smorzamento posteriore e sostegno della forcella in frenata, regolabili su una scala da -5 (morbido) a + 5 (rigido)
  • In Manual Dynamic e Manual Comfort, – le modalità non adattive – è possibile regolare elettricamente i freni idraulici in compressione ed estensione anteriore e posteriore su una scala da 1 (rigido) a 31 (morbido).

I settaggi di fabbrica dei parametri delle sospensioni sono i seguenti:

ParametroAutomatic DynamicAutomatic ComfortManual DynamicManual Comfort
Smorzamento anteriore0-5
Smorzamento posteriore0-5
Sostegno della forcella in frenata0-5
Freno idraulico in compressione anteriore2831
Freno idraulico in estensione anteriore520
Freno idraulico in compressione posteriore3031
Freno idraulico in estensione posteriore1015

Illuminazione

La V100 dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e di serie delle cornering lights – le luci per migliorare la visibilità in curva. Esse funzionano con una logica diversa da quella che ho visto su altre marche, perché prevedono un solo faretto per parte anziché i soliti tre e si accendono solo quando la moto si inclina oltre 25° anziché quasi subito. Visto che di solito queste luci sono piuttosto fioche, mi viene da pensare che in Moto Guzzi abbiano badato al sodo e abbiano previsto un aiuto più efficace e solo per quando veramente serve, cioè appunto quando si piega parecchio e il faro punta troppo verso l’esterno. Purtroppo non ho avuto modo di verificarlo, perché di sera ho girato solo in città, dove l’illuminazione pubblica non consente di verificare, mentre in garage mi sono guardato bene dal raggiungere l’inclinazione necessaria. L’anabbagliante e gli abbaglianti funzionano comunque molto bene.

Come su molte moto, sulla V100 non è previsto un sistema veloce di regolazione in altezza del gruppo ottico in funzione del carico. Gli anabbaglianti si regolano individualmente agendo su due viti poste sotto il cruscotto, mentre l’abbagliante si regola con una vite posta sotto al cupolino. È quindi importante regolare il precarico quando si accoglie un passeggero, operazione peraltro resa molto semplice dalla presenza del comodo volantino.

Posizione di guida

La posizione di guida è comoda e molto più da naked che da sport tourer, con il manubrio abbastanza largo e aperto, il busto leggermente inclinato in avanti e le pedane ben distanziate dalla sella e moderatamente arretrate, La sella è abbastanza comoda e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Non è previsto un kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza. Solo in aftermarket è possibile acquistare la sella confort riscaldata, attivabile attraverso i menù e disponibile in tre diverse misure. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa confort 800 mm
  • sella di serie e sella media confort 815 mm
  • sella alta confort 835 mm

Gli specchi sono buoni e ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano in modo evidente e consentono una buona visuale. Se è presente il radar posteriore, contengono l’indicatore di pericolo che si affianca a quello che appare sul display LCD.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella separata abbastanza ampia e comoda – ma non riscaldabile – dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane un po’ più alte rispetto a quelle del pilota, ma che comunque consentono una posizione comoda.

Capacità di carico

La V100 è pensata per viaggiare anche in coppia e può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie rigide bicolore grigio chiaro e scuro da 30 e 29 litri dedicate, belle e ben integrate con la linea della moto, che si agganciano direttamente senza necessità di telaietti e sono chiuse con la chiave di accensione, e con un bauletto da 37 litri pure bicolore che invece richiede l’acquisto del portapacchi specifico. Questo è sicuramente robusto – l’omologazione è per 12 kg – ma non bello né all’altezza del resto della moto, e impone anche una posizione del bauletto un po’ troppo rialzata.

Wide Magazine

È inoltre presente un (molto) piccolo vano portaoggetti sotto la sella del passeggero, dotato di serie di una presa di ricarica USB.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Come va

Motore

Il nuovo bialbero si avvia prontamente e senza i soliti scuotimenti trasversali tipici delle altre Moto Guzzi, ha un minimo regolarissimo intorno ai 1400 giri/min e all’apertura del gas prende i giri piuttosto rapidamente e non presenta quasi alcuna coppia di rovesciamento, grazie al contralbero anticoppia e al generale lavoro di riduzione delle inerzie. Inoltre, è del tutto privo di rumoracci parassiti dovuti alla distribuzione ad aste e bilancieri o ad altro, mentre lo scarico è civile, ma lascia sempre sentire la bella nota tipica del V2. Insomma, volendo sintetizzare, questo bicilindrico suona decisamente come un Moto Guzzi, ma sembra fabbricato da Honda, e parlando di motori, non saprei inventarmi un complimento migliore.

In movimento, il V2 accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a circa 1.550 giri) a pieno gas con un po’ di vibrazioni e già dai 50 km/h (1.950 giri/min) gira rotondo e inizia a tirare in modo soddisfacente.

In accelerazione, il motore offre una spinta consistente e regolare fin da 2.000 giri, che cresce progressivamente senza salti, diventa notevole già sui 4.000 giri e rimane tale fino al regime di potenza massima, oltre il quale decisamente non conviene andare, perché la coppia si affievolisce subito, anche se il motore continuerebbe a salire di giri senza alcun aumento delle vibrazioni. Non stiamo parlando di una moto strappabraccia, ma c’è abbastanza potenza per divertirsi molto e non soffrire di complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno nell’uso stradale.

La risposta alla rotazione della manopola del gas varia sensibilmente tra le diverse modalità, da dolce in Pioggia a bella pronta in Sport ed è sempre perfettamente adeguata alla situazione. Le diverse modalità di guida non influiscono sulla coppia del motore.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 10 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Accelerazione

La V100 sorprende, perché a sensazione scatta decisamente meglio di qualsiasi altra Moto Guzzi di serie che ho provato in precedenza. Non mi riferisco certo alla V85TT e tanto meno alle V7 e V9, il paragone sarebbe impietoso, ma al Griso 1200 8v, che era la più leggera tra le moto equipaggiate con il big block più potente di sempre (110 CV), ma nonostante questo dava comunque quella sensazione di inerzia da grandi masse volaniche tipica dei V2 della casa, che qui invece è del tutto assente.

Lo spunto alla partenza è immediato, grazie alla prima corta, alla frizione pastosa e alla coppia ben distribuita, e la moto continua ad accelerare con vigore in tutte le marce, spaziate in modo perfettamente uniforme tra loro. Ovviamente non siamo ai livelli di una supersportiva – il rapporto peso potenza è circa la metà rispetto a una 1000 race replica – ma la V100 si difende molto bene nei confronti della concorrenza di cilindrata pari e anche superiore, perché spalancando il gas ce n’è abbastanza per divertirsi parecchio e allo stesso tempo si vive la gratificante sensazione di non essere appesi all’elettronica per sopravvivere, che comunque è discretamente presente a impedire le impennate in prima.

Ho svolto i test di accelerazione in Sport, ma penso che i risultati sarebbero stati pressoché equivalenti anche con le altre modalità.

La V100 raggiunge i 100 km/h con partenza da fermo dopo 4,28 s e 63,1 m e i 200 km/h con partenza da fermo dopo 15,07 s e 554,5 m. L’assenza del quickshifter nella versione base provata fa perdere poco tempo nelle cambiate – circa 0,3 s s, vista la prontezza del cambio, ma impatta anche sullo 0-100, perché il passaggio in seconda avviene a circa 80 km/h; sono quindi sicuro che con la S si possano ottenere tempi ancora migliori. Sulla carta questi tempi potrebbero sembrare a qualcuno non particolarmente esaltanti – in giro si leggono in generale numeri calcolati che non hanno riscontro con la realtà – ma garantisco che sono decisamente adeguati, in sella la sensazione è quella di uno scatto molto brioso.

Ripresa nel rapporto superiore

La 6a relativamente corta della V100 (25,7 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla V100 prestazioni in ripresa di rilievo assoluto. Inoltre, la capacità del motore di girare anche a regimi molto bassi mi ha permesso di effettuare la prova nel rapporto superiore spalancando il gas addirittura da 40 km/h, corrispondenti a 1.560 giri/min, cioè poco sopra al regime di minimo, una prestazione degna di un 4 cilindri. In tal caso le vibrazioni sono ovviamente evidenti, ma il motore riprende senza alcuna esitazione e già a partire già dai 50 km/h inizia a girare bello rotondo e a spingere con decisione crescente.

Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,63 s, un tempo eccellente per una tourer, non solo rispetto alla cilindrata, ma in assoluto, praticamente identico a quello già ottimo fatto segnare dalla mia K1200GT e quasi a livello degli 8,8 s ottenuti con la K1600 6 cilindri. Tradotto in pratica, tutto questo significa che la V100 si muove su strada con la souplesse delle grandi, cioè viaggia bene anche a pieno carico e consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare marcia.

Trasmissione

La frizione in bagno d’olio è relativamente morbida – la pompa radiale fa una grande scena, ma non porta vantaggi evidenti – perfettamente modulabile e resistente agli strapazzi.

Il cambio di serie è perfetto, molto preciso e dalla corsa corta. L’esemplare provato era privo di quickshifter, quindi non posso dire niente al riguardo. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso decisamente veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto; per esempio, sulla possente K1600 a 6 cilindri, che ha la 5a molto vicina alla 6a, se si vuole fare un sorpasso particolarmente veloce, è meglio passare alla 4a.

La trasmissione finale a cardano non presenta giochi evidenti, è perfettamente silenziosa e funziona in modo impeccabile. Posso confermare che si comporta come un Ca.R.C. o un Paralever BMW, ma con una semplicità costruttiva disarmante, davvero complimenti.

Freni

La frenata della V100 è pronta, potente, resistente, perfettamente modulabile e, soprattutto, estremamente efficace, grazie anche al baricentro sicuramente piuttosto basso e all’interasse non particolarmente corto, caratteristiche che riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore. I numeri sono da record: la Mandello si ferma dai 120 km/h in 3,63 s e 64,40 m, lasciando al palo anche una naked da sparo come la BMW S1000R, che necessita rispettivamente di 3,95 s e 69,0 m.

L’ABS è comunque tarato in modo piuttosto aggressivo, perché la decelerazione massima possibile è impressionante – mediamente intorno a 1 g! – e solo nelle frenate di emergenza appare qualche lieve serpeggiamento alla ruota posteriore, che comunque non impensierisce.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della V100 è impeccabile, preciso e pronto quanto si può desiderare e mai affaticante.

La forcella a steli rovesciati Kayaba di questa versione base è molto scorrevole e ben sostenuta anche nelle frenate più violente, mentre il mono nella regolazione di serie è forse un po’ rigido – almeno per la schiena di uno splendido 57enne – ma migliora agendo sul registro a vite. La moto comunque si muove in modo omogeneo, senza scompensi fra anteriore e posteriore, non pompa in alcuna occasione e l’ottimo controllo delle masse sospese che ne deriva rende la Mandello molto efficace e reattiva nella guida sportiva.

In città

La V100 non è leggerissima sulla bilancia, ma il baricentro basso, l’interasse relativamente corto – soprattutto rispetto alla media delle Moto Guzzi – il manubrio abbastanza largo e la compattezza delle dimensioni la rendono molto facile e agile in città. Inoltre è piuttosto snella in vita e questo facilita l’appoggio ai meno alti, che comunque hanno la possibilità di acquistare una sella più bassa. Il motore gestibilissimo – anche nella modalità Sport – e la frizione pastosa completano un quadro ottimo, che sarebbe eccellente se le sospensioni assorbissero meglio le sconnessioni profonde. I romani faranno bene ad acquistare la S con le sospensioni adattive Öhlins.

Nei trasferimenti extraurbani

La V100 è una moto piuttosto comoda, grazie al regime tutto sommato di riposo – a 130 km/h in 6a il motore è a 5.000 giri — all’assenza di vibrazioni fastidiose, alla posizione di guida molto naturale, alla sella comoda e al molleggio un po’ rigido su questa versione base, ma comunque soddisfacente. La protezione aerodinamica offerta dalla snella carenatura è buona; alzando il parabrezza ovviamente aumenta e il flusso d’aria che raggiunge il casco rimane sempre perfettamente pulito. Per chi comunque vuole di più è anche possibile montare il parabrezza maggiorato Touring. Le alette dell’aerodinamica adattiva non hanno effetto sul torace e sulla testa e quindi la loro azione è meno appariscente, ma una volta aperte proteggono bene la parte superiore delle gambe e si rivelano particolarmente utili in caso di pioggia.

Nel misto

Interasse non lungo, coppia alla ruota elevata e sempre disponibile, gas pronto e ben gestibile, cambio efficace, freni superbi, sterzo pronto e preciso e ottimo controllo delle masse sospese donano alla V100 un comportamento piuttosto sportivo anche nel misto stretto, risultato particolarmente interessante, perché abbinato a un confort di buon livello. La guida è davvero gustosa e fa sorridere nel casco anche i piloti più smaliziati.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 21,5 km/l
  • a 130 16,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce – inclusi i test di accelerazione – è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 17 litri consente percorrenze sui 300 km.

Conclusioni

La V100 Mandello è un’eccellente sport tourer, in quanto offre offre un motore vivace dal funzionamento impeccabile e dai consumi più che ragionevoli, prestazioni molto interessanti per la categoria e in particolare una ripresa di assoluto rilievo, un’ottima guidabilità su tutti i tipi di percorso, freni da riferimento, spazio a bordo adeguato per due e per i bagagli, un confort più che buono anche a velocità autostradali e un’elettronica ben fatta e facile da usare.

Ma la cosa che mi ha più impressionato sono la qualità costruttiva dell’insieme e di tutti i dettagli. Sulla Mandello non c’è un cavo o una vite fuori posto, una giunzione tra pannelli imprecisa, una finitura meno che ottima, tutte le componenti sono perfettamente integrate e tutto trasmette una gratificante sensazione di precisione e di solidità nell’uso, anche in particolari insignificanti, come il feeling dei vari pulsanti e delle plastiche o l’apertura impeccabile del tappo del serbatoio o la facilità di rimozione e soprattutto di rimontaggio delle selle. In due parole, la V100 offre, anche in questa versione base, la componentistica raffinata e il fascino delle moto italiane, unite a una costruzione degna delle migliori Honda, e proprio non saprei desiderare qualcosa di meglio.

Fin da quando ero ragazzo, ho sempre visto Moto Guzzi affannarsi nell’inseguire la concorrenza e la grandezza del proprio passato. Ecco, con la V100 la Casa dell’Aquila ha finalmente raggiunto di slancio entrambi gli obiettivi, perché questa è a mio avviso una tra le migliori sport tourer sul mercato e realizza un balzo epocale rispetto al resto della produzione di Mandello. Per ritrovare una moto altrettanto innovativa nella storia della Casa, bisogna tornare indietro almeno fino alla V7 del 1965. Tanto di cappello ai tecnici di Mandello per questo capolavoro; gli auguro il massimo successo nelle vendite e non vedo l’ora di vedere e provare gli altri modelli con lo stesso motore che seguiranno.

Pregi

  • Moto bella, solida e ben rifinita
  • Spazio per passeggeri e bagagli
  • Motore piacevole, potente e molto elastico
  • Freni eccelsi
  • Cambio e frizione impeccabili
  • Bella guida su tutti i percorsi anche alzando molto il ritmo
  • Cruscotto TFT che offre a colpo d’occhio tutte le informazioni necessarie

Difetti

Ho fatto davvero fatica a trovarne uno, ma alla fine ci sono riuscito: il design del portapacchi tubolare optional non è all’altezza di tutto il resto della moto.

Si ringrazia molto la concessionaria Moto Guzzi – ApriliaPiaggio “Che Moto!” di Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Consapevolezza e incoscienza

Anche noi motociclisti siamo esseri umani e, come tali, abbiamo a volte il difetto di abbandonare la razionalità a favore di pulsioni non razionali. Se questa è una cosa molto bella in tanti campi della vita – dopotutto, ci permette anche di emozionarci per le moto! – quando si guida può a volte trasformarsi in un problema.

Un noto caso di abbandono della razionalità è l'”effetto pecora“, quello che ci porta a passare col rosso o a fare un sorpasso avventato per seguire un compagno che invece era in piena sicurezza. È chiaramente un comportamento pericoloso e da non ripetere, ma siamo perfettamente consapevoli fin da subito di aver peccato e ci ripromettiamo di non rivivere mai più lo stesso spavento.

Un altro caso noto di abbandono della razionalità è la spavalderia. Finché ci si limita a fare gli sboroni al bar, niente di male, il cazzeggio è il sale delle conversazioni, ma quando si guida, può portare a realizzare manovre al di fuori delle proprie capacità, con conseguente caduta nel fosso della curva o tamponamento o rovinosa caduta durante un’impennata. Anche in questo caso la pericolosità della cosa è ovvia a tutti, incluso l’autore della bravata.

Questa roba è arcinota e non mi interessa discuterne. Ciò di cui mi preme parlare qui è un tipo diverso di comportamento irrazionale, quello dettato dall’incoscienza. Nella lingua italiana questo termine è anche associato con la spavalderia, ma qui intendo usarla nel suo significato di “mancanza di consapevolezza di sé e delle proprie azioni”. È un problema particolarmente insidioso, perché colpisce quasi tutti i motociclisti, anche quelli più tranquilli, e si manifesta sotto forma di comportamenti non percepiti come pericolosi, ma che in realtà lo sono eccome. Essi possono essere di vario tipo, ma hanno tutti un’origine comune: scaturiscono dalla presunzione che gli altri utenti della strada si comporteranno in modo perfettamente legale e perfettamente prevedibile.

Spesso si è incoscienti quando si commette un’infrazione. Esempio classico in tal senso è il sorpasso di un veicolo in corrispondenza di un incrocio. Quello non ha la freccia, quindi si dà per scontato che non svolterà; poi però lui svolta lo stesso e noi finiamo in ospedale, se va bene. Sorpassare gli incroci è vietato proprio perché è pericoloso, ma nonostante questo, quasi tutti i motociclisti lo fanno senza esitare. Ma si può essere incoscienti anche in momenti in ci si sta comportando perfettamente secondo le regole. Il caso tipico è il sorpasso di un veicolo di fronte a una stazione di servizio, che pur non vietato dalla legge, è del tutto analogo al caso precedente e altrettanto pericoloso.

Per evitare questo rischio, ogni utente della strada e specialmente il motociclista, privo di carrozzeria protettiva, dovrebbe sempre tenere presente un principio di fondo:

se un conducente può fisicamente e plausibilmente realizzare una manovra, è probabile che lo farà.

Provate a guidare tenendo presente questo principio e vi renderete conto che diverse cose che di solito fate, in realtà comportano rischi anche gravi. Oltre ai casi dei sorpassi visti sopra, vengono subito in mente i seguenti:

  • attraversare un incrocio in velocità, presumendo che chi è obbligato a darci la precedenza, lo farà – e potrebbe anche essere non solo il conducente che vogliamo sorpassare, ma anche quello che viene in senso contrario e intende svoltare alla sua sinistra
  • attraversare un incrocio a più corsie affiancati ad un altro veicolo, presumendo che il conducente non sterzerà incrociando la nostra traiettoria
  • viaggiare veloci in città (in parecchie zone anche la velocità legale di 50 km/h è eccessiva), presumendo che nessun pedone attraverserà la strada senza guardare, nessun veicolo spunterà fuori da un passo carrabile e nessun conducente aprirà lo sportello
  • non rallentare fino a passo d’uomo in presenza di un animale in strada, presumendo che quello non scarterà improvvisamente nella nostra direzione.

Tutto questo non significa che dobbiamo diventare paranoici e terrorizzati da tutto quello che potenzialmente potrebbe accadere. Non a caso ho inserito la parola plausibile. Su un rettilineo extraurbano privo di incroci e accessi, non sorpassare il veicolo che ci precede solo perché ha la possibilità fisica di spostarsi a sinistra è esagerato, perchè di solito nessun conducente fa una cosa del genere. Ma se ci accorgiamo dalle indecisioni della traiettoria che quella persona non è perfettamente lucida o sta spippolando al telefonino, ecco che lo spostamento a sinistra diventa plausibilissimo e quindi è necessario adottare le opportune contromisure: richiamare l’attenzione della persona distratta con il clacson o non sorpassare del tutto se è chiaramente ubriaca.

Lo ripeto:

se un conducente può fisicamente e plausibilmente realizzare una manovra, è probabile che lo farà.

Tenete scolpito nella mente questo principio quando siete alla guida, sempre.

Prova della BMW S1000R 2022

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Questa prova della S1000R è ancora più approfondita del solito, perché per la prima volta ho rilevato i dati di accelerazione, ripresa e frenata, sfruttando la sua strumentazione digitale, una telecamera e la moviola di un programma di video editing. Per avere la massima accuratezza possibile ho tenuto conto dello scarto medio del tachimetro rispetto alla velocità GPS, in questo caso intorno al 3%. Da questi dati ho ricavato anche i relativi valori di g e gli spazi.

31-1-2023 Edit. Ho scoperto che il tachimetro delle strumentazioni digitali ha un ritardo, in questo caso di circa 0,3 secondi. Ho quindi corretto i dati, che quindi sono leggermente migliori di quanto avevo scritto in prima battuta.

Cavallo di razza

Introduzione

Correva l’aprile 2007 quando BMW, la Casa bavarese nota per per le sue moto da turismo spinte da motori boxer, comunicò che avrebbe partecipato al campionato Superbike. Sembrava più una battuta, ma i tedeschi che l’avevano pronunciata erano serissimi; se scherzavano, dovevano aver studiato da Buster Keaton.

A onor del vero, BMW non faceva solo tranquille bicilindriche; tra le altre cose, da vent’anni anni produceva anche eccellenti moto da turismo a quattro cilindri, le K, che dal 2004 avevano fatto un salto tecnologico e prestazionale notevole, allorché la pesante K1200RS aveva lasciato il posto a una gamma di moto decisamente più moderne e leggere, che comprendeva tra l’altro la K1200R, che al suo lancio era la naked più potente e veloce del mondo. Per questa moto BMW aveva anche messo su un campionato, la BMW Motorrad Power Cup.

Ma questa era l’unica attività agonistica di BMW, senza contare che le K erano rimaste un prodotto sostostanzialmente di nicchia nella gamma BMW, apprezzato solo ad un gruppo di appassionati. Per il grande pubblico dei motociclisti le moto tedesche avevano i cilindri sporgenti ai lati, il cardano che le sbilanciava e vivevano lontano dalle piste.

Finchè, nell’aprile del 2008, BMW diffuse questa foto.

Uno shock. Una roba del genere in BMW non si era mai vista, e per giunta sembrava giapponese. Si trattava della versione da pista della S1000RR, la belva che non vinse il campionato SBK – e continuò a non vincerlo anche in seguito – ma spostò talmente in alto l’asticella nella categoria supersport stradali, da diventarne regina indiscussa e da rimanere tale per molti anni a venire.

Con una base del genere, era ovvio ricavare una naked da sparo e fu così che la fine del 2013 vide il lancio della BMW S1000R, essenzialmente una RR spogliata della carena e con il motore depotenziato a “soli” 160 CV. Sulla carta il dato poteva sembrare ad alcuni deludente – era da poco apparsa la KTM 1290 Super Duke R che ne aveva 180 – ma in realtà la nuda bavarese si rivelò essere una belva dalle prestazioni notevoli, forte anche di una maggior coppia rispetto alla sorella da pista.

Nel 2019 fu lanciata la nuova S1000RR, completamente rinnovata e alleggerita rispetto alle serie precedenti e dotata di un nuovo motore con variatore di fase più potente ed elastico. Da questa nuova belva nacque alla fine del 2020 la nuova naked S1000R, oggetto di questa prova.

L’esemplare provato è un MY 2022, rimasto immutato anche per il 2023, ed era equipaggiato con cerchi standard e pneumatici Dunlop Sportsmart Mk3, decisamente adatti al genere di moto.

Com’è

Aspetto

La S1000R ricalca l’impostazione generale della serie precedente, della quale però non condivide praticamente alcun componente. Il gruppo ottico, diventato singolo e simmetrico, è lo stesso della F900R, ma per il resto la somiglianza tra le due moto non è molto spiccata; la S ha un’aria molto più cattiva, quasi postatomica, a causa del disegno di tutti i particolari, incluso il telaietto posteriore a traliccio. Interessante è la riduzione del peso rispetto alla vecchia serie da 207 a 199 kg in ordine di marcia e con il pieno, ottenuta principalmente nel motore – con l’aiutino della rimozione delle pedane e della sella del passeggero, che sono optional. Altrettanto interessante è il fatto che la S pesa 13 kg meno della F900R bicilindrica.

La scelta di fornire la moto di serie in configutrazione monoposto è coerente con la sua impostazione generale, chiaramente rivolta a motociclisti che intendono girare anche in pista; infatti, il portatarga e altri particolari sono smontabili facilmente.

Ciclistica

Telaio e sospensioni della S1000R sono quelle caratteristiche della nuova serie S. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm, è dotata di ammortizzatore di sterzo ed è regolabile nel precarico, in compressione (stelo sinistro) e in estensione (stelo destro), mentre al retrotreno c’è un forcellone bibraccio a capriate in alluminio con un cinematismo progressivo di tipo Full Floater Pro – per una spiegazione dettagliata della storia e del funzionamento di questo schema si veda il mio articolo Sospensioni full floater – e monoammortizzatore pure regolabile in precarico, compressione ed estensione. La particolare geometria della sospensione posteriore consente non solo di avere un assorbimento progressivo, ma anche di tenere il mono a notevole distanza dal motore e dal calore da esso emanato, in modo da assicurarne la massima costanza di funzionamento.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 120 mm (120 mm)
  • escursione posteriore 117 mm (120 mm)
  • interasse 1450 mm (1.439 mm)
  • avancorsa 96 mm (98,5 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,2° (24,6°)

Si nota lo sterzo dalle quote ancora più sportive.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”, ma con i cerchi forgiati M disponibili a richiesta viene fornito uno pneumatico 200/55 ZR 17.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero montato trasversalmente e con distribuzione a quattro valvole per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulle R e XR non solo al di sopra dei 10.000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5.000 e i 7.500, regimi importanti su una moto stradale.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000R, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1.000 cc. C’è da dire però che mentre sulla XR questa relativa fiacchezza ai medi si nota, sulla R la maggior leggerezza, la destinazione d’uso sportiva e il prezzo nettamente inferiore giustificano in pieno la scelta.

Trasmissione

Come sulla S1000XR – e a differenza che sulla S1000RR – il cambio su questa nuova serie presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5.900 a circa 5.500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione, sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia S1000R e delle S1000RR nuove e vecchie):

RapportoValore
Riduzione primaria1,652
1a2,647
2a2,091
3a1,727
4a1,476 (1,500)
5a1,304 (1,360)
6a1,167 (1,261)
Riduzione finale2,647

Le velocità risultanti alle quali il motore entra in coppia ed esprime la potenza massima sono le seguenti. Con lo pneumatico 200/55 ZR 17 optional i valori aumentano di un 2% scarso.

RapportoVelocità a 7.000 giri/’Velocità a 11.000 giri/’
1a73,0114,8
2a92,5145,3
3a112,0175,9
4a131,0205,9
5a148,3233,0
6a165,7260,4

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter BMW, funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000R è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Nonostante la destinazione d’uso spiccatamente sportiva, qui non c’è la pompa radiale che equipaggia la S1000RR, mentre i tubi sono come da tradizione BMW in treccia metallica. Se sono richiesti i cerchi forgiati M, i dischi anteriori sono quelli della S1000RR, con lo spessore maggiorato a 5 mm.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000R, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre di serie i seguenti accessori.

  • Riding mode – Comprende le modalità di guida Rain, Road e Dynamic.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva. Il suo comportamento cambia in base alle modalità di guida e può disattivato o limitato alla sola ruota anteriore.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • HSC (Hill Start Control) – Sistema che, tirando con forza la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.

A richiesta c’è quanto segue.

  • Modalità di guida Dynamic Pro – È completamente configurabile e include anche quanto segue.
    • Launch Control – Regolatore automatico dei giri in accelerazione per l’uso in pista. Si attiva tenendo premuto il tasto d’avviamento finché sul display appare il numero dei lanci ancora possibili senza surriscaldare la frizione, Una volta attivato, Si parte tenendo il gas spalancato e il sistema si incarica di tenere il motore a 9.000 giri fissi e scaricando a terra la quantità di coppia ideale. Si disattiva oltre i 70 km/h o se si chiude il gas o si frena o se l’inclinazione della moto diventa eccessiva.
    • Pit Lane Limiter – Limitatore dei giri in prima. Una volta attivato mediante il menù Impostazioni – Pista e fissatato il regime tra 3.500 e 8.000 giri, se si viaggia in prima con il gas spalancato e il tasto di avviamento premuto, il motore rimane al regime impostato finché si rilascia il tasto.
    • Wheelie Control – Controllo dell’impennata regolabile mediante il menù Impostazioni.
    • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che controlla automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
    • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che nelle frenate di emergenza aumenta la pressione sul freno posteriore e azzera eventualmente il gas erroneamente aperto, migliorando la stabilità della moto e gli spazi di frenata.
    • HSC Pro – Assistente alla partenza in salita avanzato, che può essere configurato anche per inserirsi automaticamente a moto ferma e frenata, senza dover tirare con forza la leva del freno.
  • DDC (Dynamic Damping Control) – Sistema di sospensioni autoadattive che agisce regolando automaticamente i freni in estensione delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. La particolarità di questo sistema rispetto al D-ESA che di solito equipaggia le BMW è che qui è possibile settare manualmente tutti i parametri di entrambe le sospensioni – precarico e freni in estensione e compressione – in modo da cucirsi il DDC su misura.
  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il DDC è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori (questo è quello che c’è scritto sul manuale d’uso, ma se è vero, la coppia è comunque nettamente superiore che in Rain)
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto
  • anti-impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro

Modalità di guida completamente personalizzabile, in cui le impostazioni rimangono memorizzate anche dopo lo spegnimento del quadro.

  • Funzione cornering dell’ABS Pro disattivata
  • ABS disattivabile solo al posteriore o totalmente
  • DBC disattivabile
  • risposta dell’acceleratore normale o dolce
  • coppia massima o ridotta nelle marce inferiori
  • freno motore medio o minimo
  • DTC per ottenere prestazioni massime, regolabile
  • anti impennata che consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile e disattivabile

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1.000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Sorprendente il fatto che il gas non preveda una regolazione rapida neanche nella modalità Dynamic Pro. Probabilmente in BMW temono che, viste le notevoli prestazioni del motore e la leggerezza della moto, il comando diventi troppo brusco.

Inoltre, ho notato durante il test – piuttosto approfondito dal punto di vista delle prestazioni – che la limitazione della coppia nelle marce inferiore è netta in Rain, ma non in Road, che sembra come comprtamento molto più simile alla modalità Dynamic. Questo ha le sue conseguenze sulla guida d’attacco, come vedremo in seguito.

Comandi

I comandi al manubrio sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione.

Le frecce si azionano con il comando standard e dispongono dello spegnimento automatico. La loro logica, analoga a quella già vista sulle F900 – ma non sulla K1600B – è molto sofisticata e particolarmente funzionale. La novità è che qui il comando si comporta diversamente se lo si aziona brevemente o se si prolunga la pressione.

Con un tocco veloce, le frecce si spengono:

  • sotto i 30 km/h, dopo 50 metri
  • tra i 30 e i 100 km/h, dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità e dell’accelerazione
  • sopra i 100 km/h, dopo 5 lampeggi

Con un tocco prolungato, le frecce si spengono sempre dopo un tratto di strada che varia in funzione della velocità. Da qualche prova fatta, emerge che a 130 km/h i lampeggi sono 14, mentre riducendo la velocità aumentano.

Questa logica è molto funzionale e risolve un antico problema di questo sistema, cioè la necessità di ripetere l’azionamento quando si vuole segnalare l’uscita da un tratto autostradale.

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato tirando verso l’esterno la stessa leva.

Il clacson — una roba tristissima da scooter, come quasi sempre sulle moto — è azionato dal pulsante correttamente ubicato sotto al comando delle frecce – la presenza della ghiera del Multi-controller non ne ostacola il raggiungimento – mentre l’hazard è azionabile con un pulsante dedicato posto sopra al blocchetto sinistro.

Sempre nel blocchetto di sinistra sono presenti il tasto a bilanciere per disattivare il DTC, che con il sistema opzionale DDC consente di regolare anche sospensioni descritto più sopra e i, se presente, comandi del pratico cruise control BMW, pure in opzione.

Sul blocchetto di destra sono presenti il tasto per le modalità di marcia, descritte più sopra, quello per le manopole riscaldabili optional con tre opzioni – riscaldamento rapido e due livelli di intensità – e il consueto tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza. Il tasto di accensione gestisce anche, se presenti, il Launch Control e il Pit Lane Limiter.

Di serie è attualmente disponibile il sistema Intelligent Emergency Call, per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. In tal caso è presente un blocchetto supplementare a destra con un grosso pulsante rosso protetto da un coperchio di sicurezza sollevabile facilmente e identificabile dalla scritta SOS, per evitare chiamate accidentali. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi funziona anche senza smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente – e in modo diverso in base alla sua gravità – il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati nel blocchetto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità. Interessante il fatto che la centralina del sistema può essere rimossa senza attrezzi per l’uso in pista.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema non agisce sul tappo del serbatoio, che deve essere sbloccato con la chiave. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, perché è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e soprattutto mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla routine – chiave che cade da una tasca aperta o dimenticata nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Per quanto riguarda i comandi a pedale, sono da segnalare le pedane sportive regolabili optional e, di serie, l’interessante possibilità di invertire la funzionalità della leva del cambio – cioè prima in alto e tutte le altre marce in basso – per l’uso in pista. La leva del cambio prevede due occhielli per il fissaggio dell’asta di rinvio, uno davanti e uno dietro al proprio perno. Per ottenere l’inversione, basta spostare il rinvio da un occhiello all’altro.

Strumentazione

La S1000R è dotata di serie della strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW, alloggiata come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore. Come di consueto, la strumentazione azionabile per mezzo del Multicontroller — la pratica ghiera posta all’interno della manopola sinistra — e del tasto Menu posto sul blocchetto sinistro.

La strumentazione prevede diverse visualizzazioni di cui alcune dedicate alla guida e altre alle informazioni accessorie. Le informazioni di base — velocità, marcia inserita, ora e temperatura ambiente, eventuale attivazione della commutazione automatica dell’illuminazione diurna — sono presenti con qualsiasi visualizzazione mentre le altre appaiono solo in alcune modalità oppure sono alternative tra loro.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard, semplice ma di un certo effetto, che oltre alle informazioni di base mostra una grande e scenica barra del contagiri e uno solo dei dati presenti nelle schermate Il mio veicolo o Computer di bordo (per esempio, livello carburante, chilometraggio parziale ecc.).

La visualizzazione Sport è caratterizzata da un bel contagiri analogico semicircolare posto al centro dello schermo e da alcuni interessanti indicatori:

  • riduzione dei giri motore indotta dall’intervento del DTC, istantanea e massima, in %
  • inclinazione istantanea e massima per i due lati, in gradi
  • decelerazione istantanea e massima, in m/s2

La visualizzazione Sport 2 è esteticamente simile alla 1, ma è pensata per l’uso in pista e quindi mostra i seguenti indicatori:

  • riduzione dei giri indotta dal DTC istantanea e massima, in %
  • tempo sul giro attuale
  • tempo sul giro migliore — può essere scelto quello odierno o il migliore di sempre
  • distacco dell’ultimo giro concluso o di quello attuale rispetto al giro migliore scelto

I tempi sul giro vengono marcati mediante la levetta del devioluci, oppure automaticamente attraverso il GPS Laptrigger M, un registratore di dati della guida in pista realizzato dall’azienda tedesca 2D e disponibile in aftermarket a condizione che sia stata richiesta la relativa predisposizione. Il registratore tiene traccia dei principali paramentri della moto in tutti i momenti del giro e consente un’analisi approfondita di tutte le fasi della guida.

La visualizzazione Sport 3 ha un aspetto completamente diverso e mostra gli indicatori della Sport 2, più l’angolo istantaneo e massimo di piega.

BMW S1000RR 2019: rompiendo moldes
Schermata Sport 3 della S1000RR. Quella della R è uguale, ma ha il fondo scala a 12.000 giri.

La visualizzazione Mio veicolo permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
  • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
  • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
  • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
  • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
  • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control.

La schermata Navigazione funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display l’indicazione semplificata della rotta con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni. Inoltre, attraverso lo smartphone è possibile avere in qualsiasi schermata la visualizzazione del limite di velocità corrente, ricavato dalle mappe GPS.

La schermata Media funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica presente nel dispositivo, con un motore di ricerca particolarmente ben fatto.

La schermata Telefono funziona se sono collegati via bluetooth un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

La navigazione GPS avviene attraverso le indicazioni di guida fornite dal navigatore dello smartphone (per esempio Waze o Google Maps); c’è ovviamente l’audio nel casco, non c’è la mappa, ma tutte le altre indicazioni sì: distanza all’arrivo e ora prevista, distanza fino alla prossima svolta, nome della strada attuale, nome della strada da prendere alla prossima svolta, pittogrammi che descrivono gli incroci e le rotatorie del percorso e limite di velocità lungo il tratto percorso. Il sistema è molto chiaro nel funzionamento e non fa rimpiangere più di tanto il navigatore dedicato.

Tra gli optional non ho trovato la predisposizione per il navigatore, immagino comunque che sia disponibile in aftermarket.

Illuminazione

La S1000R dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Adaptive Light Control, un sistema di luci adattive che si attiva con l’inclinazione della moto e consente una più profonda illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico anteriore, di forma vagamente trapezoidale e uguale a quello della F900R, ed è diviso in tre parti, dall’alto in basso anabbagliante, luce di posizione/diurna e abbagliante, fiancheggiato dalle luci adattive in curva. Se è presente il sistema adattivo in curva, la R stilizzata al centro del gruppo ottico è retroilluminata.

Come sulla maggior parte delle naked, neanche sulla S1000R è previsto un sistema pratico di regolazione in altezza del faro in funzione del carico, ma è necessario allentare le viti di fissaggio. In questo caso, vista la scarsissima probabilità che questa moto vada in giro con un passeggero, questo è un non problema.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono ottime, mentre l’illuminazione adattiva non è niente di sconvolgente, perché all’esterno del fascio di luce del faro vero e proprio essa illumina solo in modo limitato la traiettoria lungo la curva, offrendo quindi un vantaggio tutto sommato marginale.

Posizione di guida

La posizione di guida è sportiva, con busto piuttosto inclinato in avanti e pedane abbastanze alte e arretrate, anche se non come sulla RR. Come in tutte le moto sportive del pianeta esclusa la S1000XR, la sella consente la più ampia libertà di movimento al pilota.

Il manubrio è regolabile in due posizioni.

Non è previsto alcun kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile la sella M dedicata all’uso in pista. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:

  • sella bassa 810 mm
  • sella M 824 mm
  • sella standard 830 mm
  • sella alta 850 mm

Gli specchi, sono quelli standard delle BMW non carenate, un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

La moto è venduta come monoposto, ma è disponibile a richiesta un kit di sella e pedane per il passeggero, che comunque deve amare molto il pilota oppure essere un po’ masochista; se poi le due qualità convivono, meglio ancora.

Capacità di carico

Vista l’impostazione spiccatamente sportiva, per la S1000R non è ovviamente disponibile alcun tipo di valigia rigida, ma sono disponibili due borse da serbatoio, due per la sella del passeggero e un kit di borse morbide laterali specificamente dedicate al modello, anche se piuttosto piccole (21 litri totali). Quindi, volendo, ci si può viaggiare, rigorosamente da soli.

Un dato interessante: il peso totale consentito per la moto è di ben 407 kg, quindi con un carico utile di 208 kg; è un valore piuttosto alto per una naked da sparo e la dice lunga sulle capacità della ciclistica.

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Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1.300 giri, e sale intorno ai 2.500 giri a freddo. La rumorosità meccanica è elevata. Il suono allo scarico invece è piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime. Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti bruscamente.

Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1.700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea grossi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta decisa e regolare fino a 7.000 giri, che dopo tale soglia diventa impressionante, complice la rapportatura corta, e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto.

Nella modalità Rain la coppia nelle marce inferiori – nelle prime tre sicuramente, non mi è parso in quarta – è limitata, pur rimanendo in assoluto piuttosto elevata. Secondo il manuale d’uso la coppia dovrebbe essere limitata anche in Road, ma nella guida ho potuto constatare che in realtà la moto tira in modo nettamente superiore e simile alle mappature più sportive, anche se non posso dire se è esattamente uguale, perché le prestazioni in accelerazione massima sono brucianti ed è praticamente impossibile percepire certe differenze.

Accelerazione

L’esuberanza delle prestazioni è tale che la moto è gestibile solo grazie al DTC e comunque solo fino a un certo punto, perché già a partire dalla modalità Road la ruota anteriore non ne vuole sapere di restare a terra a qualsiasi regime nelle prime due marce e quindi occorre parzializzare il gas se si vuole mantenere una direzionalità accettabile. Il risultato paradossale di questa situazione è che nei test di accelerazione a velocità stradali ho spuntato i tempi migliori in modalità Rain. In particolare, in questa modalità, dove l’elettronica limita la coppia e tiene a bada l’impennata, ho segnato con relativa facilità uno 0-100 in 3,45 s, mentre già in Road in numerosi tentativi non sono mai riuscito a scendere sotto i 3,87 , perché sembra di stare su un cavallo imbizzarrito e si è costretti parzializzare il gas e ad anticipare un po’ la cambiata 1a-2a. Con ulteriori lanci avrei probabilmente fatto meglio, ma non penso che farei meglio che in Rain, e comunque aiuterebbe se la frizione fosse meno brusca – fa perdere parecchi decimi allo spunto – e anche la mappatura Road impedisse del tutto l’impennata.

Le potenzialità della S1000R emergono invece con evidenza sopra i 100 km/h; per toccare i 200 km/h da fermo ho impiegato solo 9,01 secondi – in questo caso il tempo migliore è stato in Road – e in 250 metri!

A titolo di paragone, la mia K1200GT del 2007 con 152 CV, che pure stacca tempi notevoli per una tourer e quasi uguali alle K1600, percorre lo 0-100 km/h in 3,85 s, cioè solo 0,4 s sopra la S1000R, ma per arrivare a 200 km/h impiega 12,46 s e 346 m.

L’andamento dei g mostra chiaramente perché la S1000R non riesce a fare meglio sullo scatto breve, nonostante l’ottimo rapporto peso/potenza; la curva infatti è sostanzialmente costante fino a circa 90 km/h, perché limitata appunto dalla tendenza della moto a impennare intorno a 0,9 g.

Tutto questo conferma quanto avevo scritto tempo fa nel mio articolo Potenza, velocità e accelerazione.

Ho provato a effettuare anche qualche lancio in Road senza usare il quickshifter, per vedere la differenza. Nello 0-100 ho perso 0,11 s, mentre nello 0-200 ho perso 0,74 s. La cambiata assistita fa effettivamente risparmiare un po’ di tempo, ma alle velocità stradali il vantaggio è minimo, ragione di più per non volerlo sulla mia moto.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida , è preciso nell’intervento e poco invasivo e sinceramente mi sembra veramente una stupidaggine disinserirlo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, mentre in caso di massima accelerazione nelle marce basse il sistema interviene – eccome! – anche su asfalto perfetto, vista l’esuberanza del motore.

Purtroppo non ho avuto modo di usare il Launch Control. Su strada non ha senso, ma sarei comunque curioso di vedere se otterrei tempi migliori, anche se non credo che possa fare miracoli.

Ripresa nel rapporto superiore

Nonostante i rapporti siano gli stessi della S1000XR, qui non si ha alcuna impressione di fiacchezza nella ripresa a bassi regimi, per il minor peso e forse anche per la diversa predisposizione mentale – su una crossover da viaggio ci si aspetta qualcosa in più. La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sulle S1000R e XR e, per ulteriore confronto, sulla F900R, in valore assoluto e in rapporto al peso.

S1000RS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm               393393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm1,971,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    480                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm2,41                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000R offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali decisamente superiore a quello della XR. Il passaggio da 40 a 120 km/h avviene in soli 7,43 secondi ed è uguale in tutte le modalità di guida. Non avevo preso i tempi con la XR, che sicuramente fa un po’ peggio, mentre la K1600B percorre la stessa distanza in 8,8 s.

La lieve esitazione intorno ai 150 km/h, ben visibile nel grafico dei g istantanei che segue, corrisponde esattamente al buco presente nella curva di coppia intorno ai 6.500 giri.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza. Però sull’esemplare provato, con circa 10.000 km all’attivo, doveva esserci qualche problema di stacco della frizione – ho provato anche a regolarla, senza miglioramento – perché era praticamente impossibile trovare il folle a moto ferma. Inoltre era presente l’assistenza alla cambiata, che rende la leva più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, e nella guida sportiva, ma è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Il caso che tipicamente mi fa smadonnare è quando sono in un rapporto corto in discesa e voglio passare a un rapporto superiore per evitare l’eccessivo freno motore: a gas chiuso non si può proprio fare. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché posso cambiare quando e come voglio.

Freni

La frenata è potente e resistente. Non ha il mordente quasi violento delle supersportive, il che potrà deludere alcuni, ma comunque è abbastanza pronta anche per un uso sportivo ed è sempre molto ben modulabile anche per chi ha meno esperienza. La forcella si comporta molto bene nelle frenate al limite anche in Road e la moto rimane sempre perfettamente stabile, a differenza della S1000XR, che invece accusa qualche lieve serpeggiamento.

La frenata a partire 120 km/h ha richiesto 3,95 s e 69,0 m.

Il relativo grafico della decelerazione mette bene in evidenza come l’ABS limiti mediamente la decelerazione intorno agli 0,9 g per evitare il ribaltamento.

È davvero interessante notare che la mia K1200GT, nonostante pesi 288 kg, ben 89 più della S, ottiene prestazioni pressoché identiche, visto che nella stessa situazione ha bisogno di 4,0 s e 68,3 m, a dimostrazione di quanto scrissi tempo fa nel mio articolo Si ferma prima una tourer o una race replica?.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000R è preciso e pronto, ma allo stesso tempo meno nervoso alle alte velocità rispetto a quello della serie precedente. Probabilmente il miglioramento è dovuto anche al maggior interasse e alla più efficace sospensione posteriore.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole, mentre il mono dell’esemplare in prova era piuttosto secco anche in modalità Road. Non ho avuto modo di mettere mano alle sospensioni, ma sono certo che le varie regolazioni, che sono mantenute anche se è presente il DDC optional, consentono di renderlo più morbido senza problemi.

In città

La S1000R è molto leggera e snella e consente un agevole controllo ai meno alti, che comunque hanno a disposizione una sella più bassa. Il motore è abbastanza ben gestibile – anche se a volte un pelo scorbutico – perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi regimi è da moto normale, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ brusca. È soprattutto per questo particolare, più che per la potenza, che la S non è molto adatta ai principianti.

Nei trasferimenti extraurbani

I trasferimenti non sono il massimo su una moto del genere, ma la S non è più scomoda della media delle naked, visto che ci si può regolare il molleggio su misura, la posizione non è estremamente caricata in avanti e la sella tutto sommato è accettabile. È anche possibile montare un parabrezza Sport, non presente sulla moto provata. L’ottima stabilità garantita dalla ciclistica, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5.500 giri — e l’assenza di vibrazioni particolarmente fastidiose completano un quadro tutto sommato soddisfacente.

Nel misto

Nel misto la S1000R è un’arma micidiale, specialmente in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto, l’eccellente luce a terra e la prontezza dello sterzo. La manovrabilità nello stretto non è da motard, ma la S si difende molto bene anche qui, grazie anche alla leggerezza. È una moto fatta per andare forte e lo si nota dal fatto che più si alza il ritmo, più la precisione di guida migliora e più ci si sente in sintonia, e una parte del merito va sicuramente anche alla sospensione posteriore progressiva full floater.

Consumi

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 20,4 km/l
  • a 130 15,5 km/l

La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce, è stata di 15,0 km/l.

Il serbatoio da 16,5 litri consente percorrenze di 200-250 km.

Conclusioni

La S1000R è un cavallo di razza che mi piacerebbe davvero avere in garage. Non è una moto per principianti né per passisti, ma è fatta per regalare sensazioni che non molte altre moto possono dare, in un pacchetto equilibrato e davvero convincente.

Pagella

Pregi
  • Moto ben fatta dall’estetica aggressiva
  • Motore molto potente, elastico e ben gestibile
  • Freni adeguati
  • Molto efficace nella guida molto sportiva
Difetti
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti
  • Cambio gommoso se presente l’assistenza alla cambiata
  • Sull’esemplare provato (ma non su altri) era quasi impossibile trovare il folle da fermo.

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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Sospensioni full floater

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Introduzione

Quando sono andato a provare la BMW S1000XR, ho notato dalla documentazione che la moto è equipaggiata con una sospensione posteriore denominata Full Floater Pro. Conoscevo già il nome Full Floater, perché è una sospensione a smorzamento progressivo largamente usata da Suzuki negli anni ’80. Ora, BMW tende a chiamare “Pro” un sacco di cose che fanno anche gli altri – per esempio, l’ABS Pro non è altro che il sistema antibloccaggio dotato di funzione cornering – perciò ho pensato distrattamente che si trattasse di qualcosa del genere e ho archiviato mentalmente il tutto nel cassetto “fuffa pubblicitaria”.

Successivamente ho provato anche la S1000R, basata sulla stessa meccanica, comune anche alla supersportiva S1000RR, ma questa volta sono stato colpito da questa frase nella cartella stampa, che prima mi era sfuggita:

il monoammortizzatore grazie al cinematismo Full Floater Pro si trova ora molto più lontano dal pivot del forcellone e dal motore. Ciò impedisce che il calore sviluppato dal motore causi il surriscaldamento del monoammortizzatore e garantisce una maggiore stabilità della temperatura di esercizio e una risposta di smorzamento ancora più costante.

In effetti, a un confronto visivo tra la vecchia e la nuova versione balza all’occhio il forte arretramento del mono, che prima era praticamente occultato dal telaio nella vista laterale, mentre adesso spicca con evidenza.

Il sistema full floater come lo conoscevo io ha parecchi pregi, ma non sposta affatto l’ammortizzatore lontano dal motore. Dovevo assolutamente capire, perciò ho gugolato a fondo, ho scoperto parecchie cosette interessanti e ho deciso di farne quest’articolo. Buon divertimento.

Un po’ di storia

A partire dagli anni ’70 i costruttori di moto da cross si trovarono ad affrontare il problema di come rendere meno drammatici gli atterraggi dopo salti che, con il crescere delle potenze, stavano diventando tanto alti da sfasciare i telai – e anche i piloti. Era indispensabile innanzitutto aumentare l’escursione della ruota. La mossa più semplice sarebbe stata quella di adottare ammortizzatori più grandi e di irrobustire il telaio, ma l’aumento di peso sarebbe stato insostenibile.

Una soluzione venne dal sistema Yamaha Monocross, introdotto nel 1973, dove il forcellone era dotato di una grossa capriata superiore, cui era fissato un mono quasi orizzontale ancorato molto in avanti al trave superiore del telaio. Questo schema consentì di aumentare di parecchio l’escursione della sospensione posteriore a parità di corsa dell’ammortizzatore e di eliminare le sollecitazioni lungo buona parte del telaio, a vantaggio della leggerezza.

Sospensione Monocross della Yamaha YZ250 1980

Con l’ulteriore progresso delle prestazioni però divenne evidente la necessità di adottare cinematismi che consentissero di accrescere progressivamente e notevolmente la rigidità della sospensione all’aumentare della compressione. In questo modo sarebbe stato possibile ottenere moto che copiavano bene le sconnessioni, ma allo stesso tempo sopportavano bene gli atterraggi, trasmettendo le relative sollecitazioni al telaio in modo progressivamente crescente e non tutte in un colpo quando il mono andava a pacco. Fu così che, a cavallo del 1980, tutte le case impegnate nel cross si dotarono di sistemi progressivi, che presto vennero adottati anche sulle moto stradali. In particolare, divennero piuttosto noti, perché utilizzati come leva commerciale, i sistemi sviluppati dalle case giapponesi: lo Honda Pro-link, il Kawasaki Uni-trak, lo Yamaha Monoshock e il Suzuki Full Floater.

Il Full Floater Richardson-Suzuki

Il Full Floater è associato a Suzuki, ma questa in realtà aveva soffiato l’idea – se qualche lettore anglofono si vuole avventurare nella lettura del caso giudiziario, ecco il link – ad un appassionato motociclista americano, Don Richardson, che lo aveva progettato, realizzato e applicato alla propria moto da cross, per poi brevettarlo nel 1974, all’età di diciannove anni.

Suzuki, che da un po’ stava tentando di realizzare una sospensione del genere, aveva firmato con Richardson nel 1978 un’esclusiva per studiare il suo sistema e applicarlo alla produzione di serie nel caso si rivelasse fattibile. Il giovane quindi condivise tutte le informazioni che aveva e fornì anche diversi prototipi. Nel dicembre 1979 Suzuki comunicò la propria rinuncia, ma in realtà i suoi tecnici e collaudatori erano entusiasti, tanto è vero che depositò nell’ottobre del 1980 in Giappone un brevetto per uno schema praticamente uguale e cominciò a vendere modelli con questa sospensione nel 1981.

Richardson fece causa alla Casa Madre e alla sua sussidiaria negli USA e nel marzo 1987 la vinse, aggiudicandosi in primo grado il pagamento dei danni e una royalty di 50 centesimi di dollaro su ogni moto venduta negli USA, per violazione del brevetto, e di ben 12 dollari su ogni moto venduta nel mondo, per il furto di alcuni segreti commerciali non brevettabili per la realizzazione pratica del sistema. Considerando che Suzuki fino alla sentenza aveva venduto circa 1,5 milioni di moto con sospensione full floater, stiamo parlando di un ordine di grandezza sui 19 milioni di dollari.

A seguito dell’inevitabile ricorso in appello, Richardson ottenne ancora di più, anche se firmò un accordo con Suzuki per non rivelare la cifra finale. Forse non è solo per questioni tecniche che i giapponesi abbandonarono questo sistema alla fine degli anni ’80.

Da quest’articolo del Los Angeles Times, pubblicato dopo la sentenza, emerge inoltre che Richardson aveva già incassato denaro con accordi privati da Kawasaki e Yamaha, che pure avevano copiato in qualche misura il suo brevetto per i propri sistemi di sospensione progressiva. Sembra quindi che una bella fetta della corsa alla sospensione più efficiente a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 sia dovuta al genio di un giovane californiano.

Lo schema Full Floater è basato su un normale forcellone bibraccio, collegato mediante due bielle alla parte posteriore di un bilanciere superiore, a sua volta infulcrato al telaio su un asse trasversale posto a metà della propria lunghezza. Il tutto quindi costituisce un quadrilatero deformabile. Il mono è ancorato al forcellone e all’estremità anteriore del bilanciere. Quando il forcellone si solleva, comprime la base del mono e solleva il bilanciere, la cui parte anteriore si abbassa, comprimendo a sua volta la testa del mono. La mancanza di qualsiasi collegamento tra il mono e il telaio rende questa sospensione completamente flottante, che appunto è il significato di “full floater”.

Sospensione Full Floater della Suzuki RM125 1981

Questo schema rende la sospensione progressiva e offre il vantaggio aggiuntivo che il telaio non è sollecitato direttamente dal mono, perché le forze gli vengono trasmesse attraverso il bilanciere, rendendo la marcia più confortevole.

Il Pro-Link Kawasaki

I vantaggi del sistema full floater erano evidenti, per cui anche altri costruttori si avventurarono in sistemi del genere. Il primo, già nel 1979, era stato Kawasaki con il sistema Uni-Trak. In realtà il nome indica una serie di sistemi full floater diversi. Il primo di essi è comunque una variazione dello schema Richardson, in quanto mantiene il bilanciere superiore, collegato al forcellone da una sola biella centrale, mentre il mono poggia non sul forcellone, bensì su un braccio inferiore parallelo ad esso e ancorato al telaio e al mozzo della ruota. Già solo a guardarlo, si capisce perché Richardson ottenne un accordo economico extragiudiziale anche con questa Casa.

Il primo sistema Kawasaki Uni-Trak

Lo Unit Pro-Link Honda

Honda aveva seguito una strada un po’ diversa dagli altri costruttori. Infatti, il suo sistema Pro-Link perseguiva sì la progressività dell’assorbimento, ma mirava anche a ridurre la lunghezza del mono, per aumentare la compattezza del sistema.

Lo schema Pro-Link originario non era un full floater, in quanto il mono era collegato superiormente al telaio. In basso invece esso era infulcrato alla parte anteriore di un elemento triangolare, a sua volta collegato posteriormente al forcellone e inferiormente, mediante una bielletta orizzontale, al telaio.

Il sistema Honda Pro-Link

Per inciso, questo sistema è usato tale e quale da diversi altri costruttori, tra cui BMW – sulla sua serie K frontemarcia – e Triumph.

Il successivo sistema Unit Pro-Link, tuttora in uso, è invece un full floater. Sviluppato sulla RC211V, questo schema fu trasferito alla produzione di serie sulla CBR600 del 2003. In pratica si tratta di un Pro-Link classico, con l’unica differenza che il mono è ancorato al forcellone e non più al telaio.

Il Full Floater Pro BMW

Come abbiano visto sopra, nella sospensione Full Floater Richardson il mono si trova nella posizione avanzata classica dei sistemi progressivi. Invece, nello schema BMW Full Floater Pro una biella laterale posta subito accanto al mono connette diagonalmente il forcellone alla parte anteriore del bilanciere, che quindi funziona al contrario ripetto allo schema tradizionale. Il mono di conseguenza è collegato alla parte posteriore del bilanciere, perciò può essere arretrato di una quota pari alla lunghezza dello stesso, ben lontano dal calore del motore.

Sospensione BMW Full Floater Pro.

L’ennesimo capolavoro della meccanica tedesca? Macchè. Gli ingegneri crucchi hanno ripreso lo schema funzionale della sospensione Ducati Soft Damp, usata negli anni ’80 e ’90 su parecchi modelli della Casa di Borgo Panigale – dalla Paso alla serie 916-996-998 – e sulle Cagiva equipaggiate con gli stessi motori. Con questa soluzione, Ducati risolse brillantemente il problema di realizzare una sospensione progressiva nel risicato spazio disponibile tra lo scarico del cilindro posteriore e la ruota.

Sospensione Soft Damp della Ducati 996

Quindi, un applauso a BMW per aver avuto la fantasia di ripescare dalla storia uno schema che ha effettivamente risolto il suo problema, ma per quanto riguarda il suffisso “Pro”, può restare tranquillamente nel cassetto della fuffa.

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Prova della BMW K1600B 2023

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Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Introduzione

Il termine bagger viene dall’America e identifica quel genere di moto da viaggio caratterizzato da borse laterali fisse, parte posteriore rastremata verso il basso e ampia carenatura con parabrezza basso, di cui la Harley-Davidson Road Glide è forse l’esempio più tipico.

La K1600B (la “B” sta appunto per “bagger”), presentata alla fine del 2017, è un esempio di come BMW si muove quando approccia un genere tradizionalmente non suo: identifica gli elementi tipici – quelli elencati sopra – ma poi realizza un oggetto assolutamente diverso dalla norma e dotato di uno schema meccanico e in generale tecnico decisamente BMW.

Nel passato, questa stessa filosofia operativa aveva ispirato la creazione della splendida serie cruiser R1200C, basata sul tradizionale bicilindrico boxer. Nel nostro caso, la scelta invece è caduta sorprendentemente sul 6 cilindri 1649 cc della Serie K, che, cilindrata a parte, è quanto di più distante si possa immaginare dal V-Twin americano per design e caratteristiche di funzionamento.

Il risultato di questa operazione è un oggetto sicuramente fuori dagli schemi, ma a quanto pare non ha completamente soddisfatto la voglia di BMW di espandersi in questo settore, visto che nel 2020 ha lanciato anche la R18B con meccanica basata sul nuovo e gigantesco bicilindrico Big Boxer da 1802 cc, assai più vicino alla filosofia americana, e forme decisamente più classiche.

La moto provata è un Model Year 2023. A partire dal MY 2022 sono state introdotte alcune migliorie, quali la strumentazione TFT e, soprattutto, la versione Euro 5 del motore 6 in linea.

Le K1600 nacquero nel 2010 con un motore Euro 3 e quella è appunto la versione che provai nel 2013. Ho sentito qualcuno lamentarsi della successiva serie Euro 4, uscita nel 2016, che sembra aver perso un po’ di smalto in accelerazione, perciò sono curioso di vedere come si comporta l’attuale motore Euro 5, la cui scheda tecnica mostra dati sensibilmente migliori rispetto a quelli delle serie precedenti, sulla carta identici tra loro.

La K1600B condivide l’intera meccanica con le altre K1600, salvo lievi variazioni relative alle sospensioni, per cui tutte le considerazioni che verranno fatte nel seguito valgono per qualsiasi K Euro 5, a meno che non sia specificato diversamente.

Com’è

Aspetto

La linea della K1600B ha sicuramente una personalità diversa da quella delle classiche GT e GTL, ma a mio parere non convince completamente per coerenza. La vista frontale è quella solita, moderna, imponente ed efficiente, solo con un parabrezza più corto, mentre tutta la parte posteriore, ovviamente rastremata verso il basso come il genere vuole, con le sue borse integrate dal disegno affusolato, il codino dal sapore retrò, i due grossi scarichi tagliati a fetta di salame e le luci perimetrali dal disegno molto raffinato, è improntata a un’eleganza leziosa, che a mio parere non si armonizza perfettamente con la parte anteriore.

Le borse laterali, dal disegno più affusolato rispetto a quello delle altre K1600GT e GTL, sono fisse e questo fatto ha reso necessario rendere smontabile il parafango posteriore, per consentire la sostituzione della ruota.

Rispetto alle K tradizionali cambiano un po’ anche le selle e in particolare quella del passeggero, piatta e più ampia del solito, la parte inferiore della carenatura, che è meno estesa e lascia in vista anche il gruppo cambio-frizione e non solo il blocco motore, e il manubrio, che qui è tubolare e nero, ma può essere sostituito a richiesta da un più classico manubrio in alluminio, analogo a quello presente sulla GTL.

Ciclistica

La ciclistica si basa su un robusto telaio a doppia trave e culla aperta in lega leggera, concettualmente simile – ma senz’altro più bello a vedersi – di quello delle K a 4 cilindri, al quale è ancorato inferiormente il motore, cosa che permette di limitare la distanza delle travi e quindi la larghezza complessiva della moto. Il motore sporge lateralmente rispetto al telaio ed è lasciato in bella vista da apposite aperture dei pannelli laterali.

Telaio completo delle K1600GT e GTL

Anteriormente è imbullonato uno scatolato in magnesio che sostiene la sezione superiore della carena, il gruppo ottico, il cruscotto e gli specchietti, mentre dietro c’è un telaietto in alluminio estruso, che sulle K1600B e Grand America è più corto rispetto a quello presente sulle GT e GTL e comprende tubolari specifici per sostenere le borse laterali fisse.

Telaietto posteriore specifico della K1600B

Completano la ciclistica il classico monobraccio posteriore a parallelogramma Paralever e la sospensione anteriore a quadrilatero deformabile Duolever.

La sospensione Paralever è costituita da un monobraccio cavo in alluminio pressofuso, incernierato anteriormente al telaio e posteriormente al gruppo contenente la coppia conica e l’asse ruota, e da una barra scatolata parallela al monobraccio che pure collega il telaio al gruppo posteriore. Nel monobraccio è alloggiato l’albero di trasmissione a due giunti cardanici, mentre la funzione ammortizzante è affidata a un mono centrale. Questa configurazione controlla le reazioni indotte dall’albero di trasmissione sulla sospensione in accelerazione e decelerazione – i vecchi cardani causavano la completa estensione della sospensione in accelerazione e il suo completo affondamento in frenata – ma è tarata per non eliminarle del tutto, in modo da assicurare un effetto antiaffondamento in accelerazione analogo a quello causato dal tiro catena nelle moto con trasmissione tradizionale. Molto interessante e ereditata dalle K1200/1300, è la presenza di un leveraggio a smorzamento progressivo analogo al sistema Honda Pro-Link.

Sospensione Paralever delle K1600. È visibile sopra alla pedalina il triangolo del leveraggio progressivo.

La sospensione Duolever – nome commerciale adottato da BMW per la forcella Hossack – è costituita da un elemento a U rovesciata in alluminio pressofuso che sostiene la ruota, collegato mediante giunti sferici a bracci oscillanti in acciaio forgiato sovrapposti e incernierati al telaio. Non ci sono quindi le piastre, né gli steli, né i foderi e la funzione ammortizzante è assicurata da un mono che connette il telaio con il triangolo oscillante inferiore. La sterzata avviene per mezzo di due biellette triangolari incernierate tra loro, collegate inferiormente alla forcella e superiormente a un corto cannotto di sterzo su cui è montato il manubrio. Questa particolare costruzione assicura vantaggi interessanti rispetto a una forcella tradizionale:

  • una rigidità torsionale nettamente superiore, che dona un’mpressionante precisione alla guida, specialmente alle alte velocità.
  • quando la sospensione oscilla, l’asse della ruota si muove pressoché verticalmente, anziché arretrare parallelamente all’asse di sterzo, e questo comporta due effetti interessanti:
    • l’interasse rimane pressoché invariato al comprimersi della sospensione, assicurando una stabilità superba in frenata
    • mancando la componente orizzontale nel movimento della ruota, in frenata la sospensione affonda molto meno del solito
    • in conseguenza del ridotto affondamento, è possibile adottare un ammortizzatore sensibilmente più morbido del solito, con vantaggi evidenti sullo sconnesso.
Sospensione Duolever

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti.

  • escursione anteriore 115 mm
  • escursione posteriore 125 mm
  • interasse 1618 mm
  • avancorsa 106,4 mm
  • angolo di inclinazione dello sterzo rispetto alla verticale 27,8°

L’unica differenza nelle quote con le K6 GT e GTL è data dall’escursione posteriore ridotta di 10 mm, coerente con l’abbassamento visivo del retrotreno.

Qualche considerazione va fatta per l’inclinazione dell’asse di sterzo. Per ragioni geometriche, più l’asse è vicino alla verticale, più la ruota sterza rapidamente a parità di angolo di rotazione del manubrio – rendendo la moto più maneggevole, ma anche più nervosa alle alte velocità – e meno la forcella affonda nelle staccate violente. Le supersportive, hanno sempre uno angolo piuttosto ridotto – la S1000RR per esempio sfoggia un quasi brutale 23,8° – per favorire maneggevolezza e assetto in frenata, mentre le moto da turismo veloce adottano un angolo un po’ più rilassato – 25,5° sulla S1000XR e 25,9° sulla R1250RT – alla ricerca di una maggiore stabilità.

Le K dotate di sospensione a quadrilatero Duolever costituiscono una vistosa eccezione a questa regola, in quanto da sempre presentano un angolo molto elevato, un po’ per favorire la stabilità alle alte velocità di cui sono capaci, ma soprattutto perché il particolare cinematismo della loro sospensione anteriore riduce notevolmente l’affondamento in frenata e quindi consente di non farsi particolari remore al riguardo. Basti pensare che la sport tourer K1300S, capace di oltre 275 km/h, ha un angolo di sterzo di ben 29,6°, simile a quello di una Harley-Davidson Sportster 883 (!).

Inquadrato in questo contesto, l’angolo di 27,8° adottato su tutte le K1600 è piuttosto sportiveggiante. Basti pensare, per fare un confronto con la concorrenza, che l’attuale Honda Gold Wing, del tutto paragonabile alle K inclusa la sospensione anteriore a quadrilatero, presenta un ben più turistico 30,5°.

L’avancorsa invece influisce direttamente sulla pesantezza dello sterzo, perché più essa è lunga, più l’avantreno si muove verso l’interno della curva quando si sterza, opponendo maggior resistenza. Ovviamente, anche il peso gravante sull’avantreno influisce su tale caratteristica. Appare dunque chiaro che la riduzione dell’avancorsa dai 115 mm della K1300GT ai 106,4 mm delle K1600 è stata decisa per favorire la maneggevolezza in considerazione del maggior peso che grava sulla ruota anteriore. Non a caso, sulle 6 cilindri la pressione prescritta è 2,9 bar su entrambi gli assi, contro i canonici 2,5 anteriore e 2,9 posteriore delle K1300.

Le ruote sono in lega – a richiesta sono disponibili i bei cerchi forgiati Classic – con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore.

Motore

A distanza ormai di tredici anni dalla sua prima commercializzazione, il sei cilindri in linea da 1649 cm3 con distribuzione bialbero a 24 valvole e bancata inclinata in avanti di 55° – come sulle K1300 – è ancora un gran bel pezzo d’ingegneria, che assicura a BMW un posto imperituro nell’Olimpo delle moto da Gran Turismo accanto all’altrettanto sensazionale boxer della Honda Gold Wing 1800.

Com’è noto, questa configurazione dei cilindri assicura la quasi totale assenza di vibrazioni – quindi non serve adottare contralberi di smorzamento – e una fantastica fluidità di funzionamento soprattutto ai bassissimi regimi, al prezzo però di un peso piuttosto elevato e di una larghezza notevole, normalmente di circa un 20-25% superiore a quella già importante di un 4 in linea a parità di cilindrata.

Per contenere la dimensione trasversale, gli ingegneri BMW hanno optato per un motore a corsa relativamente lunga (67,5 mm), in modo da limitare l’alesaggio (72 mm) e quindi ottenere un monoblocco più stretto. Ancora più interessanti al riguardo sono la riduzione della distanza tra le canne dei cilindri, limitata a soli 5 mm contro i circa 10 mm generalmente in uso, e il posizionamento degli accessori elettrici accanto al monoblocco e non alle estremità dell’albero motore come di consueto. Tutti questi accorgimenti consentono di limitare la larghezza totale del propulsore a soli 56 cm. Per fare un paragone, il 4 in linea da 1301 cc delle BMW K1300 misura 50 cm. Se immaginassimo di pantografarlo fino ai 1649 cc del 6 cilindri*, la misura salirebbe a 54,1 cm, quindi possiamo dire che BMW è riuscita, a parità di condizioni, a contenere l’incremento della larghezza in un sensazionale 3,5%. Altrettanto significativo è il confronto con il 6 in linea della Kawasaki Z1300 del 1979, che nonostante i “soli” 1286 cc, è largo 63,5 cm, un buon risultato per l’epoca, ma che comunque è il 27% più del BMW 4 cilindri di cubatura analoga.

Pur limitato nella potenza massima possibile da queste scelte, il 6 cilindri BMW è comunque capace di 160 CV, più che abbondanti per una moto da turismo, che per giunta in questa nuova versione Euro 5 sono erogati a soli 6.750 giri al minuto, contro i 7.750 dichiarati delle versioni precedenti. La coppia è ancora più interessante, con un picco massimo di 180 Nm a 5.750 giri al minuto, 5 Nm in più rispetto alle versioni Euro 3 e 4. Il lavoro fatto dai tecnici BMW nell’adattare questo motore alle più stringenti normative antinquinamento è davvero impressionante.

Il grafico, tratto dalla cartella stampa BMW delle K1600 MY 2022, evidenzia, oltre al fatto che ci sono quasi 120 Nm a 1.000 giri (!), un sensibile aumento della coppia massima tra i 3.000 e i 7.000 giri a favore della versione Euro 5 (celeste) rispetto alla Euro 4 (blu), con corrispondente diminuzione del regime di potenza massima.

Per quanto invece riguarda il peso, la bilancia raggiunge i 102,6 kg, che sono decisamente pochi per un 6 cilindri di questa cilindrata, ma tanti rispetto agli 81 kg del 4 cilindri 1300, che offre la stessa potenza massima. Non a caso, la K1600GT prima serie pesava 319 kg, contro i 288 della K1300GT a parità di equipaggiamento.

Trasmissione

Il cambio delle K6 è caratterizzato dalla costruzione su tre alberi – di solito se ne usano due – per ridurne la larghezza all’altezza delle pedane.

Le marce sono nel complesso spaziate normalmente, ma la 2a e la 3a sono relativamente vicine tra loro e lo stesso vale per 5a e 6a. I rapporti sono piuttosto lunghi, con la 6a che consente di viaggiare a 130 km/h a circa 4200 giri, un regime decisamente di riposo.

La frizione è idraulica antisaltellamento e con uno speciale meccanismo di servoassistenza. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

I rapporti di trasmissione, uguali per tutte le K1600 presenti e passate, sono i seguenti:

  • primaria 1,617
  • finale 2,75
  1. 2,230
  2. 1,641
  3. 1,319
  4. 1,101
  5. 0,926
  6. 0,788

Le velocità risultanti ai regimi più significativi alla guida sono le seguenti:

MarciaVelocità all’ingresso in coppia (5.000 giri)Velocità al regime di potenza massima (6.750 giri)Velocità al limitatore (8.500 giri)
1a60,982,2103,5
2a82,7111,7140,7
3a103,0139,0175,0
4a123,4166,5(teorica) 209,7
5a146,7198,0(teorica) 249,3
6a172,4(teorica) 232,7 (teorica) 293,0

La trasmissione finale è, come tradizione BMW, ad albero con due giunti cardanici.

Freni

La K1600GT è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze fisse di tipo tradizionale Brembo a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un grosso disco pure da 320 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la K1600B è ovviamente equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre praticamente tutto di serie.

  • ABS Pro Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto.
  • Tre riding mode – Rain, Road e Dynamic.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate, in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – Sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso, regola automaticamente il precarico in funzione del peso a bordo e consente di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Cruise più rigida. Si noti che sulla K1600B è assente la possibilità di abbassare al minimo l’altezza, presente su altri modelli, perché vista la sella più bassa non avrebbe molto senso.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che permette di mantenere automaticamente la moto frenata quando è ferma, con il vantaggio di avere le mani libere con entrambi i piedi a terra e di semplificare le partenze in salita. Il sistema può essere impostato per essere attivato manualmente, tirando con forza la leva del freno, oppure per inserirsi automaticamente se si tengono i freni tirati a moto ferma in pendenza per almeno un secondo.
  • RDC (controllo pressione pneumatici) – Sistema che permette di visualizzare la visualizzazione della pressione dei pneumatici e che dà l’allarme in caso di perdita di pressione.

Sulle K1600 è assente il sistema DBC (Dynamic Brake Control), la funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, presente su altri modelli della Casa. Probabilmente si è dato per scontato che un principiante, cui è tipicamente rivolto un aiuto del genere, non si metterebbe mai alla guida di un mostro simile.

La scelta dei riding mode influisce sul comportamento del gas, del DTC e della relativa funzione anti impennata, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road e Cruise sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. Di seguito le configurazioni previste nei vari casi.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennata al massimo.

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta con intervento ritardato rispetto alla modalità RAIN
  • anti impennata al massimo

Dynamic:

  • risposta diretta dell’acceleratore
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto con intervento ritardato rispetto alla modalità ROAD. in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti impennata che consente un leggero sollevamento dell’anteriore.

Accessori

Di serie

Oltre a quanto indicato nel paragrafo Aiuti elettronici alla guida, sono presenti i seguenti accessori:

  • strumentazione TFT da 10,25 pollici con opzione Connectivity e navigazione cartografica integrata mediante la app BMW Motorrad Connected
  • illuminazione full led con faro adattivo
  • retromarcia elettrica
  • cruise control
  • manopole riscaldabili
  • selle pilota e passeggero riscaldabili separatamente
  • sistema Intelligent Emergency Call
  • borse laterali
  • vano di ricarica portaoggetti con USB-C
  • parabrezza basso regolabile elettricamente
  • alette retrattili manualmente per ventilazione dinamica
  • trombe bitonali.

A richiesta

Gli optional disponibili di fabbrica sono i seguenti:

  • Pacchetto Comfort:
    • Keyless Ride
    • chiusura centralizzata dei bauletti e degli eventuali vani portaoggetti
    • assistente al cambio
    • sistema di allarme antifurto (DWA))
  • Pacchetto Tour:
    • sistema radio Audio 2.0 con altoparlanti anteriori e predisposizione per il navigatore
    • fari supplementari a LED
    • paramotore
    • pedane avanzate
    • vani portaoggetti
  • illuminazione a terra
  • sella alta (senza sovrapprezzo)
  • Sella Option 719
  • Cerchi forgiati Classic Option 719
  • manubrio in alluminio forgiato
  • cavalletto centrale
  • parabrezza corto brunito
Cerchio Classic Option 719

Sono inoltre disponibili in aftermarket quattro tipi di borse da montare sulla sella del passeggero, diversi particolari cromati e un set di borse interne per le valigie laterali.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, ma con alcune differenze rispetto agli altri modelli dovute alla diversa dotazione di bordo. Sono davvero tanti, specialmente sul lato sinistro, tanto da far sentire di notte la mancanza di una retroilluminazione. Inoltre, la diversa funzione attribuita ad alcuni tasti crea in alcuni casi complicazioni evidenti, che vedremo nel seguito.

Le frecce dispongono dello spegnimento automatico, che però può curiosamente essere disattivato attraverso il menu Impostazioni. La loro durata dipende dalla situazione di guida. Non ho provato in dettaglio tutte le situazioni, né il manuale d’uso riporta una spiegazione esaustiva del loro funzionamento, però alla guida non mi sono mai trovato nella necessità di dover reinserire una freccia troppo breve. Se a quadro appena spento si inserisce l’indicatore sinistro, si accendono le luci di posizione in parcheggio, che si disinseriscono automaticamente alla successiva accensione del quadro.

Il tasto del clacson è esattamente dove dovrebbe essere e attiva una coppia di bitonali tali da inchiodare per la sorpresa il traffico circostante, evviva!

Il lampeggio dell’abbagliante è ottenuto premendo con l’indice una levetta posta sopra al blocchetto sinistro, mentre il devioluci è attivato spingendo verso l’esterno la stessa leva.

Il blocchetto di sinistra alloggia inoltre:

  • il Multi-Controller, cioè il rotellone per navigare e selezionare le diverse opzioni via via presenti sullo schermo
  • il tasto a bilanciere Menu per scorrere tra le diverse visualizzazioni sul cruscotto TFT e i menu
  • il tasto pure a bilanciere per la regolazione elettrica del parabrezza, che prende il posto del consueto tasto per disinserire il DTC e selezionare la modalità delle sospensioni D-ESA
  • Il tasto rosso per il lampeggio di emergenza
  • I comandi del pratico cruise control BMW, che è di serie.

Come di consueto, questo viene azionato da una levetta dotata di una protezione scorrevole che funge da interruttore per lo spegnimento. Una volta spostata la protezione verso destra, premendo la levetta in avanti si imposta la velocità corrente, che viene mantenuta finché non si frena o si tira la frizione o si cambia (ma non se si sale di rapporto usando il quickshifter opzionale) o si forza la chiusura del gas. Se a regolazione attiva si preme brevemente la levetta in avanti o all’indietro, la velocità cresce o descresce di un km/h per volta – o di un mph, in base a come è impostata l’unità di misura nel menù Impostazioni – se invece la si tiene premuta, la velocità impostata aumenta o diminuisce a passi di 10 km/h – o 5 mph – e la moto oto accelera o decelera progressivamente finché non si rilascia il comando, mentre quando la regolazione è disattivata, tirando la levetta all’indietro si richiama l’ultima velocità memorizzata.

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto sinistro trovano posto:

  • Il tasto R per inserire la retromarcia elettrica
  • Il tasto per l’accensione dei faretti supplementari.

Sul blocchetto di destra sono presenti invece:

  • Il tasto per la chiusura centralizzata optional, che prende il posto del comando delle manopole riscaldate
  • Il tasto per la selezione dei riding mode
  • Il tasto a bilanciere per l’avviamento e lo spegnimento d’emergenza del motore.

La chiusura centralizzata chiude le valigie laterali e, se presenti, i vani portaoggetti supplementari. Ciascuna valigia e ciascun vano è comunque dotato anche di serratura a chiave, che se viene bloccata, impedisce l’apertura con la chiusura centralizzata.

Il tasto di avviamento serve anche a muovere la moto in retromarcia. Con motore acceso, cambio in folle, freno tirato e dopo aver premuto il tasto R sul blocchetto sinistro, mantenendo il tasto di avviamento premuto si attiva la retromarcia elettrica, che muove la moto con buona progressione e a velocità facilmente controllabile, mentre il regime del motore sale automaticamente per compensare l’alto assorbimento elettrico del motorino.

Retromarcia elettrica

In un elemento supplementare posto accanto al blocchetto destro, sotto un coperchio ben evidenziato dalla scritta SOS, è alloggiato di serie il tasto del sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza. Il sistema utilizza una SIM propria e quindi non richiede il possesso di uno smartphone. Alla pressione del tasto, oppure automaticamente qualora i sistemi rilevino un incidente, il sistema chiama il BMW Call Center, che si rivolge al pilota nella sua lingua, attraverso un altoparlante e un microfono installati sulla moto e attiva la catena dei soccorsi in base alle necessità.

La diversa funzione assegnata ad alcuni tasti comporta il difetto che per gestire molte funzioni – sospensioni D-ESA, manopole e sella riscaldabile anteriore, radio e altre ancora – è necessario accedere ai relativi settaggi nel vasto menù Impostazioni. A dirlo sembra solo un dettaglio da poco, ma spesso la cosa si fa davvero seccante. Per esempio, per accendere le manopole riscaldate al massimo, operazione che di solito richiede la pressione di un tasto dedicato, sulle K1600 – e sulle R1250RT – occorre prima premere il tasto Menu varie volte (dipende dalla schermata in cui ci si trova) per raggiungere il menù Impostazioni, dopodiché bisogna compiere cinque distinte operazioni con il rotellone, ciascuna comprendente uno o più impulsi:

  • in basso fino a Riscaldamento
  • a destra per entrare in Riscaldamento
  • in basso fino a Riscaldamento manopola
  • a destra per entrare in Riscaldamento manopola
  • in alto per selezionare l’intensità da 0 a 5.

E boi bisogna tornare alla schermata iniziale, ovviamente. Tutta questa solfa richiede un dispendio di tempo ed energia mentale sproporzionato rispetto all’azione richiesta. Per giunta, essa deve essere ripetuta ogni volta che si vuole aggiustare la temperatura o spegnere il riscaldamento. Capisco come la complessità delle dotazioni richieda uno sforzo di semplificazione dei comandi, ma qui si rasenta il sadismo.

Nell’evidente tentativo di ovviare a questo problema, BMW ha inserito sulla versione Euro 5 quattro tasti personalizzabili nella carenatura sinistra, a ciascuno dei quali può essere assegnata una funzione specifica. L’intento è lodevole, ma questo da un lato costringe l’utente a un lavoro di programmazione che non tutti hanno voglia di fare – sempre ammesso poi che leggano il manuale d’uso – dall’altro il tasto è in posizione davvero scomoda, e cominque bisonga ricordare quale tasto è dedicato a cosa, o consultare il menù per avere la lista. A mio parere, sarebbe molto più logico restituire al tastino della chiusura centralizzata – la cui funzione peraltro è già svolta dalla chiave! – l’azionamento delle manopole riscaldate, che è il comando che si usa di più, e aggiungere un paio di tasti sopra ai blocchetti della retromarcia e della chiamata di emergenza.

A richiesta è disponibile anche il sistema Keyless Ride. La chiave rimane in tasca, mentre l’avviamento e il bloccasterzo sono governati da un tasto presente al posto del blocchetto di avviamento. Quando la chiave è in prossimità della moto, premendo il tasto brevemente si accende il quadro, ripremendolo brevemente si spegne, mentre tenendolo premuto per un paio di secondi si inserisce o disinserisce il bloccasterzo, eventualmente accendendo anche il quadro nel primo caso e spegnendolo nel secondo. Il sistema agisce anche sul tappo del serbatoio, che può essere aperto solo aquadro spento e entro un paio di minuti dallo spegnimento. Tra i vari sistemi del genere che ho provato, questo è senza dubbio il migliore, eppure continuo a preferire il sistema chiave tradizionale, che è più veloce nell’azionamento, è praticamente indistruttibile e – soprattutto – mi permette di tenere sempre sotto controllo la chiave. Se si perde il contatto con la chiave a motore acceso, questo non si spegne, per evidenti ragioni di sicurezza, ma compare sul cruscotto l’avviso che la chiave non è più nei paraggi e che non è più possibile riavviare il motore. L’avviso è bello grande, ma può capitare di non farci attenzione, soprattutto appena dopo la partenza. Finché il pilota è sempre lo stesso e tiene la chiave in una tasca sicura, va tutto bene, ma qualsiasi variazione rispetto alla norma – chiave che cade nella tasca dei pantaloni con le pinces o nella giacca del passeggero dopo averlo lasciato a casa sua, moto prestata da un amico ecc. – può voler dire perdere tempo per il recupero della chiave o, peggio, rimanere appiedati alla prima sosta.

Strumentazione

La strumentazione è costituita da un enorme display da 10,25″, esclusivo delle K1600 e della R1250RT, alloggiato come di consueto in una cornice contenente le varie spie di base: indicatori di direzione, abbaglianti, luci diurne, fari fendinebbia, triangolo di allarme generale, ABS, DTC e avaria motore.

La grande larghezza del display offre la possibilità di dividere lo schermo in due, con la schermata selezionata che si restringe per fare posto a una schermata supplementare più piccola sul lato destro, che può essere scelta tra Computer di viaggio, Computer di bordo, Navigazione e Media. Questa funzionalità elimina l’unico vero difetto delle normali strumentazioni TFT BMW, cioè l’impossibilità di vedere contemporaneamente più di un’informazione del computer di bordo insieme a tachimetro e contagiri.

La visualizzazione Pure Ride è quella standard e comprende una grande barra del contagiri, il cui settore rosso è più esteso a motore freddo e e si restringe man mano che la temperatura sale, tachimetro digitale, indicatore del limite di velocità (con connessione allo smartphone), indicatore di attivazione del cruise control con la velocità impostata, indicatore della marcia inserita, riding mode corrente, orologio digitale, temperatura ambiente, autonomia residua, e uno solo dei dati presenti nelle schermate Mio veicolo o Computer di bordo – livello carburante, chilometraggio parziale, consumo medio ecc. – e numerose spie secondarie.

La visualizzazione Menu permette invece di selezionare a scelta uno dei seguenti menù:

  • Mio veicolo – sistema di informazioni comprendente varie schede selezionabili alternativamente:
    • Il mio veicolo mostra chilometraggio totale, temperatura del liquido di raffreddamento, pressione delle gomme, tensione della rete di bordo, autonomia e indicatore delle scadenze dei tagliandi di manutenzione
    • Computer di bordo – mostra velocità media, consumo medio, tempo totale di viaggio, tempo totale di sosta, chilometraggio parziale e totale, data di ultimo reset.
    • Computer di viaggio – è uguale alla precedente, consente di rilevare i dati su un tratto differente e si resetta da sola dopo sei ore di sosta o al cambiamento della data
    • Pressione gonfiaggio pneumatici – oltre alla pressione compensata con la temperatura di esercizio visibile nella scheda Il mio veicolo, mostra anche la pressione reale degli pneumatici
    • Necessità di manutenzione – indica la data di scadenza e il chilometraggio residuo fino al prossimo intervento di manutenzione
    • eventuali schede aggiuntive contenenti i Messaggi del check control
  • Radio – Gestisce la radio digitale di bordo, che può essere ascoltata attraverso gli altoparlanti di bordo – anche con regolazione automatica del volume in funzione della velocità – oppure nel sistema vivavoce del casco
  • Media – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e permette di ascoltare la musica prsente lnel dispositivo
  • Navigazione – Funziona se è collegato uno smartphone con la app BMW Motorrad Connected e consente di riprodurre sul display la mappa con le indicazioni del navigatore impostato sullo smartphone o un’indicazione semplificata con frecce e testo e di controllarne le relative funzioni
  • Telefono – Funziona se sono collegati un dispositivo compatibile e un casco con sistema vivavoce compatibile e consente di effettuare e ricevere telefonate.

Illuminazione

La K1600B dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led particolarmente sofisticato e decisamente unico nel suo genere. Un unico grande gruppo ottico include ai lati due coppie di proiettori abbaglianti, ciascuna contornata inferiormente dal profilo sottile delle luci di posizione/diurne, mentre il centro è occupato da una coppia di proiettori anabbaglianti collegati alla piattaforma inerziale che governa gli aiuti elettronici alla guida e, ruotando opportunamente su tre assi, seguono la curva della strada e compensano qualsiasi movimento di beccheggio e rollio della moto, in modo da mantenere il fascio luminoso sempre all’altezza corretta e con il bordo superiore perfettamente orizzontale, anche in curva: stupendo!

Il mio test si è svolto di giorno. L’unico modo che ho trovato per vericare il funzionamento del faro era andare in garage. Il video mostra chiaramente il fascio luminoso che rimane orizzontale durante le curve.

Fari adattivi

Sulle K1600 era sempre stato disponibile un sistema funzionalmente simile, ma realizzato diversamente – lì l’anabbagliante era uno solo, lenticolare e fisso, e puntava in alto ad intercettare uno specchio orientabile. Questo sistema però aveva il difetto che l’anabbagliante era un po’ fiacco rispetto ai due potenti abbaglianti allo xeno, mentre qui l’illumunazione a led è abbondantissima in ogni circostanza.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna, che commuta ad anabbagliante automaticamente in caso di riduzione della luminosità ambiente, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso il pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Posizione di guida

La posizione di guida è ottima, come spesso avviene sulle BMW, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura turistica, ma non sbracata, analoga a quella che si ha sulla K1600GTL. La sella è a 75 cm da terra e non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella alta (78 cm), oltre che con la sella Option 719 trapuntata, disponibile con sovrapprezzo.

Le pedane supplementari comprese nel pacchetto Comfort sono piazzate al posto giusto, né troppo alte né troppo avanzate, e consentono una posizione davvero confortevole. Inltre sono incernierate e dotate di piolino inferiore, come le pedaline, e quindi non creano problemi in piega.

Gli specchi, sono grandi – più di quelli della prima serie – e ben piazzati, ovviamente non vibrano e consentono una visuale molto ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una sella molto ampia e confortevole, con pedane ben distanziate, e ha a disposizione due ampie e comode maniglie. Ne risulta una postura molto comoda.

Capacità di carico

A differenza di tutte le altre K1600, la Bagger non prevede il montaggio del topcase, che comunque si può avere optando per il modello Grand America.

Le valigie laterali fisse dovrebbero avere una capacità di 37 litri l’una, per un totale di 74 litri. Difficilmente questa moto sarà usata per viaggi di coppia, per cui la capacità è sufficiente. Inoltre, nel catalogo aftermarket sono presenti quattro tipi diversi di borse per la sella del passeggero.

La moto è equipaggiata anche con un vano portaoggetti con ricarica USB-C e ventola di raffreddamento, dedicato allo smartphone e posto sopra al display TFT. Per aprire il vano è necessario alzare il parabrezza, che peraltro si abbassa sempre al minimo ogni volta che si spegne il quadro, per evitare furti, e ritorna alla posizione precedente alla riaccensione.

Compresi nel pacchetto opzionale Tour ci sono anche due piccoli portoggetti alloggiati nelle carenature davanti alle ginocchia del pilota, bloccabili con chiave e collegati alla chiusura centralizzata.

Come va

Motore e prestazioni

Il motore delle K1600 ha un carattere unico, diverso anche da quello del 6 cilindri Honda, da cui si differenzia per il sound e il comportamento generale assai più sportivo.

L’avviamento è prontissimo, anche perché ci sono alzavalvole automatici che rducono lo sforzo del motorino di avviamento. Il timbro, cupo e possente, e la rapidità rabbiosa con cui il motore prende i giri all’apertura del gas sono davvero esaltanti e unici.

Una volta partiti il sei cilindri gira etremamente rotondo e fluido, con vibrazioni pressoché inesistenti in tutto, ma proprio tutto l’arco di funzionamento. La coppia disponibile è davvero impressionante anche a bassissimo regime, basti pensare che è possibile spalancare il gas in 6a anche dal regime di minimo, fissato a 900 giri – che corrispondono a 31 km/h – e la moto accelera immediatamente senza che il motore abbia la minima esitazione o sussulto.

La coppia del 6 cilindri è strabordante a qualsiasi regime. La curva ha un andamento quasi semicircolare, che cresce dai quasi 120 Nm al minimo fino ai 180 Nm a 5.750 giri, per poi riscendere poco sotto i 120 Nm in prossimità del limitatore a 8.500 giri. L’allungo non è esaltante, ma l’accelerazione tirando le marce – che sicuramente non è inferiore a quella della prima serie – è comunque di livello decisamente sportivo e impressiona particolarmente quando si mette in conto la stazza della moto. Ancora più che con le versioni precedenti, con questa versione Euro 5 conviene cambiare molto prima del limitatore – in questo caso intorno ai 7.000 giri – per ottenere la massima spinta, perché oltre tale regime si affievolisce parecchio. Nonostante la prima lunga, che richiede un po’ di gioco di frizione, nella mia prova ho staccato il classico 0-100 km/h in 3,8″ e lo 0-140 km/h in 5,9″, tempi che forse potrebbero essere leggermente ridotti maltrattando la frizione. Fino a 100 km/h nessuna moto, neanche una supersportiva, può sognarsi di seminare la K1600 e il suo pilota deve fare fatica per spuntare gli stessi tempi, che sulla sei cilindri invece sono alla portata di qualsiasi motociclista con un minimo di sangue nelle vene.

ÈAccelerazione

La coppia mostruosa consente senz’altro di tirare rapporti più lunghi del solito, a vantaggio del confort e dei consumi. BMW però si è forse fatta prendere un po’ troppo la mano: la 5a e la 6a marcia sono davvero molto lunghe e piuttosto ravvicinate tra loro, perciò finiscono per mortificare la ripresa, complice anche il peso molto elevato. Il risultato, paradossale, è che la K1600 riprende in 6a meno di quanto istintivamente ci si aspetti e, dati alla mano, si comporta peggio rispetto ai vari modelli boxer 1250 e anche rispetto alla S1000XR, che pure alle velocità normali dispone solo di metà della coppia all’albero garantita dal 6 cilindri, ma pesa molto meno e ha rapporti molto più corti. Il passaggio da 40 a 100 km/h in 6a avviene con una souplesse davvero impareggiabile, ma richiede 6,6″, un dato in assoluto molto buono, ma simile a quello della K1300GT con “soli” 135 Nm. Di fatto, per fare un sorpasso davvero veloce conviene scalare un paio di marce, perché anche la 5a è particolarmente lunga, e tutto questo vale anche per questa versione Euro 5, dove l’aumento della coppia ai medi aiuta, ma si limita in media a un 4% in più, che non cambia la sostanza. BIsogna però marcare un punto a favore della K1600, quando si considera che la situazione diventa più favorevole alla sei cilindri se a bordo ci sono anche passeggero e bagagli, perché il loro peso è meno rilevante in rapporto alla massa della moto.

La tabella seguente mette a confronto la coppia disponibile al motore e alla ruota in 6a a 90 e a 120 km/h nei diversi modelli della gamma alta BMW. Come si vede, i valori all’albero sono inarrivabili, ma quello che conta davvero per la ripresa è la coppia alla ruota in rapporto al peso, e in questo caso la K1600 sfigura in 6a rispetto alle sue sorelle a entrambe le velocità.

K16BR1250RTK13GTR1250GSS-XR
Regime corrispondente a 90 km/h in 6a2.6003.1003.4003.3003.800
Coppia all’albero a 90 km/h in 6a Nm15311811211877
Coppia alla ruota a 90 km/h in 6a Nm489482500510393
Coppia alla ruota per kg a 90 km/h in 6a Nm1,421,731,732,051,74
Regime corrispondente a 130 km/h in 6a3.8004.5004.9004.7005.900
Coppia all’albero a 130 km/h in 6a Nm16113011813694
Coppia alla ruota a 130 km/h in 6a Nm515531526588480
Coppia alla ruota per kg a 130 km/h in 6a Nm1,501,901,832,362,12
Tutti i valori sono desunti a partire dai dati e dai grafici di coppia pubblicati da BMW.

Non è una tragedia, sia chiaro, ché già in 4a la K1600 diventa inarrivabile a qualsiasi velocità stradale. Evidentemente, BMW ha inteso creare una moto dalla doppia personalità, estremamente confortevole da un lato e molto sportiva dall’altro, ed è appunto mediante il cambio che il pilota può decidere se essere Dr. Jeckyll o Mr. Hyde.

Il comando elettronico del gas si comporta molto bene, non ha alcun effetto apri-chiudi e ha perso quell’incoerenza tra posizione e risultato che a volte caratterizzava la prima serie. La prontezza del comando cresce passando da Rain a Road a Dynamic, mentre non mi pare di aver riscontrato evidenti variazioni nell’accelerazione a gas spalancato tra le la Rain e le altre mappature. In effetti, nè la cartella stampa né il manuale parlano diuzione della coppia, che però era presente sulle K1600 Euro 3 e, in misura meno accentuata, sulle Euro 4. Probabilmente sulle Euro 5 hanno ritenuto che il il comando del gas progressivo e l’ottimo controllo di trazione DTC fossero sufficienti ad assicurare la sicurezza sul bagnato.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), è preciso nell’intervento e poco invasivo. Può essere disinserito anche durante la guida tramite il menù Impostazioni (ma ci vuole tempo…) e si riattiva ad ogni riaccensione del motore.

Nella modalità Dynamic il propulsore esprime appieno il suo potenziale; la risposta al gas è immediata e il DTC interviene con un certo ritardo, in modo da rendere possibile un certo margine di deriva, piuttosto divertente e mai eccessivo. Il passaggio alle modalità Road e Rain offre una risposta sempre più progressiva del gas e un intervento sempre più conservativo del DTC, fino a impedire qualsiasi accenno di deriva.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 10 e i 15 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore. Immagino che la Bagger Euro 5 si comporti abbastanza bene, come in genere avviene sulle K.

Trasmissione

Il cambio di serie è leggermente meno piacevole della media BMW, in quanto è sì preciso, ma presenta una corsa leggermente più lunga ed è più rumoroso negli innesti. La frizione è morbida e sicuramente migliore rispetto a quella della prima serie, perché è leggermente meno brusca e non presenta più quei movimenti della leva che si verificavano nel passaggo tra tiro e rilascio.

Come sempre avviene, se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa brusco nella guida sportiva, è ruvido ai bassi regimi e impone in alcune circostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata o la sensazione di ingranaggi che non si amano. Personalmente, preferisco il cambio tradizionale, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dal comportamento dell’assistente.

La trasmissione ad albero è sicuramente più silenziosa rispetto alla prima serie, che era affetta da sonori “clac” nei passaggi tra tiro e rilascio, ora non proprio assenti, ma senz’altro meno evidenti.

Freni

La frenata è molto pronta per essere una moto da turismo ed è potente, resistente e ben modulabile, alla faccia del peso e delle pinze datate. L’assetto durante le staccate violente rimane irreprensibile, grazie soprattutto all’interasse molto lungo e alla sospensione anteriore antiaffondamento Duolever, che mantiene l’assetto quasi piatto e impedisce l’accorciamento dell’interasse in frenata.

L’ABS non è invasivo ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti in caso di suo intervento. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

ABS Pro in curva

Sterzo e assetto

Lo sterzo è estremamente preciso, abbastanza pronto, leggero quanto basta per rendere la guida agevole, ma allo stesso tempo permette comunque di affrontare una guida anche molto sportiva senza alcuna apprensione.

L’assorbimento garantito delle sospensioni semiattive è ottimo in Road e moto buono anche in Cruise e permette di manenere un bel controllo delle masse sospese e la linea impostata anche sullo sconnesso marcato.

Il comportamento della forcella Duolever è davvero superbo in ogni circostanza, impressionano la precisione di guida fuori dal comune e l’assetto della moto quasi piatto anche nelle frenate decise, e anche la sospensione posteriore Telelever, pur meno originale, contribuisce all’assoluta imperturbabilità dell’assetto. Gli anziani ricordano bene che le BMW e le Guzzi di una volta “canguravano”, cioè si alzavano sulle due ruote in accelerazione e si accucciavano in frenata; quindi non stupisce più di tanto il fatto che ancora oggi incontro persone che, come vedono una BMW, commentano pensose che “il cardano è duro e sbilancia la moto”. Il fatto che il Telelever sia in giro, concettualmente immutato, dal 1988 e che sistemi analoghi siano stati introdotti da tempo anche da altri produttori come Moto Guzzi e Honda non sembra aver intaccato minimamente le loro convinzioni.

In città

La notevole maneggevolezza della moto rende relativamente agevole anche la guida a bassa velocità e nel traffico, bisogna solo fare attenzione agli ingombri e tenere presente la lunghezza della moto quando si svicola tra le auto. Il notevole peso della Bagger, 344 kg con il pieno, si gestisce abbastanza bene in condizioni normali, grazie alla sella a 75 cm da terra, ma in particolari circostanze – per esempio, quanto ci si ferma a uno stop in salita e si deve ripartire curvando a destra – occore prestare molta attenzione a quello che si fa, perché i margini di correzione di un eventuale sbilanciamento sono decisamente più ridotti del solito. Insomma, come con tutte le moto molto pesanti, è indispensabile pianificare con molta cura le manovre.

Nei trasferimenti extraurbani

La Bagger è una mangiachilometri di razza, che garantisce una souplesse di marcia inarrivabile. Il molleggio di ottimo livello – anche se, a essere pignoli, si nota un lieve peggioramento sulle sconnessioni decise, dovuto alla riduzione della corsa posteriore – la granitica stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida molto confortevole, il regime di assoluto riposo garantito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a circa 3.800 giri — l’assenza pressoché totale di vibrazioni e l’ottima protezione aerodinamica concorrono a garantire l apace della mente e quindi un confort di livello superiore. Il parabrezza corto protegge più di quanto si possa credere e ha il grande vantggio di non ostacolare la visuale neanche quando è tutto alzato. In tal caso, flusso d’aria, appena disturbato, colpisce il casco più o meno al centro della visiera, mentre abbassandolo, la protezione diminuisce solo marginalmente – c’è pur sempre una carenatura enorme – ma il flusso d’aria si fa più pulito, quindi le diverse posizioni si equivalgono sostanzialmente e sono più una questione di gusti.

Data la relativa morbidezza delle sospensioni, BMW ha deciso di limitare elettronicamente la velocità massima a 200 km/h, che in teoria (ahem…) dovrebbero essere ridotti ulteriormente a 180 km/h se sono installate le pedane optional. Il limitatore (ri-ahem…) non mantiene la velocità costante, ma produce un fastidioso rimbalzo continuo. Chi intende viaggiare in Germania è avvisato.

Nel misto

La Bagger è una bomba anche nella guida sportiva sul misto stretto. Capisco che leggere una cosa del genere di un mostro da quasi tre quintali e mezzo faccia sorridere, ma posso davvero assicurare che la Bagger non soffre del benché minimo complesso di inferiorità rispetto a qualsiasi altra moto da turismo su qualsiasi percorso e, se guidata con competenza e fiducia nella propria capacità di non fare danni costosissimi, è in grado di lasciare a bocca aperta tanta gente anche navigata su moto molto più leggere. La magia è data dalla perfetta armonizzazione di tutti gli elementi: la coppia straordinaria e l’allungo del motore assicurano accelerazioni fulminee in uscita di curva, ma con tutta la dolcezza che si può desiderare a centro curva, l’avantreno Duolever assicura una precisione assoluta delle traiettorie e consente di entrare fortemente pinzati in piega senza alcuno scompenso, i freni potenti e infaticabili garantiscono decelerazioni da supersportiva, la sella consente di muoversi in ogni direzione senza problemi (si capisce che è una frecciata contro la S1000XR?) e perfino la luce a terra in piega, pur inferiore a quella della K1600GT, ma migliore rispetto alla K1600GTL (almeno per quanto riguarda la prima serie), non delude anche a ritmi piuttosto elevati.

Nel misto

Consumi

Bello il sei cilindri, bello il confort, bello tutto, ma la K1600 beve più delle altre BMW. La media complessiva della prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, un po’ di statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 14,8 km/l. Andando a passeggio si può fare sicuramente molto meglio, ma d’altronde questo vale per tutte le moto.

Conclusioni

A distanza di tredici anni dal suo debutto e nonostante i vari aggiornamenti apportati nel tempo non abbiano stravolto il progetto, le K1600 costituiscono ancora un gran bel pezzo d’ingegneria e un riferimento assoluto per confort e caratteristiche di guida. Lo straordinario equilibrio generale della moto e il sound strepitoso del suo magnifico sei cilindri in linea sono qualcosa che tutti dovrebbero provare almeno una volta, a rischio di innamorarsene perdutamente.

Però, quando al termine della prova sono tornato alla mia K1200GT del 2007, ho ritrovato una moto altrettanto comoda, protettiva e dalle prestazioni velocistiche e dinamiche almeno altrettanto esaltanti sotto tutti i punti di vista, ma più leggera di ben 56 chili, e ho pensato ancora una volta che, BMW non avrebbe mai dovuto abbandonare il quattro cilindri K.

Pagella

Pregi
  • Moto molto ben fatta
  • Motore potente, estremamente elastico e dal sound unico
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • maneggevolezza inaspettata
  • Guida molto efficace anche nel misto
  • Confort di alto livello
  • Dotazione di accessori adeguata
  • Cruscotto TFT molto ben fatto
Difetti
  • Ripresa nelle marce alte mortificata dalla rapportatura molto lunga
  • Peso piuttosto elevato
  • Attivazione macchinosa di parecchi comandi mediante il sistema dei menù

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.


* È un’operazione un po’ grossolana, ma aiuta a capire. Per calcolare l’aumento teorico ho moltiplicato la larghezza del 4 cilindri per la radice cubica dell’incremento percentuale di cilindrata tra questo e il 6 cilindri.

** Sì, lo so che in realtà le curve sono color acquamarina e azzurro, ma noi maschetti di solito conosciamo sì e no 10 colori, tra i quali l’acquamarina non c’è, e non sappiamo esattamente dove si pone lazzurro rispetto al celeste e al blu. Così sono sicuro che tutti capiscono.

Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!

Prova della BMW S1000XR 2023

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Cocciutaggine tedesca

Edit 2 dicembre 2023: la nuova versione 2024, oltre ad avere la potenza massima aumentata a 170 CV, monta finalmente una sella normale, piatta, fatto che risolve l’unico vero difetto di questa moto. Non vedo l’ora di provarla!

Introduzione

La prima BMW S1000XR fu presentata all’EICMA alla fine del 2014, essenzialmente come risposta alla Ducati Multistrada 1200, la crossover con cui Ducati aveva osato sfidare il dominio incontrastato della BMW R1200GS. La belva bavarese sfoggiava ben 160 CV contro i “soli” 125 della recentissima R1200GS raffreddata a liquido e quindi poteva ben dominare sulla Ducati, che ne aveva 150.

Con numeri del genere, ben al di sopra di quanto può servire su strada, le sfide sulla potenza massima mi fanno sinceramente un po’ ridere, ma a quanto pare molti acquirenti amano comprare cavalli che non useranno mai.

Per arrivare a tale risultato, la Casa bavarese sfruttò il quattro cilindri in linea da 999 cc della S1000R, cioè niente meno che il cuore della supersportiva S1000RR, opportunamente depotenziato di 33 CV. L’impostazione corsaiola è evidente soprattutto nelle misure di alesaggio e corsa, rispettivamente 49,7 e 80 mm, che consentono altissimi regimi di rotazione e altrettanto elevata potenza massima, una caratteristica che si riverbera in diverse altre caratteristiche, tra cui i consumi non bassi.

L’uso di un quattro cilindri in linea su una crossover non era una novità assoluta; Kawasaki aveva fatto la stessa cosa con la Versys 1000 del 2009, ma i giapponesi avevano puntato su un motore meno sportivo, il 1043 cc da 138 CV della Z1000, e la loro proposta si collocava in una fascia di prezzo inferiore.

Quattro anni dopo, alla fine del 2018, BMW presentò la nuova S1000RR, completamente rinnovata rispetto alla serie precedente. Il suo pezzo forte era il nuovo motore, più stretto, leggero e con ben 207 CV (in seguito aumentati a 210) e 113 Nm e per giunta dotato di variatore di fase, per assicurare una curva di coppia molto favorevole anche ai medi regimi (ci sono già 100Nm a 5500 giri).

Naturalmente, anche dalla nuova versione della supersportiva sono state derivate, nel 2019, le versioni stradali S1000R e XR. Per loro motore è stato giustamente depotenziato a “soli” 165 CV, ma nel processo si è persa anche la fasatura variabile.

Provai la XR nel 2016 (qui la mia recensione: https://www.saferiders.it/prova-bmw-s1000xr-2016/), giudicandola un ibrido poco riuscito, perché nel tentare di coniugare una sportività di alto livello con doti di viaggiatrice di lungo corso, non riusciva bene in nessuno dei due campi. Responsabili di tale stato di cose erano la rapportatura eccessivamente corta, con conseguenti alti regimi alle velocità autostradali, la rigidità eccessiva delle sospensioni, la postura di guida un po’ troppo turistica e la sella, la cui particolare configurazione “a catino” riusciva a fare danni a tutto campo, in quanto era rigida nella guida turistica – accentuando la percezione della rigidità delle sospensioni – e allo stesso tempo impediva del tutto i movimenti del corpo necessari nella guida sportiva.

La mia prova si concludeva con queste parole: “Certo, se BMW decidesse di adottare sospensioni dalla taratura più turistica, una sella ben fatta e magari anche un manubrio un po’ più basso, allora le cose assumerebbero tutto un altro aspetto e la S1000XR potrebbe diventare davvero l’arma totale descritta nella cartella stampa. Si tratta di modifiche banali. Ma vorranno gli ingegneri di Monaco ammettere di essersi sbagliati? Conoscendoli, la vediamo dura…”.

Vediamo allora che cosa sono riusciti a fare questa volta. La moto provata, un Model Year 2023, è sostanzialmente immutata rispetto a quella presentata nel 2019, pur aggiornata alla normativa Euro 5.

Com’è

Aspetto

La S1000XR somiglia come impostazione generale alla vecchia serie, ma in realtà non ha quasi niente in comune. A parte il disegno più moderno, interessante è la riduzione del peso, adesso pari a soli 226 kg in ordine di marcia e con il pieno anziché 236, ottenuta principalmente nel motore e nel forcellone.

Ciclistica

La S1000XR, come sempre sulla gamma S non ci sono Paralever né Duolever, riservati ad alcuni modelli R e alle K. La forcella è a steli rovesciati da 45 mm con ammortizzatore di sterzo, mentre al retrotreno abbiamo un forcellone in alluminio Full Floater Pro a doppio braccio, con monoammortizzatore regolabile nel precarico, in compressione e in estensione.

Le principali quote ciclistiche sono le seguenti (tra parentesi i dati della prima serie).

  • escursione anteriore 150 mm (150 mm)
  • escursione posteriore 150 mm (140 mm)
  • interasse 1552 mm (1548 mm)
  • avancorsa 116 mm (117 mm)
  • angolo di inclinazione dello sterzo 24,9° (25,5°)

Si fa notare la riduzione dell’angolo di inclinazione dello sterzo per una maggior reattività alla guida e l’aumento dell’escursione posteriore per migliorare il confort.

Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17” al posteriore. L’esemplare in prova era equipaggiato con pneumatici Metzeler Roadtec 01, di impostazione più turistica che sportiva.

Motore

Il motore che equipaggia le S1000R e XR deriva da quello della S1000RR. Completamente riprogettato rispetto a quello della serie precedente – tra le varie cose è più stretto e leggero – è un quattro cilindri in linea bialbero a quattro valvole per cilindro montato trasversalmente con distribuzione a quattro valvole radiali per cilindro, azionate indirettamente da due alberi a camme in testa mediante l’interposizione di piccoli bilancieri, secondo uno schema diffuso sugli ultimi modelli della Casa bavarese.

Le principali differenze rispetto alla supersportiva sono la potenza, ridotta da 207 CV a 13.500 giri a 165 CV a 11.000 giri, per favorire la coppia ai medi regimi, e l’eliminazione del variatore di fase. La scelta di fare a meno di questo dispositivo è abbastanza sorprendente, perché esso consente di aumentare la coppia ai medi senza sacrificare quella agli alti, e su una moto dalla vocazione più turistica, per di più a quattro cilindri e di cubatura non enorme, questa caratteristica farebbe comodo. Con tutta probabilità la scelta è stata dettata, oltre che dal contenimento dei costi, anche dalla considerazione che qui il motore esprime la potenza massima a un regime molto più basso che sulla supersportiva e quindi è possibile diagrammare l’alzata delle valvole in modo da ottenere un comportamento ai medi migliore. Tutto vero, ma resta il fatto che il variatore di fase della RR garantisce una coppia nettamente superiore rispetto a quella disponibile sulla XR non solo al di sopra dei 10000 giri, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche tra i 5000 e i 7500, regimi importanti su una moto da viaggio, e la cosa è piuttosto evidente alla guida.

Il grafico evidenzia quanto detto sopra. La curva di coppia massima sulla S1000RR è molto alta e tendenzialmente piatta dai 5500 giri in su, mentre quella della S1000XR, che ha il suo picco di 114 Nm a 9.250 giri, è più disomogenea, in quanto presenta un salto evidente a 7.000 giri, al di sotto dei quali la spinta è quella di un buon quattro cilindri 1000cc, ma niente di più.

Trasmissione

Il cambio presenta la rapportatura delle ultime tre marce sensibilmente allungata rispetto alla serie precedente, tanto che adesso la 6a è circa il 7,5% più lunga e il regime a 130 km/h è sceso di conseguenza da circa 5900 a circa 5500 giri. In questo modo la guida in autostrada risulta sensibilmente più rilassante e ne beneficiano anche i consumi.

I rapporti di trasmissione sono i seguenti (tra parentesi i dati della vecchia serie):

  • primaria 1,652
  • finale 2,647
  1. 2,647
  2. 2,091
  3. 1,727
  4. 1,476 (1,500)
  5. 1,304 (1,360)
  6. 1,167 (1,261)

Le velocità risultanti al regime di potenza massima (11.000 giri) sono le seguenti:

  1. 114,8
  2. 145,3
  3. 175,9
  4. 205,9
  5. 233,0
  6. 260,4 (teorica)

Le velocità alle quali il motore entra in coppia (7.000 giri) sono le seguenti:

  1. 73,0
  2. 92,5
  3. 112,0
  4. 131,0
  5. 148,3
  6. 165,7

Si noti che il motore entra in coppia in 6a (ma anche in 5a) solo a velocità ben più alta del limite autostradale.

La frizione, azionata sempre via cavo, è antisaltellamento. A richiesta è disponibile l’Assistente cambio Pro, cioè il quickshifter di BMW,  funzionante anche in scalata.

Freni

La S1000XR è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Hayes a quattro pistoncini, mentre al posteriore c’è un disco da 265 mm con pinza flottante a due pistoncini. Tutti i freni sono azionati da pompe tradizionali attraverso tubi in treccia metallica.

L’impianto ABS è di tipo semintegrale, con la leva che aziona entrambi i freni e il pedale che agisce solo sul posteriore. Come sempre in BMW, i due circuiti frenanti sono indipendenti; la funzione integrale è ottenuta mediante la pompa dell’ABS e quindi è attiva solo a quadro acceso.

Elettronica di aiuto alla guida

Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida la S1000XR, che è equipaggiata con una piattaforma inerziale a 6 assi, offre parecchio già di serie.

  • Riding modes Pro – Comprende le mappature Rain, Road, Dynamic e Dynamic Pro.
  • ABS Pro – Sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva.
  • DBC (Dynamic Brake Control) – Funzione che rileva se il gas è erroneamente aperto nelle frenate di emergenza e lo azzera, migliorando in tal caso la stabilità della moto e gli spazi di frenata
  • DTC (Dynamic Traction Control) – Sistema antipattinamento disinseribile che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto (DTC Traction), è regolabile e consente anche di regolare separatamente il controllo anti-impennata (DTC Wheelie).
  • Dynamic ESA (Electronic Suspension Adjustment) – sistema di sospensioni autoadattive, che agisce regolando automaticamente i freni idraulici delle sospensioni in base alle condizioni di guida e del percorso e consente, a moto ferma, la regolazione elettrica del precarico per pilota, pilota con bagagli e pilota con passeggero. Da notare il fatto che le regolazioni della forcella agiscono solo sullo stelo sinistro.
  • HSC Pro (Hill Start Control) – Sistema che, tirando la leva del freno, permette di mantenere automaticamente la moto frenata, con il vantaggio di avere le mani libere e di semplificare le partenze in salita.
  • MSR (“Motor Schleppmoment Regelung”, cioè regolazione del freno motore) – Sistema che regola automaticamente il freno motore, diminuendolo (cioè dando gas) in caso di brusche scalate in modo da evitare qualunque pattinamento del retrotreno.

A richiesta rimangono:

  • Cambio elettro-assistito Pro – Assistente alla cambiata, consente in molte situazioni di cambiare senza frizione e funziona sia a salire di rapporto che in scalata.
  • Dynamic ESA Pro – Sistema di sospensioni semiattive che alle funzionalità di base aggiunge la regolazione automatica del precarico in funzione del peso a bordo (settaggio Auto), una posizione di minima altezza (Min), utile per i più bassi per la salita e la gestione della moto nelle manovre da fermo, e la possibilità di scegliere due regolazioni di base, Road più confortevole e Dynamic più rigida.

La scelta dei riding mode influisce sugli altri aiuti elettronici, per armonizzarli tra loro nelle diverse situazioni, mentre le due tarature per le sospensioni Road o Dynamic – disponibili solo se il Dynamic ESA Pro è presente – sono sempre selezionabili in tutti i riding mode. DI seguito le configurazioni previste in tutti i riding mode.

Rain:

  • risposta dolce dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per massima stabilità su carreggiata bagnata, comporta una riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti impennataal massimo
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Road:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore massimo
  • DTC regolato per elevata stabilità su carreggiata asciutta,  comporta una leggera riduzione dell’accelerazione massima su fondo asciutto
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic:

  • risposta normale dell’acceleratore
  • coppia ridotta alle marce inferiori
  • freno motore medio
  • DTC regolato per elevate prestazioni su fondo asciutto, in caso di fondo in cattivo stato è impossibile garantire la stabilità ottimale.
  • anti-impennatache consente un leggero sollevamento dell’anteriore.
  • anti-sollevamento della ruota posteriore attivo

Dynamic Pro:

  • risposta dell’acceleratore selezionabile tra dolce e normale
  • coppia selezionabile tra ridotta nelle marce inferiori e massima
  • freno motoreselezionabile tra effetto frenante medio e minimo del motore
  • DTC regolato per prestazioni massime, in caso di fondo in cattivo stato o di pneumatici non idonei è possibile che venga pregiudicata la stabilità
  • anti impennatache consente impennata alte, regolabile e disattivabile
  • anti-sollevamento della ruota posteriore regolabile

Sorprendente il fatto che il comando del gas non preveda una regolazione rapida neanche nella mappatura Dynamic Pro.

La modalità Dynamic Pro viene attivata solo dopo il tagliando dei 1000 km, mediante l’inserimento di un connettore posto sotto la sella. La presenza del connettore è segnalata nel display TFT dal simbolo di una spina elettrica.

Comandi

I comandi sono quelli classici delle BMW attuali, esteticamente gradevoli e caratterizzati dalla presenza di numerosi tasti per azionare tutti i servizi disponibili di serie o a richiesta. Per una loro descrizione dettagliata, rinvio alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), perché sono esattamente gli stessi, con l’unica differenza che sulla S1000XR il sistema Intelligent Emergency Call per ottenere soccorso in situazioni di emergenza è di serie.

Strumentazione

La S1000XR monta di serie la strumentazione TFT a colori con display da 6,5” tipica dell’attuale produzione BMW. Per una descrizione dettagliata, rinvio anche in questo caso alla prova delle F900R e XR (https://www.saferiders.it/prova-delle-bmw-f900xr-e-f900r/), l’unica differenza è che qui le visualizzazioni Sport e Sport 2 sono di serie.

Più ci penso e più credo che BMW, nell’evidente tentativo di semplificare la grafica, abbia reso inutilmente complicato la visualizzazione delle informazioni secondarie più importanti. Nelle schermate che offrono tachimetro e contagiri, il cruscotto non consente di visualizzare contemporameamente diversi valori importanti, quali il consumo medio, l’autonomia, il livello del serbatoio, i contachilometri parziali e totale e altri ancora, ma solo uno di essi, e bisogna premere un sacco di volte il tasto di commutazione per passare da uno all’altro in sequenza ciclica. Non è necessario riesumare le vecchie strumentazioni a lancette, ma sarebbe piuttosto semplice inserire qualche dato in più in uno schermo così poco affollato di dati.

Illuminazione

La S1000XR dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e a richiesta dell’Headligh Pro, un sistema di luci adattive che si accendono con l’inclinazione della moto e consente una migliore illuminazione della traiettoria in curva.

Il gruppo ottico è doppio. I fari, perfettamente simmetrici, sono bordati inferiormente dalla luce di posizione/diurna e contengono al loro interno i proiettori abbagliante, anabbagliante e luci adattive in curva. La regolazione in altezza avviene attraverso due rotelline (una per ogni faro) azionabili senza attrezzi, ma non è disponibile la pratica levetta per la commutazione rapida in due posizioni standard, che è presente su altri modelli della Casa e consente di non toccare la regolazione base.

Attraverso il menu Impostazioni della strumentazione è possibile impostare per default l’anabbagliante sempre acceso o la luce diurna a commutazione automatica, e si può sempre scegliere manualmente tra le due modalità attraverso un pulsante posto sul blocchetto sinistro.

Potenza, ampiezza e omogeneità sono eccellenti, mentre l’illuminazione adattiva a mio parere offre vantaggi solo marginali, come tutti i sistemi basati su faretti aggiuntivi laterali.

Posizione di guida

La posizione di guida è, da un punto di vista statico, ottima, per l’azzeccata triangolazione sella-pedane-manubrio, che consente una postura relativamente rilassata, ma non troppo turistica. La sensazione è quella di una posizione leggermente più sportiva che sul modello precedente, grazie all’avanzamento della sella di 20 mm, per un maggior carico sull’avantreno, e al manubrio sensibilmente più stretto (30 mm) e forse un pelo più basso. Quello che proprio non va è la sella, che anche su questa XR è dura e presenta la disgraziata forma “a catino”, che impedisce qualsiasi movimento laterale e longitudinale del sedere agli amanti della guida sportiva.

Non è prevista una regolazione della seduta in altezza, ma a richiesta e senza sovrapprezzo la moto può essere ordinata con una sella bassa oppure alta, mentre solo in aftermarket è disponibile una sella confort. Purtroppo, tutte le selle mantengono rigorosamente a forma di catino. È inoltre disponibile un assetto delle sospensioni ribassato di 30 mm. Le altezze della seduta possibili nelle varie configurazioni sono le seguenti:

  • sella bassa con assetto ribassato 790 mm
  • sella bassa 820 mm
  • sella standard 840 mm
  • sella alta 860 mm

Gli specchi, sono un po’ piccoli, ma ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire con quelli delle auto, non vibrano e consentono una visuale che potrebbe essere più ampia.

Passeggero

Il passeggero siede un po’ più in alto del pilota, su una porzione di sella abbastanza ampia e rigida, con pedane sufficientemente distanti, e ha a disposizione due comode maniglie. Ne risulta una postura abbastanza comoda, ma la durezza della sella di serie limita un po’ e capacità turistiche.

Capacità di carico

Per la S1000XR la Casa tedesca prevede, oltre che diverse borse morbide da serbatoio, un portapacchi optional e attacchi integrati per valigie laterali di serie. A richiesta sono disponibili il topcase da 30 l e le valigie rigide in tinta da 31 l ciascuna, per una capacità complessiva di 92 litri, non abbondanti per la categoria.

Da segnalare la presenza di un piccolo portaoggetti privo di serratura immediatamente davanti al tappo serbatoio, utile per il biglietto dell’autostrada e un paio di occhiali.

Come va

Motore

L’avviamento è pronto. L’origine corsaiola del motore si nota subito dal regime del minimo, che è piuttosto alto per un 4 in linea, circa 1300 giri, e diventa molto più alto a freddo. La rumorosità meccanica è notevole e qualche vibrazione di troppo produce risonanze. Il suono allo scarico invece è abbastanza piacevole, pieno, ma mai invadente a ogni regime.

Il minimo molto alto a freddo e la frizione piuttosto brusca impongono particolare attenzione in partenza e nelle manovre, perché la moto scatta in avanti molto bruscamente.

Una volta in marcia, il quattro cilindri accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a 1700 giri) a pieno gas senza il minimo sussulto, mentre a regime costante ai bassi giri è presente qualche seghettamento, che comunque non crea eccessivi problemi.

Aprendo il gas, il motore sale di giri con una spinta regolarissima fino a 7000 giri, allorché si percepisce un evidente aumento della coppia, che complice la rapportatura corta diventa semplicemente spaventosa e rimane tale praticamente fino al limitatore situato a 12.000 giri. L’accelerazione che ne risulta tirando a fondo le marce è addirittura eccessiva su strada; sono sicuro che ben pochi proprietari di questa moto avranno il fegato di sperimentarla fino in fondo. Per contro, in rapporto allìaccelerazione, la ripresa al di sotto dei 7000 giri sembra un po’ fiacca, tanto da rendere necessario fare ricorso alle marce corte se si vuole guidare con efficacia nel misto o effettuare un sorpasso veloce.

La tabella seguente mette a confronto la coppia massima disponibile alla ruota spalancando il gas in 6a a 90 e a 130 km/h sui principali modelli crossover della Casa Bavarese, in valore assoluto e in rapporto al peso.

R1250GSS1000XRF900R
Coppia max alla ruota a 90 km/h in 6a Nm                    514                  393            356
Coppia max alla ruota per kg di peso a 90 km/h Nm2,051,741,62
Coppia max alla ruota a 130 km/h in 6a Nm                    600                  480            406
Coppia max alla ruota per kg di peso a 130 km/h Nm                        2,36                       2,12                 1,85

Come si può vedere, la S1000XR offre un tiro in 6° alle velocità di crociera stradali che a 90 km/h è solo marginalmente superiore rispetto alla F900XR e a 130 km/h si situa ancora pressappoco a metà tra la R1250GS e la F900XR, il che appare un po’ deludente, considerando il divario di potenza. Comunque, sia chiaro, stiamo parlando di una moto che riprende molto bene per essere una quattro cilindri da un litro. In realtà, più che incolparla di pigrizia, bisognerebbe fare i complimenti alle altre crossover BMW per le loro doti di ripresa eccellenti nelle rispettive categorie.

La risposta alla rotazione della manopola del gas è molto dolce in Rain, un po’ più pronta in Road, ma stranamente rimane immutata anche in Dynamic e Dynamic Pro. Personalmente, ho sentito la mancanza di un comando più diretto. La differenza tra le mappature si ottiene principalmente regolando la coppia nelle marce inferiori, che è piena soltanto in Dynamic Pro.

Il sistema DTC (Dynamic Traction Control), sempre disinseribile durante la guida tramite il tasto a bilanciere che controlla anche il D-ESA, è preciso nell’intervento e poco invasivo. C’è la possibilità, nella schermata Sport, di verificare la percentuale della potenza tolta dal sistema in caso di superamento del limite di aderenza in accelerazione. Va da sé che se si disinserisce il DTC, il valore è sempre pari a zero, e che i tagli della potenza più elevati tendono ad avvenire in modalità Rain oppure quando si dà gas su foglie e altre superfici scivolose.

Il test si è svolto a dicembre con temperature fra i 7 e i 12 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.

Trasmissione

Il cambio di serie è piacevole, relativamente morbido, molto preciso e dalla corsa corta, mentre la frizione è morbida, ma piuttosto brusca in partenza.

Se è presente l’assistenza alla cambiata, la leva diventa più contrastata e gommosa. Il sistema funziona bene ai medi regimi, particolarmente in scalata, possibile anche in piega senza problemi, ma diventa violento nella guida sportiva, ruvido ai bassi regimi e impone in alcune corcostanze di fare attenzione alla posizione del gas, pena il rifiuto della cambiata. Personalmente, preferisco il cambio base, per il miglior feeling della leva e perché la perfezione della cambiata dipende solo da me e non dalle idiosincrasie dell’assistente.

Freni

La frenata è pronta – anche se non ha il mordente quasi violento delle supersportive – potente, resistente e ben modulabile. Nonostante la taratura ammorbidita e la corsa lunga delle sospensioni, la forcella si comporta molto bene anche nelle frenate al limite, in particolare in Dynamic. Nelle forti decelerazioni compare qualche lieve serpeggiamento. Da questo punto di vista, le naked e le sport tourer, dotate sospensioni a minor escursione, e i modelli con Telelever e Duolever, che impediscono l’accorciamento dell’interasse in frenata, fanno sensibilmente meglio.

Nella schermata Sport è disponibile un indicatore della decelerazione istantanea e massima, un giochino interessante, che fa vedere bene la differenza di efficacia sui diversi tipi di superficie, e fa capire anche che, almeno alle velocità stradali, tutte le moto sviluppano decelerazioni molto simili tra loro, essendo esse limitate dall’angolo di ribaltamento assai più che dalla potenza dei freni.

L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione Pro (cornering), attiva a moto inclinata in tutte le mappature, limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.

Sterzo e assetto

Lo sterzo della S1000XR è preciso, piuttosto pronto e non troppo leggero. Le modifiche alle geometrie della moto lo hanno reso senz’altro migliore rispetto a quello della prima serie, tanto che non delude neanche nella guida sportiva.

La forcella a steli rovesciati è ben sostenuta e molto scorrevole e quindi è assai meglio di quella, troppo rigida, della S1000XR che provammo nel 2016. Il mono invece, pur ammorbidito rispetto alla vecchia versione, rimane ancora un po’ troppo secco sulle asperità anche in Road, dove peraltro evidenzia un po’ di pompaggio nella guida sportiva, La situazione in cui la Dynamic è sicuramente migliore, ma a prezzo di saltellamenti evidenti sullo sconnesso.

In città

La S1000XR è piuttosto leggera per la categoria, ma la sella a 84 cm e con i bordi rialzati non consente un agevole controllo ai più corti di gamba. Il motore non crea problemi, perché il comando del gas è molto progressivo in tutte le mappature e la coppia ai bassi è relativamente limitata, ma occorre fare attenzione con la frizione, un po’ troppo brusca.

Nei trasferimenti extraurbani

La buona stabilità garantita dalla ciclistica, la posizione di guida confortevole, il regime non eccessivo consentito dalla rapportatura — in sesta a 130 km/h il motore è a 5500 giri — l’assenza di vibrazioni fastidiose e la discreta ma non perfetta protezione aerodinamica – l’aria che arriva al casco non è perfettamente pulita, ma genera lievi vibrazioni sia a parabrezza alto che basso – sarebbero premesse per un ottimo confort nei trasferimenti extraurbani, che però è limitato dalla durezza della sella e dal molleggio piuttosto rigido anche in Road.

Nel misto

La S1000XR si trova molto a suo agio nel misto, in particolare in quello veloce. Concorrono il motore molto potente ma ben gestibile, i freni efficaci, la ciclistica a punto (meglio in Dynamic), l’ottima luce a terra e la prontezza dello sterzo, e l’assetto non delude nemmeno se si alza il ritmo anche a livelli alti. Sarebbe una moto eccelsa, se solo il pilota potesse muovere il sedere.

Consumi

Questa S1000XR si è dimostrata un po’ meno assetata della precedente.

I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:

  • a 90 km/h 5,2 l/100 km (19,2 km/l)
  • a 110 km/h 5,9 l/100 km (16,9 km/l)
  • a 130 km/h 6,8 l/100 km (14,7 km/l)

La media complessiva della nostra prova, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e qualche tratto fatto a passo di carica, è stata di 16,2 km/l.

Il serbatoio da 20 litri consente percorrenze tra i 250 e i 350 km.

Conclusioni

La mia opinione nei confronti della vecchia S1000XR non era positiva, perciò ero molto curioso di provare la versione attuale. Devo dire con piacere che, pur mantenendo un’impostazione analoga, la versione attuale è sicuramente migliore, in particolare nel confort, grazie alla rapportatura più lunga delle marce alte e al molleggio migliore, nella posizione di guida, più azzeccata e in grado di garantire un feeling superiore dell’avantreno, e nei consumi.

Rimane il problema della sella, tanto dura da vanificare in parte le migliorie al molleggio e la cui assurda forma a catino impedisce ogni spostamento del corpo nella guida sportiva. Fatico davvero a capire perché in BMW la ritengano tanto fondamentale, da tramandarla dalla vecchia alla nuova serie. Per me rimane una fesseria sesquipedale, che da sola ha il potere di rovinare una moto ormai giunta a un livello generale notevole.

Insomma, la mia opinione sulla moto è senz’altro migliorata, ma quella sulla cocciutaggine degli ingegneri tedeschi non del tutto.

Pagella

Pregi
  • Moto bella e ben fatta
  • Dotazione accessori adeguata
  • Motore molto potente e ben gestibile
  • Freni potenti, ben modulabili e resistenti
  • Efficace anche nella guida molto sportiva
Difetti
  • Guida sportiva ostacolata dalla forma a catino della sella, che impedisce qualsiasi movimento del pilota
  • Confort limitato dalla sella e dal mono un po’ troppo rigidi
  • Cruscotto TFT che non consente di visualizzare in una sola schermata tutte le informazioni rilevanti

Si ringrazia BMW Motorrad Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.

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